domenica 30 novembre 2014

IL TEST DI ORWELL




«Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi».
(F. von Hayek da "Verso la schiavitù", 1944).


1. Molti di voi, con acute osservazioni, hanno già sottolineato il parallelismo tra la situazione, culturale e politico-economica, determinata dal dilagare della non-sovranità €uropea-UEM e la distopia illustrata da Orwell in "1984"(Il Grande Fratello).
Di questa riassumiamo i caratteri essenziali, traendoli da questa sintesi dell'opera. (Non ci sorprenda la fonte: la finalità è quella di condannare il solito "collettivismo" e, - associandolo implicitamente ad esso-, lo Stato di diritto: questo viene definito, secondo la vulgata internazionalista, in base attributi immaginari che sintetizzano, a loro volta,un'idea denigratoria oggetto di una propaganda martellante).
 Nel mondo-Stato orwelliano gli slogan politici ricorrenti sono: "La pace è guerra", "La libertà è schiavitù", "L'ignoranza è forza".

Altro meccanismo fondamentale, che consente di rendere accettabili tali paradossi illogici, - caratterizzati dal ribaltamento del senso comune, per fare di tale ribaltamento una "cultura di massa" irreversibile-, è "la pratica del bis-pensiero...artificio che limita, mediante la sottrazione di termini atti a esprimerli, i concetti a disposizione dei cittadini.

2. Il meccanismo di potere, straordinariamente attuale nella progressione che ha contraddistinto (sicuramente in Italia), il consolidamento dell'€uropa come fonte suprema di legittimazione di ogni possibile decisione di pubblico interesse, è così descritto:
"L'elemento più inquietante del libro è proprio il "salto di qualità" che il Grande Fratello aveva fatto compiere alla dittatura. Egli non solo pretende obbedienza assoluta, ma anche la spontanea condivisione del sogno...
Se l'uomo non ha la capacita' di identificare in maniera razionale il motivo della sua sofferenza, poiché non ha parole per esprimerlo e per rifletterci, allora  non può neanche definire la causa della propria sofferenza e l'oggetto del proprio odio.
Tutto quel che rimane è soltanto un rancore indefinito, che può essere
spazzato via attraverso le sedute di "odio collettivo".
La relazione tra linguaggio e capacità critica e' estremamente interessante. Come impostare un ragionamento logico-deduttivo se nella propria lingua non esiste il periodo ipotetico? Le capacità di astrazione sono influenzate dal linguaggio utilizzato se l'uomo non è in grado o non può, nel caso prospettato in 1984,  modificare la propria lingua?"

In epoca di "macchina del livore", si assiste al sofisticato artificio politico-comunicazionale di forze politiche che, sviluppandosi (forze inconsapevolmente) sulle origini di tale "macchina", direttamente inoculate dal sistema dominante, nascono come apparente "opposizione", caratterizzandosi però per l'applicazione del bis-linguaggio come strumento di esercizio dell'odio collettivo (Basta-casta, corruzione, evasione, spesa pubblica improduttiva, estesa ad libitum con l'etichetta di "privilegio" intollerabile, che disarticola e neutralizza il concetto di interesse pubblico, cioè comunitario, che costituisce il programma costituzionale democratico).

3. Ciò non può soprendere.  
In perfetta coerenza con l'enunciato Hayekiano sopra citato, i paradossi illogici si fanno senso comune e il bis-linguaggio disarma ogni preservazione della capacità critica individuale e collettiva, attraverso il paradigma - più sottile e accettabile della cupezza stalinista evocata da Orwell- del linguaggio pop, sostanza incarnata del moderno bis-linguaggio.
Lo abbiamo già visto qui:
"non "l'economia", ma "i controllori" dell'economia, come fenomeno di potere, prima ancora che come disciplina accademica (anch'essa utilizzata strumentalmente), hanno, attraverso i media, creato un discorso globale con il linguaggio pop. 
Di cui la pubblicità è parte (ad es; "abbiamo l'escusiva", e da lì in poi), fornendo ma anche facendosi rifornire, da accademia, cinema, gossip e, ovviamente, sintassi e contenuti giornalistici: tutti quanti insieme creano una sorta di ghost institution che predetermina e fertilizza a livello di massa, il pensiero acritico su cui attecchisce la trasformazione politico-istituzionale.
E questo, in modo tale che la trasformazione non incontri resistenze, dato che chi la conduce appare condividere tale linguaggio (prima gli affaticati negoziatori della costruzione europea, offerti, incredibilmente, come costruttori di "pace", poi i neo-liberisti "alla mano", impunemente ritenuti credibili nel voler tutelare l'occupazione).

Si è creata così una sostanza apparente, un discorso-involucro indistinguibile dai fini dissimulati, che ha tramutato i vecchi valori in slogan che li svuotano in modo rassicurante, offrendo la continuità una illusoria identificazione comune: perchè tutto è pop, cioè sintetizzabile in gingles equiordinati nella loro rilevanza ("lo vuole l'Europa", "combattiamo il razzismo", "ridurre il debito assicura la stabilità finanziaria", "occorre pensare alle fasce più deboli", "il femminicidio", "l'emergenza mal tempo")
.
"

4. La "sottigliezza" del sistema spiega perchè la ghost institution che presiede ad ogni forma di opinione di massa, sia in grado di generare un'apparente opposizione tutta confinata all'interno della "macchina del livore", da essa stessa creata per rendere, non solo inoffensiva, ma persino "sinergica", la forma ammessa di opposizione:
"Il sistema, è ormai cosa nota, gestisce l’informazione ma anche, in modi indiretti e spesso occultati, la stessa contro-informazione: per cui, il prodotto che giunge al cittadino medio è la disinformazione, cioè la famosa “verità ufficiale”, più efficacemente divulgata se contenente, al suo interno, un'apparente dialettica di versioni "opposte", provenienti però dalla stessa indistinta "fonte di divulgazione"..."

Dato questo quadro, vi sottopongo una metodologia di decodificazione di pensieri e slogan dominanti che consente di pervenire con immediatezza all'identificazione della verità effettuale, cioè dei dati descrittivi della realtà correttamente identificati secondo una verosimile relazione di causa-effetto.
L'emersione del rapporto causale "reale" talvolta non è immediata, perchè gli slogan del bis-linguaggio, ordoliberista-pop, sono spesso formulati in forma di paralogismo emotivo, cioè persino privo dell'apparenza di voler fornire un meccanismo di causa/effetto.

5. Questa metodologia mi è sovvenuta facendo lezione agli studenti universitari, che si mostravano in grande difficoltà nel comprendere alcune nozioni elementari, dato che erano "precondizionati" proprio dall'acquisizione automatica di slogan-pop: essi, cioè, non riuscivano ad eliminare queste premesse implicite del ragionamento, che ricadeva perciò in un inevitabile paralogismo bloccante la riemersione dei veri meccanismi causa/effetto.
L'esempio più eclatante è stato quando, di fronte alla spiegazione economica e storica delle origini e degli effetti della costruzione europea, parevano disorientati nel conciliarla con la implicita premessa incontestabile "va bene, sarà pure così, ma in che altro modo si sarebbe potuta garantire la pace in Europa?"
La risposta più ovvia è che lo slogan ordoliberista-pop per cui la costruzione europea abbia avuto qualcosa a che fare con la pace, risulta del tutto falso
Non a caso, i ragazzi, non erano a conoscenza dell'equilibrio di Yalta e quindi non riuscivano a collegare la fine degli effetti di quest'ultimo proprio con l'irrompere dei nuovi conflitti in Europa, tutti posteriori -evidenza che non erano in grado di scorgere- alla stessa istituzione della UE! 
Riguardo a questo plateale processo di distorsione ed appiattimento della Storia recente europea rinviamo a quanto detto qui

6. Di fronte a questa difficoltà, ho suggerito allora di effettuare, rispetto alla descrizione della realtà politica ed economica che veniva loro offerta come incontestabile, il "test di Orwell".
Questo consiste:
a) nel mettere insieme - anche attraverso un confronto tra di loro per determinare gli enunciati "fondamentali" più frequenti e condivisi dai media- le principali proposizioni descrittive e valutative costituenti il blocco centrale della versione mainstream della realtà;
b) semplicemente, ribaltarne il senso logico (apparente);
c) nel ricostituire di conseguenza un quadro descrittivo dei fenomeni che facesse emergere gli effettivi meccanismi di causa effetto.
Se la selezione delle "proposizioni significative" è fatta con sufficiente accuratezza, oltretutto, ciò può arrivare a dipingere l'intero quadro dell'ideologia e degli scopi "occultati" del sistema neo-orwelliano insito nella costruzione europea.
Ciò, poi, vi agevolerà nella ricerca delle fonti che ne costituiscono l'origine storica e nella identificazione dei dati corrispondenti alla realtà che tale sistema ha assoluto interesse ad oscurare. 

Facciamo qualche esempio.
Il più facile, e comunque già in sè rilevante, è partire dal clou del bis-linguaggio del libro di Orwell:
a) "La pace è guerra". Il suo ribaltamento logico più immediato utilizza la funzione "not": cioè "la pace NON è guerra".
b) Avremo quindi, anche, "La libertà NON è schiavitù", "L'ignoranza  NON è forza". In questi ultimi casi, il processo è meglio specificabile attraverso la de-relativizzazione del concetto ottenuto mediante il "not". Cioè "La libertà non è mai schiavitù...per nessuno" ovvero, in forma di sviluppo transitivo della locuzione "non-forza", "L'ignoranza è debolezza".

7. Applichiamo il sistema a proposizioni tra le più significative tra quelle affermate come "senso comune" dominante dai media ordoliberisti.
Es; "Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità"=> "NON abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità"=> "L'Italia, finchè è stata libera da vincoli monetari e fiscali €uropei, è stato il più grande paese di risparmiatori tra i paesi europei".
Cosa che possiamo vedere essere totalmente rispondente alla realtà in base ai dati oggettivi comunemente riscontrabili:
 
Avanzo primario e tasso di risparmio 

Sarebbe agevole proseguire identificando struttura "paralogica" e plateale contrarietà ai dati reali della maggior parte delle proposizioni che alimentano la grancassa mediatica, funzionale alla perpetuazione del regime ordoliberista. 
Questo sistema, -e vi invito a farlo sulle proposizioni dominanti che più colpiscono il vostro personale criterio di rilevanza prioritaria- è applicabile praticamente a tutti i temi di economia e di "riforma" ossessivamente proposti dall'azione di governo e dalla spinta degli stessi media (l'efficienza causale sulla crisi della "corruzione" o dei "costi della politica", l'esigenza di riforme strutturali inevitabilmente portate alla deflazione del lavoro come unica via di ritorno alla crescita, la stessa enfasi sugli investimenti di fronte all'occultamento sistematico di una crisi da domanda, la indispensabilità delle riforme costituzionali, ecc.).

8. Il "test di Orwell" può avere un'altrettanto utile funzione di autodifesa concreta ed empirica su singoli enunciati di singole "voci", espressione insidiosa del tecnicismo pop. In questo blog, ne abbiamo dato una numerosa serie di esempi.
Quello che vi suggerisco, per la sua immediatezza, è che quando identificate una voce manistream, inevitabilmente assertiva e "violenta" (in genere nel colpevolizzarvi e nel praticare l'autorazzismo), passiate subito ad individuare le proposizioni chiave che reggono il paralogismo apparentemente dimostrativo e ne ribaltiate il significato apparente per poi de-relativizzarle. 
Ciò, ci rende immediatamente il meccanismo causa/effetto che si intende oscurare e fa cadere il resto delle proposizioni corollario chiamate a manipolare la descrizione della realtà.

Prendiamo questa recentissima intervista rilasciata da Padoan al Corsera ed applichiamo il "test di Orwell":
"Ha ragione quindi Mario Draghi secondo il quale serve una cessione di sovranità da parte degli Stati membri e una maggiore Unione politica?
«Condivido pienamente il pensiero del presidente della Bce che sin da questa estate a Jackson Hole ha detto che servono tutti gli strumenti di bilancio, strutturali, monetari e finanziari peruscire da questa fase difficile».
Ma allora perché non fare come la Francia che non rispetta il tetto del deficit al 3%, favorendo gli investimenti?
«Sfondare il 3% sarebbe un errore gravissimo,implicherebbe una inversione di 180 gradi della politica del governo, una totale perdita di credibilità. Avere un bilancio solido, invece, permette di reagire a situazioni difficili e di essere più flessibili nell’uso delle risorse. Un sentiero credibile di aggiustamento dei conti garantisce la fiducia dei mercati finanziari che per un Paese con un alto debito come il nostro è fondamentale, pena l’innalzamento della spesa per interessi»
".

Vediamo come emergerebbe l'insieme di queste affermazioni in base al criterio del ribaltamento logico:
Ha ragione quindi Mario Draghi secondo il quale serve una cessione di sovranità da parte degli Stati membri e una maggiore Unione politica?
«DISSENTO DAL pensiero del presidente della Bce che, sin da questa estate a Jackson Hole, ha PUR detto che servono tutti gli strumenti di bilancio, strutturali, monetari e finanziari per uscire da questa fase difficile. TUTTAVIA LA ESPRESSA E FONDAMENTALE VOLONTA' DEI TRATTATI VIETA QUESTI STRUMENTI E DUNQUE LA CESSIONE DI SOVRANITA,' IN QUESTO CHIARO QUADRO DI VINCOLI GIURIDICI, IMMUTABILI PER LA PARTE DOMINANTE DEI PAESI UEM, NON AVREBBE NESSUNA CONCRETA UTLITA' NEL RISOLVERE LA CRISI
».
Ma allora perché non fare come la Francia che non rispetta il tetto del deficit al 3%, favorendo gli investimenti?
«Sfondare il 3% NON sarebbe un errore gravissimo, ANCHE SE implicherebbe una inversione di 180 gradi della politica del governo; IN QUESTA SITUAZIONE NON HA SENSO PARLARE DI EFFETTI SIGNIFICATIVI DI una PRESUNTA totale perdita di credibilità. 
Avere un bilancio solido, invece, NON permette di reagire a situazioni difficili e di essere più flessibili nell’uso delle risorse. Un sentiero credibile di aggiustamento dei conti NON garantisce la fiducia dei mercati finanziari DATO che per un Paese con un alto debito come il nostro è fondamentale NON INNALZARE ULTERIORMENTE IL RAPPORTO DEBITO/PIL CON ULTERIORE RECESSIONE INDOTTA DAL RISPETTO DEI PARAMETRI FISCALI, pena l’innalzamento della spesa per interessi».
Lascio a voi, credo senza particolari difficoltà, l'automatica individuazione delle fonti che fanno riemergere la verità nascosta dalla prima "versione".
Mi limito a darvene un esempio eloquente, DA FONTE FMI. 
Ecco come il rapporto debito/PIL è aumentato a seguito del consolidamento di bilancio "credibile". Notare l'andamento a partire dal governo Monti post 2011 (ma già dalle manovre Tremonti dell'estate 2010...):

italia rapporto debito pil





11 commenti:

  1. Il "test di Orwell" è fondamentale.
    Io lo uso da anni. Lo si può utilizzare anche , spesso, semplicemente invertendo i "fattori" degli slogan UNIVERSALMENTE riconosciuti:
    Esempio:
    "Lo Stato è come una famiglia" (sembra una cosa di estremo buon senso. Il richiamo al buon padre di famiglia, ecc.).
    Invertiamo:
    "Ogni famiglia è come uno Stato" (è una solenne cazzata che CHIUNQUE può comprendere...tranne i crucchi o gente dotata di siffatta flessibilità mentale).

    Dicevo UNIVERSALMENTE. E' importante, perché ci parla del "succo" dei più celebri romanzi di Orwell ("1984" ma anche e ancor di più "La fattoria degli animali")
    I romanzi di Orwell, si dice, sono una denuncia dei regimi socialisti. Ed è vero. Non c'è alcun dubbio sul fatto che Orwell avesse in mente il regime sovietico-stalinista (ne "la fattoria degli animali" possiamo addirittura "tradurre" i personaggi di fantasia in personaggi storici e reali).
    MA,
    in realtà, il VERO succo della morale che si trae dai suoi romanzi è il mettere sugli attenti da qualsiasi tipo di TOTALITARISMO.
    E per totalitarismo, non si pensa tanto al partito unico, ai regimi militari, repressivi, APERTAMENTE AUTORITARI.
    Ma,
    All' universalità che prendono certe visioni. Quello è il vero totalitarismo.

    Come si fa a ottenere questo "consenso" su una singola visione del mondo?
    Mi ha risposto nel suo celebre romanzo "Fahrenheit 451" (filone "distopico" anche questo), Ray Bradbury, in un dialogo tra il protagonista e il vecchio professore, in cui quest' ultimo affermava che la società distopica in cui viveno era frutto del fatto che era stata eliminata la possibilità di vedere le cose da due punti di osservazione diversi.

    Lo capiamo bene perché la visione microeconomica si è "mangiata" quella macroeconomica.
    E.
    Io personalmente,
    capisco bene perché un giudice, come l' autore di questo blog -al di là di tutte le altre competenze, sensibilità, conoscenze, ecc.- abbia un particolare "allenamento" a vedere i fatti da (almeno) un paio di punti di vista contrapposti, prima di esprimere un giudizio....(solo tu potevi scrivere un post VERO come quello sui tempi della giustizia italiana mettendolo in rapporto al SANO iper-frazionamento delle proprietà, tipico del nostro paese).


    Altro punto che mi ha colpito di questo post e che metto in relazione a quanto scritto sopra:
    Dove parli della difficoltà di spiegare certe cose (VISIONI DIVERSE, QUANDO NON OPPOSTE al...pensiero unico UNIVERSALMENTE riconosciuto e dunque TOTALIZZANTE) agli studenti e -aggiungo io- alla parte più istruita della popolazione. La popolazione più istruita è quella più "assorbita dal pensiero unico". AINOI.

    Il vero dramma, cui ho fatto già cenno in altri interventi, è che, l' istruzione -almeno questa è la mia sensazione (credo sempre più diffusa)- è stata incanalata non già ad "ampliare" le capacità cognitive degli studenti, degli studiosi, degli specialisti, ma a RESTRINGERENE il "campo di ricerca" al punto da renderle completamente aride. Cioè totalmente incapaci di apportare qualcosa di "nuovo", di diverso, di "meglio", di ALTERNATIVO al già imparato, ovvero al pensiero unico universalmente riconosciuto e totalizzante.


    La "filiazione" di somari, anzi, di muli (in quanto sterili), da parte dell' elite accademico/intellettuale (quella che chiamano meritocrazia in questo e in altri campi, tanto per capirsi), rallegriamoci; è il segno più tangibile della fine prossima ventura di ogni regime totalitario.

    (scusate per la prolissità)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Speriamo di potervene rallegrare. In sostanza, è anche la preparazione, ad uno stadio ormai avanzato, dei presupposti culturali di una colonizzazione, industriale, culturale e ovviamente politica.
      E il problema è, come evidenzi, che lo strato apparentemente più istruito, ne è il motore più efficace.
      L'autodifesa accademica di una linea di pensiero che è, ormai, una dependance del discorso mediatico, mi pare arrivata a livelli di irreversibilità. E credo che abbia a che fare anche col fatto che "paga": in termini di carriera e in termini di prodotto "specialistico" in vari modi rivendibile. Ergo, dipendente dal mercato. L'unico potere ormai dotato di effettività...

      Elimina
  2. Splendido post, doppiamente istruttivo: propone un test semplice ed efficace, dimostrando contemporaneamente la differenza tra un solido empirismo (questo è lo strumento, proviamo a usarlo) e una retorica manipolatrice fondata sul falso buon senso (il buon padre di famiglia, la saggia nonnina). Vorrei aggiungere qualche osservazione sul contesto che accompagna e sostiene questa retorica.
    È utile, se non indispensabile, leggere questo contesto in una chiave pubblicitaria; qui si raccolgono tutte le strategie, gli strumenti e le tecniche, potremmo tranquillamente parlare di tecnologia pubblicitaria e riconoscere che coincide con la tecnologia dell’informazione pubblica.
    Le enunciazioni orwelliane si trovano negli articoli di fondo, negli editoriali, in quelle narrazioni riassuntive che interpretano quotidianamente l’insieme delle notizie e che sono diventate indispensabili. Qui sta la chiave: si parla di eccesso d’informazione – manco a dirlo “senza precedenti”, come la globalizzazione e l’esistenza della Cina – e generalmente lo si attribuisce a internet, che è un fenomeno nuovo, mentre i giornali quotidiani non sono affatto una novità. Eppure sono diventati raccolte di notizie che richiedono, se addirittura non impongono, la presenza delle narrazioni riassuntive di cui sopra.
    I quotidiani sono diventati sempre più “ricchi” (concretamente hanno più pagine, anche sottraendo quelle pubblicitarie e gli “speciali” sponsorizzati) ma l’insieme delle notizie di interesse generale – escludendo quindi la cronaca locale, la “nera” e lo sport – ha assunto, mi pare, una strana somiglianza un videoclip montato male.
    Gli ingredienti di un tipico videoclip sono scene incisive e rapide, frammentarie o anche contraddittorie, accomunate in genere da una certa atmosfera. Il montaggio le rende congruenti oppure, se non lo fa, ottiene un effetto di disorientamento; resta solo l’atmosfera a legare tutto, mentre lo spettatore può conservare una certa impressione sui fatti raccontati, senza riuscire mai a dominare una sequenza precisa.
    (Beninteso, è tutta colpa del lettore…:-)).
    La narrazione riassuntiva diventa l’unico modo di “farsi un’idea”, e qui trova il suo spazio naturale la retorica che abbiamo già visto.
    Un montaggio come quello che ho descritto potrebbe anche essere il risultato “spontaneo” di fretta, incuria, uso di notizie riportate come se fossero fatti accertati (è un fatto che la Bild ha denunciato xxx e cosa abbia fatto realmente Putin, chissà. Andate a leggere il riassunto). Ma occorre ricordare che a monte ci sono scelte precise (la redazione di un giornale è tutta una serie di scelte) e che queste si inseriscono armoniosamente nella strategia che conosciamo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì è evidente che sia così.
      Nulla è casuale: le "strategie comunicative" sono accuratamente preparate, ma non dai giornalisti ordinari, che si devono solo preoccupare di fiutare il vento ed adeguarsi con zelo (a pena di essere condannati all'irrilevanza o alla disoccupazione). Piuttosto da un certo numero ristretto, elevato a opinion-leader e posto in diretto contatto con gli "eminenti", espertologi che lavorano a tempo pieno nelle dark rooms e che rispondono direttamente, delle loro pianificazioni, ai vertici degli interessi economici più organizzati.
      Meccanismi analoghi vigono per la comunicazione politica. Almeno quella più accorta e in posizione di dover, comunque, utilizzare la "illusione finanziaria" come tecnica di governo.

      Elimina
    2. @Frank

      Senza vanesia alcuna - serve, la vanesia, al vuoto e al nulla che avanza - verrebbe da riguardare un post vecchio.

      Elimina
    3. @poggiopoggiolini
      Il tuo post è ottimo e ricco; il mio commento rimarcava solo che anche nel settore molto tradizionale dei quotidiani c'è stata una deriva, spinta da apparenti difetti, che approda ad una buona integrazione con l'informazione "pop" più moderna e fondata sui nuovi media.

      Elimina
  3. Che profonda simpatia intellettuale per Orwell...

    Quella di aggiungere l'operatore logico "not" a praticamente tutte le proposizioni dominanti del mainstream informativo e controinformativo, nella sua efficacia, rende il tutto non meno inquietante.

    Poiché, come è stato efficacemente, detto il paralogismo è di tipo emotivo - si manipola ancora prima il pathos del logos - l'effetto sull'opinione pubblica è devastante.

    Il cittadino deve accettare, dopo aver ascoltato divulgazione "epistemicamente fondata", di sentirsi letteralmente crollare la terra sotto i piedi.

    Un'angoscia primordiale per cui tutte le certezze vengono meno, ogni appiglio alla realtà risulta fittizio, un'intera vita che dovrebbe essere accettata come vissuta nella più completa inconsapevolezza e totale manipolazione del proprio io e della propria personalità.

    Un totale senso abbandonico che chi non ha conservato per istinto la propria volontà, non accettando visioni del mondo solo per sopravvivenza conformistica, non può accettare.

    Qesto è un limite strutturale della divulgazione: il liberalismo crea vasti strati di "disoccupazione intellettuale" di tipo "naturale".

    (Non di tipo "frizionale" come in una democrazia sostanziale :-) )

    Orwell, semplicemente, grazie alla sua dotazione intellettuale e spiccata sensibilità, vedeva chiaramente e pragmaticamente i vettori politici e culturali che dal centro dell'Impero si sarebbero propagati, secondo geografia culturale, in tutto il mondo.

    Il concetto di bispensiero è proprio il concetto che Orwell usa per descrivere la massificazione della nevrosi individuale che comportava l'accettazione della contemporanea compresenza di tesi e di antistesi nell'analisi del reale: un'illogicità di tipo "quantistico" che a livello umano può solo creare sofferenza psichica e follia.

    RispondiElimina
  4. Questo regime totalitario della follia, necessitava che per conformare il logos (appunto, che lega il concetto di parola alla logica, all'intelligenza analitica) era necessario modificare la struttura linguistica: si creava artificialmente, così, la neolingua che giustamente altro non è che il "linguaggio pop".

    Linguaggio che contiene sempre meno vocaboli ed che è costruito proprio per non aver strumenti logici per smontare le fondamenta ideologiche della propaganda che non può superare il principio di non contraddizione: questo era (ed è) necessario perché era (ed è) necessario continuamente, secondo l'esigenza di perpetuazione del potere, cambiare la Storia.

    Il bipensiero era ed è il naturale esito di un relativismo totalitario.

    In neolingua ogni termine poteva avere contemporaneamente un significato e il suo contrario (bis-linguaggio?) e il passato poteva essere cambiato: quindi un essere umano che non riusciva a far propria questa "tecnica" o impazziva o veniva "vaporizzato": cioè prima ucciso e poi cancellato anche dalla storia.

    Chi controlla l'economia controlla il presente, chi controlla il presente controlla il passato, chi controlla il passato controlla il futuro: questo è, in sintesi, il bipensiero.

    Questa è in sintesi il regalo che bipartisan ci hanno regalato i mondialisti.

    p.s.

    Probabilmente, se Orwell avesse preso il modello Hayekiano invece che quello Staliniano, non avrebbe concluso che i "membri del partito interno" avrebbero, per accettare anche contro se stessi una tale violenza psicologica, subito un logoramento tale da veder continuamente limitata la speranza di vita. Questo effettivamente succedeva nel socialismo reale "russo".

    Il liberalismo sorpassa questo problema, perché è ab origine bipensiero allo stato puro: infatti, chi detiene le redini del potere plutocratico, sembra divntare immortale...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse Orwell, al tempo in cui scrisse 1984 (nel 1948, essendo il titolo l'inversione delle ultime due cifre), non riusciva ad immaginare un mondo hayekiano "reale" come prospettiva futura dell'umanità. Cioè l'idea della libertà e del BENESSERE limitato a pochi (pochissimi), gli pareva a dir poco un delirio non riproponibile.
      Ma certamente, non era così per gli Einaudi,Roepke e fondatori internazionalisti del "sogno europeo".

      Sapevano il fatto loro; e lasciarono intatto il congegno per la restaurazione, incorporandovi il perfezionamento della tradizionale propaganda mediatica liberista, basata sulla "doppia verità", nella sua proiezione sulla società di consumo di massa, (vista come tollerabile e transitoria fase di riaccumulo dei profitti).

      Il modello hayekiano, ha un solo limite: l'enorme apparato poliziesco che esige per mantenere la "pace" sociale, - non quella esterna, predicando infatti un Grande Fratello mondialista, discreto e anzi meta-politico.

      Il sistema hayekiano di carità pelosa sussidiante la disperazione a scopo di "autoprotezione", infatti, ha il piccolo difettuccio di essere autofago nel lungo periodo (crescita della disperazione diffusa con simultanea decrescita dei bilanci "residuali" dello Stato).

      Sai qual'è il momento di crisi del sistema quando è ancora "in fieri"? Quando la gente non può più permettersi di comprare il giornale e la TV-bislinguistica perde ascolti rapidamente. E in più, gli intelligentoni hanno persino creato un clima di depauperamento, etico e materiale, delle forze di polizia, in quanto pubblici dipendenti.
      CI RAMMENTA QUALCOSA DI MOLTO ATTUALE, NO?

      L'unico esito possibile (di cui in Grecia si è già vista l'opera), è la PRIVATIZZAZIONE DELLE REPRESSIONE mediante contractors privati in operazioni di piazza.
      Ma anche quelli costano parecchio, per quanto i dipendenti dei contractors militar-polizieschi siano anch'essi lavoratori precarizzati.

      Potremmo fare l'elenco dei film di sci-fi che prefigurano questo scenario, in chiave Philip K.Dick e suoi epigoni. Di recente, anzi, sono persino aumentati (persino Interstellar, se si guarda alla struttura sociale "terrestre" nello stadio pre-estinzione).

      Naturalmente lo "stato di crisi" mondializzato viene attribuito a motivi di inquinamento-sovrappopolazione, cioè per non essere stati decrescisti felici in tempo, quando la colpevolizzazione era stata preannunziata.

      Insomma, il meraviglioso mondo di von Hayek aggiornato al "pop", trascende le stesse visioni storiche di Orwell: che però ce ne offre, in forza della sua intuizione visionaria, le underlying lines, da decriptare rapportate alla odierna facciata.
      Come dice Cesare Pozzi, il problema è che Hayek, al tempo (mentre sbraitava contro il New Deal che limitava la "libertà"!), non fu "rinchiuso".
      Oggi mi pare troppo tardi; Orwell (episodio storico) si disgustò presto degli "europeisti internazionalisti". Ma ESSI non si sono mai disgustati di se stessi e ODIATORI DELL'UMANITA', sono fermamente decisi a portarla a qualunque livello di disastro "conveniente".
      Sicuramente stanno già preparando Elysium...

      Elimina
    2. Avrei un ulteriore paper di riflessioni su questo tema... a partire da come mai la razionalizzazione dell'organizzazione sociale abbia portato ad una "selezione avversa" dei "filosofi platonici" che dovrebbero condurre la Repubblica umana.

      Oppure come Orwell, dopo aver letto Hayek, neanche lo prenda in considerazione per le palesi contraddizioni del suo argomentare: il "sano", non potendo "far proiezione" nel comprendere il socio-psicopatico, difficilmente accetta che ciò che gli incombe "in front his nose" possa realizzarsi.

      Un po' come quelle dichiarazioni di Monti, Amato o Padoa-Schioppa... che preannunciavano davanti a platee di "storditi" come avrebbero torturato loro e i loro figli, prendendo anche gli applausi.

      Vabbè... ci sto lavorando su, faticosamente: tra l'altro apro il lavoro proprio con Orwell, sottolineando la data... '48

      A prestissimo!

      Elimina
  5. Orwell è stato un autore fondamentale per la mia formazione critica.
    Una caratteristica che trovo fondamentale della sua costruzione della neo-lingua - che nel romanzo avrebbe dovuto lentamente prendere il posto dell'inglese - e che tu segnalavi, è il depauperamento della terminologia, attraverso la costruzione di parole pluricomposte per descrivere situazioni o stati d'animo che diventano così vuote rappresentazioni superficiali e stereotipate (un linguaggio pop, come lo definisci), o l'assorbimento in un neo-termine con connotazione negativa e quindi la sparizione di parole "scomode", come democrazia o critica. L'esempio più interessante era il termine "psicoreato" che incorporava qualsiasi azione o pensiero che fosse in contrasto con quanto detto dal potere, arrivando al punto da rendere impossibile la stessa espressione e spiegazione di questo contrasto, non essendovi altro termine utilizzabile se non psicoreato.
    Mi è tornato in mente questo meccanismo riflettendo sull'uso della parola "populista" da parte degli esponenti del potere o dell'informazione ad esso contigua: definire sempre e comunque populismo, la difesa della Costituzione, il recupero della dignità dello Stato, la difesa della democrazia, della sovranità, permette di non entrare nel merito delle questioni, non affrontare mai il problema sollevato e liquidarlo appunto come uno "psicoreato", impedendo alla gente che ascolta di fermarsi a riflettere.
    Fa veramente impressione...

    RispondiElimina