mercoledì 3 giugno 2015

DISOCCUPAZIONE ISTAT PRIMO TRIMESTRE 2015: LA DEFLAZIONE SALARIALE LAVORA A PIENO RITMO...


http://www.ilprimatonazionale.it/wp-content/uploads/2013/10/disoccupazione-lunga-durata-300x270.jpg

1. Credo che il bollettino Istat sull'occupazione del primo trimestre 2015, (pubblicato mercoledì 3 giugno 2015), non abbia bisogno di commenti per chi sappia leggere senza fodere sugli occhi.
Ho evidenziato in neretto le parti più interessanti.
Più sotto trovate il confronto, e i relativi immediati "riscontri" con quanto indicato, relativamente al trimestre dicembre 2014-febbraio 2015, in un precedente bollettino Istat.
Nota preliminare: mentre vi scrivo in TV espertoni e esponenti del governo parlano di 159.000 occupati in più, mentre l'Istat parla di 133.000 e su base annua (sul mese precedente, come evidenzia il bollettino precedente, più sotto riportato, il dato dell'occupazione non può che essere peggiorato: il tasso è infatti passato dal 12,7 di febbraio al 13% di marzo...). 
Ecco il testo del "bollettino" sul primo trimestre 2015:

2. "Nel primo trimestre 2015 continua a crescere il numero di occupati su base annua (+133 mila unità, 0,6%). L'aumento riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le ripartizioni territoriali, soprattutto il Nord (+0,6%, 71 mila unità) e il Mezzogiorno (+0,8%, 47 mila unità). Al calo degli occupati nelle classi di età 15-34 anni e 35-49 anni (-1,7% e -1,4%, rispettivamente), continua a contrapporsi la crescita degli ultra 50enni (+5,3%).

L'incremento dell'occupazione interessa sia gli italiani (+50 mila unità) sia gli stranieri (+83 mila unità). In confronto al primo trimestre 2014, tuttavia, il tasso di occupazione 15-64 anni degli stranieri diminuisce di 0,4 punti percentuali a fronte di una crescita di 0,5 punti tra gli italiani.
Nell'industria in senso stretto, dopo la crescita dei tre trimestri precedenti, l'occupazione si riduce su base annua dello 0,9% (-42 mila unità). 
Nelle costruzioni, per il diciannovesimo trimestre ma con minore intensità, prosegue la flessione degli occupati (-1,2%, -17 mila unità). In controtendenza rispetto al Centro-nord, nel Mezzogiorno crescono sia gli occupati nell'industria in senso stretto (+2,3%, 18 mila unità) sia nelle costruzioni (+3,8%, 15 mila unità). 
Nel terziario gli occupati crescono dell'1,0% (147 mila unità in più su base annua), soprattutto tra i dipendenti e nel Centro-nord.
Nel primo trimestre 2015 il numero di lavoratori a tempo pieno torna a crescere in misura significativa, con un incremento di 104 mila unità (+0,6%). 
Ininterrotta dal 2010, prosegue a ritmo meno sostenuto la crescita degli occupati a tempo parziale (+0,7%, 28 mila unità nel raffronto tendenziale) ma riguarda quasi del tutto il part time involontario, la cui incidenza arriva al 64,1% dei lavoratori a tempo parziale (era il 62,7% un anno prima).
Per il quarto trimestre consecutivo continua l'aumento dei dipendenti a termine (+3,5%, 72 mila unità su base annua). La crescita interessa soprattutto gli uomini, è più forte nel Nord, ed è concentrata nell'industria in senso stretto e nel terziario.
Nel primo trimestre 2015, dopo quattordici trimestri di crescita, diminuisce il numero di persone in cerca di occupazione (-4,2%, 145 mila unità in meno in un anno). La riduzione interessa sia gli uomini sia le donne, riguarda le regioni del Nord e del Mezzogiorno, gli ex-occupati e le persone in cerca di prima occupazione. Il 57,1% dei disoccupati cerca lavoro da un anno o più (era 58,7% nel primo trimestre 2014).
Nel primo trimestre 2015 il tasso di disoccupazione, cresciuto ininterrottamente dal terzo trimestre del 2011, scende al 13,0% (-0,6 punti percentuali in confronto a un anno prima); la riduzione riguarda sia gli uomini sia le donne, interessa il Nord (-0,4 punti) e soprattutto il Mezzogiorno (-1,2 punti), ma i divari territoriali restano elevati (con valori dell'indicatore del 9,0% e 20,5% rispettivamente). Nelle regioni del Centro, invece, il tasso sale al 12,1% (+0,1 punti).
Nel primo trimestre 2015 prosegue la diminuzione del numero degli inattivi di 15-64 anni (-0,4%, -51 mila unità) dovuta soltanto ai 55-64enni, a fronte di un aumento nelle altre classi di età. Il tasso di inattività rimane stabile al 36,1%".

3. Per capire come i dati siano offerti ora in modo alquanto...singolare, - raccontandoci di un  minor tasso di disoccupazione su base annua che contrasta con un aumento rispetto al trimestre precedentemente rilevato- riportiamo il dato Istat cui abbiamo rinviato in premessa:

"Il 30 marzo 2015, è stato pubblicato questo bollettino Istat sulla disoccupazione.
Fate bene attenzione perchè è eloquente:
"Dopo la crescita del mese di dicembre e la sostanziale stabilità di gennaio, a febbraio 2015 gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell'ultimo mese di 0,1 punti percentuali.
Rispetto a febbraio 2014, l'occupazione è cresciuta dello 0,4% (+93 mila) e il tasso di occupazione di 0,2 punti.
I disoccupati aumentano su base mensile dello 0,7% (+23 mila).
Dopo il forte calo registrato a dicembre, seguito da un'ulteriore diminuzione a gennaio, a febbraio il tasso di disoccupazione sale di 0,1 punti percentuali, tornando al 12,7%, lo stesso livello di dicembre e di 0,2 punti più elevato rispetto a febbraio 2014. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è cresciuto del 2,1% (+67 mila).
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni mostra un lieve incremento nell'ultimo mese (+0,1%), rimanendo su valori prossimi a quelli dei due mesi precedenti. Il tasso di inattività si mantiene stabile al 36,0%, contro il 36,4% di febbraio 2014. Su base annua gli inattivi diminuiscono dell'1,4% (-204 mila)."
4. Qualche commento ragionato.
In generale c'è qualcosa che non va nello stesso dato annuo: il precedente bollettino fa desumere che il dato febbraio 2014 fosse di 12,5. Ciò fa interrogare se l'Istat abbia registrato tra febbraio 2014 e marzo 2014 un repentino aumento della disoccupazione dal 12,5 al 13,6% (dato che parrebbe attribuito a tale mese dall'ultimo bollettino di cui oggi si parla). Possibile mai?
Insomma i dati Istat non paiono costanti da bollettino a bollettino; e questo è difficilmente spiegabile.
Il dato della disoccupazione è comunque risalito, a fine marzo, rispetto al dato rilevato sul mese di febbraio, dal 12,7 al 13%

La disoccupazione nei settori trainanti del modello economico italiano - industriale manifatturiero e costruzioni- aumenta inesorabilmente: tutto il modesto saldo attivo registrato su base annua  - cioè non rispetto ai mesi precedenti, di cui abbiamo visto il dato di fine febbraio-,  è esclusivamente dovuto al settore dei servizi (+147.000 che compensa il dato negativo di tali settori trainanti).
5. Di questi oltre un terzo (51.000 unità) sono evidentemente "riassunzioni" di ultra 55enni, a cui, altrettanto palesemente, devono essere stati offerti lavori a retribuzione presumibilmente inferiore a quella del momento in cui persero l'occupazione; e questo in cambio della fine della prospettiva di essere senza stipendio e senza pensione. E' chiaro che si tratta di una condizione di tale debolezza contrattuale che si tenderà ad accettare condizioni retributive peggiorative. Oltretutto in presenza degli sgravi fiscali e contributivi previsti nel triennio dalla legge di stabilità, che opera entro tetti ben determinati, oltre i quali l'assunzione deflazionata (il "demansionamento") del lavoratore in precedenza inquadrato a livelli superiori non conviene più...
6. Tra questi "recuperi" di lavoratori "anziani" una parte consistente deve persino essere a tempo parziale; nel complesso prosegue l'aumento di questa formula che raramente corrisponde ad una reale aspirazione del lavoratore.
Infatti, quasi i 2/3 dei lavoratori part-time sono "involontari", cioè praticamente situazioni dove non c'è altra alternativa alla disoccupazione che non sia la sotto-occupazione.
Combinamo questi fattori col dato dei lavoratori delle fasce più giovani (15-34 e 35-49), dove infatti la disoccupazione aumenta: verosimilmente, ciò si verifica perchè questi lavoratori non hanno ancora accettato un posto part-time, o a retribuzione inferiore di quella precedentemente goduta,...nel settore dei servizi
Otretutto questi lavoratori hanno una prospettiva di permanenza abbondantemente ultratriennale: per loro la prospettiva di lavorare nei servizi rischia di essere una scelta professionale che, per esigenze anagrafiche, si estenderebbe ben oltre il beneficio triennale dello sgravio sui "nuovi" assunti (anziani e quindi alle soglie del pensionamento...).
E sempre nel settore dei servizi.
7. In questo settore, parrebbe trovino preferenziale occupazione i lavoratori più disperati e ricattabili; qui, infatti, una collocazione, magari a tempo determinato o a tempo parziale "involontario", si verifica di regola per una qualifica o per mansioni che ben poco possono avere a che fare con il profilo professionale posseduto. 
La concorrenza dei "vecchi" disoccupati e "esodati" - o in condizione analoga di attesa finale, a qualsiasi costo, della maturazione dell'anzianità contributiva per la pensione (ridotta)- pare rendere i lavoratori 35-49enni meno appetibili e "disponibili"(salvo che non accettino il bench mark dell'esercito di riserva...degli imminenti pensionandi).
8. Ma è solo questione di tempo, specie per i lavoratori espulsi in numero crescente dal settore industriale e dalle costruzioni: la deflazione salariale lavora a pieno ritmo...
Tanto anche i lavoratori a tempo indeterminato, per lo più "riassunti e deflazionati", sono ormai liberamente licenziabili senza rilevanti costi e specialmente al termine del triennio di franchigia.

La ripresa dei consumi e degli investimenti, in questa situazione, appare una chimera gridacchiata dagli espertoni televisivi come improbabile wishful thinking.

6 commenti:

  1. beh cosa potevamo aspettarci dal regime, dopo la scoppola elettorale appena ricevuta, se non un ulteriore rilancio sulla menzogna e sull'autoritarismo?
    non hanno alternative alla propria scomparsa.

    PS: perchè è evidente che quella delle regionali è una battuta di arresto per Renzi su tutta la linea. i voti persi in numero assoluto sono tanti. e dove hanno tenuto c'erano candidati non renziani propriamente. questa, se non è una sconfitta, segna senza ombra di dubbio la fine dell'avanzata incontrastata di renzi. da ora in poi può solo o vivacchiare...o più probabilmente scendere sotto il peso dei colpi della realtà. che può essere occultata...ma non per sempre.

    difatti a questo punto diventa fondamentale far passare le riforme autoritarie PRIMA che il residuo consenso nel paese venga meno. per poter governare apertamente in barba al popolo.

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  2. Caro 48, la ripresa dei consumi e degli investimenti?!?!? Prima "ci sono da coprire i costi del rinnovo dei contratti !!!! ;) Il personale nel pubblico è un costo. Tutti quegli stipendi da pagare e quei rinnovi da esborsare. Non ci si rende conto del costo per lo Stato!! Non ci si rende conto che se vanno in porto ci sarà una ripresa dei consumi, del gettito IVA e quindi il fabbisogno migliorerà!! Non possiamo permetterci di far sgretolare l'Euro proprio ora con una crisi da BdP italiana! No! Gli italiani devono fare da cuscinetto. Sono la nostra ancora di salvezza." Conversazione surreale???

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    1. Il bis-linguaggio avanza che è una bellezza!
      E la cosa paradossalmente divertente è che, tramite i rimborsi vari (semmai la Corte avesse ancora più il coraggio di accogliere qualche questione di lc), farebbero vero sostegno alla domanda aggregata e quindi crescita: non sia mai!
      La crescita può essere solo sui "mercati" e con la competitività.

      A chi e a quanti finiscano i risparmi (profitti) relativi, è poi un problema assolutamente trascurabile: dovremmo essere contenti che la crescita dei profitti esportativi si accoppi alla nostra deflazione salariale.

      Un bel "clima di fiducia", come si sa, è "tutto": potrebbe infatti decollare il credito al consumo (creando passività delle famiglie praticamente non restituibili, se non privandosi del patrimonio, cioè della casa di abitazione...): qualcosina "qualcuno" comunque la guadagnerebbe.

      Non certo gli indebitati. Il loro reddito, non si sa perchè, è un "costo". Cioè se mai potessero spendere senza indebitarsi e far aumentare fatturati e occupazione, sarebbe un gran guaio...

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    2. ASSALTO ALLA DILIGENZA
      (otc)

      L'accolita delle 3I (ivisch, ignavia, ignoranza) è stata addestrata e comandata alla pesca a strascico con bombe al carburo nelle chiare acque del Bel Paese.

      ps: significativi gli ultimi avvistamenti con goofy :-)

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    3. Tutto giusto. Unica (macroscopica) considerazione: che succederà quando inizierà a intensificarsi il sintomo della malattia?
      Ovvero, quando inizieranno a diminuire gli stipendi dei dipendenti fissi. Tra l'altro: da chi partiranno?
      Una piccola anticipazione la posso fare dato che lavoro nel settore farmaceutico. Da fonti sindacali ho appreso che farmindustria (quindi confindustria) si lamenta perchè in piena deflazione non possono continuare a dare aumenti ai dipendenti.
      Ve lo dico perchè il contratto nazionale farmaceutico è l'apri-pista di tutti i contratti nazionali. Compreso quello delgi statali...quindi compreso chiunque!
      Si apre, quindi, una stagione di "diminuizioni salariali" (con sindacati immobili)?
      Io temo di SI. Ma nessuno ne sta parlando molto e mi riferisco in particolare al giornalismo italico.

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    4. Purtroppo quanto dici è scontato. Ma da anni; e qui lo abbiamo sottolineato.
      Rammento che il problema non è solo come si regolano coi contrattualizzati (facendo notare che i salari nominali del pubblico impiego son bloccati a oltranza, realizzando una svalutazione reale che li ha già allineati alle presunte equivalenze di livello col privato), ma quel che conta è l'attrazione gravitazionale dell'atipico sul lavoro dipendente in senso stretto, una volta deprivato della tutela reintegrativa.

      Chiaro che i livorosi godono perchè pensano che la soluzione sia stare tutti peggio.
      La questione del reddito di cittadinanza ne è la dimostrazione eloquente.

      La massa dei dipendenti delle PMI sopravvissute già sconta questi effetti; altri blocchi aziendali hanno già proceduto in tal senso, con disdettte collettive di contratti e proposte di nuovi salari e nuovi tipi di collaborazione (nei commenti al precedente post sul "come funziona il demansionamento" ci sono svariate testimonianze).

      E' poi chiaro che l'effetto, anticipato dal contratto dei dirigenti bancari (e non solo), subirà un'amplificazione accelerata.
      Ed è anche chiaro (v.post su Landini e Galbraith) che il sindacato ha ormai perso il suo ruolo e non può più recuperarlo se non prendendo posizione contro la moneta unica.
      Ergo: hic Rodhus hic salta. Ma è già saltato: come tutta la Costituzione fondata sul lavoro....

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