giovedì 5 dicembre 2013

KEEP CALM: LE MASCHERE SI SCIOLGONO...

Il principio-guida è semplice. Se "loro" si agitano, gli amanti della democrazia costituzionale possono e debbono rimanere calmi.
Pensateci: mentre salta la legge elettorale (ma ancora non si sa dove...atterri), e loro stessi si accorgono di aver esagerato un tantinello con Bankitalia e il patto di schiavizzazione "Grecia-way, (di cui l'Italia non avrebbe alcun bisogno, perchè i nostri governi sono già capaci da soli di mandarci in recessione e non capire il moltiplicatore, applicando occultamente la curva di Phillips), il "loro" percorso ordoliberista si complica.

Ma perchè direte voi?
Ma perchè, coerentemente con le sue premesse di falsificazione della realtà a propulsione mediatica, hanno bisogno di "raccontarcela" che vogliono la ripresa e l'occupazione; ora, doversi concentrare su obiettivi simultanei come far ingoiare la stretta finale dell'asservimento al regime bancario e ripensare le "loro" strategie di classe politica apparente (cioè che dissimula il ruolo di portaordini dell'ordolib€rismo), richiede tempo.
E il tempo, invece, porta alla conclamazione della loro strategia suicida quale emergerà inevitabilmente dai "conti che non tornano".

E se tutta, ma proprio tutta, l'opinione pubblica incomincerà a sospettare che casta-corruzione-legge elettorale-riforme istituzionali-costituzionali, non evitano, ma anzi accelerano le politiche controproducenti (per "noi" non per "loro"), E CHE VOTARE O MENO E' ASSOLUTAMENTE INDIFFERENTE SULLA SOSTANZA DELLA SITUAZIONE, succederà che la grancassa mediatica, cioè l'estremo fortilizio asserragliati nel quale cui si preparano al 25 luglio "cosmetico" (tea-party), non funzionerà più. O funzionerà sempre meno e troppo poco.

Invece, per quanto ci riguarda, è importante non farsi coinvolgere nelle storielle tipo "quale legge elettorale ora?", "se c'è la volontà politica si potrà accoppiare con la revisione costituzionale" (cioè la ratifica del decisionismo ordoliberista che si renderà "innovatore"...trovando il modo di limitare il numero dei parlamentari).
Infatti, "loro" vanno in direzione diametralmente opposta alla democrazia costituzionale e, sebbene ora troveranno il modo di rendere molto più difficili elezioni anticipate, i ritardi provocati dall'assestamento politico li riporta nell'ambito della cosmesi e dell'effimero, (auto)smascherandoli sulla sostanza. Mentre l'obiettivo auspicato del "loro" collasso finale non potrà che avvicinarsi.

11 commenti:

  1. Totalmente d'accordo nei contenuti. Aggiungerei che così come nel secondo dopoguerra l'Italia fu ricostruita anche con i fascisti "rimascherati" al governo, così l'Italia andrà ricostruita con altrettanti "rimascherati". Dunque le maschere si sciolgono ma si ricompattano, non sarà sufficiente ricordarsi di chi ora le indossa, bisogna diffondere conoscenza, valori, innestare consapevolezza di Stato per fare del terzo dopoguerra una rinascita epocale. Una sfida, e io, come te e come voi, ci sto.

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    1. Grazie...dell'adesione. Ma il fatto è che devono starci anche forze molto più grandi di noi, per fare in tempo. Fermo restando che la collaborazione con i "rimascherati" è un fenomeno scontato, dato che, ai vari livelli, sono coinvolti un numero impressionante di "concittadini"...

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    2. Allora i fascisti furono "rimascherati" perché c'era il comunismo e determinate esigenze atlantiche di contenimento nell'ambito della Guerra Fredda. Oggi che il comunismo non c'è più troveranno qualcuno che li consideri ancora utili o finiranno sepolti nelle Terre dei Fuochi come rifiuti tossici?

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    3. Dipende: se guardi ai vertici di quella che si sta prospettando come la neo-Salò, probabilmente lo scenario internazionale non arriverà a un grado di esecrazione morale tale da eliminarli dalla scena politica, al di là delle responsabilità per condotte illecite che potrebbero emergere una volta rimosso il battage agiografico che oggi è consentito dai pudo-media.
      Ma se guardi all'elettorato, cioè al fenomeno di massa, la pacificazione delle tensioni politico-sociali sarà in qualche modo necessaria per la "ricostruzione".

      Anche perchè, per entrambi i livelli ci sarà un vasto riposizionamento e la famosa "presa di distanza da se stessi"...:-)

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  2. Se la via è il "Grecia-way", allora prepariamoci a questo:

    - http://vocidallestero.blogspot.it/2013/12/in-grecia-un-fenomeno-nuovo-le-offerte.html#more

    Interessantissimo sotto due aspetti. Il primo, è un mercato del lavoro da africa sub-sahariana. Il secondo è l'uso demagogico del dato fatto dall'organo di informazione per "colpire" nuovamente il settore pubblico.

    Uno squarcio sul futuro (già in buona parte presente)? Forse si, se da un'ansa di ieri perfino uno come Von Renziek parlava di "ridiscutere il limite del deficit al 3%" (si certo, vallo a dire al buon Olli, vedi cosa ti risponde.....).
    Probabilmente, è difficile che la società italiana mostri lo stesso tasso di sopportazione di quella greca, anche se la domanda che mi pongo è proprio come la società greca possa sopportare passivamente tutto questo.......

    Anche in me c'è una forte sensazione della costruzione, da parte dell'attuale classe dirigente, di una "maskirovka" volta possibilmente al salvare capra e cavoli (poltrone e consenso all'interno e qualche concessione UE all'esterno). Non solo i media hanno cominciato a mettere "i piedi in 2 staffe", dando spazio a tesi economiche che fino a 2 anni fa venivano ridicolizzate. Un Bagnai udito alla Camera (nemmeno un "intermedio", e ce ne erano con CV maggiori -che so, un Piga, un Brancaccio- ma proprio LUI: l'eretico da mettere al rogo!), credo che sia un fatto politicamente significativo, anche se non bisogna, certamente, incorrere in sopravvalutazioni eccessive.

    La personalissima impressione è che la classe dirigente stia cercando un salvagente funzionale solo alla propria sopravvivenza politica. Faranno qualche "concessione", per poi proseguire con il loro programma.
    Una riflessione, però, mi sorge spontanea. Il "collasso" di un sistema politico-istituzionale, richiama l'immagine di una soluzione di continuità. Che potenzialmente potrebbe avere dei risvolti anche imprevedibili, soprattutto se la nuova classe dirigente, quella che sarà chiamata a ricorstruire il Paese dopo il "ventennio" (questo sì!) "di Maastricht" non si è ancora perfettamente delineata.
    D'altra parte, il "riformismo" per gradi all'interno del sistema attuale è reso, di fatto, impossibile dalla conformazione del sistema stesso, imperniato sulle "verità rivelate" del mainstream e quindi sordo -alla stessa stregua di un regime teocratico- a considerare anche solo l'eventualità di un'alternativa (qui vedo il fulcro della sua anti-democraticità).
    Quindi rimane la via del collasso in modo da consentire una vera rinascita del paese, che non è esente da pericoli perché la società italiana è drogata anni di disinformazione e di retoriche mainstream.
    Mi spiego. Oggi siamo prossimi al 25 luglio, ma anche la domanda "quale Italia dopo il 25 aprile" sia importante. In che misura potremo ripristinare efficacemente la democrazia costituzionale? Come riaffermare i valori della costituzione nel corpo sociale (ad esempio rivalutando l'educazione civica)? Come definire un rapporto più onesto tra politica ed informazione, e come garantire l'esistenza di un'informazione realmente indipendente, non solo dal potere politico ma anche e soprattutto da quello economico? Come fare tesoro, insomma, dell'esperienza storica dell'euro per consegnare, alle nuove generazioni, una costituzione del '48 "meno vulnerabile" ai processi involutivi che, probabilmente, le dinamiche della storia potrebbero comunque ripresentare?

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    1. Non ci crederai (forse), ma si sta anche lavorando alle proposte operative di un progetto di riforma costituzionale e con gente niente affatto male :-)
      Proprio per consegnare alle generazioni future dei meccanismi strutturali che evitino che "tutto questo si ripeta".
      Quanto alla riforma dell'informazione, beh, ci vuole che sia consolidato il ritorno della democrazia; ma certamente dovrà essere uno dei primi atti (insieme a quella della BC).
      L'dea di fondo è quella dell'editore puro. unico lecito e conforme all'art.21 Cost., nonchè "trasparente", come condizione di accesso ai contributi pubblici, gestiti con criteri chiari e predeterminati e continuamente verificabili dalla pubblica opinione.

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    2. Immagino che tra i temi da affrontare necessariamente in un progetto di riforma costituzionale vi siano (riprendendo la trattazione della parte III del tuo libro):
      – chiusura delle maglie troppo larghe offerte dall’art. 11 per quanto riguarda l’adesione a trattati internazionali, visto che è stato usato come porta da sfondare per imporre l'eurismo;
      – revisione dell'art. 81 con ripristino del testo del 1948;
      – analogamente per l'art. 97 "nuovo" comma 1;
      – ricorso diretto alla Corte Costituzionale da parte dei cittadini come in Germania.

      Quanto allo status e al mandato della banca centrale, dovrebbe essere materia di costituzione o almeno di legge adottata a procedimento rafforzato? Una legge ordinaria pare un po’ poco. Quale assetto di governo della banca centrale garantirebbe il paese, per tenere sotto controllo le solite tendenze golpiste ed evitare sconquassi a mezzo posta come le letterine Andreatta-Ciampi? Basta la nomina del vertice da parte del governo o è meglio pensare ad una forma più articolata? Analoghe considerazioni valgono per la norma sulla separazione tra banche commerciali e d’investimento (Glass-Steagall e legge bancaria del 1936).

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    3. C'hai "azzeccato" quasi su tutto. Anche perchè qui ne abbiamo pure messo delle bozze di possibili testi.
      Sull'assetto monetario-bancario, certamente occorre precisare le norme costituzionali attuali. Compito difficilino, peraltro...L'importante è che non si faccia assurgere questi soggetti, tipici dell'ordoliberismo e del capitalismo sfrenato, a istituzioni costituzionali...

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    4. L'argomento BC è interessante.
      Io pensavo, oltre che al rispristino della situazione pre-divorzio, anche ad un dialogo con la controparte parlamentare (per il tramite, ad esempio, di specifiche commissioni per le politiche monetarie nei due rami del parlamento, ovvero di una bicamerale ad hoc...).

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    5. Ottima soluzione di riallaccio alla fonte della sovranità democratica...Il problema potrebbe porsi nell'interferenza pratica con le politiche fiscali del governo, che rischierebbero un procedimento defatigante (il sistema ha di certo senso negli USA dove l'Esecutivo coincide col Presidente e gli altri secretaries sono suoi delegati).
      Ma dato l'evidente sbilanciamento del parlamentarismo verso l'Esecutivo anche da noi, si può congegnare un meccanismo di consultazione-direttiva col pregio della trasparenza (ciò che le BC indipendenti rifuggono come l'acqua santa)

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    6. Molto interessante l’idea di una commissione bicamerale di controllo della banca centrale.

      In ogni caso, con tutto il male che ha portato al paese, la banca centrale deve essere rifondata. Nella sua nuova veste, potrebbe essere retta da un consiglio di amministrazione che comprenda anche rappresentanti degli enti territoriali (per esempio le regioni, ma ci sarebbe anche da discutere se nel nuovo assetto costituzionale vada mantenuto il regionalismo come lo conosciamo oggi: largamente inutile e costoso).

      Occorre anche pensare ad un divieto per il personale dirigenziale della banca centrale di assumere incarichi di governo e di accedere alle più alte cariche dello Stato, vista l’esperienza di rovinosa commistione degli ultimi vent’anni: mai più “tecnici” a “salvare” il paese.

      Se poi si ripristinasse un sistema di banche pubbliche come furono le banche di interesse nazionale, allora si può pensare, come misura di garanzia democratica, sul modello delle forze armate, ad un sistema di avvicendamento periodico al vertice tra tutte le banche pubbliche, inclusa la banca centrale. Ad esempio, il governatore della banca centrale proverrebbe da un’altra banca pubblica, senza possibilità di carriera totalmente interna.

      Per un punto di vista statunitense sulla questionedella carriera dei banchieri centrali segnalo Cristopher Adolph, Bankers, Bureaucrats, and Central Bank Politics: The Myth of Neutrality, Cambridge University Press, 2013. Riporto da p. 311: “un divieto per i banchieri centrali e per il personale di altre autorità di regolamentazione bancaria di lavorare per il privato dopo aver lasciato l’incarico pubblico è un passo importante. Stipendi e formazione del personale delle autorità di controllo finanziario dovrebbero salire notevolmente per sostituire l’implicito affidarsi alla ‘porta girevole’ sia per l’esperienza sia per i [maggiori] compensi futuri. In confronto ai costi stratosferici delle crisi finanziarie, si tratta di un costo trascurabile.” Inoltre “richiedere ai neoassunti delle banche centrali di firmare contratti che prevedano la rinuncia alla porta girevole non è molto diverso dalle clausole di non competizione che dappertutto impediscono ai nuovi assunti, scienziati o tecnici, nell’industria privata di portare con sé segreti alla concorrenza” (la traduzione è mia).

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