lunedì 28 luglio 2014

ART.11 COST. E ADESIONE ALL'UE. COSA DICE VERAMENTE LA COSTITUZIONE (i costituenti non avrebbero mai immaginato...)


Probabilmente non servirà a smuovere la coscienze alterate dei propugnatori del "sogno" €uropeo. Probabilmente non riuscirà ad evitare che, quando si parla di UE e euro (che nell'immaginario politico-mediatico attuale sono tutt'uno, senza che sia consentita alcuna possibile precisazione o riflessione),  si continui a straparlare di "cessioni" di sovranità.
Tuttavia, almeno per i lettori di questo blog, ho scelto di riportarvi un intervento tratto dai lavori dell'Assemblea Costituente che testimonia cosa si volesse inequivocabilmente affermare e disciplinare con l'art.11 della Costituzione.
Si tratta dell'intervento dell'on.Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione e successivamente del Comitato di redazione. 
Un intervento quindi altamente significativo e dotato di forza autenticatrice dell'intenzione condivisa del Costituente, pur non esaurendo l'intera gamma delle riflessioni che furono svolte nel formulare e votare l'art.11.
In quella sede, quest'ultimo coincideva originariamente con l'art.4, che invece sarebbe divenuto la sedes materiae del diritto al lavoro, legando misteriosamente tale numerazione a ciò che l'Unione Europea avrebbe, nella sua realtà storica attuale, comunque negato: e intendiamo sia il legame che vedremo scolpito tra limitazioni della sovranità e perseguimento della pace in condizioni di "eguaglianza e reciprocità", sia la dignità del diritto al lavoro come impegno programmatico indeclinabile, anzi prioritario su ogni altro, del plesso governo-parlamento prefigurato in Costituzione.

Presidente della Commissione per la Costituzione. Debbo far notare come anche qui aleggia nell'Aula su tutti noi un'ispirazione comune, un'esigenza da tutti sentita di condannare la guerra e di tendere ad una organizzazione internazionale.
Questo è il punto comune. Le altre diventano piuttosto questioni di formulazione tecnica. Ho discusso amichevolmente con l'onorevole Zagari, alla ricerca non di un compromesso, ma di un'espressione migliore e più completa. Speravo di esservi riuscito; ma se è difficile mettersi d'accordo, per esprimere un sentimento comune, a 75 membri della Commissione, immaginate come è più difficile mettere d'accordo 550 persone. È quasi impossibile improvvisare definizioni tecniche precise, ed esatte, in un dibattito che pur rivela tanta competenza e tanto appassionamento.
Dirò le ragioni per cui la Commissione stamani ha ritenuto di accogliere alcuni degli emendamenti presentati e di fonderli nel suo testo; che era in origine: «L'Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli e consente...». Risuonava qui come un grido di rivolta e di condanna del modo in cui si era intesa la guerra nel fosco periodo dal quale siamo usciti: come guerra sciagurata di conquista e di offesa alla libertà degli altri popoli. Ecco il sentimento che ci ha animati. Ma è giusta l'osservazione fatta anche dall'onorevole Nitti che però sembra esagerato e grottesco parlare, nelle nostre condizioni, di guerra di conquista. È meglio trovare un'altra espressione.
Si tratta anzitutto di scegliere fra alcuni verbi: rinunzia, ripudia, condanna, che si affacciano nei vari emendamenti. La Commissione, ha ritenuto che, mentre «condanna» ha un valore etico più che politico-giuridico, e «rinunzia» presuppone, in certo modo, la rinunzia ad un bene, ad un diritto, il diritto della guerra (che vogliamo appunto contestare), la parola «ripudia», se può apparire per alcuni richiami non pienamente felice, ha un significato intermedio, ha un accento energico ed implica così la condanna come la rinuncia alla guerra.
Dopo i verbi, veniamo ai sostantivi. Si è, in alcuni emendamenti, negata la guerra, come strumento di politica nazionale e di risoluzione delle controversie internazionali. Sono formule corrette, a cui ricorrono documenti ed atti internazionali, come il patto Kellogg, che, ahimè, dovrebbe essere ancora in vigore!  
Non ci dobbiamo comunque dimenticare che la Costituzione si rivolge direttamente al popolo: e deve essere capita. Parlare di «politica nazionale» non avrebbe un senso chiaro e determinato. Da accettare invece, perché definitiva, la negazione della guerra «come risoluzione delle controversie internazionali»
Potrebbe bastare; ma si è posto uno scrupolo: se non sia opportuno richiamare anche quel termine di negazione della guerra «come strumento di offesa alla libertà altrui» che ha una ragion d'essere, una accentuazione speciale che può restare a sé di fronte agli altri mezzi di risoluzione delle controversie internazionali. Ecco perché la Commissione propone: «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali».
Veniamo alla seconda parte.
Accettiamo, invece di «reciprocità» e «uguaglianza», l'espressione «in condizione di parità con gli altri Stati». 
Non avremmo nessuna difficoltà ad accogliere la proposta Zagari: «favorisce la creazione e lo sviluppo di organizzazioni internazionali». Ma qualcuno ha chiesto: di quali organizzazioni internazionali si tratta? 
Non si può prescindere dalla indicazione dello scopo. Vi possono essere organizzazioni internazionali contrarie alla giustizia ed alla pace. L'onorevole Zagari ha ragione nel sottolineare che non basta limitare la sovranità nazionale; occorre promuovere, favorire l'ordinamento comune a cui aspira la nuova internazionale dei popoli
Ma l'attività positiva diretta a tale scopo è certamente implicita anche nella nostra formulazione: che dovrebbe essere (e non è facile qui su due piedi) tutta rimaneggiata, col rischio di perdere l'equilibrio faticosamente raggiunto di un bell'articolo.
La questione sollevata dall'onorevole Bastianetto, perché si accenni all'unità europea, non è stata esaminata dalla Commissione. Però, raccogliendo alcune impressioni, ho compreso che non potrebbe avere l'unanimità dei voti. 
L'aspirazione alla unità europea è un principio italianissimo; pensatori italiani hanno messo in luce che l'Europa è per noi una seconda Patria. È parso però che, anche in questo momento storico, un ordinamento internazionale può e deve andare anche oltre i confini d'Europa. Limitarsi a tali confini non è opportuno di fronte ad altri continenti, come l'America, che desiderano di partecipare all'organizzazione internazionale.
Credo che, se noi vogliamo raggiungere la concordia, possiamo fermarci al testo della Commissione, che, mentre non esclude la formazione di più stretti rapporti nell'ambito europeo, non ne fa un limite ed apre tutte le vie ad organizzare la pace e la giustizia fra tutti i popoli."

Dal discorso, corredato dalla "consueta" enfasi del neretto, emergono alcuni dati essenziali che ci guidano a comprendere la legittimità costituzionale dell'adesione a qualunque organizzazione internazionale:
a) che la questione della unione o federazione europea, contrariamente a quanto si lamenta oggi, senza indagare correttamente su quello che i Costituenti espressamente vollero, fu considerata e scartata. Altri interventi furono fatti nel senso di inserire esplicitamente l'Europa come riferimento dell'art.11, ma, con esplicite argomentazioni e votazioni, fu stabilito di non inserirla. Vi ho linkato a titolo di esempio alcuni di queste discussioni emendative non approvate;

b) la questione delle (mere) limitazioni di sovranità era esclusivamente ed essenzialmente connessa alla promozione della pace e della giustizia tra i popoli, tanto che ci si pose il problema di evitare che potesse connettersi, la (mera) limitazione della sovranità, ad organizzazioni internazionali che non avessero come "scopo" caratterizzante tale giustificazione pacifista
E certamente l'Unione economica e, ancor più, monetaria europea, - priva di ogni riferimento al perseguimento della pace e della giustizia tra le Nazioni, e giuridicamente cresciuta e stratificata come insieme di regole caratterizzate dall'instaurazione di un libero mercato fortemente competitivo che privilegia la stabilità dei prezzi e la piena occupazione ad essa connessa, cioè unicamente in quanto compatibile con tale stabilità, instaurando la competizione mercantilista tra gli Stati coinvolti,-  non ha nulla a che vedere con un'organizzazione che svolge la promozione della pace sia all'interno dei partecipanti sia, collettivamente, verso l'esterno (come si constata tragicamente dalle vicende attuali dell'Est europeo);

c) che la "cessione" anzicchè la (mera) limitazione della sovranità fosse quanto si voleva escludere, viene confermato dal legame funzionale indissolubile con lo scopo della pace: fuori da esso, neppure la "limitazione" della sovranità ha ingresso nella sfera di liceità costituzionale
E dunque, l'Unione europea è in sè, con i suoi ingombranti, e non ignorabili, caratteri essenziali, un'organizzazione cui sarebbe stato lecito aderire se e solo se non avesse comportato alcuna compressione della sovranità democratica nazionale, neppure una limitazione, figuriamoci una costituzionalmente inammissbile cessione. La limitazione è solo ripetiamo (non basta mai) giustificabile con lo scopo dell'azione di promozione della pace, intesa come cooperazione che esclude la guerra, ogni forma di ostilità permanente (che è il viatico per la guerra) e l'ingiustizia;

d) a ciò va aggiunto che, anche nel caso in cui questo scopo, -poi riconosciuto storicamente e giuridicamente solo nelle Nazioni Unite- entrasse in gioco come caratterizzazione esclusiva giustificatrice, esso avrebbe giustificato la limitazione "funzionale" (cioè soggetta al principio rebus sic stantibus, valida quindi solo nella misura e per il tempo in cui l'organizzazione cui si aderisse perseguisse effettivamente la pace) soltanto a CONDIZIONI DI PARITA' con gli altri Stati;

e) questa formula è il riassunto delle condizioni, in precedenza proposte all'interno dell'art.11, della reciprocità (tipica del diritto internazionale) e della eguaglianza: condizioni certamente non rispettate allorchè, com'è noto, si impose con il Trattato di Maastricht, il criterio di convergenza del debito pubblico e del connesso indebitamento (deficit), considerando che, come ben sapevano i negoziatori italiani, il costo del debito pubblico italiano, agli inizi degli anni '90, era oltre il triplo di quello sostenuto dai principali partner del trattato, cioè Francia e Germania, che già allora e poi costantemente non superava il 3% del rispettivo PIL (v.qui fig.3, pag.18), ponendo così a carico dell'Italia un obbligo limitativo della sovranità non solo, in sè, completamente estraneo al perseguimento della pace, - la quale non costituì in alcun modo un problema presupposto e giustificativo dell'ordinamento monetario e fiscale di Maastricht-, ma manifestamente e clamorosamente disparitario nonchè lesivo del perseguimento degli obblighi programmatici costituzionali relativi ai fondamentali;
f) da allora, infatti, mentre la "pace" nelle relazioni internazionali è passata per tutt'altra via che non la Unione europea (ad attestarlo ci sono la partecipazione italiana e, comunque degli stati europei, a tutte le numerose guerre che hanno avuto come teatro i balcani e il medio-oriente, tutte connesse all'iniziativa Nato e, talora, delle Nazioni Unite), la pace interna all'Europa degli stessi stati-membri dell'Unione, non ha fatto alcun progresso, essendo invece fortemente peggiorate le relazioni di stima e cooperazione, ormai praticamente inesistenti, essendo piuttosto tali rapporti caratterizzati dalla forzatura di regole (proprie di tale organizzazione limitatrice della sovranità) improntate alla competizione commericiale reciproca ed alla imposizione di politiche fiscali ed economiche interne, operate nell'interesse degli Stati-membri creditori, che hanno dato luogo a sprezzanti rapporti gerarchizzati che sono l'esatto contrario della pace e della giustizia fra le Nazioni.

Questa la pace e la giustizia tra le Nazioni dell'eurozona. Come si può collegare questo alla volontà espressa nella nostra Carta Costituzionale?
Semplicemente non si può.


Figura 2






realf.09


16 commenti:

  1. Semplicemente, mestamente, meraviglioso.

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  2. Quando penso che l'On Ruini era di Reggio Emilia...mi vien da piangere,...ora.....

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  3. L'analisi del post sarà molto bella, ma l'esito è agghiacciante. Ancora una volta si dimostra che gli indirizzi costituzionali soggiaciono ad una interpretazione evolutiva, che commissaria la politica economica e monetaria, mentre il Governo cerca di farci credere che le maldestre riforme costituzionali, portate avanti nel più alto contrasto delle varie forze, saranno il piedistallo per il rilancio dell'economia. Quanto all'economia, in sintesi, mi sembra che si ondeggi fra nostalgici del passato, forse speranzosi di una nuova classe politica (ma dov'è) e imprnditori che auspicano il nuovo miracolo con la crescita delle esportazioni (Farisnetti), la quale appare una chimera, almeno nelle dimensioni richieste, per mancnanza di adeguati investimenti in ricerca e per i gravami in materia fiscale e della disciplina del laboro.

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    1. La realtà è questa, se si utilizzano i dati ermeneutici corretti. Può drisi agghiacciante, ma quest arimane. Oppure la possiamo superare, assumendo che l'evoluzione cultural-normativa è un dato di fatto (brutalmente politico) di cui prendere atto.
      Ma prendendone atto si rinuncerebbe a ogni spazio di recupero della verità razionale: si può ripristinare un bagaglio di democrazia senza necessariamente essere "nostalgici".
      Magari un giorno ne sarà valsa la pena

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  4. Ho scorso velocemente il post che mi pare uno di quelli che vanno digeriti con calma.
    Sperando di non andare OT segnalo ultima pubblicità Rai appena vista.
    Dal successo dell'Airbus che superato la Boeing (così come il mercato unico ha superato quello americano) si passa alla solita sviolinata sull'Europa: più ricchezza più concorrenza benefica per le famiglie più competitività per le imprese che se falliscono è colpa loro (nota autorazzista).
    Quello che mi colpisce è il passaggio dalla musica, la pace ecc. dei primi spot ai valori ultraliberisti oramai svelatamente esaltati come benefici da questo'ultimo.

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  5. messa giù in questo modo anche l'adesione alla NATO non sarebbe mica tanto legittima...

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    1. In effetti, una volta venuti i meno i blocchi della guerra fredda, la Nato non trova una vera diretta giustificazione di peace keeping (nel senso assunto dalla Costituzione), come dimostra oltretutto il continuo duplicarsi e rincorrersi delle rispettive iniziative, sulle stesse crisi internazionali, con l'ONU (o quel che ne resta)

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  6. E' il post che avrei voluto scrivere io sull'art. 11!
    Mi conferma quello che sospettavo, ovvero che, quando i costituenti avevano pensato alla limitazione di sovranità, avevano avuto in mente i sacrifici di politica estera ed economica che ci avrebbe potuto chiedere la Società delle Nazioni, poi ONU, finalizzati alla composizione pacifica di eventuali controversie fra Stati aderenti: ed infatti lo Statuto così indica le finalità di tale organismo:
    - mantenere la pace e la sicurezza internazionale;
    - promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare ad una rottura della pace;
    - sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei popoli;
    - promuovere la cooperazione economica e sociale;
    - promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui;
    - promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti;
    - promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.
    Tutti punti in perfetta sintonia con il nostro art. 11.
    L'estensione di tale beneficio a favore di organismi sovranazionali con finalità del tutto diverse, come dimostri riportando il contenuto programmatico dell'art. 3 comma III del TFUE (al netto delle vuote dichiarazioni sul progresso sociale e dell'ambiente) e, come si è visto in pratica (ma, citando Bagnai, se vedeva...), è un'inammissibile forzatura che non può essere sanata, neanche dalla colpevole acquiescenza della nostra classe politica.
    Finché non cambieranno l'art. 11 e per farlo dovrebbero cambiare i principi fondamentali, ovvero fare un golpe istituzionale, si potrà sempre e legittimamente tornare indietro e stracciare i trattati europei: questa è la mia sola ed ultima speranza.

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    1. Caro Luigi,
      dovremmo forse fare un (minimo) "coordinamento redazionale" (come suggerito dal settore comunicazione di Riscossa Italiana), per rendere più efficace e diffusa l'elaborazione dei rispettivi blog degli aderenti. E magari far confluire sul sito di Riscossa delle "Rassegne" monografiche sui temi scottanti...
      Sentiamoci per le vie dirette (il Comitato scientifico causa paresi estiva italica, si riunirà ormai a settembre)

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    2. Perfettamente d'accordo, ma la mia esclamazione era di puro apprezzamento: non avresti potuto fare di meglio e l'avrei voluto saper fare io un post così chiaro e convincente. :-)
      Se hai visto i miei ultimi post "monografici" ti scrivo, così mi dici se qualcuno lo ritieni degno di Riscossa e magari mi suggerisci qualche tema.

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  7. Il testo dell'On Ruini mi ha colpito per lo spirito che ne emerge: un profondo rispetto per le argomentazioni altrui, la strenua volontà di analizzare, approfondire e capire; lo sforzo di arrivare alla soluzione condivisa del problema che non fosse un compromesso al ribasso ma di altissimo profilo.
    E' lo stesso spirito che ho colto in Calamandrei o Mortati, per quel poco che ho letto da sprovveduto quale sono.
    Inevitabile andare col pensiero a quanto succede in questi giorni di caciara, tanto supponente quanto gaglioffa, dei nuovi "padri costituenti". Inevitabili la tristezza e lo sdegno per quanto stanno facendo e per come lo fanno.

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    1. mi sono guardato per puro masochismo un'oretta di diretta parlamentare. consiglio agli altri appassionati del tragicomico di farlo.

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  8. possiamo fare l'elenco delle organizzazioni internazionali a cui abbiamo aderito come Italia o come UE, per ricapitolare un pò cosa abbiamo ceduto e se lo abbiam fatto in condizioni di parità e per la pace?

    1) UE
    2) NATO
    3) ONU
    4) WTO
    5) OECD
    6) FMI
    7) ?

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  9. La vicenda di Gela segna il tramonto di un'impresa pubblica che coordinava impresa e sviluppo economico sociale. Il capitale oggi persegue il proprio obiettivo della remunerazione degli investimenti, e dei compensi da distribuire a tecnostruttura e soci, minimizzando i costi della manodopera e sfruttando tutte le opportunità della globalizzazione. Il differenziale fra i mercati del lavoro fa il resto. Rimane solo lo Stato cliente, che localizza la spesa nei confini nazionali, ma le cui risorse sono ristrette dai vincoli UE. Per l'occupazione non si vede via d'uscita.

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  10. Vorrei sommessamente far notare che lo smarrimento dei principi costituzionali non fu uno... smarrimento ma una rimozione agevolata dalla dissoluzione dell'opposizione di sinistra, orfana della "spinta propulsiva" dell'URSS, che, costretta dalla pressione fisica delle bombe degli anni '70, culminata con Bologna 2-8-80, si risolse ad un ruolo di alternanza e non di alternativa all'interno del sistema liberista, ruolo poi squallidamente superato coi governi ambidestri funzionali all'euroliberismo. Sacrosanto ribadire l'ossatura giuridico-storica delle rivendicazioni odierne di sovranità, senza però tralasciare il quadro internazionale, scoraggiante, e la noncuranza di un'opinione pubblica la cui ignoranza viene amorevolmente coltivata dai media.

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  11. Cari Signori, l'Italia non ha "ceduto" la propria sovranità. In ogni momento l'Italia (come tutti gli altri Stati Europei, Brexit docet) può decidere di uscire dall'Unione Europea. Forse il problema è che non converrebbe a nessuno...

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