sabato 28 dicembre 2013

FACCIAMO IL PUNTO SUL VOLGERE DELL'ANNO (spaghetti tea-party e "soluzione finale": un futuro invadente...fossi stato un pò più giovane, l'avrei distrutto con la fantasia?)

1. Prendiamo spunto da un recente commento di Frank, laddove osserva:
"...parlando dell'Italia, è importante individuare i tratti comuni al resto dei paesi sviluppati piuttosto che scivolare nei lughi comuni della nostra "unicità".
Le "sinistre" sono state catturate dal Grande Progetto in tutta l'Europa, mentre Chomsky ripete da decenni che il grande capitale controlla completamente, e ovunque, la grande informazione semplicemente perché la possiede.
Quello che stiamo fronteggiando è anche un enorme meccanismo comunicativo che riscrive la storia, crea miti e senso comune
".

Giuste precisazioni, però, in realtà, se c'è un "luogo" dove i caratteri generalissimi di questo Grande Progetto sono stati individuati e sviscerati è proprio questo blog. Non solo abbiamo delineato il quadro mediatico, politico-ideologico, e teorico-economico, in cui l'attuale momento europeo si inscrive, ma abbiamo anche evidenziato la €uro-distonia rispetto al resto del mondo delle Nazioni civili.

2. Di quest'ultimo aspetto, conviene rammentare questo passaggio del post citato da ultimo:
"Si sa ormai, anche se viene dichiarato solo implicitamente nei G20, che la nuova macroeconomica classica non ha funzionato e ha prodotto solo danni ("lo si sa" sempre con l'eccezione dell'Italia e - ma con diversi presupposti- della Germania: questo restringendoci ai paesi economicamente più importanti nell'ambito delle democrazie "mature").
Tuttavia, una domanda: fino a quando l'Italia potrà continuare a fare "l'oca giuliva" che combatte con il massimo entusiasmo nelle fila di un esercito sempre più sfaldato, che appare potente digrignando i denti coi suoi comandanti, ma che nei ranghi è già sfaldato nel morale? Solo in Italia, sono così "gasati" e compattamente credono nella vittoria, contando su una falange mediatica e di orientamento politico che non ha pari.
Basti pensare a come è stato narrato, qui da noi, lo shutdown USA, senza mai menzionare che alla sua base c'era proprio l'attacco, abbastanza disperato, dei tea-party contro l'intervento pubblico a favore della crescita, nella ottusa fede nello spiazzamento a favore del privato come sistema di uscita dalle crisi.
Negli USA tutto ciò è oggetto di un dibattito aperto e violento.
In Italia neppure si sa che, a rigore (in tutti i sensi), tutte le nostre forze politiche sarebbero state decisamente sulla stessa linea dei tea-party. Molto più della classe politica della stessa Germania, che realizzando finora dei surplus esteri, ed avendo un basso livello di disoccupazione (certo, mascherata dalla sottoccupazione e definitiva emarginazione sociale di larghi strati della popolazione), si trova ben più lontana di noi -per ora- dalla situazione degli USA".
3. Del primo aspetto (disegno generale ordoliberista generato dalla suggestione hayekiana), vorrei rienfatizzare questa affermazione strategica dello stesso Hayek, tratta da "Verso la schiavitù", ed emersa dal dibattito (a seguito del quale, mi auguro che Istwine abbia avuto modo di riflettere sulle schiaccianti evidenze emerse a confutazione della sua singolare posizione di "non liquet"):
«Il controllo economico non è il semplice controllo di un settore della vita umana che possa essere separato dal resto; è il controllo dei mezzi per tutti i nostri fini. E chiunque abbia il controllo dei mezzi deve anche determinare quali fini debbano essere alimentati, quali valori vadano stimati […] in breve, ciò che gli uomini debbano credere e ciò per cui debbano affannarsi».
A questo specifico passaggio avevo anche dedicato un apposito post; che ci riporta dritti alla situazione italiana.

Del detto post, ora più che mai (si era in atmosfera appena post-vacanziera e forse a molti ne sfuggì l'essenziale), riproduco i passaggi salienti:
"Cerchiamo di sviluppare questo concetto nelle sue ricadute pratiche, che poi, nel mondo socio-economico, sono un "programma politico".
Lo sintetizziamo come proposizione fenomenologicamente "essenziale": "I fini del controllo economico, cioè della "grande società" governata dal mercato, (possibilmente, secondo von Hayek, "globale"), implica il controllo dei mezzi necessari per tutti i fini che il "mercato" intende perseguire: cioè, di tutti i mezzi che consentono di determinare "ciò che gli uomini debbono credere e ciò per cui debbono affannarsi".
Siccome questi "fini" (abolizione della "demarchia", cioè della disfuzionalità dei processi democratici rispetto all'efficienza "naturale" del mercato, con riduzione dello Stato al "minimo"), implicano dei "valori" centrali, questi ultimi, (come proiezione "etica" e, al tempo stesso, socialmente dissimulata per non far percepire direttamente alle masse i fini stessi - in quanto concepiti e funzionali ai soli interessi dei proprietari-produttori, necessariamente al sommo dell'auspicata società gerarchizzata)-, sono riassumibili in concetti - dogmi a radice antropologico-naturalistica, secondo Hayek-, che si impongano in via normativa.
Cioè come regole di un super-diritto, che Hayek stesso identifica nella "Legge", in contrapposizione alla meno importante e costantemente monitorata, nella sua conformità ai valori (e ai fini), "legislazione", produzione normativa statale da assoggettare alla forza della Legge stessa.

Per ritrovare questi valori in un contesto supernormativo, capace di imporsi come "Legge", superiore per definizione alla "legislazione" espressiva della sovranità statale, da depotenziare e "disperdere" in un contesto tanto sovranazionale quanto debba esserlo la "Grande società" del mercato, è, ormai, agevole, ricorrere al più grande esempio storico e concreto, di programmatica dispersione della sovranità (democratica) mai sperimentato dall'Umanità: il trattato UE.

Da queste premesse "valoriali" - e come l'inflazione e la inefficiente scarsità di concorrenza siano oggi circondate da un giudizio negativo universalizzato, nela "pubblica opinione", e portato sul piano "etico", non credo debba essere dimostrato-, è possibile derivare ogni altra strategia e tattica posta in essere per affermare i "fini" sopraindicati.
E quindi comprendere anche come i "mezzi" siano controllati per diffondere contenuti informativi che inondino, in ogni dimensione della vita sociale, le convinzioni per cui gli esseri umani si debbano affannare: ogni convinzione "politica", ma, inevitabilmente, in questa programmata visione totalitaria del controllo (economico) sulle spinte all'agire umano, "culturale" è, in una misura sempre più intensa, piegata ai suddetti "valori".

Ciò rende assolutamente indispensabile un'opera totalitaria di controllo dei mezzi dell'informazione e il costante e sostenuto effetto di consolidamento di convinzioni che non possano deviare dai valori e fini perseguiti.

Questa operazione di controllo-condizionamento culturale, a cui non si sottrae perciò nessuna voce e nessuna "idea" che possa comparire sul palcoscenico mediatico (quand'anche si parlasse di letteratura, di gastronomia, di cinema o di archeologia, o, persino, di sport), presuppone una previa "destrutturazione" di tutto ciò che sia incompatibile con i valori di "forte competizione" e "stabilità dei prezzi".

Questa fase è attuata attraverso la riprogettazione "tecnica" della pubblica istruzione. Dove per "tecnica", si intende la sua ridefinizione alla stregua di complesse proposizioni di natura pubblico-contabile, predicando un "quadro finanziario" offerto come migliorativo delle condizioni sociali (genericamente intese e mai connesse a concrete situazioni esistenziali dei cittadini inseriti nelle società costituizionali democratiche): questo è il caso dell'enorme valore culturale, acriticamente annesso alla formulazione tecnica dei parametri di Maastricht. O alla dottrina delle "banche centrali indipendenti".
Non percepiti nel loro significato concreto da centinaia di milioni di cittadini interessati, questi strumenti si sono imposti come presupposti, rapidamente divenuti intangibili, della stessa operazione preliminare di destrutturazione della istruzione e formazione affidata allo Stato.

In questo post, Sofia, analizzato il fenomeno dei tagli alla pubblica istruzione legislativamente apportati nel quadro finanziario seguente a Maastricht, ci illustra le "teorie di Habermas, Dewey ed Heller i quali partivano proprio dall'evidenza che è l’ignoranza la causa della inefficacia dell’opinione pubblica nella sua essenziale funzione di controllo democratico sull'operato dei governi.
Dewey sosteneva che mediante l'educazione si può promuovere e sviluppare una intelligenza sociale (non l'intelligenza come possesso individuale, quindi), la capacità di confronto, di discussione, di proposta, capace di dirigere il cambiamento. Questa opinione pubblica illuminata va costruita e ci vuole, quindi, un impegno educativo continuativo.
Perché al problema dell’istruzione se ne aggiungono altri, che comunque non sono altro che una ulteriore e diretta conseguenza della mancanza di istruzione stessa.
Ad esempio manca lo spazio pubblico di discussione sui problemi generali (non solo nelle scuole, quindi), perché l'opinione pubblica é diventata (anch’essa) una finzione giuridica, una facciata del tutto formale di legittimazione di poteri di fatto oligarchici e sempre più autorefenziali, con i quali, quindi, è difficile pensare di partecipare e fornire competenza, conoscenza, metodo.
Fuori dal quadro istituzionale politico, l'opinione pubblica si trasforma nell'opinione di massa e ciò che si pensa in questi ambiti é irrilevante politicamente o non ha incidenza politica proprio perché è la realtà di opinioni che non sono frutto di riflessione e discussione
".

4. Non pretendo di aver esaurito tutte le implicazioni di un discorso condotto su linee così "di sistema", ma mi permetto di segnalarvi una conferma sperimentale della linea interpretativa storico-economica così adottata.
E per rintracciarla basta rivolgersi al "giornalone" ordoliberista per eccellenza, che, senza colpo ferire, ci regala, anche solo per parlare delle più stretta attualità finanziaria pubblica, le seguenti perle, riportate entusiasticamente come esempi della "nuova virtù salvifica" di cui ogni possibile forza politica è obbligata a farsi portatrice:
"(Riferendosi agli emendamenti parlamentari al ben noto decreto-legge approvato e poi ritirato su "invito" del Capo dello Stato)...In consiglio dei ministri, il premier avverte i colleghi: «Gli interventi in Parlamento devono servire a togliere, non a mettere ». E anche: «Ma questa lezione - ammette Letta - deve servirci da scossa. È uno stimolo in più per fare le riforme nel 2014». L'iter delle leggi non funziona, non si può continuare a "giocare" con un tira e molla delle due Camere. Il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello proporrà, nell'accordo di coalizione per il 2014, una norma «che impedisca il proliferare della spesa attraverso mille rivoli ed emendamenti».
E non basta:
"...Il segretario del Pd è pronto a far salire l'intensità del suo pressing su Letta e Napolitano, anche se è stato proprio il presidente della Repubblica a creare una situazione favorevole per gli interventi decisivi di gennaio. «I tre milioni di persone che hanno votato alle primarie mi hanno dato un mandato in nome del cambiamento e dell'efficienza della politica. Il pasticcio del salva Roma va in un'altra direzione», spiega il sindaco.
Per questo, il patto di governo, che sarà siglato entro il 15, deve portare soprattutto la sua firma. Riforma elettorale, abolizione del Senato, job act, cultura. Ma non basta. «Il tema del rimpasto esiste eccome, solo che non voglio essere io a porlo », dice Renzi. Oggi però ha una sponda: Mario Monti. Infatti, il sindaco appoggia la richiesta di Scelta civica di un riequilibrio dei ministri. «Ci sono due rappresentanti centristi nell'esecutivo, Mauro e D'Alia. Dopo la loro scissione, entrambi stanno con Casini. Non va bene», è il ragionamento dei renziani. Il partito del Professore può essere lo strumento per mettere Letta alle corde
..."

5. E dunque apprendiamo che:
1) ogni possibile priorità per "agganciare" la ripresa (ricordiamo "certificata" dallo stesso Scalfari...) consiste nella ulteriore e irrinunziabile limitazione della spesa pubblica;
2) al di là delle alchimie "istituzionali" - a effetto ZERO sulla congiuntura economica, se non addirittura controproducenti in quanto strumenti acceleratori della linea delle riforme austere, rieditive di una nouvelle vague "montiana", improvvisamente rilegittimata dai 3 milioni di voti presi da Renzi alle primarie (!)-, l'unico altro provvedimento adottando è quello della totale liberalizzazione in uscita del mercato del lavoro;
3) questa operazione viene offerta insieme con una cornice di "cultura", in modo da solleticare una sorta di etichetta progressista (altrettanto acriticamente trasformata e ormai irreversibilmente metabolizzata dalla sua versione mediatica ordoliberista), ma, trattandosi di una linea inscritta nel furioso intento di tagliare la spesa pubblica, si risolverà, giocoforza, in diverse modalità di PRIVATIZZAZIONE dei beni e delle attività culturali (meglio se aperta agli investitori esteri);
4) potete notare come tutte le indicazioni di voto che, pallidamente, parevano essersi affacciate in esito alle ultime elezioni, vengono ribaltate, per il semplice fatto che il controllo MEDIATICO della "cultura", sintetizzabile nell'autoinvestitura come "guida" dei "giornaloni" in questione, riproduce incessantemente lo stesso disegno che aveva portato al governo la linea montiana, rilegittimandola (indirettamente o anche direttamente) con un'operazione di "rinnovamento" della leadership .
5) Quest'ultima operazione, a sua volta, prospera nella compattezza della acclamazione mediatica e nell'assenza di qualsiasi seria controspinta politica che sappia evidenziare questo incredibile paradosso mediatico e meta-democratico: reinventare 3 milioni di voti come una sorta di ordalia che consente l'indiscriminata autoatttribuzione del sentire plebiscitario dell'intero corpo elettorale, riproponendo una linea che non soffre mediazioni e si impone come "cultura" di una "sinistra responsabile" e "vincente".

Questa è dunque la specificità italiana nel quadro generale. Certamente ha parallelismi e meccanismi analoghi in altre realtà (ex) democratiche che subiscono lo stesso €uro-disegno: ma, altrettanto certamente, la nostra possibilità di tentare una salvezza in extremis della democrazia passa per la consapevolezza accurata di questi meccanismi.
Anche perchè, molto concretamente e con inesorabile attualità, incombono da subito su di noi, come strumenti più che sufficienti per piombarci, molto rapidamente, nella definitiva degradazione a colonia depressa di un'Europa implacabilmente occupata nella "Soluzione finale" della democrazia.

11 commenti:

  1. Un petit cadeau pour vous: l'articolo
    giornalistico
    N°1 di tutto il 2013; è difficile trovare uno studio di così alto spessore che coniughi economia e psicosociologia delle masse, il tutto suffragato e corroborato da un profluvio di tabelle e citazioni dotte.
    Olivier Blanchard ha esclamato: " Ah ... ci avessi pensato prima, quanti libri da studiare mi sarei risparmiato!"
    Have fun!

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    1. Esaltatore della "leadership" (di turno) e orientato alla ridefinizione (lib-lab) della geografia concettuale politica (avendo avuto un grande maestro), è un conforto indispensabile per affrontare i flutti tempestosi del nostro tempo: una lettura che assicura la serenità nel presente e rassicura sul futuro.
      Di fronte alla grandezza, ci si sente tutti più piccini
      http://www.europaquotidiano.it/author/stefano-balassone/

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    2. E mi hai aperto un mondo la cui soglia non avrei mai avuto l'ardire di varcare (ego non sum dignus).
      E' tutto meraviglioso!
      Elegia, agiografia, che dico apoteosi!
      L'Italia fiduciosa che autocelebra le sue "risorse" più indispensabili, pronte ad una nuova grande stagione...€uropea, che dico "internazionalista"!
      http://www.europaquotidiano.it/2013/12/27/chi-e-pier-carlo-padoan-il-nuovo-numero-uno-dellistat/

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  2. Splendido post ("che te so po' dì?!"). Sulla questione mediatica un tassello piccolo, ma importantissimo è spiegato da M. Foa in questa intervista: http://www.youtube.com/watch?v=px0FaA0K35w in particolare dal minuto 11:40. Invito tutti a sentirvela e poi a chiedervi chi sia Renzi.
    Molto legata poi è la questione semantica: cioè come si sia offuscato l'uso delle parole. Prendiamo la parola "sinistra" ad esempio: come può chiamarsi il PD di sinistra?! Il PD è chiaramente un partito di destra liberista cone lo è praticamente TUTTO il Parlamento italiano con eccezione di qualche sparuto gruppo di individui (maggiormente M5S). Fin quando le cose non vengono chiamate con il loro nome, 'dove volemo anna'?

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    1. In realtà, i vertici del m5s appaiono alquanto "liberisti" (del genere "ferocia moralistica" per inchiodare al senso di colpa tutto ciò che si collega al settore pubblico) e la base ha forti componenti del neo-liberismo "eco-decrescista"; cioè la punta avanzata delle nuove strategie "oil&finance" che, alla distanza, quando si sarà posato il polverone delle macerie €uro-fognanti, domineranno con un ancor più rigido tallone di ferro...

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    2. In effetti l'eco-decrescismo ben puo' essere inquadrato come un'appendice del cosiddetto "argomento morale" a difesa dello status quo e dell'ideologia liberista. Da un lato, strumentalizza iopocritamente le (giuste) istanze ambientaliste al fine di "colpevolizzare" la societa' del benessere diffuso, dall'altro si riallaccia al "recupero della durezza del vivere" teorizzato da Padoa Schioppa al fine di inquadrare la perdita del benessere nell'ottica, appunto, di una "purificazione morale" dell'individuo medio corrotto dal consumismo.

      Trattasi, a mio avviso, di una corrente gia' confutata, con poche parole, da Bertrand Russel nel suo "Elogio dell'ozio", laddove scriveva: " [..] Per secoli, i ricchi ed i loro sicofanti avevano intessuto elogi degli 'onesti attrezzi di lavoro' e della vita semplice, professando una religione secondo la quale i poveri hanno molte piu' probabilita' dei ricchi di entrare nel regno dei cieli. [...] Ma quelli che sono, in sostanza, appelli revivalisti, vengono pero' lanciati con altri scopi: essi debbono infatti assicurare la collaborazione di operai indefessi per compiti speciali. Il lavoro manuale e' un ideale proposto a tutti i giovani e sta alla base di ogni insegnamento etico. [...] la necessita' di gabbare i poveri [...] ha indotto i ricchi, per migliaia di anni, a predicare la dignita' del lavoro , mentre dal canto loro essi si comportavano in modo ben poco dignitoso sotto questo aspetto."

      Nihil novo sub soli, mi sa.....

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    3. Provo a fare un piccolo appunto sulla dialettica:

      spessissimo le classi piu' deboli e incolte vengono asservite tramite la manipolazione del "guilt system", confondendo cio' che e' proprio dell'individuo con cio' che appartiene all'ambito sociale. Un po' come "l'individualismo liberista" si contrappone a livello divulgativo al "socialismo keynesiano" confondendo micro con macroeconomia.

      La "crescita spirituale" e' dell'individuo. E' un fattore antropologico, intrinsecamente umano, quello per cui e' indispensabile il graduale distacco dal feticcio materiale. Ma questa e' una caratteristica della psicologia che non puo' essere traslata a livello sociologico.

      "Cammelli e crune di aghi" sono dinamiche che appartengono all'individuo, non al blocco sociale.

      Questa contrapposizione tra esperienza individuale intuitiva e veificabile e dinamiche sociali speculabili solo razionalmente diventa, a mio parere, uno dei principali vulnera su cui insiste manipolazione oligarchica.

      Saluti a tutti.

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  3. INCREDIBILE post del prof. Bagnai.....

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    1. Ciao, l'ultimo! Con tutti i grafici.....

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    2. Visto: versione inglese, video con trad.simultanea e anche testo italiano.
      Quel che viene espresso rafforza l'urgenza di quanto raccontato in questo post...se si pensa a fare il collegamento

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