lunedì 11 febbraio 2013

FOCUS 3- "REDUX"

Dedicato a Fabrizio e al "working-out" in progress, nonchè a Susanna e alla sua perplessità sul se esista ancora un "punto di riferimento".
Ripubblichiamo, per maggior facilità di lettura, il post FOCUS 3- COSTITUZIONE, TRATTATO E INTERNAZIONALISMO, ridotto e snellito.
Mi è sembrato utile procedere a questa nuova divulgazione semplificata in quanto si "focalizza" il contesto giuridico-costituzionale che, nella realizzazione del disegno e dei vincoli europei, invocati da tutte le principali forze politiche, rende praticamente irrilevante parlare oggi di perseguimento dell' "indirizzo" sociale ed economico contenuto nella Costituzione, reso di fatto inoperante dal diritto dei trattati europei.

Ciò, di conseguenza, fa sì che il concreto esercizio della potestà di governo, sull'essenziale piano economico-fiscale, sia in realtà predeterminato al di fuori delle possibili scelte di un governo nazionale.
Con tutte le conseguenze del caso sulla utilità pratica di elezioni politiche nazionali.

1- Perchè le Costitutioni democratiche "nazionali" valgono, OGGI PIU' CHE MAI, come garanzia indispensabile delle libertà degli individui e dei popoli e assumono il ruolo di estremo baluardo delle "possibile" e "residua" democrazia?
Mi rendo conto che su ciò OCCORRA FARE UN PUNTO DI SINTESI COMPLESSIVA,
LA PIU' NITIDA POSSIBILE (nei limiti delle mie facoltà...limitate):
- un pò perchè i problemi sono complessi e non facilmente verificabili su un "testo" di riferimento;
- un pò perchè questo blog ha "prodotto molto", (e giustamente in molti mi chiedono di avere il tempo di assimilare le varie informazioni che si sono accumulate);
- un pò perchè questo blog, sulla scorta della "urgenza" determinata dall'ASSOLUTO ALLARME DEMOCRATICO determinato dall'attuale momento storico-politico, si rivolge a un obiettivo "plurimo", cioè tenta con immediatezza di rivolgersi anche a una classe di persone che dovrebbero essere già in grado di trarre certe conclusioni per propria specifica cultura professionale (i famosi "giuristi", su cui peraltro torneremo).

2- Cominciamo dal primo problema: non esiste un testo di riferimento per abbracciare interamente le soluzioni ai problemi che ci presenta l'UE-UEM sotto il profilo giuridico, perchè in tale campo non abbiamo un equivalente di ciò che è riscontrabile in economia, i famosi "manuali del primo anno", improntati a illustrare principi e "leggi economiche" consolidati (ammesso che in economia sia questa la situazione, dato che l'assalto "neo-classico" all'accademia può far dubitare di ciò).
Cercherò di dare però una indicazione "semplificante", ricavabile dai post già pubblicati:
a) le "Istituzioni di diritto pubblico" di Costantino Mortati (Padova, Cedam).
b) il libro "Il costituzionalismo asimmetrico dell'Unione", a cura di Antonio Cantaro, AA.VV. (Giappichelli, Torino, 2010),
c) il libro "La nuova costituzione economica" di Sabino Cassese, (Laterza, Roma-Bari, 2001). 

3- Affrontiamo dunque il secondo problema: la sintesi del "materiale" finora divulgato nella presente sede, in quanto riassumibile in un "filo conduttore".
Cominciamo col dire che le norme costituzionali possono essere classificate in tre tipologia:
1) i principi fondamentali in senso proprio, quelli che fissano la titolarità della "sovranità" che, essendo (si spera) democratica, cioè risiede nel popolo inteso come comunità complessiva dei cittadini, e stabiliscono altresì i "fini" irrinunciabili che persegue tale comunità. Questi fini sono perseguiti attraverso le "istituzioni" costituzionali, (art.1 Cost. "la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione"), che non possono far altro che ricercarne la effettiva realizzazione, nel tempo: sono cioè ad obbligatorio costante perseguimento;
2) i principi "programmatici" cioè quelli che predeterminano le linee di azione che le stesse istituzioni devono perseguire per rendere effettivo il costante perseguimento dei "fini". Sono perciò dei "corollari" che connotano, in termini di azione di governo-legislazione, un percorso in assenza del quale i principi-fini rimarrebbero in costante pericolo di rimanere irrealizzati (tali sono, ad es; gli artt 36-38 Cost. e più in generale del norme della "Costituzione economica" di cui si è sopra parlato in termini di "sterilizzazione" occulta);
3) le norme di organizzazione, quelle che determinano in concreto come le istituzioni debbano essere strutturate in modo che tale stessa struttura garantisca il perseguimento dei fini e la effettività delle linee di azione programmatica.
Abbiamo visto nel post "I tagli ai costi della politica: facciamoli per bene", in che misura queste queste ultime norme siano modificabili e altrettanto, in misura molto più ristretta, per la seconda tipologia.

4- Di come si individuano correttamente i limiti della prevalenza del diritto europeo ci parla pure Mortati per come citato nel post "Alcuni  punti fermi. Ipotesi frattalica e Costituente. De jure condito ac de jure condendo"
5- Ma quel che importa aggiuntivamente sottolineare è che la stessa struttura della Costituzione italiana (che vale come modello "ottimale" di Costituzione, a buon diritto e merito dei nostri illuminati costituenti...e nonostante le "digressioni" di Benigni), porta a due conseguenze fondamentali:
1) gli obblighi irrinunciabili dei "principi-fini" pongono ciascun cittadino in posizione di legittima "pretesa" del loro adempimento da parte delle istituzioni. Non basta cioè che questi fini siano genericamente enunciati (e altisonanti): i cittadini hanno con immediatezza un interlocutore "vincolato" (questo sì che è un "vincolo" democratico) che coincide con la "Repubblica" assunta nel suo insieme di istituzioni di vertice;
2) questo stesso schema di pretesa-obbligo incombente sulle istituzioni democratiche e rappresentative del popolo sovrano non è configurabile rispetto ai trattati UE: TUE e TFUE. Nessun cittadino europeo, rispetto all'istituzione europea, può accampare effettivamente una diretta pretesa alla realizzazione vincolante di principi-fine che, oltretutto, dettaglio fondamentale, non sono affatto equivalenti, per chiarezza e gerarchia di valori, a quelli enunciati nella nostra Costituzione.

Sul primo punto, abbiamo visto ciò che è stato detto nel post "Costituzionalismo e "internazionalismo finanziario" a caccia di sovranità"...,  riassumibile in questo passaggio:
"...se considerano il diritto al "lavoro", Draghi, Andreatta (a suo tempo) e Fornero, affermeranno che non c'è alcun obbligo preciso in Costituzione nonostante gli art.1 (fondamento "lavorista della Cost.) e 4 Cost (dir. al lavoro). E in effetti, non c'è una formulazione che metta in rapporto preciso il singolo con un'istituzione-competenza dello Stato e determini ciò che questo "debba" fare.
Ma l'art.3, comma 2, invece, ci dice che TUTTA LA REPUBBLICA è obbligata a "promuovere" la uguaglianza sostanziale, "rimuovendo gli ostacoli...": se ne desume che, poichè i principi fondamentali sono inderogabili e non revisionabili (art.139 correttamente inteso), TUTTA LA REPUBBLICA DEVE AGIRE PERCHE' IL LAVORO -FONDAMENTO DEL PATTO SOCIALE- "NON DIMINUISCA" E SIA ADDIRITTURA SEMPRE MEGLIO RETRIBUITO (art.36 Cost. in relazione all'art.3).
E quindi, per gli artt.11 e 139 Cost, come ho detto in un "lettissimo" post, nessun obbligo europeo può giungere a imporci obblighi che contraggano livello di occupazione e delle retribuzioni."


6- Sul secondo punto (inconfigurabilità nei trattati del meccanismo pretesa-obbligo, nel rapporto tra cittadini e istituzioni UE), la questione è di tutta evidenza.
E questo per la semplice ragione che il trattato di Maastricht, come pure quello di Lisbona, non si rivolgono mai ai cittadini per individuarne degli interlocutori diretti: esistono solo enunciati rivolti alle istituzioni europee e agli Stati, ove i cittadini sono contemplati come "oggetti-destinatari", invariabilmente nel "bilanciamento-prevalenza" degli interessi di altri principali destinatari, tendenzialmente le imprese, e, dunque, i cittadini non sono mai diretti titolari di prerogative
Dunque i trattati affidano, in qualità di "agenti", le loro "proposizioni" di principio agli Stati e alle istituzioni europee, cioè a un tipo di disciplina che, vedendo nella organizzazione multistatale e negli Stati i suoi tipici "soggetti di diritto", rimane, checchè ne dicano gli esponenti della sua governance, compresa la Corte europea, sul piano del diritto internazionale.

Il trattato, o i trattati, tali rimangono e assumono nel sistema delle fonti, un carattere interposto tra la Costituzione e le leggi ordinarie, variamente configurabile nella giurisprudenza costituzionale dei vari Stati-membri, ma che deve sempre passare per il "recepimento" nell'ordinamento interno attraverso un mezzo di "ratifica" e "immissione" previsto dalle rispettive norme costituzionali.
E non solo: ma lo strumento di tale ratifica sarà sempre soggetto ai limiti di compatibilità previsti dalle Costituzioni democratiche (e visti sopra per quanto riguarda la nostra Costituzione), senza poterli forzare.

7- Nel post "Essi vivono. They live" abbiamo riportato questo passaggio:
"le corti costituzionali reagiscono (al problema delle interferenze tra fonti internazionali, e in specie europee, e diritto costituzionale interno ndr.) differentemente con riguardo al “rango” (livello della fonte) delle pretese avanzate dalla “Legge” UE. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale polacca, la costituzione polacca è, in quel paese, la fonte di grado più alto e così prevale anche su quella europea…
La Corte costituzionale tedesca, a partire dalla pronunzia sul Trattato di Lisbona del 30 giugno 2009, ritiene la “identità costituzionale” tedesca (specialmente i diritti fondamentali e i principi base di organizzazione, ma anche gli obiettivi di “pace” propri dello Stato)…e la stessa “integrazione europea” costituzionalmente sancita, come superiori ad ogni fonte europea,….riconoscendo però alla “norma primaria europea” (trattati ndr.) un rango superiore al resto delle norme costituzionali (e primarie) tedesche- eccettuate le politiche estera e di sicurezza UE, che hanno il rango di semplice diritto internazionale (cioè non “ultraprimario” e “para-costituzionale” come il resto dei trattati UE, ndr.).
Secondo il principio fondamentale n.3 del pronunciamento su Lisbona, l’attuazione del diritto europeo deve lasciare “sufficiente” spazio i “diritti umani universali” in quanto di rango superiore".
Ma l'enuciazione dei diritti umani universali, come pure quella relativa alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione e come la stessa adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in base all'art.6 del TUE, "non estendono e non modificano", per esplicita previsione, "le competenze dell'Unione definite nei trattati".

8- Ciò conferma, se ce ne fosse bisogno, che i trattati nulla più dicono di quanto sarebbe stato implicitamente "obbligatorio" anche in assenza dell'art.6 stesso: cioè che gli Stati (membri) devono rispettare i diritti universali, ovvero fondamentali, essendovi già obbligati per le rispettive Costituzioni e, nel caso alla CEDU, per il vincolo di adesione, proprio del diritto internazionale pattizio e del tutto autonomo dai trattati UE.
L'unica novità è che l'Unione "aderisce" alla stessa CEDU, ma all'interno di previsioni che si muovono, senza dubbio, nell'ambito del diritto internazionale e senza "estensione di competenze", la cui ripartizione in sè definisce la parte essenziale del trattato, rendendo la questione dei diritti fondamentali, in pratica, ininfluente.

Insomma nessuna delle caratteristiche di una Costituzione democratica moderna sono proprie del tipo di enunciati racchiusi nei trattati.
Non sono individuabili, in primo luogo, principi-fine che definiscano il titolare della sovranità nel popolo (tratto minimo essenziale della democrazia) e ne vincolino le istituzioni alla costante realizzazione: esistono piuttosto delle finalità "enfatiche" che, nel loro complesso di gran lunga prevalente, rispondono a una ideologia economica peculiare, e quindi riguardano il tipo di politica economica che gli Stati si vincolano a realizzare.
E questa ideologia, qui più volte esaminata, non solo tende esplicitamente a limitare/sopprimere gli interventi dello Stato, ma si rende, in partenza, incompatibile con "diritti fondamentali" che la stessa ideologia economica riduce a ostacoli semmai da sopprimere.

9- In contrapposizione frontale a tale impostazione economico-ideologica, infatti, le Costituzioni democratiche fanno dell'eguaglianza sostanziale e della connessa rimozione degli ostacoli alla sua realizzazione un articolato programma di azione, in specie enunciando il corollario-programma della realizzazione dei "diritti sociali" che danno luogo alla costituzionalizzazione del welfare; cioè esattamente quanto gli enunciati di principio del trattato di Lisbona (artt.1-6) tendono a neutralizzare, subordinandoli, in una astrusa formulazione, deliberatamente ambigua, a una serie di priorità di politica economica fortemente liberistiche.

Da notare che quando il trattato parla di "dignità umana, libertà, democrazia, uguaglianza, stato di diritto e rispetto dei diritti umani" (art.2, par.1) l'Unione predica di fondarsi sul loro "rispetto" (c.d. "concezione negativa" delle vecchie costituzioni liberali ottocentesche) e non, si badi bene, sulla loro effettiva realizzazione, evitando accuratamente di collegarla agli "obiettivi comuni" agli Stati cui tende tutta l'Unione.
Gli "obiettivi comuni" soltanto sono oggetto della "realizzazione". Ma questo obiettivi comuni attengono essenzialmente alla incondizionata attuazione di un disegno macroeconomico ben connotato, come si è visto nel post "Aso e Abe, la politica fiscal creativa tra Keynes, Patinkin e Friedman".
Tant'è che l'Unione, finalmente "rivelando" il proprio ruolo attivo, "instaura" un mercato interno e si "adopera" per lo "sviluppo sostenibile" basato sulla "stabilità dei prezzi e un'economia sociale di mercato fortemente competitiva" (art.3, par.3), che, attenzione, "mira alla piena occupazione".
Cioè non ritiene quest'ultima un obiettivo da perseguire attivamente ("instaurando" e "adoperandosi" in tal senso), ma, distinguendo con "nonchalance", lo vede come un "effetto" intrinseco, un corollario complementare che, nelle note teorie economiche, si accompagnerebbe alla forte competizione ed alla stabilità dei prezzi!

10- E non tragga in inganno il periodo successivo "L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore".
Si potrebbero citare anche i seguenti simili enunciati dell'art.3, par.3, ma rimane un piccolo particolare: tutte queste "belle" parole non sono poi seguite da previsioni organizzative "stringenti" nel successivo "trattato sul funzionamento dell'Unione" -come quelle che prevedono i compiti dei vari consigli e della commissione nel perseguire il coordinamento di questo o quell'aspetto della politica economica.
E lo confermano le vicende di questi giorni sul "simbolico ammontare" del bilancio UE, che nulla aggiunge a quanto gli Stati farebbero comunque in base ad una contribuzione che risulta, più o meno asimmetricamente, coperta dagli stessi Stati con i soldi dei loro contribuenti.
E come constatiamo ogni giorno di più, nella gran confusione di un trattato deliberatamente illeggibile, si tratta sostanzialmente di azioni "dimostrative", pur sempre subordinate alla realizzazione di "un'economia sociale di mercato fortemente competitiva" e alla "stabilità dei prezzi".
La materia dei "valori" enfatici, al più, è servita a creare la mistica europea dei "diritti cosmetici" della cui funzione "distraente" rispetto alla più concreta azione di distruzione dei diritti sociali, abbiamo visto nel post "Hollande e lo scudo infranto dei diritti cosmetici".

11- Per contro, la "stabilità dei prezzi" trova la sua attuazione nella principale e unica istituzione propria dell'Unione monetaria, cioè la BCE-SEBC, che avrebbe pure il compito di perseguire "tutti" gli obiettivi dell'art.3, tra cui la "piena occupazione", come abbiamo visto nel post "Giuristi ed economisti: cronache da un fronte per difendersi dalla precomprensione...": solo che, abbiamo altrettanto spiegato (sempre nel post "Aso e Abe...") come, con sofisticate distinzioni terminologiche, l'Unione abbia "contestualizzato" tale concetto, con accorta formulazione strategica, come "tasso di disoccupazione naturale" alla Friedman e alla Lucas, intendendolo come un mero corollario "derivante" dalla stabilità dei prezzi e dalla "efficiente allocazione delle risorse" e non come un obiettivo "attivo" dotato di autonoma rilevanza.
E' chiaro che quanto detto nel post "Giuristi ed economisti...", sulla oggettivabilità in senso Keynesiano della locuzione "piena occupazione", è certamente sostenibile. Specie se l'Italia assumesse il legittimo punto di vista della propria Costituzione nell'intendere la "piena occupazione"del trattato, operazione "dovuta" per poter accettare la costituzionalità del "vincolo europeo" ai sensi dell'art.11 Cost.
Una operazione interpretativa di buona fede può inchiodare cioè il trattato alla sua stessa studiata ambiguità, per ravvisarvi un concetto keynesiano di piena occupazione, dotata perciò di centralità rispetto alla concezione di "equilibrio del sistema": ma sostenere ciò con successo equivarrebbe a un tale mutamento politico-ideologico che sarebbe più facile pervenire a un mutamento radicale del contenuto stesso dei trattati.
Piuttosto che all'adesione ad una diversa interpretazione giuridica, dotata di "giustizia" nel senso precisato nel post "La fine dell'euro: giustizia nel diritto e visione UE", sarà più probabile assistere alla dissoluzione-implosione, sotto i colpi della "inattendibilità" della sua stessa ideologia economica, dell'ambigua dissimulazione di ideologia contenuta nei trattati, restauratori maldestri del capitalismo intransigente anteriore alla crisi del 1929.




3 commenti:

  1. EDUCAZIONE CIVICA

    A volte è il caso di tornare sui banchi a scuola, non solo per i "compiti a casa" come invitano algidi professori da qualche tempo, ma un "ripasso" veloce, ad esempio, di educazione civica “elementare”, quella scritta nei "regolamenti" delle Costituzioni nazionali e quelli scritti nei "trattati" UE, quelli di Roma (1957), quelli di Maastrich (1992), quelli di Lisbona (2009).
    A volte è "caso & necessità" ricordare come vengono "regolati" i rapporti tra i cittadini UE e come vengono articolate e scritte le decisioni, le deliberazioni, i regolamentio UE che, di fattto, IMPONGONO e ASSOGGETTANO il 75% della legislazione nazionale dei 27 stati UE.
    i. COMMISSIONE UE
    Organo costituito da commissari delegati dalle 27 nazioni, non eletti, ma cooptati (ndr, .. è di moda) con piena autonomia e con ampio potere esecutivo da "sottoporre" al Parlamento UE per il voto.
    (ndr, sarebbe interessante ricordare le vicende della prima Commisione UE presieduta da J Santer (1995-1999), con E Bonino e M Monti commissari italiani, costretta per non essere sfiduciata dal Parlamento UE alle dimissioni anticipate per gli scandali di corruzione, nepotismo, favoreggiamento e erogazioni non controllate di oltre IT£ 7.000 milardi sottratti agli aiuti umanitari d'emergenza UE con il meccanismo dell’inabissamento “sottomarino” o le più recenti (ottobre 2012) “dimissioni” del commissario europeo per i diritti dei consumatori e la tutela della salute, il maltese John Dalli, http://wwww.ansa.it/europa/notizie/rubriche/giustizia/2012/10/16/-ANSA-UE-SCANDALO-BRUXELLES-DIMETTE-COMMISSARIO-DALLI_7642682.htmlcome)

    ii. PARLAMENTO UE
    Assemblea degli "eletti" nazionali con delega di voto.

    iii. CONSIGLIO UE
    Organo dei capi delle nazioni e rappresentanti ministeriali, a "rotazione" per materia e competenza, con potere "vincolante" per la nazione che rappresentano.

    ... ops, dimenticavo

    iv. REGISTRO DEI LOBBISTI
    L' "esercito" regolare di 20.000 operatori economici, con 2.600 uffici di rappresentanze, regolarmente iscritti e registrati a Brusseles nelle "registro della trasparenza" che partecipano in qualità di "consulenti esperti" alla stesura dei regolamenti, delle delibere UE.
    http://ec.europa.eu/transparencyregister/public/consultation/statistics.do?locale=it&action=prepareView

    http://www.youtube.com/watch?v=6UiKeI-TYNo

    That's all, folks!

    ps: il presidente di commisione UE Barroso ha avuto nel 2012 il 65% di incontri "non registrati" nel registro delle "trasparenze"

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    1. Ho conosciuto una tipa che tutt'ora ritiene che l'ex marito, poi coinvolto in varie inchieste e arrestato, lavorasse per l'Italia a Bruxelles e fosse il responsabile delle politiche agrarie..quando invece era solo uno dei 20.000 operatori economici privati lobbyzzanti.
      Ma grazie a questo "giro" di simpatici operatori -che dobbiamo suppore "razionali" per definizione (chiunque sia a Bruxelles è un grande...operatore razionale)- la capitale d'Europa prospera. Almeno lei. Se non altro il mercato delle locazioni.

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  2. Ho "scoperto" questo blog da qualche giorno....sempre troppo tardi. Analisi lucida, spietata, sincera...collima perfettamente con quanto ho sempre pensato. Ho affrontato da qualche anno la complessa tematica descritta perchè mi sono imbattuto in una grave ingiustizia (fra le tante) che aleggiano in Italia. Sarò appassionato lettore, allievo scupoloso di un insegnamento profondo....Grazie!

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