sabato 3 maggio 2014

FORTEZZA EUROPA -1. QUANDO LA SPESA PUBBLICA NON E' BRUTTA E SI RISCOPRE IL MOLTIPLICATORE!!!...E LA CONSUETA AVANTGARDE ELLENICA





 Riccardo Seremedi ci invia un grande (in tutti i sensi) post che, in realtà, è una sorta di libro-inchiesta sull'industria della difesa e lo Stato minimo, sul pacifismo e l'internazionalismo, sulla globalizzazione e l'influenzamento mediatico. 
Mi pare doveroso evidenziare come, quando siano in gioco i veri interessi dell'internazionalismo liberista "pacifista", improvvisamente inizino a ragionare di politiche industriali con intervento della spesa pubblica e di coordinamento delle stesse tra europei!

Ho ritenuto che fosse più utile pubblicarlo in una serie di post, "a puntate", per meglio consentire a tutti di apprezzare, con la dovuta accuratezza di lettura, i passaggi, i fatti e le connessioni che, con impressionante e instancabile spirito di informazione e ricostruzione, ci fornisce Riccardo.

  
FORTEZZA  EUROPA 
 Le mura medievali di Bourtange
[...]” Il 2013 è stato un anno di progressi. Il duro lavoro sta iniziando a dare i suoi frutti.
So che non è politicamente corretto essere positivi. Ma la crescita è tornata, ora e per il prossimo anno. Sì, la disoccupazione è ancora troppo alta, ma la crescita (della disoccupazione - ndr) si è arrestata in molti Paesi e scenderà. L'Irlanda e la Spagna hanno appena salutato i loro “programmi di supporto” e la Lettonia sta entrando nell'Eurozona. Infatti, i loro primi euro sono proprio di fronte a voi. Appena coniati! Grazie Valdis, e congratulazioni al tuo Paese[...]. Natale è un momento di speranza. Dobbiamo questa prospettiva ai nostri cittadini”.
Queste “toccanti” parole sono parte del discorso di presentazione che il presidente della
Commissione Europea, Herman Van Rompuy, ha pronunciato in occasione dell'apertura del Consiglio Europeo, tenutosi il 19 e 20 dicembre scorsi nel palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, semiparalizzata per l'occasione da migliaia di dimostranti anti-austerity.

Per la prima volta, dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Consiglio europeo ha messo al centro dei lavori il tema della Difesa; anche Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO, ha partecipato (cosa assai inusuale) ai dibattiti, non perdendo l'occasione di criticare l'industria militare europea “troppo nazionale e  frammentata”, rimarcando che “una NATO forte ha bisogno di un'Europa forte” e che la crisi non deve impedire ai Paesi europei di collaborare e di migliorare le loro difese militari[...] . Le minacce per il nostro mondo spesso arrivano dall'altra parte del globo. Bisogna investire per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie militari[...]”.

Le affermazioni di Rasmussen diventano più comprensibili se paragonate a quelle del vicepresidente USA, Joe Biden, alla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco nel febbraio dello scorso anno: sono praticamente le stesse, cosa scontata visto che la NATO è – di fatto – una “proprietà” USA; è evidente come nel secondo mandato, l'amministrazione Obama abbia sostituito la politica del “soft power” con una di matrice più interventista, instillando nell'immaginario collettivo – grazie a mirate strategie mediatiche – la paura di un revanscismo russo e di un progetto espansionistico cinese, foriero di chissà quali pericoli.

A livello comunitario, la prima dichiarazione d'intenti si ha con la Comunicazionen°764 del 05-12-2007 “ Una strategia per un' industria della Difesa europea più forte e competitiva” , in cui la Commissione Europea enuclea gli aspetti principali legati all'industria delle armi: vengono elencate tutte le "mancanze" delle politiche nazionali, ree di non favorire un libero accesso a capitali e partnership esterne, creando “distorsioni e ridondanze” che non consentono al “mercato” di essere “efficiente” e di allocare le risorse disponibili nella maniera più soddisfacente.
A questa comunicazione sono seguite due Direttive, il cosiddetto DEFENCE PACKAGE: la Direttiva 2009/43 del 06-05-2009 (con i successivi emendamenti 2010/80; 2012/10 e 2012/47, relativi ad aggiornamenti all'elenco comune dei prodotti per la Difesa) per i trasferimenti intra-UE di prodotti per la Difesa e la Direttiva  2009/81 del 13-07-2009, per migliorare la gestione degli appalti, favorendo l'apertura e la competitività, riducendo il sostrato regolatorio (as usual); la prima Direttiva risulta assai interessante, come vedremo in seguito.
Successivamente il lavoro preparatorio si è ulteriormente perfezionato con la Comunicazione n°542 del 24 luglio scorso “Verso un settore della Difesa e della Sicurezza più competitivo ed efficiente”, in cui la Commissione Europea introduce il concetto di EDIP (European Defence Industrial Policy); è oltremodo opportuno fornire un riassunto di questo documento per capire lo sviluppo futuro degli avvenimenti che – rebus sic stantibus – sarà assai preoccupante per l'Europa, soprattutto per l'Italia: la Comunicazione si avvale anche di una relazione accompagnatoria redatta dal Working Staff  della Commissione Europea, che illustra lo scenario continentale.
Tale documento esordisce magnificando l'industria della Difesa (è strano come questi studi CE non rechino quasi mai il termine “militare”) quale creatrice di sviluppo e lavoro, con un giro d'affari di 96 miliardi di euro nel 2012, fornendo migliaia di posti di lavoro altamente specializzati (circa 400.000 persone), con un effetto moltiplicatore tra 2.2 e 2.4 che genera altri 960.000 lavori indiretti.
Dopo averci rassicurati che il moltiplicatore non è quell'oscuro oggetto del desiderio keynesiano e che anche a Bruxelles, quando fa comodo, se ne riconosce l'effettività, la disamina si sposta sull'analisi dei tre settori principali.
a) Il SETTORE AERONAUTICO rappresenta circa il 50% della difesa europea, con un fatturato di 46,7 miliardi di euro nel 2010 (il 43% dell'export) e impiega circa 200.000 addetti; il settore ha una considerevole esperienza in progetti di collaborazione internazionale che hanno portato alla nascita di compagnie europee come MBDA (missili) ed EUROCOPTER (elicotteri).
Il comparto aeronautico ha altresì la capacità di produrre manufatti d'eccellenza in molte categorie di aerei ed elicotteri; attualmente l'Europa costruisce 3 modelli tecnologicamente avanzati di jet da combattimento: RAFALE (Francia), GRIPEN (Svezia) ed EUROFIGHTER (Germania, Italia, Spagna e Regno Unito).
b) Abbiamo poi il SETTORE TERRESTRE che nel 2010 ha generato un fatturato di circa 30 miliardi di euro, dando lavoro a 128.700 individui; rispetto all'aeronautica è molto meno evoluto tecnologicamente, con l'eccezione degli  Unmanned Ground Vehicles (robot a controllo remoto), munizioni a guida di precisione e carri armati (http://www.globusmagazine.it/top-ten-2013-i-migliori-carri-armati-del-pianeta/#.Uv-j-87X8f1) di ultima generazione.
Questa branca dell'industria militare – rispetto agli altri due settori - è assai dipendente dalle commesse dell'esercito, con circa l'80% delle vendite concentrato nell'ambito della difesa, e nonostante vi siano esempi di export di successo (carro armato tedesco Leopard), ci sono riserve sulla sua competitività generale, considerando che le “factories” statunitensi tendono ad essere – in media – 1,5 volte più grandi rispetto alle analoghe concorrenti europee.
c) Il SETTORE NAVALE ha invece ottenuto un fatturato di circa 17 miliardi di euro nel 2010, impiegando 83.200 addetti; abbiamo 5 principali cantieri navali europei [BAE Systems (Regno Unito), DCNS (Francia), TKMS (Germania), Fincantieri (Italia) e Navantia (Spagna)], con molti altri piccoli produttori che – comparati alla realtà statunitense – danno al panorama continentale una dimensione sovraproduttiva, relativamente alla piccola scala in cui essi operano; l'Unione Europea ha 12 principali compagnie di costruzione di navi da guerra rispetto alle due americane, con le imprese USA più grandi in media 3,4 volte.
A questo punto il tono si fa lamentoso, assumendo connotati più consoni a una geremiade piuttosto che a un documento ufficiale; si legge che tra il 2005 e il 2010 la spesa europea per la Difesa è diminuita di quasi il 10% in termini reali, con la previsione – tra il 2010 e il 2013 – di un ulteriore calo di circa il 10%; tutto ciò è in stridente contrasto con il trend mondiale, dove la spesa è prevista in crescita del 6,8% tra il 2011 e il 2015.
Nel 2012 l'Asia ha superato l'Europa per la prima volta e c'è il rischio che nel 2017 l'Europa si ritrovi ad aver perso il 12% della spesa dall'inizio della crisi economica.
I tagli al budget non sono omogenei a livello nazionale; quelli più consistenti (“most dramatic” nell'originale!) si sono avuti tra i membri UE più piccoli, con punte del 30%.
La maggioranza degli stati di media grandezza ha attuato tagli nell'ordine del 10%; la situazione sembra essere differente per 6 paesi (Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito) che continuano a rappresentare l'80% totale della spesa europea nel 2010.
Mentre Germania e Regno Unito hanno diminuito sensibilmente la spesa militare, tra il 2008 e il 2011 la Spagna ha tagliato le spese per l'equipaggiamento per più del 50%; in Svezia, il budget destinato alla difesa è rimasto piatto tra il 2010 e il 2011, con un supplemento di 4,8 miliardi di euro annui destinato a spese d'ammodernamento; dall'altro lato abbiamo Francia e Italia che, nonostante siano afflitte duramente dalla crisi economica, l'hanno lasciata inalterata.
Nel paragrafo 2.3 (pag. 8) si cominciano a intravedere i prodromi di future criticità occupazionali, alla faccia di tutti i paroloni su crescita e lavoro; il succo del discorso è che in Europa si spende troppo per il personale e troppo poco in equipaggiamenti sofisticati.
E' vero – si legge – che tra il 2006 e il 2010 la spesa europea per il personale nelle Forze Armate è diminuita del 17,5% e che gli effettivi, civili e militari, sono scesi da 2,4 milioni del 2006 a poco più di 2 milioni nel 2010, ma questo non cambia il quadro generale: un'alta percentuale del budget europeo della difesa è destinato al personale.
Quasi metà degli Stati membri dell'UE stanno spendendo più del 60% dei loro budget per il personale, con un investimento ottimistico dello 0,5% del PIL nella Difesa, dopo avere defalcato gli oneri sopracitati.
Mentre l'Unione Europea ha ancora 500.000 soldati più degli USA, c'è una sostanziale differenza in termini di investimenti in equipaggiamento e in Ricerca e Sviluppo (R&S) per soldato: nel 2010 questo era quantificato in € 110,998 negli Stati Uniti contro solo € 26,458 nell'UE e ovviamente questo è un dato che non può far felici le multinazionali e le lobbies delle armi.
Un altro punctum dolens viene evidenziato nella frammentazione del mercato europeo, che conduce a duplicazione dei costi e pratiche protezionistiche sugli appalti; secondo l'EDA (European Defence Agency), circa l'80% delle spese in appalti militari viene usufruito nazionalmente, senza progetti cooperativi.
EDA
A questo punto la parola d'ordine diventa “consolidamento” che  - a dispetto di alcune ristrutturazioni nazionali nel Regno Unito, Francia, Italia e Germania - deve portare a maggiori aggregazioni; nel paragrafo 4.2 (pag.20) abbiamo alcune osservazioni assai “gustose” che richiamano alla nostra mente la famosa metafora della “parete grande, pennello grande”, spesso usata dal prof. Bagnai per dileggiare coloro che pensano in termini di gigantismo economico.
Le aziende militari – ci viene detto – hanno bisogno di raggiungere una “massa critica” per essere in grado di autofinanziarsi parzialmente l'innovazione e operare globalmente; si pensa di far evolvere il tutto verso un mercato più accentrato con – da un lato – le “Global players”, multinazionali da oltre 40 miliardi di dollari di fatturato e – dall'altro – le “ National domestic players”, aziende a dimensione ridotta e fatturato medio-basso (1-10 miliardi di dollari).
E' difficile credere che una siffatta ristrutturazione industriale possa creare occupazione: il risultato più probabile vedrà una serie di fusioni che porteranno alla nascita di maxi-conglomerati industriali che cristallizzeranno gli attuali rapporti di forza, con i potentati economico-finanziari del Nord Europa (Germania in primis) e degli USA che verranno nella “periferia” a far shopping, fagocitando tante PMI che sulla carta si vuole valorizzare.
In quest'ottica, gli ostacoli da superare vengono individuati nelle residue sacche di sovranità nazionale che ancora esistono in ambito militare, considerando pregiudizievole la preferenza degli Stati per i produttori nazionali anziché verso gli altri fornitori europei e, soprattutto la proprietà statale che è strettamente legata alle restrizioni in materia di fusioni e acquisizioni, partecipazioni da parte di investitori stranieri e altre forme di  investimento estero (pag 22).
Il paragrafo 6.1 (pag.26) è assolutamente sconvolgente nella sua plastica evidenza, considerando il pedigree dello scrivente; si apprende che la maggior parte degli investimenti in nuovo equipaggiamento e in programmi militari di Ricerca e Sviluppo sono legati a importanti progetti promossi dagli Stati nei decenni precedenti.
Il motivo per cui i governi devono sostenere la parte dei costi di Ricerca e Sviluppo è che il lasso di tempo tra l'investimento iniziale e lo sviluppo vero e proprio può arrivare a 20 anni; di conseguenza, ci sono pochi incentivi per gli investimenti privati, dati i tempi e l'imprevedibilità di ritorni finanziari, e così la R&S nelle nuove tecnologie si basa – in larga misura – su investimenti pubblici.
Ma non ci viene raccontato che la spesa pubblica è improduttiva, che il mercato deve essere lasciato flessibile affinché “l'intelligenza del denaro” possa esplicarsi nel miglior modo possibile?
Pare di no, visto che la conclusione porta inevitabilmente ad un appello agli Stati membri, ai quali si chiede di fronteggiare il declino degli investimenti nella R&S e la mancanza di nuovi programmi di approvvigionamento che, unitamente alla crescente internazionalizzazione, hanno il potenziale di ridurre in modo significativo la competitività europea nel lungo periodo (ma guarda un pò, tralasciano di accorgersi che ciò vale per ogni settore industriale possibile e immaginabile, nota di 48).

Sulla scorta del working paper testé esaminato, vediamo – come preannunciato – quali sono le conclusioni a cui giunge la Commissione Europea nella Comunicazione n°542
L'analisi iniziale parte dalla constatazione che il mutamento strategico e geopolitico è rapidamente in evoluzione; gli equilibri si stanno spostando verso i nuovi centri di gravità e gli USA stanno ricalibrando il loro focus strategico verso l'Asia.
In questa situazione, l'Europa deve assumersi grandi responsabilità per la propria sicurezza interna ed esterna; l'obiettivo finale è pertanto quello di rafforzare la difesa europea per far fronte alle sfide del XXI secolo e, in ultima analisi, gli Stati membri dovranno fare le “necessarie riforme”.
Diventa quindi essenziale assicurare la piena esecutività delle due Direttive, sfruttare la sinergia civile-militare  - concentrando gli sforzi sulla “cross-fertilisation” - e promuovere lo
sviluppo di “hybrid standards” per prodotti che abbiano applicazioni civili e militari; qui di seguito vengono elencati schematicamente – per comodità di lettura – alcuni paragrafi interessanti:
2.1 (pag. 5) Rafforzare il mercato interno
La Commissione monitorerà l'apertura dei mercati degli Stati membri e l'accesso regolare attraverso l'EU Tenders Electronic Daily (TED) – il sistema informativo per gli appalti pubblici europei – per verificare l'attuazione delle nuove regole sugli appalti.
Gli Stati membri hanno l'obbligo, previsto dal Trattato, di notificare alla Commissione tutte le misure concernenti gli aiuti di Stato, compresi quelli del settore militare.
Possono essere derogate soltanto se può provarsi che la non-notifica è necessaria per ragioni essenziali di sicurezza previsti dall'Articolo 346 del TFEU.
Perciò, se uno Stato membro intende avvalersi dell'articolo 346, deve essere in grado di dimostrare che le misure concrete nel settore militare sono necessarie e proporzionate per la sicurezza.
3.3 (pag.9) Materie prime
Varie materie prime, come le “terre rare”, sono indispensabili in molte applicazioni militari, dai droni (RPAS Remotely Piloted Aircraft Systems), a munizioni di precisione guidate, dai laser a satelliti per le telecomunicazioni. Un numero di questi materiali sono soggetti a crescenti rischi di approvvigionamento che ostacolano la competitività del settore. L'azione della Commissione consisterà nel monitorare le materie prime essenziali e preparerà azioni politiche mirate.
3.4 (pag.9) Piccole e medie imprese
Le direttive sugli appalti e trasferimenti offrono nuove opportunità alle PMI di partecipare al mercato europeo: è il caso, in particolare, delle disposizioni di subappalto che migliorano l'accesso alla filiera di prime-contractors non nazionali. Ulteriori passi sono necessari nell'area dei distretti (clusters); la Commissione esplorerà come formare un European Strategic Cluster Partnership, pensato per supportare l'emergere di nuove realtà di valore ed eliminare gli ostacoli che si frappongono alle PMI nella competizione globale.           
3.5 (pag. 10) Gestione del cambiamento e garantire il futuro
L'industria della Difesa sta sperimentando profondi cambiamenti a cui gli Stati membri e le industrie devono adattarsi. La Commissione e gli Stati membri hanno una gamma di strumenti per promuovere nuove competenze e affrontare l'impatto della ristrutturazione. La Commissione incorraggerà gli Stati membri a far uso della flessibillità del lavoro per supportare le imprese che soffrono di temporanee crisi nella domanda e promuovere un anticipato approccio alla ristrutturazione. In questo contesto, gli Stati possono usare il supporto fornito dall'European Social Fund (ESF).
6.3 (pag.13) Costruzione di un satellite europeo ad alta risoluzione
           I satelliti con immagini ad alta risoluzione sono importanti per supportare politiche di                                    
           sicurezza. L'accesso dell'Unione Europea a queste capacità è cruciale per
           fronteggiare pericoli iniziali, prendendo decisioni tempestive, pianificando e
           migliorando la condotta dell'UE nella risposta alle crisi, sia in ambito civile che
           militare; l'obiettivo è preparare una nuova generazione di satelliti ad alta
           risoluzione da impiegarsi attorno al 2025.  
Dopo questo inevitabile excursus attraverso i dati forniti dalla Commissione Europea, cerchiamo di capire se le cose che ci raccontano stanno proprio così: ci forniranno un prezioso aiuto – in tal senso – due studi specifici finanziati proprio dalla CE ed inseriti nell'ampio corpus documentale a corredo.
Secondo il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), l'autorevole centro studi per la pace, () nel 2012 sono stati spesi a livello mondiale 1.756 miliardi di dollari, il 2,5% del PIL ; nonostante ci sia una lieve flessione dello 0,4% -  in termini reali -  rispetto al 2011, il totale è il più alto disempre tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il 2010.
La classifica – ça va sans dire – è dominata dagli Stati Uniti con una spesa di 685,3 miliardi di dollari che – ad onta di un calo del 5,6% nel 2012 – rimane sempre molto elevata (69% in termini reali) rispetto al 2001 e 2003, ovvero le campagne militari in Afghanistan e Iraq; in realtà lo sbandierato taglio al budget militare è un'ipotesi assai aleatoria, vista l'enfasi con cui si rimarcano le spese militari sino-russe, peraltro diretta conseguenza del riposizionamento strategico operato dagli americani in Eurasia e nel Pacifico.
Se alla spesa degli USA si sommano quelle degli alleati, il budget totale della NATO supera i 1000 miliardi ( http://www.globalresearch.ca/litalia-sale-tra-i-10-grandi-della-spesa-militare/5331644) annui, corrispondenti al 57% del totale mondiale; il calo dell'1,6% dell'Europa Occidentale e Centrale potrebbe far credere ad un'inversione di tendenza che in realtà è ben lungi dall'inverarsi: basta scorrere l'elenco dei primi 10 paesi esportatori di armi e ivi troviamo Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Italia; a ben guardare tale diminuzione sembra ascrivibile al progressivo disimpegno militare in Iraq e Afghanistan, congiuntamente all'embargo verso la Libia, nonché alla crescita di alcuni paesi emergenti.
E l'Italia?
Le stime del SIPRI evidenziano un esborso di circa 26,46 miliardi di euro, con un calo del 6% rispetto allo zenit raggiunto nel 2008, in cui la spesa totale per la difesa si fermò a 28,16 miliardi di euro.
Il fattore chiave per valutarne il peso specifico sta nel misurare l'incidenza di quest'ultima rispetto al PIL e il rapporto che essa instaura con le altre funzioni dello Stato, come l'istruzione e la protezione sociale; fermo restando un impiego di risorse più o meno in linea con quello degli altri paesi europei, ciò che costituisce un'intollerabile anomalia è constatarne l'equipollenza conla spesa per le politiche del lavoro e la marginale inferiorità rispetto aquella per le politiche sociali
Sta poi assumendo aspetti grotteschi la ben nota vicenda legata all'acquisto dei costosi (17 miliardi di euro) e poco affidabili cacciabombardieri  F-35 che, connotata dal solito pressapochismo tutto italiano, vede un esecutivo impotente e imbelle lanciarsi – per bocca di esponenti dello stesso Governo, entrambi in quota PD - in una ridda di dichiarazioni e smentite: da un lato c'è Roberta Pinotti – neo Ministro della Difesa – che garantisce il pieno rispetto degli accordi presi, dall'altro abbiamo Gian Piero Scanu – capogruppo PD alla commissione Difesa della Camera – che prospetta una riduzione, per esigenze di bilancio,  del numero di caccia da acquistare
Poco più di due settimane fa -  durante il Board dei Paesi interessati - il portavoce del Pentagono, Joe Della Vedova, non halasciato spazio a fraintendimenti: "La fornitura complessiva di F-35 all'Italia è rimasta invariata, durante l'ultima riunione dell'Executive Steering Board che gestisce il programma. Può darsi che in futuro ci saranno aggiustamenti, magari sui tempi degli acquisti, ma per ora non sono arrivate comunicazioni formali in proposito" .
Lasciando da parte le miserie di casa nostra, si può affermare - senza tema di smentita - che quelle di Bruxelles sono argomentazioni speciose scritte sotto la dettatura dell'apparato industriale/militare USA-NATO, che i governi europei – sempre sensibili alle lusinghe delle lobbies delle armi -  non possono e non vogliono ignorare. (http://www.ilchiostro.org/wp-content/uploads/2011/02/Ricerca_UE_a.a.09.101.pdf)
La transizione finale verso lo “Stato minimo” ha bisogno di smantellare gli ultimi simulacri di sovranità nazionale e la creazione di un super-esercito europeo è chiaramente un passo in quella direzione; occorre quindi liberalizzare e promuovere l'immancabile “forte competizione” tra i vari soggetti, presentando tale via come l'unica percorribile, a causa delle presunte nuove minacce internazionali.
Lo studio della TNO “Sviluppo di una base tecnologica e industriale della Difesa europea”- finanziato dalla Commissione Europea  (v. pure al link https://web.archive.org/web/20150602035351/http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/defence/files/edem_final_report_en.pdf) - fornisce molti utili spunti interpretativi per leggere in filigrana le sontuose “necessarie riforme” che ci attendono.
Nel paragrafo 3.3.4 (pagg. 47-48) si evidenzia il ruolo obsoleto della NATO che, dalla fine della Guerra Fredda e il crollo dell'Unione Sovietica, ha la necessità di ritagliarsi un nuovo spazio che ne giustifichi “la ragion d'essere”.
Si chiede, quindi, un “rinnovato consenso” per un ruolo attivo nel continuare a condurre “le tendenze militari che plasmano il mondo”, sottolineando come l'amministrazione Obama stia riconsiderando gli europei come “alleati chiave” nella sicurezza globale.
Tra le minacce, nemmeno a dirlo, viene citata la Russian belligerence che minerebbe la sicurezza dei nuovi membri della NATO - tutti gli ex-appartenenti al defunto Patto di Varsavia : Polonia, Bulgaria, Romania ecc. - e la paura di un Iran dotato di armi nucleari; come si vedrà in un'altra occasione, queste paure ingiustificate nascono dai crescenti timori di Washington riguardo aspetti geo-economici afferenti a questi Paesi che, unitamente alla Cina, stanno creando seri grattacapi al declinante modello unipolare americano.
Un esempio “edificante” della partnership pubblico/privato lo troviamo nel paragrafo 3.3.8 (pagg. 52—53), nel quale viene auspicato l'ingresso delle PRIVATE MILITARY COMPANY (PMC) nella organizzazione militare europea; vengono additati a fulgido esempio gli Stati Uniti che, a partire dagli anni '80, hanno esternalizzato diversi servizi a società come  Blackwater, Executive Outcomes, Sandline e Dynacort, con un fatturato stimato tra i 20-30 milioni di dollari nel 2005.
Nonostante il giro d'affari astronomico e le quotazioni in Borsa, questi soggetti sono veri e propri eserciti privati che oggi ci si perita di chiamare “mercenari”; in particolare Blackwater è tristemente famosa per una innumerevole serie di nefandezze compiute in Iraq, tra le quali   l'uccisione di 17 civili iracheni nelsettembre 2007, vicenda che si è conclusa con l'immunità dei rambo statunitensi ; si è scoperto che la Blackwater (dopo gli scandali a ripetizione ha mutato il nome in Academi) sta già operando in Europa, in Grecia per la precisione, dove è stata assunta dal governo ellenico per proteggerlo dall'assedio della popolazione e, soprattutto, per sorvegliare la polizia nazionale per il timore di un golpe.
La notizia è trapelata a fine gennaio dello scorso anno, quando l'ambasciatore greco in Canada – Leonidas Chrysanthopoulos – ne fece cenno in un'intervista;  l'esistenza di tale contratto fu confermata alcuni giorni dopo dal sito di notizie militari greco Defencenet.
Se la guerra civile spagnola del 1936-39 – nella quale vennero testate le nuove armi e le strategie militari -  è passata alla Storia come la sinopia dello spaventoso e contorto “affresco” -   trasfigurato nel “Guernica” di Pablo Picasso -  rappresentato dalla 2° Guerra Mondiale , è fatto ormai incontrovertibile che proprio la “campagna di Grecia” sia diventata il primo fronte europeo ad essere aperto dal sociopatico laboratorio sperimentativo ordoliberista, nel quale spread e “stato d'eccezione” sono le nuove “bombe intelligenti” in questo anomalo e ben più vasto “conflitto” post-moderno chiamato “Progetto Euro”,  dove gli eserciti occupanti - rimpiazzati da istituzioni predatorie sovranazionali - non vestono più mimetiche verde oliva bensì eleganti gessati grigio scuro con cravatta Regimental.
Lo svuotamento della sovranità nazionale greca non poteva dirsi del tutto compiuto senza intaccarne l'essenza ultima, ovvero la gestione della Difesa, uno dei residui pilastri statuali;
lo scorso settembre, l' ultimo diktat dell'ineffabile Troika riguardava la chiusura di Eas, Elvo e Larco, le tre realtà elleniche di difesa e industria militare: lo scopo palese è arrivare alla “privatizzazione della guerra”, motivando una scelta tanto impopolare con le solite considerazioni di tipo utilitaristico.   
Simon O’Connor -  portavoce del commissario europeo Olli Rehn, rispondendo ad una domanda in proposito -  dichiarava che: “Il protocollo d’intesa prevedeva come condizione preliminare  l’adozione entro settembre di una decisione definitiva per ristrutturare le società in vista della privatizzazione o la liquidazione delle tre aziende. I colloqui con le autorità greche per l’espletamento di tali obblighi sono in corso”.
Il 5 e 6 dicembre scorsi, il Chief Executive della Agenzia della Difesa europea (EDA), Claude-France Arnauld, ha incontrato ad Atene le autorità greche, ufficialmente per perfezionare i preparativi alla presidenza ellenica al Consiglio Europeo del primo semestre 2014;  è invece assai probabile che, al di là delle dichiarazioni di prammatica, i colloqui si siano indirizzati sul destino della difesa nazionale greca. 
Nel paragrafo 3.5.4 (pagg. 76-77) lo studio olandese ci ragguaglia sulle strategie comunicative per ottenere “l'accettazione sociale alle operazioni militari” (nell'originale viene pervicacemente usato “defence”) ; sembra che l'ossessivo progetto occidentale di creare pericoli a ogni piè sospinto sia quello che garantisca i risultati migliori.
Vi si legge, infatti, che l'accettazione sociale  a operazioni di difesa potrebbe aumentare dall'accresciuta percezione di insicurezza o dalla retorica di una approvazione generale riguardo a successi in ambito militare; questi fattori porterebbero a un clima favorevole per un ulteriore rafforzamento del settore che consentirebbe budget più alti.
Viceversa se l'attuale giudizio critico dovesse aumentare, i politici potrebbero sentirsi sotto pressione e attenuare il loro impegno per le operazioni di difesa, riducendo così i bilanci e spostando l'attenzione alle operazioni umanitarie.
Assai inquietante è quello che si trova scritto poco più sotto, cito testualmente: “Se i cittadini sono scettici sulle operazioni di difesa, i bilanci sono destinati a contrarsi e il reclutamento di risorse umane diventerà più difficile. Comunque è chiaro che un nuovo attacco terroristico influenzerà fortemente l'approvazione dell'opinione pubblica per operazioni di sicurezza e difesa”.
Leggere simili argomentazioni lascia esterrefatti e viene da chiedersi se ci sarà un ulteriore “salto di qualità” nel distorcere la percezione della realtà, per piegarla ai desideri di multinazionali e corporations finanziarie.

30 commenti:

  1. Dalle ultime righe si capisce che dobbiamo anche aspettarci un prossimo "11 settembre", probabilmente europeo. Chissà, ora che la computer grafica si è evoluta, magari gli americani non compieranno più errori come questi, segnalati in questo capitale documentario: http://www.informarexresistere.fr/2014/03/16/nessun-aereo-contro-le-torri-gemelle-lo-dicono-la-boeing-e-numerosi-piloti/
    Spero solo che la parola "complottismo" scompaia definitivamente dal vocabolario. E ribadisco che fino a che gli americani meneranno le danze, il progetto mondialista continuerà ad avanzare e per noi non c'è alcuna possibilità di salvezza. Se salta la UE, salta la NATO e salta il mondialismo e l'imperialismo USA. Per questo la UE diverrà una gabbia sempre più stretta. Non c'è scampo, soprattutto in un Paese come il nostro privo di una rappresentanza politica "sovranista" e antropologicamente privo del concetto di nazione e di bene comune. Un paese con oltre cento basi militari Usa e che, ancora oggi, è l'unico Stato americano affacciato sul Mediterraneo.

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    1. Messa così, caro Frank, è evidente che non c'è speranza.
      Bisogna avere spirito pragmatico: se fossimo "solo" l'unico stato USA affacciato sul mediterraneo non avremmo l'austerità, il FC e presto l'ERF (senza colpo ferire). Certo, staremmo a pensare a come l'Obamacare sia un sistema più costoso e meno efficace del SSN, ma in compenso disoccupazione e problema valutario non ci sarebbero nelle forme distruttive accelerate attuali.
      E tanto, nella traiettoria attuale, col Ttip avremo egualmente tutti i problemi del sistema sociale USA senza neppure alcun vantaggio.
      La "traiettoria" culturale €uropea, se vogliamo, ci conduce a risultati persino peggiori del sistema USA. L'ordoliberismo, come più volte evidenziato, si sposa con la deflagrazione della legalità costituzionale e perciò con l'mpossiilità di considerare la stessa opzione di resistere alla evidenza del disegno mercantilista-coloniale tedesco. UNa resistenza che, oggi, politicamente è possibile coi soli mezzi giuridici e con l'uso, conseguente, della logica elementare in economia.
      Concordo infine che una rappresentanza politica sovranista risulta a questo punto l'unica labile via di salvezza residua.
      Ma anche attualmente irrealizzabile, altrimenti già ci sarebbe.
      NOn c'è che dire, l'esistenza stessa dell'internazionalismo "de sinistra" ci pone in un cul de sac, da cui può farci forse uscire solo la ascesa di Marine Le Pen che rimettesse in discussione la solidarietà di classe transnazionale delle oligarchie.
      Ma anche in quel caso, occorrerebbe una classe dirigente e una sua realizzata connessione con un sentire diffuso che si agganciasse al varco creato da altri popoli europei col loro voto.
      E allora, a meno che non ci abbia capito nulla, mi chiedo: se la sovranità è quella costituzionale, cioè la democrazia partecipante dei diritti fondamentali, cosa impedisce di trovare, almeno su questo un'unità di popolo? E cosa, ognuno di noi, è disposto a fare in prima persona?
      Parlo con te come con un amico di antica data, perchè so che capirai il nocciolo del ragionamento e ti interrogherai in profondità...

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  2. Brrrr.
    pare proprio che stiano gettando la maschera

    Von Rompuy. "L'intero territorio europeo a parte la Russia verrà inglobato nell'Ue. Non so se c'è il sostegno dell'opinione pubblica, ma lo faremo lo stesso".
    http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=7719

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  3. Molto interessante, come sempre, l'articolo di Seremedi; l'jsf (f 35) ho letto che probabilmente costera' molto, molto di piu' e soprattutto e' completamente visibile a molti radar Russi e Cinesi e quindi e' gia' un fallimento annunciato....in tema di Europa, posto questo articolo molto duro, e preoccupante http://www.papaboys.org/europa-ultimo-atto/
    pur seguendo attentamente la geopolitica ed i sanguinosi fatti, credo comunque che al momento e' bene concentrarci sulle imminenti elezioni, dobbiamo aiutare la Lepen , Salvini e gli altri.

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  4. Salve Luciano, che dire è difficile commentare questo che ho letto.
    Alcune considerazioni:
    1 - al solito i guardiani del mondo sentono incessante il bisogno di creare sempre nuovi nemici,
    o riscoprirne tra i vecchi ( russi ) e "nuovi", i cinesi
    2 - i fascisti a brussel riscoprono l'esistenza del moltiplicatore keynesiano quando fa loro comodo,
    sennò possiamo anche morire di fame, per avere la scusa dei conti in ordine, funzionale questo alla
    sterilizzazione dello stato sociale
    3 - non ho mai e ripeto mai creduto nell'efficienza dei privati , i quali hanno come UNICO obiettivo la
    massimizzazione del profitto a qualunque costo, e più sono grandi ( leggi multinazionali ) più fanno
    danni. I privati senza uno Stato forte che ne limita la forza, distruggerebbero solo più cose possibili
    4 - la storia economica ha dimostrato che gli unici investimenti sensati ed utili soprattutto nel lungo
    periodo, sono quelli pubblici, in quanto gli unici con visione di lungo periodo.
    5 - una difesa europea forte, che si potrebbe ottenere solo con maggiori investimenti pubb. ( altro che
    privati!! ), richiederebbe una coesione tra gli stati europei attualmente inesistente.
    6 - che alla luce del punto 5, in assenza della necessaria coesione per sviluppare una difesa comune
    europea, la consapevolezza dei "world guadian", potrebbe spingerli a fare il cosiddetto salto di
    qualità, da te riportato nell'ultimo capoverso, con prefigurazione di scenari apocalittici.
    Insomma, comunque la mettiamo, la situazione veramente preoccupante. Ho la sensazione che il senso di superiorità degli untermenchen, a brussel li stia portando all'autodistruzione di qualunque conquista sociale e civile.
    Non sapevo dei mercenari in Grecia, anche se la cosa non mi meraviglia affatto, ma ormai il regime ha calato la maschera, e mostra la faccia per quello che è, "orrorifica" e nazista.
    Non saprei dire altro, mi piacerebbe leggere il contributo di altri più informati di me.
    Sento molto forte un senso d'angoscia.....

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  5. Con gli ultimi aggiornamenti della crisi ucraina, e per quel che mi riguarda grazia anche ai contributi di questo blog, il disegno complessivo si va delineando sempre meglio. E alla luce di tale disegno, mi pare che l'ipotesi frattalica tramonti definitivamente.
    Il "nemico" primcipale della democrazia multiclasse in europa non e' la Germania (che in ogni caso e' il "legato" di area) ma sono gli Usa. Hanno scatenato la crisi Ucraina non tanto per mettere in ginocchio la Russia, quanto per creare una trincea incolmabile tra Russia e Europa. Lasceranno che il governo golpista ucraino si lanci in una folle offensiva contro le province orientali (anzi, lo stanno "invitando" a farlo, come ha documentato zerohedge), lo abbandoneranno quando Putin le invadera' con una guerra lampo simile a quella contro la Georgia. Non muoveranno un dito perche' non sono cosi' folli da sfidare la Russia a casa sua: in compenso avranno consolidato il frame dell'aggressivita' russa nell'opionione pubblica europea (volevate un nemico?), gelato le relazioni e gli affari germano-russi e spostato la nuova cortina di ferro a ridosso delle frontiere russe. La germania, adesso separata dalla Russia sara' spinta nell'abbraccio del Ttip. D'altronde Obama ha gia' detto che ci penseranno gli Usa ai rifornimenti energetici europei, no? Nel frattempo le private equity americane (vedi Blackrock) si stanno comprando il sistema industriale italiano: non era lo sbarco in Sicilia, e' la definitiva liquidazione del modello italiano. I tedeschi devono sbrigarsi con l'Erf, rischiano di farsi sfuggire i bocconi piu' appetitosi. Alla stadio finale del sistema unipolare (e per scongiurare un mondo multipolare) gli Stati Uniti cercano di chiudere il loro assedio all'europa: adesso che non c'e' piu' l'Urss, la possono, la devono americanizzate nel modello sociale in modo da creare un unico spazio geopolitico atlantico da cui i nuovi (cina) e vecchi (russia) competitor siano tagliati fuori. Nella nuova europa "omogeneizzata" i tedeschi avranno un ruolo predominante (sono gli unici che non vedranno dissolversi la propria sovranita' nazionale dentro il Superstato minimo europeo) ma la loro posizione sara' appunto bilanciata dall'invadenza delle corporation americane. A questo punto, come ha detto qualcuno l'unica speranza di fermare questa follia e' il crollo del progetto Ue, l'ascesa della Le Pen in Francia. Le prossime elezioni europee diventano di capitale importanza.

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    1. Finalmente, comincio a leggere un quadro lucido della situazione in atto. Quando io descrissi questo stato di cose, anni fa, sembravo un marziano... Ciò che deve essere chiaro è che il benessere successivo alla seconda guerra mondiale fu il risultato di una concessione tattica degli americani: altrimenti L'Europa sarebbe stata preda della propaganda comunista. E, inoltre gli Usa, in un'Europa povera non avrebbero avuto mercato di sbocco per le loro merci. Vinta la guerra fredda, si è potuto passare allo stadio successivo, accelerare il processo di unificazione euroamericana per creare un superstato dove il benessere dei sudditi non è più necessario. La vera faccia del capitalismo e dell'imperialismo è questa. E' bene che la gente apra finalmente gli occhi, anche se è molto tardi.

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    2. Non bisogna però trascurare la suggestione decisiva della versione europea della rivincita hayekiana: in USA armarono scuola di Chicago e FMI qui partirono dall'innestarsi su Ventotene e il "sogno" della costruzione europea, divenuto presto un sistema propagandistico emergenziale permanente. Fin dai poveri bambini nelle scuole (e mentre sognavano gliele smantellavano).
      In proposito, hai visto la risposta data ad Arturo nell'ultimo commento al suo post?

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    3. Aggiungo qualche elemento in più al quadro. Il progetto di unificazione europea nacque sulle direttive americane della "balance of powers", cioè impedire che potenze antagoniste degli Usa potessero prosperare in Europa ed eventualmente saldarsi con la Russia (prima URSS). La potenza antagonista principe era naturalmente la Germania, rimasta non a caso ufficialmente sotto il controllo diretto degli Usa fino al 1954. La Ue è stata quindi costruita come un guanto attorno alla Germania, per consentirle di divenire una potenza regionale, e rimanere agganciata al progetto euroatlantico, invece di saldare i suoi interessi con quelli russi (e l'euro, naturalmente, serve anche a questo). La Germania è quindi un subdominante nel quadro geopolitico: il dominante sono gli USA. Ecco perchè la Germania è un falso bersaglio - e non a caso Berlusconi e altri possono utilizzarla. E non mostrando e spiegando alla gente il quadro generale - così come sto facendo io - si fa solo il gioco del padrone e non si crea la coscienza per liberarci da un giogo che è tragico.
      Ora gli Usa - si è cominciato con la Libia - stanno cercando di impedire che i russi possano più rifornire l'Europa di energia per sostituirsi ad essi e togliere loro l'unica vera arma. L'euro rimarrà, esso deve continuare a favorire gli interessi americani e tedeschi, soprattutto in vista del trattato transatlantico, dove gli americano potranno esportare qui a buon mercato contro un euro sopravvalutato.

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    4. Questo è un quadro storico-economico sulle tendenze generali.
      Ma per smontarlo non basterebbe neppure denunciarlo e farlo variamente condividere da...molti (?).
      Occorre infatti partire dai suoi effetti disfunzionali tangibili e immediati: altrimenti perchè, finchè abbiamo avuto la sovranità economica e fiscale conforme a Costituzione (certo, tendenzialmente, ma funzionò su gran parte degli obiettivi sociali pluriclasse) la maggioranza degli italiani si autopercepiva come confidente in un futuro migliore? Che in effetti ebbe, nella sua identità di massa.

      Lo smontaggio di questo benessere (la denuncia di esso) è il fulcro dello smontaggio dell'anello debole della catena liberista: e cioè l'autoritarismo ordoliberista -quindi a trazione tedesca e in ultima analisi ben più realista del "re USA"- culminante nella moneta unica a effetti mercantilisti fissati da un trattato internazionale europeo.

      Se opporsi a tale propaggine distruttiva della strategia è il fulcro, la leva è la Costituzione, meglio: IL RIPRISTINO DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE.
      Che è poi la sovranità dei diritti democratici: gli USA a questo non possono opporsi apertamente, a pena di un isolamento che non possono permettersi per la intrinseca debolezza del liberoscambismo FMI-UE-UEM sul piano del consenso elettorale.

      Prova ne sono il rischio di perdere Francia (FN) e UK (UKIP): ti rendi conto?
      Nelle premesse stesse di questo RITORNO ALLE SOVRANITA' NAZIONALI c'è il nucleo di una rimessa in discussione degli stessi rapporti di forza che sono in realtà MOLTO MENO SOLIDI DI QUANTO APPAIANO OGGI. Cioè nella narrazione mediatica.
      E specialmente in Italia.
      Quindi, concentrarsi sull'effettiva potenziale rimessa in discussione passa per "Costituzione e sovranità". In Italia.
      Altrove assume caratteri molto simili, in concreto, dato che MLP, ad es;, si rifà all'interesse nazionale quale sostenuto da politiche keynesiane e assume il consiglio di Sapir, per capirci.
      Allo stato, una generale posizione (esclusivamente) focalizzata in chiave anti-USA rischia di deflettere l'attenzione da questa opportunità concreta e strategica. Forse l'ultima opportunità che abbiamo

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    5. Luciano, ti chiederei un chiarimento, suffragato da elementi di prova, di questo tuo passaggio: "gli stessi rapporti di forza che sono in realtà MOLTO MENO SOLIDI DI QUANTO APPAIANO OGGI. Cioè nella narrazione mediatica.
      E specialmente in Italia."

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    6. Era insito nello svolgimento.
      L'ordoliberismo, finora (non si sa mai) riduce, come anche negli USA, la democrazia a mero procedimento consultivo elettorale, confidando di controllarne l'esito in via di controllo mediatico.
      Ma, il sub-strato teorico-applicativo economico dà luogo a politiche (deflazioniste e supply side legate a moneta unica) determina compressione e poi crollo della domanda interna, strutturando disoccupazione e perdita di reddito reale.
      Da qui la perdita di consenso oltre i loro strumenti di controllo.
      E' evidente che la fuoriuscita dal frame ordoliberista nella sua versione internazionalista con l'enfasi sulla sovranità nazionale in Francia e UK rompe sicuramente la linearità della stessa dottrina Brezinsky: se non altro perchè le forze oggi liberoscambiste (PUDE vari e avariati) sono costrette a riposizionarsi sul ritorno alla sovranità fiscale e monetaria PER NON SCOMPARIRE.
      Insomma, la Germania non basta più e comunque è un cavallo perdente per il disegno strategico: troppo mercantilista per rinunciare al surplus record e decisamente troppo indipendente nei suoi scopi ultimi drang nach ost
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/lo-scenario-bancario-frattalico.html (v.qui introduzione)
      e qui:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/02/usa-germania-e-il-prezzo-della-presunta.html

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    7. Proprio la dottrina di Zibi Brzezinski. Quoto dal suo libro "La Grande Scacchiera" , ed Longanesi, 1998, p.100 paragrafo "Il principale obiettivo degli Stati Uniti" [riguardo all'Europa]:

      Dall'analisi precedente [una disamina di Francia e Germania dal punto di vista geopolitico] emergono tre conclusioni di massima:

      1. la necessità di un coinvolgimento americano per compensare la crisi morale e decisionale interna che sta affossando la vitalità dell'Europa , per sgombrare il campo dal sospetto che, in ultima analisi, l'America non sia favorevole a un'effettiva unità europea, e per infondere nell'impresa europea la dose necessaria di fervore democratico. Il che richiede un preciso impegno dell'America ad accettare l'Europa come suo partner globale;

      [inutile dire che il lirico inciso in grassetto trova la naturale eco nel padoan-schioppiano invito rivolto al cittadino europeo a riappropriarsi della "durezza del vivere". In più punti Brzezinski delinea il modello di rapporti sociali che ha in mente: solo per citare una frase a caso, p.84 "...[] anche se per l'Europa rimane il problema sempre più pressante di un sistema assistenziale eccessivamente oneroso che ne affossa la vitalità economica, mentre la strenua opposizione alle riforme da parte di interessi corporativi sposta l'attenzione sui problemi squisitamente interni". How streamlined! ]

      2. l'opportunità, nel breve periodo [ricordo che siamo nella seconda metà degli anni '90], di contrastare la politica francese e appoggiare la leadership tedesca. La necessità, nel lungo periodo, di dare vita ad un'identità politica e militare europea più distintiva se l'obiettivo è quello di creare un'Europa veramente unita. Il che richiede di arrivare a qualche compromesso con la tesi francese in materia di distribuzione del potere all'interno delle istituzioni transatlantiche

      [su questo punto l'articolo di Riccardo Seremedi sulla tendenza a creare un complesso militare-industriale europeo cade a fagiolo; per tutto il resto c'è la storia recente degli ultimi 20 anni, con la spinta ad inglobare lo spazio geopolitico tedesco (l'europa centrale e orientale) dentro la NATO. L'opzione Brzezinski per la Germani avvalorano ancora di più le analisi di Orizzonte48 sull'ordoliberismo teutonico: quest'ultimo è l'ideologia del player chiave dell'unificazione europea. Al livello geopolitico più alto, mi pare giustissimo il parallelo (e il gemellaggio nel disegno geopolitico) tra scuola di Chicago friedmaniana in USA (con gli esperimenti cileni e in USA e le varie crisi asiatiche e sudamericane) e Hayek e scuola austriaca in Europa.
      Per la Francia è previsto il contentino di equilibrare il comando della Nato tra europei e americani; tanto il buon Zibi sa benissimo che con un Germani predominante in seno alla UE e asservita al disegno geopolitico americano, gli USA avrebbero comunque una preminenza; in generale B. tratta sempre i francesi sprezzantemente, come una media potenza globale che si illude di essere un primattore globale]

      3. l'impossibilità per la Francia e la Germania di costruire l'Europa con le proprie forze o di risolvere con la Russia le ambiguità inerenti alla definizione della sfera geografica europea. Il che richiede un coinvolgimento americano attivo, mirato e determinato , soprattutto con i tedeschi, per definire la portata dell'Europa, e quindi, affrontare questioni scottanti - specie per la Russia - come la posizione finale delle repubbliche baltiche e dell'Ucraina all'interno del sistema europeo

      [e con la storia dei nostri giorni stiamo appunto assistendo al coinvolgimento americano attivo, mirato e determinato] 1-continua

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    8. (continua dal post precedente)

      creare una nuova cortina di ferro garantisce la separazione forzata anche di Russia e Francia. La Francia potrebbe - e storicamente l'ha sempre fatto - intessere relazioni con la Russia per controbilanciare lo strapotere della Germania sull'Europa centrale e orientale. Gli USA non possono permetterlo perchè la loro opzione è sulla Germania - che ritengono un partner affidabile rispetto alla Francia, di cui constatano l'irriducibilità culturale e il senso di missione storica (riassunti nella volontà di grandeur francese) - ma allo stesso tempo non possono permettersi che la Germania stringa relazioni con la Russia o ceh sviluppi una propria forte identià nazionale che creerebbe eccessive tensioni e manderebbe all'aria l'unità europea.
      Ci sono altre tre passaggi che sono molto importanti:

      p.106

      "In questa fase in cui la costruzione europea continua ad essere contrassegnata da incertezze, l'America non ha bisogno di partecipare a complessi dibattiti per stabilire se le decisioni di politica estera della UE debbano essere prese a maggioranza (soluzione favorita soprattutto dai tedeschi); se il Parlamento europeo debba assumere poteri legislativi vincolanti e la Commissione Europea di Bruxelles debba diventare a tutti gli effetti l'esecutio europeo; se la scadenza prevista per l'attuazione dell'accordo sull'Unione economica e monetaria debba essere rinviata o, infine, se l'Europa debba configurarsi come una grande federazion o un'entità a diversi livelli, con un nucleo centrale federale attorno al quale ruotano altri Paesi semplicemente associati. Questi sono tutti problemi che gli europei devono risolvere da soli. Ed è molto probabile che si procederà in ciascun caso in modo discontinuo, con progressi seguiti da pause e soluzioni finali di compromessi"

      Brzezinski ci sta dicendo che agli USA non interessano i dettagli dell'architettura dell'unificazione europea, ma solo che questa si faccia. Fate come volete, basta che andiate dove diciamo noi .

      p.91

      "La riconciliazione franco-tedesca, nonostante gli equivoci, ha rappresentato per l'Europa un fatto positivo di cui è impossibile sopravvalutare l'importanza. A essa si devono i presupposti fondamentali di tutti i progressi compiuti fin qui nel difficile processo di unificazione dell'Europa, che ne hanno confermanto la compatibilità con gli interessi americani, da sempre volti a promuovere in Europa la cooperazione transnazionale. Una rottura della cooperazione franco-tedesca si tradurrebbe in una battuta d'arresto fatale per l'Europa e in un disastro per la posizione americana nel Vecchio Continente ."

      P. 117

      una cartina individua il centro critico della sicurezza europea oltre il 2010 lungo l'asse Francia-Germania-Polonia-Ucraina (quest'ultima era prevista iniziare l'iter di ingresson nella UE-NATO tra il 2005 e il 2010)

      Questi tre punti credo ci stiano dicendo una cosa molto importante: che la Francia non può andare persa e che agli USA non interessa la forma dell'integrazione europea, ma solo che riproduca il modello sociale americano e che sia saldamente ancorata all'Atlantico.

      Dal movimento degli uomini di Washington in Italia (vedi Zingales et alia) direi che lo stadio successivo dell'integrazione prevede il sacrifico prossimo dell'euro onde evitare la perdita della colonna francese del progetto. Per l'integrazione si continuerà in altro modo. Non vi illudete che verrà fermata la macchina dell'omogenizzazione: privatizzazioni e smantellamento delle stato sociale procederanno in ogni caso.

      A questo punto sarebbe opportuna una disamina della politica estera invocata dalla Le Pen per capire quanto sia integrabile nel disegno americano. Se non lo fosse nella giusta misura, aspettiamoci il tiro al piccione su di lei dopo le elezioni, o peggio ancora.

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    9. Purtroppo, non la vedo così, e mi spiego. Per quanto riguarda l'Italia la democrazia è sospesa: è il terzo governo di fila non eletto da nessuno, il parlamento è illegittimo, ma non gliene frega nulla a nessuno. La stragrande - e ripeto, stragrande - maggioranza della popolazione è convinta che la spiegazione di tutto è che siamo un popolo di ladri e accetta ogni provvedimento. Non bisogna cadere nella distorsione di prospettiva che induce tenere o frequentare blog come questo o pochi altri che parlano a una parte infinitesima della popolazione. In Italia il problema di consenso non esiste ed è tutto sotto controllo, la democrazia è sospesa e il dissenso captato e disinnescato con l'operazione Grillo - non a caso benedetto dalla Goldman Sachs.
      Per quanto riguarda il riposizionamento internazionale, sulla base di una avanzata dei fronti nazionalisti, in particolare in GB e Francia, bisogna attendere che questi partiti prendano effettivamente il potere. Si tratta di anni e per l'Italia non c'è più tempo, per quell'epoca la deindustrializzazione sarà completa e ciò che rimarrà sarà sotto controllo straniero. L'unica soluzione che vedo - anch'essa tragica - è una sconfitta euroamericana in terra russa, da sempre il cimitero degli imperi.

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    10. Concordo nel considerare tramontata ogni speranza di rinsavimento USA. da là non verrà mai alcun aiuto se non trasposizioni degli 80 euro di Renzi su scala nazionale.

      il punto della "Germania troppo mercantilista per rinunciare al suo surplus" è focale in effetti.
      Se la Germania fosse più propensa a un aumento della sua domanda interna probabilmente l'euro e la UE rimarrebbero in piedi altri 100 anni.

      Gli USA direi che ci hanno dimostrato che sono pronti a tutto pur di arrivare a un'area di libero scambio così come profilata dal Ttip. A questo punto li credo anch io capaci di organizzare colpi di stato più o meno mascherati nel caso in cui le elite franco-tedesche giudicassero finita l'avventura europea.

      Come dici tu la possibilità che qualcosa vada storto esiste e la coesione manca. I Tedeschi non vogliono portare il peso del riequilibrio del continente e in Francia e Inghilterra ci sono diversi segni di insofferenza verso il modello atlantista. soprattutto in Francia questa insofferenza sta contagiando parte delle vere elites.

      Nel "gioco" dell'indovina il salvatore esterno siamo obbligati a cambiare (o concentrare) la nostra scelta e andare unicamente con Marine Le Pen e Nigel Farage. democratici, antidemocratici, fascisti o comunisti che si possa definirci....l'unica possibilità di salvezza che non passi da una situazione tipo quella Ucraina passa da questo tipo di forze.

      Concordo anche sul fatto che le elezioni europee diventino ora doppiamente fondamentali per dare quel sostegno di cui le poche forze antagoniste al progetto hanno disperatamente bisogno. l'oligarchia nera euro-americana non perdonerà e non cederà di un millimetro senza combattere. dobbiamo sostenere quei pochi che hanno almeno una metaforica arma in mano per opporvisi.

      Altrimenti l'alternativa è il 1800. con annessi e connessi.

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    11. Vorrei far notare che, nell'ottica di Brzezinski, anche Farage nel medio lungo periodo e' funzionale al disegno euroatlantico per due motivi: il primo e' che Farage è liberista e anti-intervento statale fino al midollo; la seconda e' che inoltre il buon Nigel è un alfiere dell'atlantismo, deciso a mantenere quel "rapporto speciale" con gli Usa che anche Brzezinski cita piu' volte parlando dell'Uk -e non è un caso che nella disamina delle opzioni dell'integrazione europea B. Non parla mai di Uk (né dell'Italia) ma solo, come attori fondamentali, di Francia e Germania. Di conseguenza gli Usa possono permettere all'Uk di ritagliarsi una sovranità più compiuta in virtù proprio del loro rapporto speciale e dei rapporti storici. Rimane da vedere quanta sovranità è disposta - o potrebbe essere forzata - ad accettare da parte della Francia. Per questo insisto che il vero snodo è la LePen e il nuovo equilibrio del balance of powers che una sua eventuale ascesa potrebbe riconfigurare, e per questo credo che gli usa la marcheranno stretta per integrarla nel loro progetto, fino al punto in cui e' integrabile. Se quel punto non dovesse essere soddisfacente per gli Usa...

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    12. aggiungerei anche che il "sacrificare l'euro per non perdere la colonna francese" potrebbe non bastare. Perchè se è vero che l'euro è solo uno strumento e quindi sacrificabile, così non è per l'obiettivo vero che riconosciamo appunto essere lo smantellamento definitivo del welfare.

      Il punto è che in Francia il moralismo retorico che consente la cosa non ha attecchito. i Francesi non solo rischiano di rigettare l'euro...ma non vogliono rinunciare al loro welfare.

      dunque mantenere in piedi la colonna francese potrebbe non essere così semplice.

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    13. @Saint Simon: come si noterà ho scritto il mio precedente commento prima di leggere il tuo.

      Devo dire che concordo al 100% con te a questo punto.

      i 4 nodi da risolvere per capire che fine faremo saranno dunque:

      - l'evoluzione della situazione ucraina, possibile portatrice di dissenso interno nel mondo industriale e politico UE.
      - quanto le imprese tedesche saranno disposte a concedere aumenti salariali (perchè DOVRANNO farlo se la UE deve reggere) e quanto sono disposte soprattutto a perdere il mercato russo in favore di quello USA.
      - come Farage verrà integrato nel loro progetto (ricordo che ha espresso personalmente pareri favorevoli sul come Putin si è comportato sia in Siria che in Crimea)
      - come la Le Pen verrà integrata nella cosa....scoglio che cmq vedo come uno dei più ardui. o meglio, diciamo che io non vedo ancora nessuno in grado di far accettare ai francesi il neoliberismo su larga scala. se questo basterà a fermarli non lo so. vedremo.

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    14. Siamo sempre lì: le contraddizioni che emergono ogniqualvolta cerchiamo di determinare un esito preciso, quasi aritmetico alle varie interazioni intraeuropee basandoci su definizioni schematiche (che sacrificano la pluralità di elementi insiti in ciascuna dinamica).

      La mia impressione è che la reiterazione frattalica delle situazioni non possa essere predetta in questo modo, diciamo logico-deduttivo; piuttosto per via fenomenologica (in cui l'intuizione, come funzione "de-personalizzata", gioca un ruolo misterioso quanto preponderante).
      A mio parere, sempre qui sostenuto frattalicamente, le dinamiche sotterranee delle elites rimarranno quelleattuali ancora per qualche tempo.
      Ma al tempo stesso falliranno tutti i loro obiettivi.
      La Germania subirà una fase (certo non "un'era", ma transitoria) di backfire dell'egemonismo, senza poter invocare la sotterranea mission di garante che, d'altra parte, ha ampiamente interpretato fuori dal seminato (gli USA sul punto hanno preso varie volte posizione e in più sono i supercreditori del sistema bancario tedesco che hanno salvato http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/lo-scenario-bancario-frattalico.html).
      La Francia riconquisterà un indirizzo di sovranità nazionale e l'UK vedrà in primo piano l'opzione di uscita dall'UE tout-court.

      Certo, gli USA tenteranno il riassorbimento nel loro disegno e il Ttip. QUesto è scontato.

      Ma è anche altrettanto vero che il tempo gioca a sfavore del mantenimento della dottrina Brezinsky e loro stessi, come qui più volte evidenziato, sono esposti a ripensamenti generali delle loro politiche rivelatesi sempre più impraticabili: e sottolineo proprio e anche sul fronte interno (Krugman, Stiglitz e, se volete, la Yellen ne sono la testimonianza ben visibile).

      Il demonio (per chi lo intepretasse in tal modo) non è così efficiente e impermeabile alla dialettica della Storia come, forse con un eccesso di rancore, lo si dipinge.
      Il fatto poi che in Italia siamo culturalmente arretrati, nella coscienza diffusa della radice dei problemi di modello sociale, non significa che, fuori di qui, le forze segnalate non siano in costante assestamento.
      Certo, in termini di destino nazionale della nostra democrazia costituzionale, non si può che essere pessimisti.
      Ma questo renderà solo più arduo il compito di adeguarsi all'evoluzione internazionale: sarà come risvegliare un "morto de sonno", autoavvilitosi nel rancore-livoroso e autorazzista.

      Fermo restando che le dinamiche storiche non sono suscettibili di interpretazioni "progressive" (vecchio quanto fallimentare vizio marxista), cioè non è pensabile estirpare il male definitivamente; seplicemente perchè non c'è un male in termini di rivolgimenti così grandi.
      Come la corruzione, il liberismo come categoria de "l'inconscio collettivo" (e qui abbiamo cercato di mostrare come Malthus, Spencer, Bentham siano ormai interiorizzati dalle classi economicamente dominanti anche se non li hanno nemmeno mai letti), non sarà mai estirpato.
      Occorre re-imparare che, in una cornice democratica, diverse visioni e contrapposizioni sono intrinseche e legittime; la vigilanza democratica, però, consiste nel ricondurle INFLESSIBILMENTE nell'alveo in cui le incanala la Costituzione.

      Questo è quanto possiamo testimoniare oggi cercando una via d'uscita che è un "ripristino" della stessa legalità costituzionale. Tanto vedrete che a questo punto di riferimento ci arriveranno di necessità strati crescenti della società nelle sue varie sfaccettature...

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    15. @Luca Tonelli si, direi che i punti sono quelli che citi, nel breve periodo: esito della crisi ucraina, che stabilirà quanto i tedeschi sono disposti a - o sono abili ad evitare di - farsi fagocitare nel progetto euroatlantico; scelte macroeconomiche tedesche nel breve periodo; "integrabilità" della Le Pen nel progetto - da quel poco che so, non conoscendo il francese, mi pare molto poco integrabile. Perdonami se lascio fuori Farage, ma mi sembra un aspetto al momento secondario, perchè gli effetti di un'uscita dell'UK dalla UE possono essere disastrosi nel breve periodo per l'immagine del processo di integrazione, ma venir riassorbiti plasticamene nel medio termine.
      Il che ci riporta a quanto scrive Orizzonte48 sul rischio - quasi una certezza - del backfire egemonico per la Germania - troppo ideologicamente ottusa per cambiare indirizzo macroeconomico - : come si salderà con gli effetti della crisi ucraina?
      Possiamo inoltre presupporre che gli USA non possano non concedere una maggiore sovranità alla Francia - ma quanto maggiore? Molto dipenderà dalla Le Pen e - ancora dall'esito della crisi Ucraina.
      E in tutto questo Orizzonte48 ha ragione da vendere nel sottolineare il dubbio sulla tenuta della dottrina Brzezinski, a causa del fronte interno che si sta aprendo nel mondo anglosassone (la patria di quell'ideologia che permea le classi dominanti che grazie a lui abbiamo sviscerato) sui modelli neoclassici: ci sono segnali su segnali che sta avvenendo un lento ma graduale spostamento del dibattito, con prese di posizione sempre più numerose e l'ala progressista (non liberal) che si interroga su come usare Krugman e gli altri economisti neo-keynesiani come testa di ponte per le loro idee. Come già detto su vocidallestero, bagnai ha ragione da vendere quando dice che il lungo periodo è propizio per la riaffermazione della repressione finanziaria, dato che i paesi anglosassoni sono tra i primi debitori del mondo e che la repressione finanziaria aiuta proprio a smaltire quei debiti.
      Probabilmente questo scenario si rafforzerebbe in caso di fallimento - totale o in certa misura parziale - del progetto unipolare statunitense, perchè si affermerebbero anche altre valute di scambio globale e a quel punto gli USA dovrebbero rinunciare al dilemma di Triffin ma anche al vantaggio strategico di stampare dollari...la situazione è talmente fluida che oltre a motivi per la disperazione più nera (sul breve periodo) ce ne sono anche per speranze molto più rosee (sul lungo periodo). Quello che possiamo fare nel frattempo è allenarci in palestre delle idee come quelle che Orizzonte48 ci mette a disposizione, sapendo che noi Italiani abbiamo già la fortuna di avere una bandiera sotto cui batterci, quella della nostra Costituzione. Non più pietrificata dagli ipocriti riti del PUDE, ma vivificata dai tempi che viviamo.

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    16. sarà che io ho accesso a una quantità di informazioni in definitiva limitata....ma questo spostamento del dibattito nel mondo anglosassone lo vedo lento come una lumaca.

      Cioè mi correggo: nel mondo accademico è già in corso da qualche anno ormai (e sono senza dubbio avanti anni luce rispetto all'Italia). però mi pare che l'oligarchia vi resti sorda.

      Cosa fa pensare che sia possibile attendersi un ritorno dell'America progressista? cioè ad ogni banco di prova fino ad ogni la via scelta dai decisori è sempre stata la stessa. Nonostante appunto il mondo accademico sia in pieno dibattito.

      E io qui sono ignorante....per cui chiedo: ma storicamente non è la regola quella di non ascoltare i "professoroni" a meno che non dicano cose gradite ai governanti?

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    17. Mi conforta constatare, di tanto in tanto, che 434 post, oltre 10.000 commenti e quasi 1 milione di "contatti", diventino una cultura condivisa che sempre più persone possono far propria, evolvere e, a loro volta, diffondere...

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    18. @Luca: ne abbiamo già parlato varie volte. La nomina della Yellen e la questione budget shutdown non ti dicono nulla? Certo che i media italiani intepretano come gli fa comodo a loro (devo ritirare fuori i post?) :-)

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    19. @Saint Simon: pur dovendosi, com'è insito nel suo stesso metodo, aggiungere elementi di analisi, l'ipotesi frattalica è però ancora saldamente in campo.
      Si tratta solo di individuare i veri snodi sostanziali della storia. Gli USA come potenza mondiale egemone, sostenuta da forza militare e capitalismo espansivo, c'erano pure negli anni '30 (anzi, con una "correzione" new Deal che andava cercando proprio welfare militare e mercati aggiuntivi).
      Invece, la attuale Germania, ancora oggi, non ha rinunciato a un disegno egemone in Europa che comunque cercherà di portare a temine: ciò parassitando, in molti modi, i propri vicini e mirando a una grande area marco di 200 milioni di abitanti consolidata, per partire in drang nach osten

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  6. «viene da chiedersi se ci sarà un ulteriore “salto di qualità” nel distorcere la percezione della realtà»

    Mi sa che il salto di qualità lo abbiano già fatto.
    Questo video mostra un mercenario italiano attualmente impegnato in Ucraina. Se ne parla qui
    Qui si può vedere cosa accade in Ucraina.


    Credo che ci troviamo di fronte a qualcosa di molto preoccupante:

    «Colpi di pistola, sangue, bombe carta, risse in autogrill, scontri in mezzo alla strada, automobilisti terrorizzati, mamme con i passeggini in fuga, scene da film horror mentre l’intero quadrante nord di Roma resta bloccato, inghiottito dalla paura, [...] Almeno dieci i feriti, uno gravissimo, sette i colpi di arma da fuoco sparati: terrore per la finale di Coppa Italia Fiorentina- Napoli all’Olimpico».

    Non so cosa pensare.

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    1. Per l'Ucraina, valgal il sunto della dottrina Brezinsky (che avrai già visto in dettaglio seguendo i precedenti post di Riccardo) fatto da Saint Simon nel commento che precede il tuo.
      Per la Coppa Italia, il livello di gratuita stupidità delle azioni e l'orchestrazione mi fa pensare che soffiare sul fuoco sia una cosa facile, visto che i c.d. ultras sono ben monitorati e mappati in dettaglio da anni e anche il loro livello operativo non può sfuggire, lasciando abbondanti tracce preventive...

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  7. @ quarantotto

    Infatti condivido l'opinione di Saint Simon (04 maggio 2014 02:17), ossia che «Il "nemico" primcipale della democrazia multiclasse in europa non e' la Germania (che in ogni caso e' il "legato" di area) ma sono gli Usa. Hanno scatenato la crisi Ucraina non tanto per mettere in ginocchio la Russia, quanto per creare una trincea incolmabile tra Russia e Europa».

    A mio avviso, la vicenda ucraina rivela che gli Usa sono disposti a tutto pur di mantenere un'egemonia ormai impossibile sul pianeta, e che la Germania svolge volentieri il ruolo di kapò ogni volta che le si presenta un'occasione che le permetta di rafforzare il suo ruolo in Europa – e Merkel si è rivelata sufficientemente ottusa per assecondare questo disegno.
    Secondo il quotidiano tedesco Bild «decine di agenti dell'FBI e della CIA offrono la propria consulenza al nuovo governo ucraino», e i risultati si vedono: venerdì almeno 31 attivisti anti-governativi sono morti in un incendio nella casa del sindacato di Odessa. Oggi le «forze di autodifesa nella città di Kramatorsk dicono che sette attivisti filo-russi hanno perso la vita nelle ultime 24 ore».
    Alla luce di quanto sta accadendo in Ucraina, c'è anche da temere che un'eventuale, e per ora improbabile, uscita dall'€ dell'Italia, o di qualsiasi altro paese, potrebbe scatenare la reazione degli Usa che non esiterebbero un istante a organizzare un colpo di stato così come è accaduto a Kiev.

    Dottrina Brezinsky, appunto. C'è di che non dormire la notte.

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    1. Siamo in ogni caso condannati alla sofferenza sine die?

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  8. Riccardo ripropone e conferma, nostro malgrado, che la soluzione ventilata per uscire da ‘sto guano fetido e idiota é una volta ancora l’economia di guerra.
    Quella già verificata nella Storia recente con la 1° - garanzia del credito USA concesso a UK - e nella 2° - investimenti USA in IG FARBEN.
    Ha un senso riproporre il discorso di commiato dalla presidenza USA di D Eisenhower il 17 gennaio 1961.

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