venerdì 1 maggio 2015

1° MAGGIO E COSTITUZIONE DEL LAVORO: TANTI INTERROGATIVI PER LA CORTE

http://us.123rf.com/450wm/immrchris/immrchris1002/immrchris100200080/6481340-interrogativi-grigi-con-un-rosso-uno-permanente-fuori.jpg

1. Si vabbeh, è il 1° maggio.
L'attualità incombente imporrebbe di commentare e spiegare, nella gigantesca ridda di impressioni permeiste rigurgitate dai media, la sentenza della Corte costituzionale n.70 del 2015, con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del blocco dell'adeguamento delle pensioni disposto dall'art.24, comma 25, del d.l n.210 del 2011 (c.d. "riforma Fornero).
Svolgere funditus tale compito non è esattamente un "lavoro" da svolgere nel giorno della festa dei lavoratori. Presto, magari, approfondiremo in dettaglio l'argomento.

2. Allo stato mi limito a fare un paio di cenni "problematici" attinenti ad aspetti più eclatanti, di "sistema":

a) il decreto-legge in questione era intitolato (enunciazione di quel "prevalente interesse generale" che proprio la Corte, in modo tutto sommato perentorio se non sbrigativo, ha ritenuto difettoso rispetto alla norma di blocco dell'adeguamento pensionistico) "Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici":
Ebbene quanto alla "crescita" ecco il risultato di quella legge (e delle altre, adottate nella stessa filosofia di " consolidamento dei conti pubblici"), che fu rubricata, da un noto giornale di espertoni, nella categoria "fate presto":



La Corte si è, anche solo per un attimo, posta il problema se piuttosto l'interesse generale così platealmente enunciato, di quell'insieme di disposizioni, cioè una "manovra" in cui rientrava tutto sommato "coerentemente" il blocco dell'adeguamento, - nell'ottica, non intaccata dalla attuale sentenza della Corte, della "austerità espansiva"- , fosse per caso "attendibile"? 
Cioè se tale enunciato risultasse minimamente coerente col principio di ragionevolezza e proporzionalità, utilizzato ampiamente nella stessa sentenza per sindacare un frammento del "tutto" organicamente rientrante nel concetto di austerità espansiva?

b) invito i più attenti lettori di questo blog a riflettere su un "trovate le differenze" tra la sentenza in questione (n.70/2015) e quella sulla Robin Tax, n.10 dell'11 febbraio 2015
Mi limito a suggerire una direzione di indagine:  
- è più "equo" accorgersi degli effetti di restituzione retroattiva delle sentenze della Corte in vigenza dell'art.81 Cost.- cioè del pareggio di bilancio- per impedire una successiva redistribuzione punitiva derivante dalle esigenze di costante copertura appunto in pareggio di bilancio (caso della sentenza n.10), ovvero "ignorare" che, vigendo l'art.81 Cost. attuale, e il fiscal compact, qualcuno dovrà comunque pagare quella apparente restituzione e, dunque, l'intero sistema economico subire (per via fiscale) una equivalente contrazione (esattamente compensativa di quella dichiarata incostituzionale) di consumi, investimenti e occupazione?

3. In altri termini, entrato per la Corte esplicitamente in gioco l'art.36 Cost, sulla equa retribuzione del lavoro (anche nella fase di quiescenza pensionistica, in collegamento al richiamato art.38), la Corte pare ignorare che tale equa retribuzione è connessa al livello di disoccupazione, secondo la famosa curva di Phillips, (p.4), e che quest'ultimo livello è accresciuto dalla contrazione della domanda interna comunque indotta dalle manovre fiscali di consolidamento

Non affrontare il cuore del problema, cioè il legame tra:
- livello del bilancio fiscale, ridotto col "consolidamento"
- vincolo a monte del consolidamento, cioè il pareggio di bilancio (in tutte le sue forme, comunque riduttive dell'indebitamento annuo)
- e disoccupazione-livello delle retribuzioni (e quindi anche del successivo trattamento pensionistico),
implica non voler chiarire, a se stessi e alla comunità sociale intera, coinvolta nella tutela costituzionale, il perchè si sia adottato il paradigma del pareggio di bilancio, e comunque (da decenni, in un crescendo, niente affatto casuale ed estraneo al meccanismo prevedibile della moneta unica) della riduzione/compressione del deficit pubblico; cioè una politica fiscale che non promuove certo la crescita, l'occupazione e la tutela reale del reddito da lavoro (v.grafico su). 
Come comprova questo grafico:

http://www.danil.com/territoriarchico/wp-content/uploads/2013/06/differenziale-pil-italia-mondoy.jpg

4. Il perchè dell'adozione di questo paradigma, insito nell'adesione all'UEM (come attesta il fondamentale art.126 TFUE), e nel prevedibile e previsto aggravamento degli squilibri commerciali all'interno dell'UEM, è presto detto: bisogna "distruggere" la domanda interna perchè questo è l'unico mezzo di correzione degli squilibri commerciali, cioè dell'indebitamento PRIVATO TRA PAESI DELL'AREA UEM, consentito dall'assetto del trattato UE-UEM.

Che questo sia lo scopo della politica fiscale "austera", lo ha esplicitamente affermato Monti, e lo ha ben spiegato in dettaglio Draghi (p.2, con video): queste fonti "notorie" (o agevolmente conoscibili), nel contesto dello specifico provvedimento esaminato dalla Corte, avrebbero meritato l'attenzione conoscitiva della Corte, per meglio calibrare il proprio dictum, in questo caso più che mai.
5. Insomma, se l'interesse generale (formalisticamente) enunciato per giustificare una certa complessiva manovra è quello della "crescita e della equità", può la Corte non prendere in considerazione le "reali" enunciazioni dei massimi responsabili di tale indirizzo, che smentiscono apertamente la giustificazione legislativa formale? 
Può la Corte non accorgersi che tali "spiegazioni" - cioè queste "interpretazioni autentiche" (quantomeno in senso tecnico) della vera "ratio" delle norme- svuotano la intitolazione formale di quella legge, (come di tutte le manovre finanziarie consolidative), non solo di attendilità (manifesta illogicità dello strumento adottato rispetto ai risultati formalmente perseguiti), ma anche di correttezza/veridicità della formula legale rispetto alla sostanza? 
Esiste dunque una verità effettiva, niente affatto negata, anzi esplicitata, dai più attendibili "testimoni", anzi "autori", di ciò che veramente si intendeva perseguire: tutto questo deve rimanere fuori dal quadro di fatto notorio e dai presupposti del sindacato logico-fattuale della Corte? 

6. E questo, tra l'altro e ad ulteriore conferma della "diversa verità", senza poter neppure invocare, in una elementare verifica dei fatti, la riuscita del risultato essenziale a cui il consolidamento fiscale era (molto teoricamente) preordinato: cioè la riduzione del debito pubblico!
http://se5.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2015/04/italy-government-debt-to-gdp-2.png

Un effetto contraddittorio delle politiche fiscali imposte dall'€uropa, che risulta peraltro comune a tutta l'area euro, a dimostrazione che il consolidamento fiscale non era obiettivamente finalizzato a risolvere il problema del debito pubblico (e che quest'ultimo non fosse la causa della criticità da risolvere), ma a "qualcos'altro", connesso al mero mantenimento di una valuta comune divenuta sempre più insostenibile.

http://se5.cdn.fluidworks.it/wp-content/uploads/2015/04/euro-area-government-debt-to-gdp.png
7. E ciò, appunto, essendosi verificata, secondo dati perfettamente conoscibili dalla Corte, a seguito dell'adozione di questa linea di politica economico-fiscale, come abbiamo visto, una recessione prolungata e quindi il contrario della crescita; e risultando iniqua per la stessa Corte una delle misure fondamentali di quella manovra. 
Ma allora, nel percorso che, mediante acquisizione di evidenti fatti notori, si apriva alla Corte, in presenza dell'ovvia correlazione tra consolidamento del bilancio e aumento strutturale (e non contingente) della disoccupazione, perchè non mettere in gioco la correlazione tra art.36 (e 38) della Costituzione  e l'art.4 Cost.? 
Cioè perchè non collegare il problema della equa retribuzione, immediatamente richiamato dalla Corte nella sua sentenza, con la sua matrice, il prioritario principio lavoristico che informa tutte le norme fondamentali della Costituzione stessa?
E' abbastanza ovvio che il vulnus alla equità ed adeguatezza della prestazione pensionistica si manifesterà in modo imponente nel futuro, proprio a seguito non tanto e non solo del taglio della spesa pubblica perseguito con il blocco dell'adeguamento persionistico, ma in conseguenza delle "vere" ragioni della complessiva austerità fiscale, deflattiva del lavoro per ammissione dei suoi principali fautori, portando a future irrisorie prestazioni previdenziali, e, in definitiva, rendendo quasi irrilevante, in prospettiva, lo stesso mantenimento, a singhiozzo e ripetutamente bloccabile, dell'adeguamento pensionistico.

8. A che pro, dunque, enunciare una episodica e circoscritta "iniquità" e lasciare intatto il meccanismo (di derivazione sovranazionale) che deve "distruggere" la domanda interna, promuovendo in definitiva un più alto livello di disoccupazione, durevole e strutturato, (come tale persino codificato dalle istituzioni UEM)?

E tutto ciò, considerato quanto sia ovvio che tale meccanismo (di distruzione della domanda interna e di mantenimento strutturale di alta disoccupazione) è subito riespandibile, a seguito di stringenti ed intatti obblighi di copertura, anche nel caso che gli effetti della sentenza, (di tutela episodica), siano, come nel caso attuale, portatori di oneri di restituzione a carico dello Stato.
Non si avvede la Corte che considerare l'episodio ("ennesimo" blocco dell'adeguamento delle pensioni), senza porre in discussione il "paradigma" e la sua origine necessitata, che è quella di conservazione ex se della moneta unica, conduce a far prevalere esclusivamente tale esigenza di conservazione, (di un mero assetto monetario), sul più importante principio costituzionale (diritto al lavoro come obbligo di politiche di pieno impiego a carico di governo-parlamento; artt.1, 4, 35 Cost.) che è manifestamente connesso, come presupposto, agli artt.36 e 38 Cost, che ne sono in definitiva dei corollari inscindibili?

Sono certo che molti dei lettori di questo blog sono in grado di sviluppare e di strutturare ulteriormente questi argomenti, prima ancora che lo faccia io. Mi auguro che almeno si apra una riflessione sistematica.
Un buon argomento su cui porre l'attenzione il 1° maggio.
E perdonatemi se non sono stato abbastanza "lirico" e commosso, di fronte alla ricorrenza.
La situazione è troppo grave per permetterselo...

19 commenti:

  1. Non capisco perché la Corte, dato già l'asfittico margine di manovra dei conti pubblici dovuto al vincolo esterno, si sia concentrata su una categoria, quella dei pensionati relativamente più "ricchi", cioè con una pensione "superiore a tre volte il minimo Inps" e abbia tralasciato tutte le altre palesi violazioni della Carta Costituzionale come conseguenza dei Trattati Europei e del vincolo esterno, a partire dalla indegnità dell'importo della pensione minima (mi sembra intorno ai 500 euro) per finire col diritto ad un lavoro retribuito degnamente; mi sembra che si voglia alimentare ulteriore guerra tra i poveri e togliere le ormai misere risorse per rilanciare le politiche del lavoro e dell'occupazione; in uno Stato democratico e sovrano la sentenza della Corte sarebbe giusta, in uno Stato sottoposto al volere dei poteri economici sovranazionali e spolpato di risorse da redistribuire, secondo me questa sentenza è una sentenza a metà e ciò vuol dire tirare una coperta corta ora di qua e ora di là (perché se concedo di più a qualcuno devo togliere per forza ad altri), alimentando odio e rivendicazioni da parte di altre categorie (pensionati con la minima, invalidi a 270 euro al mese, disoccupati senza alcun sussidio) che non hanno coperture sufficienti.

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    1. La Corte doveva pronunciarsi SOLO sulla questione sottopostale: il segnale dato è comunque positivo e utile a ribadire la permanente vigenza di principi correttamente individuati.
      Qua la Costituzione la stanno smontando a colpi di "fatto compiuto"!
      Riaffermarne una parte, inscindibile dal resto, è sempre un risultato positivo: parziale ma positivo...

      Definire quegli -oltre 6 milioni- di pensionati oltra 1400 euro al mese come benestanti non solo è obiettivamente forzato, ma anche irrilevante.
      La Costituzione li tutelava circa la "adeguatezza" nel tempo di una prestazione comunque conseguente a un'adeguata posizione contributiva (e per adeguata intendo che lo Stato poteva, e ben può, sostenere, alla luce delle prestazioni "nette" rapportate al carico contributivo incassato sommato al gettito fiscale derivante dalle pensioni stesse. Questo è un punto importante quando si parla di pensioni di gente che ha lavorato una vita e pagato comunque in proporzione al proprio trattamento).

      La guerra tra poveri la si scatena quando si accetta la regola delle "risorse limitate", derivante dall'aver ceduto la sovranità monetaria e dall'essersi sottoposti ai meccanismi di correzione degli squilibri commerciali di tipo gold standard che implica l'euro.
      Di quegli squilibri commerciali i pensionati non sono minimamente responsabili.

      Sono piuttosto i sistemi di euro-correzione, - austerità fiscale e deflazione salariale accelerata con disoccupazione e precarizzazione come realtà unica per tutti i lavoratori delle future generazioni- a determinare le prospettive di povertà, salari bassi, pensioni misere conseguenti e diffusa disoccupazione.

      La guerra tra poveri, consegue, è vero alla pratica conseguenza della sentenza della Corte, ma solo come conseguenza patologica - e non intentata dalla Corte- di un sistema economico-istituzionale contrario alla democrazia costituzionale.

      E certo, l'incombenza di tale sistema "sovranazionale" costituzionalmente patologico, non avrebbe giustificato che essa producesse il danno, ancor più grave, di interpretare gli arrt.36 e 38 Cost. nel modo che farebbe comodo ai "poteri economici sovranazionali" (i cui portavoce infatti stanno duramente criticando quello che per loro è un abuso di "lesa maestà" da parte della Corte).

      E comunque, siamo franchi: politiche del lavoro e dell'occupazione non c'è alcuna volontà politica (dominante) nè la minima seria possibilità finanziaria per effettuarle.
      Comunque: il sistema, rammento, funziona col pilota automatico, ormai, proprio come dice Draghi.

      E' vero: è una sentenza a metà. Ma realisticamente, non possiamo attenderci dalla Corte una soluzione immediata di un problema politico-economico di questa portata; sarei stato shockato del contrario.

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    2. "Di quegli squilibri commerciali i pensionati non sono minimamente responsabil", lo ripeto, sono d'accordo con lei, i pensionati devo ottenere i loro diritti e ciò è giusto, ma per forza di cose, e non per colpa loro, li otterranno a discapito dei diritti degli altri; la Corte ci aveva pensato? E' questa la guerra tra poveri; alla fine mi sembra una sentenza a somma di diritti acquisiti pari a zero, cioè, sposto i soldi da una parte all'altra, cioè tolgo soldi a qualcuno che ne ha diritto per darli ad altri che hanno ugual diritto, ma alla fine il sistema è più giusto? è vera giustizia ignorare la causa di tale ingiustizia, cioè il vincolo esterno?

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    3. Il problema è che è come lanciare una palla di gomma contro un muro: rimbalzerà in un punto (leggermente) diverso da quello di lancio, ma sempre dalla stessa parte. Se non si abbatte il muro (o non lo si vede!)

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    4. Andreotti diceva che "a pensar male si fa peccato ma spesso si azzecca"; ecco, non vorrei che in conseguenza di sentenze come questa partisse un'altra trance di PRIVATIZZAZIONI.

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    5. oltretutto i pensionati sono e rimangono ormai l'ultimo baluardo elettorale per i partiti mainstream...su tutti il PD.

      così c'è anche la giustificazione mediatica per dare ai propri elettori qualche mancia mentre viene tolto agli altri...quelli che dovranno lavorare una vita a condizioni diverse.

      questo sempre se si vuole continuare a pensare male....

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    6. Non credo possibile una connivenza di un organo come la Corte con calcoli elettorali di parte: cerchiamo di non esagerare con l'attribuzione di un pensiero concertato che non tiene conto della realtà costituzionale e operativa di separati poteri dello Stato.
      Oltretutto l'ipotesi non regge al vaglio dei fatti: primo per l'attacco alla stessa esistenza della Corte che ne è scaturito, secondo perchè in realtà già si ipotizza di riprendersi gran parte di quei soldi proprio dagli stessi pensionati.

      Senza contare che i lavoratori di oggi sono i pensionati di domani, si spera, e che la Corte ha in realtà aperto ad una tutela che riguarda proprio tutti i lavoratori.
      Non percepirlo significa arrendersi alla versione ordoliberista che vuole innescare il conflitto generazionale per consolidare il principio antidemocratico (la scarsità di risorse in uno Stato privo di sovranità monetaria e soggetto a stringenti vincoli di deficit) su cui comunque si fonda, a prescindere da questa pronuncia della Corte.

      Tanto più che oltre che dai pensionati, - ormai assoggettati per il futuro a continue sterilizzazioni dell'adeguamento (cioè una attuale "vittoria di Pirro", consentita dal tipo di sindacato e di rilievi prescelti dalla Corte, come qui evidenziato)- le risorse per la sostenibilità del sistema pensionistico, sempre a queste condizioni non conformi a Costituzione, sarebbero reperibili, nelle mire implicita dell'euro-sistema in una meccanica già insita nella deflazione salariale del jobs act e annessi vari (cioè futuri trattamenti da fame quanto gli attuali livelli salariali).

      Ma la posizione degli attuali pensionati non è affatto la causa di questo fenomeno: anzi, per gli stessi, tra sterilizzazioni dell'adeguamento "conformi" allo stop-and-go progressivo licenziato dalla Corte, e ricalcolo retributivo ormai alle porte, il futuro è un appiattimento verso il basso che, in definitiva, ucciderà la domanda interna ancor di più, innescando un ulteriore fattore di depressione dell'occupazione e dei salari.

      L'attacco alla democrazia è entrato in una fase molto più autoritaria di quella che può servire a meri interessi elettorali di breve termine: certo questi saranno alla base di "illusione finanziaria" imminente, cioè di una modulazione di interventi che verrà precisata solo a elezioni già avvenute.
      Tanto poi ci penserà l'Italicum. E la stampa mainstream acclamante (in vari modi, non solo diretti: anche continuando l'attacco allo Stato mediante la storia della corruzione e degli "sprechi" come primo problema italiano)...

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  2. Ricerca di voti: come contrastare il calo di popolarita', solo questo. Si da con una mano e si toglie con l' altra e non se ne rendono conto.

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  3. << Non si avvede la Corte che considerare l'episodio ("ennesimo" blocco dell'adeguamento delle pensioni), senza porre in discussione il "paradigma" e la sua origine necessitata, che è quella di conservazione ex se della moneta unica, conduce a far prevalere esclusivamente tale esigenza di conservazione, (di un mero assetto monetario), sul più importante principio costituzionale (diritto al lavoro come obbligo di politiche di pieno impiego a carico di governo-parlamento; artt.1, 4, 35 Cost.) che è manifestamente connesso, come presupposto, agli artt.36 e 38 Cost, che ne sono in definitiva dei corollari inscindibili?>>.

    Bisognerebbe che lo capisssero i giudici rimettenti. Nel caso di specie, non mi pare che le ordinanze di rimessione alla Corte facessero il benché minimo riferimento a quei parametri (pur in qualche misura "impliciti") e ben sappiamo come la Consulta segua una linea (a mio avviso eccessivamente) rigorosa nel pretendere che i rimettenti esplicitino i parametri costituzionali che reputano violati dal legislatore.

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    1. D'accordo e hai fatto bene a puntualizzare (questo post, in premessa, vuole solo suggerire degli spuntiu di partenza: la questione ha risvolti di enorme portata rispetto ad ogni passaggio della decisione commentata).
      Ma la linea "eccessivamente rigorosa", (nascente dal produttivismo definitorio "comunque" delle questioni, insturatosi tra gli anni '80 e '90) contraddice la stessa esigenza logico-giuridica di interpretazione sistematica della Costituzione, - che certamente dovrebbe essere una necessità ineludibile per qualsiasi organo giurisdizionale (quindi anche per i remittenti, chiaramente).

      La Corte ha già detto che devolutagli una questione può autosollevare ulteriori profili di legittimità costituzionale, proprio perchè, in (un lontano?) passato si poneva il problema della traslazione del jura novit curia alla sistematicità della Costituzione, derivante dalle ovvie gerarchie interne delle sue norme.

      In questo caso, più che in altri, questa esigenza logico-sistematica incontrava ragioni pratiche che hanno infatti consentito critiche di segno del tutto opposto a quella qui mossa.
      http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2015/5/2/RIFORMA-PENSIONI-La-sentenza-della-Corte-Costituzionale-smontata-in-4-punti/605267/

      Critiche che pongono molto più in pericolo l'integrità connaturata del dettato costituzionale di quanto non sembri, data la facile presa sull'opinione pubblica e la isteria collettiva del risanamento espansivo - con annessa guerra tra impoveriti- che dilaga dai media.

      Comprendo le ragioni tecniche contingenti del riferimento alle ordinanze di rimessione - forse segno di un generale impoverimento della cultura costituzionale "originaria", oltreche di difficoltà di compresione macroeconomica (sub-specie di fatto notorio)- ma oggi la Costituzione è soggetta ad un attacco "finale".

      E questo richiede una consapevolezza ed un'urgenza che non trascurino nessuno degli strumenti di intervento affidati alla Corte; da cui ci auguriamo il maturare di questa emergenzialità "finale".

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    2. << Se è incostituzionale il blocco dell’adeguamento all’inflazione dei trattamenti previdenziali medi e alti dei non più lavoratori, come è possibile che sia costituzionale il blocco totale degli stipendi dei dipendenti pubblici, che dura da ben più tempo e riguarda anche i percettori degli stipendi più bassi?>> (http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2015/5/2/RIFORMA-PENSIONI-La-sentenza-della-Corte-Costituzionale-smontata-in-4-punti/605267).

      Ottima osservazione, che però sembra essere, per ora, totalmente estranea alla sfera cognitivo-coscenziale delle rappresentanze sindacali del P.I., le cui "fatiche" sembrano concentrarsi unicamente nella ricerca di "sostenibilità", sul terreno dei conti pubblici, delle rivendicazioni dei lavoratori pubblici (i sindacati - questi sindacati - sono una parte cospicua del problema).

      Concordo sulla necessità ed urgenza di recuperare le forme originarie del sindacato di costituzionalità, ma con una "punta" di motivato scetticismo (ho letto una quantità di sentenze della Corte sufficiente a farmi capire che il giudizio di costituzionalità è spesso e volentieri inquinato e pesantemente condizionato dalla retrostante preoccupazione delle conseguenze che deriverebbero al "sistema" dal dichiarare incostituzionali certe norme)..


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    3. L'osservazione conclusiva coincide con quanto in definitiva implica necessariamente il post, nonchè la prima risposta a Federico T (v. il passaggio finale).

      Quanto alla "ottima osservazione", temo proprio che si tratti di un argomento ad absurdum, la ricerca di un minaccioso paradosso da contrapporre alla tutelabilità di ogni diritto costituzionalmente fondato (specie,in questo caso, l'art.36, più che mai "fatidico"): cioè un argomento utilizzato a sostegno della critica radicale sulla possibilità della Corte di superare il principio delle "risorse limitate" derivante dal ogni tipo di defitic ceiling.
      Rinvio in proposito allo scambio con Arturo.

      La domanda è: quando la Corte si accorgerà che lo scontro è tra Costituzione (come evidenzia anche Arturo, la Costituzione è un tutto unitario a tutela necessariamente sistemica) è vincolo esterno dei trattati e smetterà di (far finta di?) credere che le sue sentenze possano tutelare sistematicamente e globalmente i "diritti fondamentali" e ogni loro proiezione ragionevole?

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    4. Ma le "risorse limitate" perchè sono limitate? Se lo sono perchè "la Natura è matrigna" è un conto; ma se la limitatezza è "provocata", cioè è il portato di una libera scelta (per giunta reversibile) operata dal Legislatore in spregio a vincoli costituzionali (posti a garanzia proprio dei diritti sociali che esso Legislatore non è in grado di assicurare a causa delle prevedibili conseguenze di quella sua libera scelta), la musica - mi pare - cambia "lievemente" (nel senso che viene meno l'assioma che i diritti sociali fondamentali possono trovare realizzazione se e in quanto i vincoli di bilancio lo consentano).

      Il problema è che della conformità a Costituzione della scelta operata "a monte" dal Legislatore i giudici costituzionali sembrano ben guardarsi dall'occuparsene "mutu proprio" (di qui l'esigenza, evidenziata nel mio precedente post, che a stimolarli in quella direzione siano i remittenti).

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    5. Bel problema...se non se "stimolano" in tal senso neanche i professori di economia, gli espertoni a tempo pieno e a reti unificate, gli editorialisti e ogni minimo segnale mediatico.
      Questo blog, come attestano i temi affrontati (sotto i vari connessi profili), si occupa proprio di questo...

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  4. A pensar ( male ) in termini strettamente contabili : ecco da dove aveva preso Renzi gli 80 euro per i dipendenti sotto i 1500 / mese ! Dai pensionati sopra i 1.500/mese ! È un po' forzata, lo so, ma alla fin fine le cassa in cui entrano e da cui escono è sempre quella.

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  5. Mi ha colpito il commento di Bin (di cui tempo fa avevo anche letto il bel Diritti e argomenti, che sono andato a "rispolverarmi" per l'occasione :-)) alla sentenza 10. Molti autori hanno criticato quella che sul piano processuale (sorvolando sulla discrepanza fra motivazione e dispositivo...) parrebbe una decisione senza precedenti, in cui cioè per la prima volta "il nesso di pregiudizialità costituzionale tra giudizio a quo e giudizio ad quem viene spezzato in presenza di un vizio di legittimità ab origine della disposizione legislativa impugnata" (così Pugiotto). Bin ha però attirato l'attenzione anche sulla particolare interpretazione dell'art. 81 contenuta in questo anomalo "bilanciamento", cioè la sua elevazione al rango di ""principio fondamentale" di cui la Corte deve direttamente (cioè senza il medium della legge) tenere conto svolgendo il «compito istituzionale» che le è affidato e che richiede «che la Costituzione sia garantita come un tutto unitario, in modo da assicurare "una tutela sistemica e non frazionata"». Il principio di equilibrio di bilancio è estratto dunque dalle norme che presidiano il processo legislativo e elevato ad un principio fondamentale che s'impone sempre e comunque come limite dei diritti fondamentali, anche senza l'interposizione del legislatore. Sembra che noi tutti – privati cittadini, giudici, Corte costituzionale – siamo soggetti a tale principio e con esso dobbiamo fare i conti. Una visione organicistica dello Stato (a cui del resto è l'Unione europea a imporre tale principio) che ignora un dato niente affatto trascurabile: che solo il legislatore – per la legittimazione che gli conferisce la rappresentanza politica – può graduare le prestazioni pubbliche connesse ai diritti, perché questi non sorgono direttamente limitati dalle esigenze finanziarie; e che neppure i giudici possono farsi portatori di tali esigenze nell'amministrare i diritti, se non applicando i limiti che la legge impone. La riprova dell'esattezza di queste affermazioni è che né noi cittadini né i «nostri» giudici abbiamo strumenti per incidere direttamente sulla formazione e la gestione del bilancio (anzi, l'art. 75 Cost. vieta espressamente qualsiasi influenza diretta dell'opinione pubblica in tale materia, escludendola dal referendum): non potremmo certo difendere i nostri diritti «che costano» manovrando tra le poste di bilancio per individuare la necessaria copertura di bilancio. La sedes materiae dell'art. 81 delimita anche il novero dei soggetti che al suo rispetto sono tenuti."

    Un precedente di cui non si sentiva proprio il bisogno, mi pare.

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    1. Una cosa simile era invero accaduta già, a seguito della sentenza della Corte sull'insegnamento di sostegno e sui limiti di bilancio che potevano o meno comprimere il livello del diritto.
      http://www.handylex.org/gun/insegnanti_sostegno_sentenza_corte_costituzionale.shtml

      Dico "simile" perchè in quell'occasione, pur affermandosi un principio sostanzialmente opposto, si finiva per rimettere, da allora e per il futuro, alla contingente graduazione della Corte la determinazione del novero dei diritti in cui la "irragionevolezza" della norma è insensibile alle esigenze di bilancio.

      Non tragga in inganno che la decisione è del 2010, perchè il limite del 3% (sforato proprio quell'anno), agisce esattamente nello stesso modo del pareggio di bilancio: è chiaro che quest'ultimo è un inasprimento praticamente insostenibile (cui solo l'Italia, tra i paesi "debitori", commercialmente, risulta doversi adeguare), ma la compressione dei diritti, per limitazione finanziaria fiscale, nasce nel momento in cui ho un deficit cap e un onere degli interessi sul debito pubblico notevolmente superiore ad esso.

      Sta di fatto, che la Corte sta compiendo un lavoro di integrazione postuma degli aventi "concretamente" diritto, una sorta di delimitazione storicamente connotata di super diritti "imprevedibili" (e a cui non è estranea una certa moda dei diritti cosmetici), riservandosi di scegliere le esigenze "più" fondamentali secondo un criterio circoscritto.
      Lo fa, cioè, estrapolando singole norme da una impostazione legislativa unitariamente caratterizzata- e lasciando quindi intatta tale caratterizzazione: id est; la copertura in pareggio di bilancio DI OGNI POSSIBILE SPESA (quand'anche, si noti, resistente al taglio in sè estrapolato), copertura riassuntiva di un disegno di cristallizzazione, riduttiva, dell'intervento attivo dello Stato a sostegno dei diritti.

      E' chiaro che la Corte, com'è qui evidenziato, non si pone nè il problema del lasciare intatto questo principio, portatore, in sede attuativa della sentenza (ove integralmente restitutoria), di effetti a cascata sia su un numero ampliabile di aventi diritto "specifici" (ad es; se per coprire il buco dell'adeguamento pensionistico si riterrà, come temo, di poter ricalcolare tutti i trattamenti retroattivamente col sistema contributivo), sia, ancor più, su tutta l'occupazione, posto che si ostina a non considerare in sè la conseguenza sulla domanda aggregata di un taglio della spesa sempre e comunque pro-ciclico.
      Anzi, causatore del ciclo stesso, per affermazione degli stessi "tecnici" promotori di questa linea...

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  6. Ormai il mainstream mediatico ha dato la stura - per ora attraverso l'operazione apparentemente neutrale del "riferire" le apprensioni nutrite dal Governo per gli effetti finanziari della sentenza in questione - alla (più che prevedibile) campagna di delegittimazione della Consulta. Già sento blaterare di un fortilizio del "vecchio" dal cui interno si ostacola, antistoricamente e in danno del Paese, l' "inarrestabile treno del cambiamento".

    Se la Corte non smette di girarci intorno e non si decide in tutta fretta ad "unire i puntini", finirà inesorabilmente per essere spazzata via dal "nuovo che avanza". Avranno i suoi componenti gli "attributi" per farlo?

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