giovedì 28 febbraio 2013

FESTA EQUINOZIALE DI ORIZZONTE48- ISTRUZIONI PER L'USO

Cari amici, come si dice nei più biechi incipit "retorico-trombonici", "il momento è grave"...solo che questa volta è vero :-) o :-( .
Tuttavia, proprio per questo, assume ancora più senso vederci e confrontarci insieme, esprimendo le proprie idee e il proprio punto di vista (e mi pare che dai commenti risulti più vivo e interessante che mai).
Perciò la festa "equinoziale" del 16 marzo (week-end più vicino a quello dell'equinozio primaverile del 20, zenith solare 48 sulla latitudine di Roma) si farà. Alcuni hanno già aderito. Saremo comunque insieme.
1) Cercheremo di fare il punto su un tema-guida (su cui pare non esserci la consapevolezza di massa che meriterebbe), in linea con le analisi susseguitesi su questo blog:
"L'OCA è sempre indigesta? La rivincita dei cambi flessibili e l'evoluzione del ruolo delle Banche centrali".

Per ora mi sono assicurato la partecipazione di Cesare Pozzi, professore di Economia dell'impresa all'Università di Foggia e coordinatore del gruppo di ricerca in economia industriale alla LUISS: chi è venuto al "mitico" incontro di Pescara (festa di compleanno di Goofynomics) lo ha apprezzato o forse lo ha visto nei filmati su Google. Insomma, col suo stile raffinato e ironico, ci farà divertire.
Accanto a lui schiereremo il sottoscritto (a ruota libera quarantottesca) e come "orientatori" della tavola rotonda (non gli dico "relatori" se no mi fanno obiezioni :-)), Francesco PUD€ Lenzi e Flavio "the economics best reporter". Ci saranno e interverranno anche Sofia, difensore del lavoro e della Costituzione, e spero, Umanesimo48, "pirsonalmente di pirsona". Ho invitato Piero Valerio ma non sa se verrà.
Per altre "sorprese", non escludiamo nulla.

2) L'appuntamento è alle ore 16,00 del 16 marzo 2013 a via S. Paolo alla Regola, 29/31, tra largo di Torre Argentina e piazza campo de' Fiori, presso il ristorante "Osteria Romana" (Roma: ve lo dovevo spiega'?).
Questi ci fornirà gentilmente uno spazio (capienza di circa 50 persone, ma se aderite in tanti di più provvederò a "noleggiare" uno spazio adeguato sempre in zona centrale).
Le adesioni potranno essere date scrivendo alla mail già segnalata e consueta di sil-viar@virgilio.it
(per chi avesse la mia mail "privata" può scrivere direttamente a me, come hanno già fatto alcuni)
La parte "tavola rotonda-seminario" si svolgerà dalle 16 alle 20,00, con un break-aperitivo per i presenti.

3) Dalle 20,30, per chi vorrà, con un semplice attraversamento della strada, si potrà cenare al Ristorante stesso. Uno dei migliori in assoluto per la cucina "romanesca". Probabilmente il migliore in assoluto per i "cacio e pepe", detto tra noi. Alla quota di euro 40,00 verrà servita una cena "da sfonnasse" certamente non per gli stomaci più delicati (ma ne vale la pena).

4) In sede di adesione, DA FAR PERVENIRE ENTRO IL 9 MARZO, quindi, siete pregati di specificare se aderite anche alla cena e per quanti (moglie, marito, fidanzata/o, prole, qualsiasi tipo di partecipante che vi accompagni, OK?).
Tutto chiaro? A presto!

OSSERVATORIO PUD€ 3 - LA GRILLONOMICS: NOVITA' O ACCORDI IN VISTA COL PUD€?

Flavio ci fornisce prontamente una prima "infornata" di notizie, fonti e analisi che ci possono consentire, sulla base di riscontri oggettivi, di effettuare delle valutazioni e delle previsioni meno incerte sul piano dei prossimi sviluppi politico-economici...ben al di là degli accordi parlamentari in chiave prettamente governativa e dei relativi proclami di "non possumus".
Grazie a questa sintesi ragionata intanto sappiamo come esistano, all'interno del M5S, delle non trascurabili connotazioni di "compatibilità col PUD€.
Se si vede la "credibilità sui mercati finanziari" come un valore prevalente sulla crescita - che tra l'altro è la più grande garanzia di qualunque tipo di creditore-, se si ignora il problema "democratico" del ruolo della banche centrali nel governo "nazionale" della moneta, se si identificano quasi totalmente svalutazione e inflazione, per il PUD€ non vi sono ostacoli a un "proficuo dialogo" (pro domo germanorum) e facilmente si potrebbe arrivare ad accettare, per la "credibilità sui mercati finanziari" la "svendita" (cioè "perdita di valore" nonchè di capacità produttiva strategica nazionali)..."che ci salverà". L'aporia dello slogan a cui ricorre il PUD€.
E, considerando gli appetiti stranieri sugli "assets" italiani più redditizi (al netto de...l'euro) e orientati all'export, tanto contraddizione non è. Ma tanto nessuno se ne accorge, "pensano".
E, a quanto pare, potrebbero non trovare alcuna resistenza politica: in fondo l'euro "può andare", magari "modificato" - con un nuovo "carburatore": senza Germania, ma "con" la Francia (finanziaria e "mainstream"), che da prossima vittima della prima, avrebbe invece le mani libere per scatenarsi su di noi...cosa che da secoli gli è sempre riuscita benissimo.

Per tentare di capire come evolverà la situazione politico-economica italiana nelle prossime settimane - a proposito:  avete visto lo spread ed i tassi italiani? - proviamo a conoscere qualcosa del “nuovo” che avanza. 
I media nostrani ed internazionali ci hanno fornito un immagine del Movimento alla stregua dell’armata brancaleone, fatta di un capo che tempo fa era un comico, ed una base molto legata ai suoi dettami, tanto da sembrare ai più acritica e propensa a seguirne in tutto e per tutto gli umori, piuttosto che essere incline ad elaborare razionalmente i contenuti proposti. Giusta o sbagliata che sia questa interpretazione del fenomeno, non possiamo permetterci di fare di tutta un’erba un fascio, poiché sarebbe ingiusto e ci includerebbe nel novero dello stesso main-stream pensiero che in realtà tentiamo di combattere. La base elettorale di per sé è ormai tanto vasta da dover necessariamente ripensare, o realisticamente aggiornare, la propria identità in termini di formazione "pluriculturale" e, come si diceva una volta, pluriclasse, il che non è un problema da poco.
Ma, per l'influenza che le idee programmatiche necessariamente eserciteranno su tale ripensamento occorre meglio chiarire ciò che pensa la "testa", dai cui modelli di azione politico-economica "dovrebbe" derivare (secondo una dinamica che è sempre valsa per tutti i soggetti politici) l’indirizzo alla base delle scelte che si manifesteranno nelle prossime ore.
Diamo allora uno sguardo a quanto per ora emerge dalle fonti diponibili, per farci un’idea più obiettiva e concreta, utile per capire eventuali possibili scenari futuri:
- questo è il programma economico del movimento in dieci punti. Sul quale ognuno può farsi un'idea, specie se ha effettuato un "percorso" di approfondimento delle problematiche teoriche e applicative della realtà macroeconomica italiana. E' un'idea già ampiamente chiarita come un “referendum” sull’Euro sia impraticabile sul piano della tecnica politico-monetaria, prima ancora che per vietato dalla Costituzione (art.75, comma 2, Cost.). Una eventuale fuoriuscita dovrebbe essere, come suggerisce Bootle nel paper vincitore del Wolfson Economics Prize, decisa in segreto, onde evitare inutili speculazioni al ribasso sui prezzi dei titoli di Stato e successivi attacchi di panico e corse agli sportelli, che diano vita ad un self-defeating behavior e quindi al default. Già qui non concordiamo sul modus operandi.
- qui pare emergere chi stia dietro al paradigma economico "grillino". L’articolo proviene dall’Ansa, e ci permette di focalizzare un personaggio fino ad ora poco noto (almeno ai non assidui frequentatori dell'"ambiente").
- qui possiamo dare uno sguardo al pensiero fondante del programma economico e meglio chiarire, sul piano della espressione scientifica, chi sia Mauro Gallegati, professore dell’Università della Marche. Dando uno sguardo ai suoi lavori, appare a prima vista uno studioso professore che ha espresso il suo lavoro scientifico in ambito finanziario: i suoi studi mettono in luce le criticità del leverage nell’economia e i rischi sistemici che apporta la concentrazione dei grandi istituti finanziari, oltre a riconoscere come il settore pubblico svolga un importante ruolo di mediatore fra i settori economici. E’ stato inoltre firmatario della “Lettera degli economisti” contro l'austerità e vanta una plurima e continuativa collaborazione con l’economista statunitense Joseph Stiglitz. 

I suoi interventi sul blog di Beppe Grillo, ad esempio questo, dove parla di possibile inflazione al momento della svalutazione, oppure questo, segnalato dal lettore Cittadino Qualsiasi, denotano però una visione dei problemi dell’Eurozona non molto lontana dal solito angoscioso catastrofismo diffuso nei vari dibattiti politici imperanti su tv e giornali. A prima vista, sembra quindi che il substrato economico che sta dietro alla linea del movimento non sia molto diverso da quanto già ben indicato sia da Alberto Bagnai che da 48.



Si evidenziano ad esempio questi limiti di interpretazione:
- non si riconosce che le divergenze fra produttività e reddito sono il segnale della lotta di classe al contrario che premia il profitto schiacciando il salario
- in caso di euro-exit, un pass through in un range 0.1-0,3% di inflazione per ogni punto di svalutazione, non crea le condizioni per l’impennata inflazionistica descritta nel post apparso a metà 2012 sul blog di Beppe Grillo;
- il ritorno dell’Italia alla valuta nazionale,  accompagnato da opportune scelte a livello monetario, fiscale, di assetto macroeconomico, comporterebbe di certo dei sacrifici, ma di gran lunga inferiori a quanti già ne stiamo subendo grazie all’austerità imposta dalla BCE-Bundesbank;
- la ridenominazione in altra valuta dei propri titoli non presuppone il default in quanto lo Stato italiano, a conti fatti, vanta un cospicuo avanzo primario a cui va aggiunto il ritorno della Banca d’Italia quale Lender of Last Resort che ne garantirebbe il pagamento (o il pay-roll) a scadenza;
- non si fa affidamento per l’analisi di eventuale Euroxit alla condizione di Marshall Lerner, per cui una svalutazione diventa “salutare” se la somma dei valori dell’elasticità delle esportazioni e delle importazioni è maggiore di 1, fenomeno che vedrebbe l’Italia, caratterizzata da un'alta elasticità dell'import-export, considerevolmente avvantaggiata sul piano commerciale da una eventuale fuoriuscita dalla moneta unica;
- non si fa affidamento sui documenti dell’Unione Europea stessa che affermano che la “competitività di prezzo” (per tornare all’articolo segnalato da Cittadino Qualsiasi) è la variabile che fa la differenza in UEM, molto più di quella “non di prezzo” (R&D, ecc.),smentendo il luogo comunismo spiccio che afferma che al di fuori dell’Euro, con la nostra liretta , dovremmo vedercela con la Cina;
- si incorre in misunderstanding in merito all’alta inflazione in periferia: l’inflazione è aumentata di più rispetto al core, come dimostra questo studio, a causa del capital inflow proveniente dal centro come le considerazioni finali chiariscono “…European financial integration during the monetary union led to an inflow of capital to the peripheral countries of the Eurozone (see, for example, Lane and Pels 2012). The inflow of capital boosted domestic demand. The increase in demand in turn pushed the prices of non-tradables while also leading to an increase of imports... Put simply, rising unit labour costs were not a cause but a symptom of the demand shock triggered by the inflow of capital and they were not associated with losses in exporters' competitiveness.”. Tipico caso di Ciclo mynskyano o di Frenkel.
- non si capisce infine come, dato per assodato il fatto che le banche ci stiano strozzando per ripagare loro gli interessi, ci si debba preoccupare della “perdita di credibilità” sui mercati. I mercati temono che i crediti che hanno concesso non vengano ripagati. Punto. Se l’Italia ritornasse a crescere, presupposto che all’interno dell’UEM non potrà mai avverarsi, non vediamo come un’economia che si rimette in moto, con redditi-occupazione che ritornano a livelli accettabili, non possa assicurare ai mercati la remunerazione che essi temono di perdere. Queste sono solo alcune considerazioni. Tutti i Vostri commenti non faranno che apportare nuovi e significativi contributivi aggiuntivi alla discussione. Siete i benvenuti.







mercoledì 27 febbraio 2013

PUD€, RAI, M5S..E LA GUERRA TRA POVERI

In coda alla discussione svoltasi sul post precedente, Federico ci fa questo commento:
"Mi accodo a questo post per porre una domanda a Quarantotto e a tutti gli altri commentatori:
La vittoria M5S cambierà gli equilibri dell'assegnazione delle "quote" RAI? Ci sarà la possibilità di fare una (contro)informazione corretta sui temi economico-giuridici?
Ciao a tutti, e grazie per il post e i commenti (sempre all'altezza!
)..."

Sperando di essere "all'altezza", (e con me anche gli altri "commentatori" del lavoro "in collettivo" che caratterizza questo blog, di cui vado fiero), direi per prima cosa che, in realtà, Federico di domande ne fa due. Evidentemente, però, sono molto connesse.
Tanto che possiamo fonderle in un unica domanda, che coglie aspetti essenziali di entrambe e consente di dare una risposta articolata su tutto il fronte dei problemi sollevati. La domanda è:
Il M5S svolge una (contro)informazione sui temi economico-giuridici tale da avere, anche solo come potenziale conseguenza "logica", la attitudine a cambiare sostanzialmente gli assetti RAI?

Allora la risposta diviene più significativa (all'altezza?) ed è: no, finora il M5S non ha svolto una vera coerente controinformazione sui temi economici, in particolare in termini di analisi delle cause e degli effetti dell'eurocrisi - cioè sul preciso punto focale che l'euro costituisca il "paradigma" stesso dell'attuale forma di governo -, nè sui temi giuridici, intesi come consapevolezza che la Costituzione è nel suo insieme "incompatibile" coi trattati, delineando (la Costituzione) una forma di governo fondata sulla "democrazia del lavoro" (art.1 Cost.) e sull'impegno attivo della Repubblica a raggiungere l'eguaglianza sostanziale (art.3, comma 2, Cost.). Mentre i trattati sono il frutto del pensiero economico, radicalmente opposto alla Costituzione del '48,  di Von Hayek e Lucas.

Perciò, allo stato, il M5S è "sostanzialmente" compatibile coi contenuti della comunicazione RAI su questi fondamentali aspetti.
Non è invece compatibile con l'orientamento dell'informazione RAI in quanto strumentale ad accreditare i partiti che hanno governato negli ultimi 20 anni...e a screditare o marginalizzare qualunque voce che si opponesse alla versione economica e giuridica di questo "metodo di governo".
Ed è questo il motivo per cui non ha avuto spazio o ne ha avuto di "negativo". E' una questione di (transeunti?) referenti PUD€, gelosi delle proprie prerogative.
Quindi, "dipenderà" dal dipanarsi degli eventi: se il M5S troverà, come già la Lega, una sua nicchia nell'ambito del perseguimento degli interessi materiali del PUDE, avrà automaticamente "spazio"; e se risultasse, attraverso il suo voto in parlamento, obiettivamente e di fatto, una forza "di governo" nella direzione dell'euro (al di là delle enunciazioni formali, non sorrette dall'analisi profonda delle "cause"), avrà, oltre alla visibilità,  anche voce in capitolo nell'assegnazione delle "quote" RAI, in proporzione alla partecipazione di fatto al "metodo di governo".
Se poi in futuro andasse "al governo", come autonoma maggioranza, il discorso sarebbe ovvio. 

Per capirci meglio: la innegabile esigenza di cooptare il movimento dovrebbe prevedibilmente condurre ad una maggior diffusione, nei programmi RAI (e non solo) dello "stile Report", tutto incentrato su un metodo "analitico" che, attraverso la dilatazione della visibilità degli "effetti" (del metodo di governo), occulta costantemente le "cause", cioè il vero assetto degli interessi complessivi del sistema euro. In Italia e in Europa.
Dipenderà dal movimento, quindi, far dilagare o meno l'effetto Report, che soffoca lo smascheramento del "metodo di governo" imposto dall'oligarchia europea.
Cioè il proseguire a utilizzare la denunzia "analitica", alla Report, portandola semmai alla logica "plebiscitaria" che gli è congeniale: ma tutto questo lasciando intatto il "metodo di governo" (esteroguidato) e rafforzandolo, di fatto, con una diffusa sensazione che "individuiamo i responsabili e non ci fermereno di fronte a nessuno"...tranne coloro che veramente reggono "il potere dell'euro".
Un primo segnale in tal senso, purtroppo, è stato dato, col post di Massimo Fini all'indomani delle elezioni.
Ed è pur vero che la risposta dei militanti del M5S,nei commenti "più popolari", è stata critica: ma lo è stata a livello individuale, cioè coloro che sono stati messi all'indice in base a una intepretazione della realtà socio-economica certamente "PUD€ (debitopubblicospesapubblicaimproduttivabrutto), hanno declinato l'accusa perchè "singolarmente" non si sentono così, non perchè tale interpretazione è intrinsecamente e marchianamente sbagliata sul piano dei dati e delle analisi correttamente operabili.
E di quest'ultimo aspetto, nell'ambito proprio dell'Osservatorio PUDE, ci dovremo occupare...

lunedì 25 febbraio 2013

IL PUDE HA DAVVERO PERSO LA MAGGIORANZA?

Che dire? Rimanere coerenti con l'idea che queste elezioni non avrebbero cambiato nulla perchè il PUDE troverà comunque il modo di serrare le fila e rinchiudersi nel bunker delle istituzioni, di cui si è impadronito da 30 anni in nome dell'Europa?
Se si mantiene il sangue freddo, e attendendo con pazienza che si posi il polverone, si vedrà che l'unica "novità" rispetto a questa ipotesi è la accelerazione "possibile" del processo di decadimento del regime dell'euro.
Nel senso che la impossibilità di proseguire nelle consuete politiche economiche che hanno caratterizzato gli ultimi anni (a loro volta mera accelerazione di quelle dettate da Maastricht e, prima ancora, dallo SME) "potrebbe" discendere non dalla crisi di rigetto popolare provocata da una "nuova dose" di riforme strutturali e di aggiustamenti fiscali "credibili" (che a spoglio non ancora concluso i montiani e il fermatori del declino invocano tutt'ora convintamente), ma direttamente dalla impossibilità numerica di formare un governo che abbia la forza di gestire queste ulteriori "dosi" (del veleno che sta uccidendo l'Italia e l'Europa mediterranea in genere).
Ma usare il condizionale e dire che la "accelerazione" è solo "possibile" è d'obbligo.
Se non altro perchè non possiamo dire che il PUDE sia in minoranza. E sapete perchè? Perchè non potremmo dirlo finchè non avremo la certezza che la formula "debitopubblicocastacorruzionespesapubblicaimproduttivabrutto" sia essa stessa in minoranza: nel paese, nella consapevolezza della gente della strada. 
Questa formula accomuna i montiani, i fermatori del declino, l'anima profonda del leghismo e specialmente, una consistente parte del PD e del PDL.
Questi ultimi due (ex) maggiori partiti, accomunati per ragioni "apparentemente" opposte: i primi per l'adesione acritica all'idea di governo dell'Euro, come (pseudo)protezione dalla Cina sotto l'ombrello tedesco (idea, a sua volta, creatasi come forma di reazione, più o meno pavloviana, di prevista dissoluzione della leadership mondiale USA); i secondi per l'insofferenza della borghesia italiana, di tutte le "grandezze", alla contribuzione fiscale (certamente una follia nella sua pressione complessiva, indotta dall'Europa, a partire cioè dallo SME e dal divorzio tesoro-Banca d'Italia).
Tutte queste componenti congiurano per un quadro che, se ne abbia consapevolezza culturale o meno, aderisce visceralmente alla "antropologia" di Von Hayek, e quindi alla filosofia di potere affermata nei trattati europei. Cioè all'idea del crowding-out, inteso come obiettivo-luogo comune che identifica nello Stato la "inefficienza nella allocazione delle risorse" e ne assume come assolutamente necessaria la riduzione della capacità di intervento e di conseguenza della sua stessa struttura.

E, tutti ci stiamo chiedendo, il M5S?
Possiamo affermare obiettivamente che fuoriesca dalla sequenza "debitopubblicocorruzioneecc..."-la spesa pubblica va ridotta-è intrinsecamente fonte di corruzione-crowding-out-smantellamento dei diritti costituzionali "attivi", i diritti che implicano l'intervento dello Stato, senza il quale non si forma il risparmio delle famiglie e non si verifica qualsiasi forma minima di sostegno alla domanda aggregata, aumentando il benessere generale e la equa distribuzione della ricchezza?
Per due vie questa automatica adesione del M5S all'ideologia "implicita" dei trattati potrebbe in concreto affermarsi:
1) perchè la "casta" è una creazione in gran parte, e non casualmente, "costruita" dai media-Von Hayek (detto così si capisce con immediatezza) ma, una volta recepita come paradigma indubbiamente aggregante del "movimento, e iniziatane la "estirpazione", non si comprende quale sia l'esatto margine estremo di tale "nemico", potendo facilmente trasformarsi in una insofferenza generalizzata per qualsiasi forma di amministrazione e gestione dell'interesse collettivo in forma pubblica. Quindi, non appare chiaro dove si dovrebbe fermare l'azione anti-Stato costituzionale, democratico e lavorista; 
2) perchè nel "movimento", per una pluriennale frequentazione di "tematiche" in forma "semplificata", non sorretta da una adeguata analisi storica ed economica, esiste anche un'anima "decrescista" che, come abbiamo visto, si presta facilmente alla funzione ausiliaria delle oligarchie (che ne sono le occulte mandanti, a ben vedere l'esito finale delle sue confuse teorizzazioni).

Insomma, che il PUDE abbia perso la maggioranza non è affatto detto. Dipende da fattori assolutamente non chiari. Quello che è certo è che, riassestandosi dopo lo shock della perdita della forza dei suoi referenti tradizionali, avrà bisogno di ripensare e ristrutturare le proprie strategie mediatiche, cioè comunicative e, all'interno dei "corridoi" istituzionali, negoziali.
L'aspetto che può renderci meno pessimisti è che è altrettanto certo che le stesse forze di ex-riferimento del PUDE saranno potenzialmente soggette a "scissione", per i più vari motivi, esattamente come avvenne nel 1943 e come ipotizziamo nella "ipotesi frattalica" (con vari dettagli).
E lo stesso vale anche per la coesistenza di plurime "anime" del M5S, una volta che sia diventato "forza politica di massa".
Tutti, di fronte al precipitare degli eventi, - crisi economica e suo più ampio scenario mondiale, in tutte le sue dinamiche attualmente in corso- dovranno scegliere da che parte stare. Come nel 1943.
E solo allora si vedrà se il PUDE non è più in maggioranza... 

OSSERVATORIO "PUDE" 2. CRONACHE DI UN CETRIOLO ANNUNCIATO-2

Prosegue la rassegna del pensiero economico degli "Homini novi nec novique" che governeranno il post-elezioni o ne influenzeranno le politiche economiche.

Offriamo ai lettori una sorta di dibattito al quale in televisione non assisterebbero mai: il pensiero dell'homo novus è irrevocabilmente già fissato e c'è lo spazio-tempo per fare le obiezioni che nessun giornalista-moderatore solleverebbe mai. E' una magra consolazione dato che il potere rimane dove sta. Ma almeno avremo capito con esattezza il destino che ci attende e le responsabilità che lo avranno provocato.

Ma PER CAPIRE IL NOSTRO DESTINO, mi preme anche dirvi che "loro" sono comunque insoddisfatti: la "linea" c'è, la soluzione finale è a portata di mano, però l'Italia ancora non ha capitolato. URGE RIFORMA COSTITUZIONALE "per accelerare l'efficacia delle riforme strutturali"!!! VOTATA DA TUTTO IL FUTURO PARLAMENTO E, NATURALMENTE, "CONTRO LA CORRUZZZIONE" E GLI "SPRECHI"!

 

From a vicious to a virtuous circle in the Eurozone - the time is ripe

Marco Buti, Pier Carlo Padoan, 27 March 2012

The economic and financial crisis in the Eurozone is in its fourth year. In late 2011, it had evolved dangerously into a vicious circle of sluggish growth, tensions in sovereign debt markets and banking sector fragility. Investor confidence in the Eurozone seemed on the verge of collapse, many sovereigns and banks struggled to access market funding and the future of the Eurozone was widely questioned in financial markets and the policy debate.

Partenza standard. Si descrivono fenomeni in corso, ma già si tende a orientare in modo fuorviante l'analisi secondo un tipico approccio: i fenomeni elencati, in una corretta analisi macroeconomica, sono solo EFFETTI. Neanche una menzione delle cause della crisi dell'eurozona quali indicate da tutti i più grandi economisti europei e mondiali. Il solo fatto di portare l'attenzione solo sugli effetti, crea nell'ascoltatore, già in partenza, l'idea che QUESTI E SOLO QUESTI siano i problemi da affrontare, in modo che nessuno si preoccupi del fatto che, anche risolvendone momentaneamente gli "effetti", la crisi in realtà tenderà a manifestarsi ancora, (riproducendo gli effetti stessi), NON ESSENDO ENUNCIATE E AFFRONTATE LE CAUSE. Il "circolo vizioso" c'è, ma non è fra gli effetti, bensì proprio derivato dalla rimozione costante della cause.

Need to focus on a strategic response to the crisis.

While tensions have eased recently, the Eurozone is still in a situation in which multiple equilibria can materialise. In a vicious circle, confidence falls and financial market conditions deteriorate, jeopardising debt sustainability, more so in an environment of low growth. A bad equilibrium can establish itself (Padoan et al. 2012).
To move from a vicious to a virtuous circle requires time, while markets tend to be impatient. By providing a confidence bridge, decisive and credible policy action can turn the economy around and bring it towards a good equilibrium of debt sustainability and sustainable growth. Securing a good equilibrium for the Eurozone is possible.
Developments since the beginning of this year have surprised on the upside. The ECB’s provision of longer-term bank funding has had a powerful effect in boosting confidence. The fear of an imminent bank failure and the risk of a credit crunch have receded. Despite the downturn towards the end of 2011, there are signs of stabilisation and an increasingly likely recovery in the second half of 2012. Sovereign debt markets have improved, as reflected in successful bond auctions and declining yields.

Si sviluppa l'analisi sempre nei limiti subito indicati: sia il deterioramento delle condizioni dei mercati finanziari, sia la dubbia sostenibilità dei debiti pubblici nell'eurozona (ammesso che abbia mai coinvolto l'Italia, secondo la stessa Commissione), sia la "bassa crescita", sono dovute a una sola causa.
E questa è l'euro: più precisamente i meccanismi inevitabili dell'area valutaria "unitaria" NON ottimale, cioè le "asimmetrie" determinate dai tassi di cambio reale, quindi dai differenziali di inflazione, che, cumulandosi nel tempo, determinano la spaccatura, all'interno dell'UEM e a causa della sua adozione, tra paesi con inflazione più bassa (persino del limite del 2%), grazie a una preventiva e decisiva compressione salariale, e paesi con inflazione più alta.  
In questi ultimi affluiscono capitali, data la maggior convenienza dei tassi di rendimento in assenza di rischio di cambio, acuendone l'inflazione e quindi il differenziale di competitività e stimolando consumi e investimenti tramutatisi in bolle speculative.
Fino al punto che questi 2 tipi di appartenenti alla stessa area valutaria, si dividono permanentemente in "creditori" e corrispondenti "debitori", suddivisione stabilizzata dalla mancanza di strumenti fiscali "federali" di trasferimento compensativo.
Tale situazione è acuita dalla imposizione di una correzione dei livelli salariali posta esclusivamente a carico dei "debitori" (verso il basso), proprio ciò su cui "si aggira", auspicandolo, l'articolo: questa correzione "unidirezionale", come pare sfuggire a Padoan, non consente un riallineamento dei tassi di cambio reale, data l'eccessiva caduta della domanda indotta nei paesi debitori e il conseguente peggioramento dei conti pubblici (deficit e rapporto debito/PIL), su cui si intendeva irragionevolmente intervenire, con inasprimenti tributari e tagli alla spesa pubblica, in paesi già con crescita stagnante o negativa.
L'"equilibrio multiplo" esiste, ma il suo esito negativo non è stato certo scongiurato, come si pensa nell'articolo (del marzo 2012), dai LTRO BCE, espressione di una politica monetaria centralizzata (quindi non differenziata come i predetti "trasferimenti federali" tipici di unAVO) e comunque per definizione inidonea a curare la causa suddetta (differenziali di inflazione e consolidamento di bilancio operato in senso pro-ciclico).
Piuttosto, l'equilibrio "multiplo" porta al famoso "trilemma" dell'euro quale enunciato da Bibow, del tutto ignorato nell'articolo stesso: "Sostituendo i prestiti con i trasferimenti, una corretta unione fiscale potrebbe salvare l’euro. Al contrario, la liquidità della BCE non può correggere gli squilibri di competitività e i corrispondenti flussi di debito, neanche se i debiti infami ora si accumulano nel bilancio dell’eurosistema. Così questo è l’euro trilemma: la Germania non può avere tutte e tre le cose: perpetue eccedenze nelle esportazioni, un’unione monetaria senza trasferimenti o senza salvataggi, e una banca centrale “pulita” e indipendente. Secondo i bisogni della Germania".

These favourable trends cannot be a cause for relaxing Europe's efforts, but offer the opportunity to focus on a more strategic response. It is essential that this opportunity is not squandered. Further measures are required to address unfinished business and avoid the establishment of a bad equilibrium. In the near term, contagion must be blocked and reverted. This would create space for strengthening the banking system without engendering a credit crunch – implementing structural reforms to strengthen growth and to address competitiveness problems, fiscal consolidation to restore the sustainability of public finances, adequate firewalls to prevent contagion, and Eurozone governance reforms so as to prevent future crises. These policies need to be implemented as a coherent package – because of the systemic nature of the problem a partial solution is bound to be not effective and to lack credibility.

Qui è inutile continuare a sottolineare l'abbaglio macroscopico degli autori dell'articolo: il "trend" determinato dai LTRO BCE non era affatto "favorevole" ma una mera incisione temporanea su taluni effetti, un fuoco di paglia a favore del sistema bancario. Quindi, e con certezza, come hanno dimostrato i fatti successivi, facendo emergere i LTRO la decisiva incidenza delle asimmetrie, non era e non è certo il caso di insistere negli "efforts" intrapresi con riforme strutturali e consolidamenti fiscali.
Ci sarebbe da attendersi che gli autori (o "l'autore" più rinomato)abbiano ora cambiato idea, come vedremo, ma non è così: risulta che tutt'ora insista su questa linea e la consigli al prossimo governo italiano, persino in presenza del mutamento delle condizioni "valutarie" determinate dalla rinuncia alle politiche di aggiustamento deflazionistico dei più importanti paesi del mondo.

A five-point strategy to ensure a good equilibrium

A strategic response that will bring the Eurozone towards a good equilibrium is based on five mutually reinforcing points (European Commission 2011)1:
  • Undertake credible economic adjustment in vulnerable member states.
  • Establish an adequate firewall against contagion in sovereign-debt markets.
  • Ensure that EU banks are sufficiently capitalised.
  • Reform the framework for economic governance in the Eurozone.
  • Implement policies to boost growth and address imbalances.
Substantial progress is being made on all five elements, with a decisive breakthrough achieved in the past three months. However, the pace of implementation is not uniform and failure to make sufficient progress on any single element – possibly motivated by complacency over recent developments - would undermine the overall strategy. The possibility of falling back towards a bad equilibrium is still uncomfortably high and requires strong determination at the national level and high vigilance by EU institutions.

Se le premesse sono così errate, le conseguenze non possono che essere altrettanto sbagliate: nessuno dei 5 punti elencati, con evidenza, incide sulle cause della crisi.
- I "credibili aggiustamenti economici" sono l'austerity fiscale e le "riforme strutturali", essenzialmente tese a flessibilizzare il lavoro con la diminuzione dei salari (acuendo la caduta della domanda interna fino alla deindustralizzazione e vanificazione della ragione stessa della pretesa "riforma risanatrice"..."desertificante");
- il "firewall" è la politica concordata (ESM) che addossando ulteriore indebitamento a carico di TUTTI INDIFFERENZIATAMENTE  i paesi dell'euro zona, acuirebbe il debito di "partecipanti" già indebitati e interverrebbe comunque solo sugli effetti, lasciando in piedi i differenziali di competitività-inflazione;
- la "sufficiente capitalizzazione delle banche" è una "petizione di principio": non si dice da dove potrebbe sorgere la "fiducia" per i sottoscrittori delle ricapitalizzazioni, che, rispetto ai paesi debitori UEM, sarebbero dunque necessariamente "esteri" data la corrente crisi di insolvenza-liquidità; mentre farebbe ricadere, nei paesi creditori UEM (il cui sistema bancario certamente non ride), l'onere sugli stessi governi, aumentando, contraddittoriamente alle premesse, il relativo debito pubblico;
- la riforma della "governance" è un vago modo di dire che "forse", "un poco", "quando ci sarà un accordo"...con la Germania (cioè MAI),  si dovrebbe provvedere a rendere operativo un sistema di "trasferimenti";
- la "spinta per la crescita" in questa visione, appare essenzialmente una visione di "supply side" (sussidi alle imprese, ma senza soldi per i paesi che ne veramente avrebbero bisogno, Moavero docet, e, al più, aumenti sistematici dell'IVA per cercare di tamponare le importazioni). Inutile anche dire che "nessun progresso" sostanziale è stato fatto, e non è provocabile da  nessuna di queste misure, tanto che ormai il contaggio recessivo è arrivato, com'era inevitabile, anche alla Francia.

Weak economic growth remains the key challenge

Of the five components of the strategy, in this column we concentrate on the need to boost growth. The unsatisfactory growth performance of, and imbalances in, the Eurozone over the past decade originated in poor structural settings that discouraged productive investments in some sectors, contributed to the instability of the housing market, and failed to keep wage and price developments in line with productivity. A credible and ambitious strategy of structural reforms that can address these weaknesses would have a tangible impact on economic growth and debt sustainability, in particular in vulnerable countries.
Often the fruits of reform efforts are visible only over the medium term. However, a credible reform package can also generate positive effects in the short term in terms of confidence and performance, while short-term costs can be vastly overstated (OECD 2012).
Economic growth in the Eurozone remains subdued at best. The potential growth rate of the Eurozone is estimated to be around 1.25%, with markedly lower rates in some of the countries facing intense market pressure. Stronger growth would restore confidence, improve debt dynamics and facilitate an exit from the crisis, particularly in countries with high accumulated debts.
Growth-enhancing policies must go hand in hand with appropriately paced fiscal consolidation. There are obvious reasons for this:
  • The extraordinary pre-crisis build-up of debt to largely unsustainable levels has left most Eurozone economies with the task of redressing imbalances and embarking on an unavoidable deleveraging. High debt permanently weakens economic growth.
  • Risk aversion and, with it, risk premia, have spiked since the financial crisis in 2008 and ended a long period of high risk appetite and compressed premia. Current heightened risk aversion makes deleveraging even more necessary and, at the same time, more painful in the short term.
  • Low interest rates and the excessive lending and borrowing prior to the crisis had not only led to growing debt levels, but also to an allocation of resources that has proven unsustainable and that must be corrected.
  • In a situation of multiple equilibria, where confidence plays a crucial role, the distinction between short-term and long-term measures (suggesting the possibility of postponing action) is misleading and could be possibly dangerous. Short-term measures that weaken confidence would push the medium-term dynamics towards a bad equilibrium (Padoan et al. 2012).
This legacy defines and limits the role of active demand management and calls for sound fiscal policies. Clearly, the scope, pace and approach to fiscal consolidation should not be uniform across member states but, rather, reflect the specific features of each country, its fiscal position and the strength of its economic conditions. In all cases, fiscal adjustment should be growth-friendly.
The reinforced governance framework of the Eurozone will help member states stay on track towards these goals. Experience shows that fiscal discipline is especially at risk in countries where policies are more short-sighted, possibly driven by the electoral cycle. In such a setting, a strong external anchor, as provided by the recently reinforced fiscal governance rules in the Eurozone, can help keeping up necessary reforms (Buti et al. 2009). Available evidence points, remarkably, to the fact that structural reform efforts during the current crisis appear positively correlated with fiscal consolidation efforts. Moreover, reforms are taking place in countries which most require a boost in growth potential and adjustment within the Eurozone (OECD 2012).

Dunque: per capire come si pervenga a indicare le sopra elencate cause della crisi e i conseguenti fattori da eliminare/correggere, bisogna prima capire il "paradigma" economico che tale analisi presuppone. Per illuminare questa cornice diamo la parola a un professore di economia, Giancarlo Bertocco (e qui viene il bello):

domenica 24 febbraio 2013

ILLUSIONE FINANZIARIA. L'"IGNORANZA" AL POTERE

TEORIA DELLA ILLUSIONE FINANZIARIA, A.Puviani, ISEDI 1976 **CL5

Lo so, lo so, molti, non potranno aver resistito e saranno attratti, anche contro le intenzioni originarie, dalla "sirene" del Conclave del PUDE. Ma, come abbiamo visto più volte, il quadro è tale che l'odierno "conclave" segna solo una tappa alquanto prevedibile, e nemmeno delle più fondamentali, nella evoluzione frattalica della crisi italo-eurota (è per non dire "euristica" che, concettualmente, avrebbe pure un senso).
Partiamo invece da questa "notiziola": "Il Tesoro e' pronto a rivedere al ribasso le previsioni di crescita per l'anno in corso. Secondo le indiscrezioni raccolte da Radiocor, nel prossimo Documento di economia e finanza (Def) che sara' diffuso il 10 aprile la stima del Pil sara' tagliata in linea con le ultime stime di Banca d'Italia, Fmi e Commissione europea a -1%. L'ultimo aggiornamento del ministero dell'Economia prevedeva un calo del Pil dello 0,2% quest'anno. L'Istat nell'ultimo comunicato sul Pil 2012 ha calcolato una flessione acquisita del Prodotto per l'anno in corso di -1%".

A nostra volta in questo post avevamo detto:
"In realtà, a legislazione vigente, i tagli di spesa della manovra estiva 2011 e della spending review saranno...proiettati in larga parte proprio sul 2013...Perciò, il moltiplicatore, (quello "attendibile" rideterminato dal FMI in un range tra 0,9 e 1,7) sarà più prossimo, mediando e ponderando a "occhio e a spanne", a 1,5.
Sicchè: 0.8x1,5= 1,2. E già, un pò, è superiore a quanto dice Bankitalia (studio di fine anno, già più "pessimistico" del -0,4 inizialmente dichiarato dal tesoro). "Ora": poi vedremo...si aggiornano sempre a cose fatte..."
E abbiamo anche esattamente quantificato, nei commenti, l'onere aggiuntivo 2013 pro-rata della contribuzione all'ESM, per l'Italia in 5,73 miliardi, gravante sul debito pubblico nell'anno di corresponsione, cioè il 2013. Proseguendo:
"...Dunque, assumendo un moltiplicatore medio-ponderato da "mix" di ulteriori tagli e tasse (cioè di poco superiore a 1), si dovrebbe avere, almeno, un altro mezzo punto circa di PIL di ulteriore recessione (ma è per una buona causa: tutelare i crediti delle banche tedesche verso i PIGS, specie la Spagna e magari...Cipro. Insomma, "più europa" è sempre una soluzione "buona" per...vivere al di sopra delle nostre possibilità).
Quindi la recessione 2013, si collocherà in un "range" tra (0,8+0,5) e...(1,2+0,5), cioè tra 1,3 e 1,7 (sarei più propenso alla seconda cifra, ma ammetto che, mediando, potrei puntare su 1,5). Questo se li lasciamo fare e pur sempre valutando "ottimisticamente" il "loro" europesimo...
A questo punto, poichè la pressione fiscale rimane QUANTOMENO (ma probabilmente aumenterà, in pratica) a 45,2% del PIL, avremo anche una corrispondente caduta della base imponibile e, quindi, un ulteriore aggravamento del deficit/PIL rispetto al previsto: da 1,8 dovrebbe incrementarsi, diciamo "prudenzialmente", di  un ulteriore 0,6-0,7, punti di PIL, (moltiplicando, appunto, il minor PIL per la pressione fiscale). Quindi l'indebitamento netto sarà ancora maggiore dell'1,8 e intorno a 2,4/2,5 del PIL."
Ora, parlando di dottrine economiche che domineranno il campo della politica fiscale italiana, sempre nei commenti, abbiamo introdotto il concetto di "illusione finanziaria".
La "illusione finanziaria" indica una "tecnica di governo" fondata sulla comunicazione "istituzionale", mirata, (tra l'altro) a far sentire come minore il peso di misure fiscali restrittive (nuovi tributi o tagli alla spesa pubblica), in modo da rendere meno forte il dissenso a politiche di "lungo termine" che, nel breve termine, potrebbero portare a reazioni da parte dell'opinione pubblica, in termini di perdita di consenso per il governo.
Vi diamo qualche lume teorico su questo punto:

Amilcare Puviani (v., 1903) all'inizio di questo secolo...definì ‟illusione finanziaria" la ‟rappresentazione erronea delle ricchezze pagate o da pagarsi a titolo d'imposta o di certe modalità del loro impiego".
L'illusione modifica la valutazione delle scelte dello Stato da parte del cittadino o del suddito contribuenti, la cui condotta, di conseguenza, risulta parimenti modificata.
Si possono distinguere due gruppi di motivi dell'illusione finanziaria: i passivi e gli attivi.
I motivi passivi - che consistono nell'ignoranza o nell'insufficiente conoscenza che i governanti e la collettività hanno del bilancio pubblico, degli scopi e dei vantaggi dei servizi pubblici, delle leggi tributarie e del sistema impositivo - danno origine a fenomeni di illusione finanziaria non solo nella collettività, ma negli stessi governanti.
I motivi attivi consistono in quegli atti che vengono posti deliberatamente in essere dai governanti al fine di modificare i giudizi e le valutazioni dei governati sia sull'imposizione che sulla spesa, oscurando l'entità e/o la natura della prima ed esaltando gli aspetti benefici della seconda.
L'illusione finanziaria, va pure aggiunto, non altera le scelte finanziarie soltanto a danno dei contribuenti e dei destinatari dei servizi pubblici; l'ignoranza dei governanti è spesso causa di illusione altresì a danno dell'ente politico (v. Parravicini, 1969).
Era tanto che volevo dirvelo di questo meccanismo, ben teorizzato a livello scientifico, di utilizzazione plurisecolare.
La vicenda del legame tra consolidamento del bilancio, politiche economiche "credibili" e "vincoli europei", lo conferma clamorosamente. Cioè, "loro" sanno benissimo e la distillazione, NELLA COMUNICAZIONE, degli effetti recessivi della crisi indotta dalle "riforme strutturali" è appunto "intenzionale".
Poi, tra i "motivi" passivi c'è pure, appunto, "l'ignoranza o l'insufficiente conoscenza che (buona parte de)i governanti (peones parlamentari in testa) e la collettività hanno del bilancio pubblico, degli scopi e dei vantaggi dei servizi pubblici, delle leggi tributarie e del sistema impositivo".
Ovviamente, poi, questi "peones" vengono invitati spesso e volentieri a parlare in televisione, aumentando, con la loro, l'ignoranza dei "governati". Cioè "noi". Alegher!
Naturalmente, sono "ovvi" tutti i giochini di parole tra "attivi" e "passivi" riferiti al "cetriolo", volevo dire "vincolo" europeo.

sabato 23 febbraio 2013

OSSERVATORIO PUDE1. CRONACHE UN CETRIOLO ANNUNCIATO-1

Comincia con questo post di Francesco Lenzi, il monitoraggio delle "idee" economiche di quelli ("homini novi nec novique") che nel post-elezioni sono destinati a governarci o che, quantomeno, risultano i "tecnici" più ascoltati nella prospettiva delle prossime  prevedibili maggioranze parlamentari.
L'interessante "rassegna" diventerà un'entusiasmante galoppata lungo il sentiero delle "pensate" che, nelle previsioni, del "più Europa" al governo, cioè il PUDE (che dovrebbe comunque esprimere dal suo vasto "interno" un governo), daranno corpo alle nuove "manovre", invariabilmente indispensabili a garantire la "crescita e la stabilità" e bla bla bla. "Pensate" che queste fervide menti di intellettuali "europei" hanno già abbondantemente espresso in "pregevoli studi".
Gli obiettivi continueranno a essere dichiarati e, puntualmente, falliti. Ma non gli obiettivi "reali", che, invece, perseguiranno con ferrea determinazione anche a costo delle "vostre" vite: la svendita e la deflazione salariale.
Per questo le "idee" selezionate per questo "simpatico" esercizio di previsioni (facilissimo diranno alcuni di voi), sono tratte da alcuni specifici "prestigiosi autori". Dei "capiscuola" nel "loro" campo. Ma vedrete che ci approssimeremo con grande esattezza agli eventi che ci aspettano, e persino alle parole "d'ordine" che useranno nelle dichiarazioni alla stampa acclamante.
L'articolo ora in commento è la prima "ricognizione" in ordine temporale (risale al 2010); vedremo poi come si svilupperanno le "pensate" più attuali.

A new political deal for Eurozone sustainable growth: An open letter to the President of the European Council
Richard Baldwin, Daniel Gros, Stefano Micossi, Pier Carlo Padoan, Giuliano Amato, 7 December 2010
The unfolding crisis in Europe has focused policymakers’ attention on reducing debt-to-GDP ratios. This open letter to the President of the European Council argues that, while the top part of that fraction is important, the most critical factor in the long run is the restoration of GDP growth – offering several policy recommendations to this end.
The unfolding crisis in Europe has focused policymakers’ attention on fiscal austerity and bailouts. We believe that this neglects a major dimension of the new political bargain – one that must be addressed if we are to deal with the severe problems facing the Eurozone and the EU.
Debt sustainability can only be founded on the sustained growth of our economies. Exclusive emphasis on restoring sound public finances will not suffice. A broader political deal on economic policies and economic governance is needed to lift growth and restore confidence in the future of the Eurozone and the EU. Such a deal must include, together with better-designed measures for fiscal discipline, a decisive drive to accelerate the completion of the single market and strong investment in cross-border infrastructures.
We make these points in a Policy Brief published by CEPS today (Gros et al. 2010) which we are also sending to the European Council as an open letter for consideration at their forthcoming meeting on December 16-17.
The Policy Brief recommends a comprehensive economic policy initiative which could help the European Council turn the corner on the lingering debt and bank crises in Europe. It would help governments match fiscal discipline with higher growth as well as restore a climate of cooperation between the member states. We summarise the gist of the Policy Brief in this Vox column.
We believe that a new political deal on sustainable growth needs to be built on four pillars:
·             A reform of the Stability and Growth Pact;
·             A reform of Eurozone crisis management;
·             Growth enhancing structural reform; and
·             Infrastructure investment for the internal market

"Parrebbe" quindi chiaro ai nostri autori che il problema principale per la soluzione di questa grave crisi, che coinvolge l’intero continente europeo, sia il recupero di una crescita duratura dell’Economia. Focalizzarsi solo ed esclusivamente sul rigore dei conti pubblici non sarebbe sufficiente - anche se necessario, ed è un "dogma" mai ben spiegato- a risolvere la crisi europea. Vediamo quindi in che modo recupereremo la crescita perduta e quali sono le riforme che si necessitano.

On the reformed Stability and Growth Pact
The EU is right in seeking a sustainable correction of fiscal imbalances. A critical aspect that requires stronger tools in this context is the quality of consolidation programmes. These should be centred much more on permanently lower growth of current public expenditures, efficiency and growth-enhancing reform of entitlements (pensions), and unemployment support schemes (active labour market policies). A strengthening of relevant provisions in the Stability and Growth Pact legislative texts before Council and Parliament seems in order.
Non si torna indietro dalla strada della compressione dei bilanci statali. Devono essere compresse le spese correnti del bilancio dello Stato. In particolar modo le pensioni e i cosiddetti ammortizzatori sociali. Niente di nuovo rispetto a quanto abbiamo visto sotto il precedente governo che attraverso la riforma delle pensioni (ed il conseguente fenomeno degli esodati) e la riforma del lavoro, ha contribuito ad aumentare la disoccupazione (http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2013-01-08/novembre-tasso-disoccupazione-giovanile-094206.shtml?uuid=AbaPtEIH) ed il lavoro in nero (http://www.loccidentale.it/node/119776).
Furthermore, the public debate has placed too much emphasis on the “corrective” arm of the reformed Pact. Greater weight should instead be placed on strengthening the “preventive” arm, which is really where policy coordination within Ecofin and the European Council failed.
To this end, the European Commission’s powers to publish league tables of performance, launch early warnings, and make public its analyses and recommendations on divergent countries should not be subject to Council approval; and reverse voting in the Council on Commission recommendations should apply across the board.
La commissione europea (che ricordiamo è un organo non eletto, ma nominato attraverso accordi politici tra i vari governi, entrambi, governi e commissione, ormai vicinissimi a gruppi finanziari e industriali privati di pressione) deve dotarsi di strumenti preventivi di controllo e sanzione nei confronti di quegli Stati che non rispettassero le politiche dettate dagli organismi europei. Tali poteri dovrebbero essere utilizzati senza il preventivo controllo del parlamento europeo (altrimenti ci sarebbe troppa democrazia per gli standard europei, il che significa "inefficienza" nel perseguire gli interessi prioritari di tali gruppi di pressione)
The most important elements needed to underpin the reformed Pact are the envisaged changes in national fiscal institutions and procedures, which should be made legally binding at EU level. This includes the establishment in all member states of an independent fiscal authority that should be accountable to parliaments and entrusted with the task of publicly assessing the state of accounts, the quality of national consolidation programmes, and their consistency with Council recommendations.
L’elemento più importante di questa attività di rafforzamento sul controllo delle politiche fiscali ed economiche degli Stati membri è quella di svuotare semplicemente gli Stati di questa funzione. Ovviamente se uno Stato non avrà più accesso alle leve fiscali non potrà derogare dalle prescrizioni. Le decisioni sul modo in cui dovranno essere utilizzate le risorse economiche di ciascun Paese ed il controllo del raggiungimento di tali prescrizioni sarà demandata ad un’autorità autonoma (dagli Stati ma non da altri gruppi di potere) nominata a livello Europeo.
Crisis management
The key to making a crisis manageable is a strong financial system able to withstand systemic shocks. Various measures are needed to strengthen market discipline. For one thing, banking supervisors should require intermediaries and institutional investors to pay adequate attention to the Commission’s warnings on the sustainability of sovereign obligations of Eurozone members. Rules limiting excessive credit expansion and risk-taking by financial intermediaries will also affect their willingness to finance risky sovereign debtors. Critical in this respect is a credible promise, in the event that one member state becomes insolvent, not to intervene to relieve its creditors.
Continuando nella considerazione che il pubblico sia fonte di ogni male in economia, si ritiene che per la solidità del sistema economico sia necessario che il sistema finanziario sia credibilmente in grado di "non" finanziare il deficit degli Stati. Seguendo il filone monetarista neo-classico che vuole la Banca Centrale svuotata dal controllo e l’influenza politica, perciò credibilmente in grado di garantire la stabilità della moneta. Su quanto poi sia effettiva tale capacità non esiste ancora (dopo quasi 50 dallo studio originario di Friedman) un pieno supporto scientifico. (http://www.ecb.int/pub/pdf/scpwps/ecbwp746.pdf)
The key issue then becomes how to lend sufficient credibility to the no-bail-out clause with respect to the member states and financial markets. Such a promise must be founded on two pillars.
·             The first pillar is a new set of special procedures for bank crisis resolution that will make it possible for any bank, including large cross-border banks, to fail without fully reimbursing creditors and equity holders – with protection strictly limited only to retail depositors (and only up to a threshold). With such a system there would be strong incentives for bank managers and equity holders to limit risk-taking. (For design of a full bank crisis resolution mechanism within the EU, see Carmasi et al. 2010.)
·             The second pillar is a European Monetary Fund – the permanent continuation of the present European Financial Stability Fund. The Fund should be endowed with sufficient capital and access to market financing to protect the euro and the EU’s financial system from the fall-out of a sovereign debt crisis. Its mandate should explicitly exclude covering losses of public and private insolvencies.