mercoledì 11 settembre 2013

LA VERITA' SUGLI SPREAD E ASO-ABE NEL QUAGMIRE DELLA CORPORATE TAX

Se si apre qualsiasi giornale italiano si trova riferita una situazione "lunare": anche il Sole24ore, nell'edizione di oggi (ma in realtà da giorni), IN OGNI PAGINA contiene un articolo che ripete il mantra che "il paese ha bisogno di stabilità politica" perchè altrimenti, "salgono gli spread"...- che, si continua a nascondere, dipendono dalla posizione netta sull'estero, almeno al 78%, e quindi dai tassi di cambio reale e dalla conseguente sostenibilità relativa della moneta unica-, "e non agganciamo la ripresa". Veramente impressionante.
Insomma continuano a non spiegarci come la stabilità politica, che più si accentua e più, nel quadro UEM, €uro e fiscal compact, provoca inevitabile recessione, possa mai migliorare la posizione netta sull'estero (che, a sua volta, dipende dal livello di risparmio e investimenti di un paese, che si incrementano in condizioni aumento della domanda interna: cioè il contrario del consolidamento di bilancio-fiscal compact).

Ovvio che la premessa di questa perspicua proposizione, alla cui diffusione capillare, le massime istituzioni e la grancassa mediatica contribuiscono ossessivamente, è che la crisi sia originata dal debito pubblico: in un definitivo abbandono di ogni logica elementare, dimenticano persino che la sostenibilità del debito pubblico italiano è la terza migliore di Europa, secondo gli studi della Commissione UE (e sarebbe il debito PUBBLICO più sostenibile in assoluto se fossimo fuori dal vincolo del fiscal compact).
Insomma, non contenti di aver provocato e prolungato la recessione con questa orrenda bufala, continuano a propinarci la accentuazione delle loro politiche economicamente sbagliate, ma utilissime per proseguire nella "disciplina" del mercato del lavoro mediante ampliamento della disoccupazione, per recuperare la "competitività": e quindi per perseguire, IN COMPRESSIONE DELLA DOMANDA INTERNA, un presunto surplus delle partite correnti alla tedesca, immaginando un mondo di astuti free raiders europei, con il resto del mondo a guardare. Cioè, persino i BRICS, affetti ormai da deficit delle partite correnti, proprio a causa dell'austerity europea, molto più causalmente determinante del tapering nel far emergere la realtà della debolezza della domanda mondiale. Quest'ultima si segnala ogni giorno di più come causa di una crisi che, ben lungi dall'essere ad una svolta, rischia di aggravarsi e trova in Europa il suo epicentro "ciclonico". Insomma, la Germania non contenta di segare il ramo su cui è seduta, tira giù sempre di più tutto il resto dell'UEM nella caduta dallo stesso albero (contando, però, nel frattempo, di poter continuare a parassitare i PIGS con le varie "condizionalità" e fiscal compact, ripagandosi così le voragini bancarie aperte dal suo incauto sistema bancario).

Parlando di cose più serie (è veramente tragico doverlo dire), vediamo cosa succede in Giappone, dove il mainstream non si arrende e prosegue nella sua deduttivistica opera di terrorismo a cercare di intralciare le difficili mosse del duo Aso-Abe.
Sul Financial Times del 10 settembre, mi imbatto in un articolo di Takatoschi Ito (pag.9), economista già consigliere del governo Abe del 2006. E come tale, appartenente alla fase pre-svolta dal deflazionismo "limitless" che appare messa da parte definitivamente.
Il "disappointed" Ito (in Italia, lo definiremmo "trombato"), trova, naturalmente, ospitalità sul FT per raccontare che, insomma, nei primi due trimestri del 2013 la crescita indotta, - ricordiamolo-, essenzialmente dall'abbattimento del deficit-cap, cioè con una public spending policy intervenuta, nei suoi effetti, ben prima del QE, che risale, nella sua dimensione attuale, al marzo 2013, e certamente aiutata dalla svalutazione dello yen, è stata pari, su basi annualizzate, al 4,1 e al 3,8%. Va bene, dice Ito: ma poi il debito pubblico è sopra il 200% del PIL.
Ergo, secondo Ito, bisogna subito innalzare il livello di tassazione, perchè altrimenti il debito pubblico sarebbe insostenibile: richiama così la legge votata dal precedente governo nel 2012 che prevede l'innalzamento immediato della tassazione sui consumi, nel 2014, dal 5 all'8%, e nel 2015, al 10%. E comunque depreca il fatto che Abe sia preso dai dubbi sulla opportunità di questo aumento della pressione fiscale sui consumi prima che la crescita si sia consolidata, con l'uscita definitiva dalla deflazione ed il raggiungimento di un livello di reflazione al 2%, (previsto in circa 3 anni). Con il conseguente aumento del livello dell'occupazione e dei salari stessi e, quindi, col ritorno ad una stabile crescita, strutturalmente trainata anche dalla domanda interna oltre che dall'export.

Ora questo siparietto mainstream ci porta a tre osservazioni:
1) la conferma che l'aumento della tassazione sui consumi, specie quando la domanda interna sia (ancora) debole o non sufficientemente consolidata (in un paese che viene da prolungata deflazione e ha un'inflazione allo 0,7%!), non solo non porta a significativi aumenti di gettito (o addirittura determina il suo calo), ma, a monte, conduce alla stagnazione della domanda interna (e dell'occupazione). La verità è che, proprio perchè proveniente dalla precedente politica deflattiva, la misura era un ulteriore tassello deflazionista, mirato a ridurre il peso delle importazioni con la strozzatura della domanda interna. Effetto sul conto corrente perseguito da Abe, invece, con reflazione e svalutazione conseguente della propria moneta;
2) il mainstream non riesce proprio a concepire l'effetto del moltiplicatore fiscale e, appena inizia a manifestarsi, ha il riflesso condizionato di ucciderlo con nuove misure di austerity fiscale, in modo da realizzare la self-fulfilling prophecy dell'equivalenza ricardiana, per cui il debito pubblico pesa sull'economia in misura pari alla capitalizzazione delle tasse future imposte per ripagarlo (ai mercati). Tant'è che in questo studio, lo si quantifica, rispetto alla spesa pubblica, in misura ridotta, ad es; rispetto al moltiplicatore Blanchard-FMI, proprio perchè si sconta che ogni governo, a fronte di public expenditure, sarà indotto (dalla business community, non dalla logica) ad incrementare le tasse in misura almeno pari (idea della copertura in pareggio di bilancio, studiata da Haveelmo);
c) infine, Ito, comunque non la dice tutta, perchè l'aumento della tassazione sui consumi, in realtà, in Giappone, ben lungi dall'essere giustificata da problemi di sostenibilità del debito (andate a vedere la posizione netta sull'estero del Giappone, al 56,1 del PIL, meglio della Germania, al 37%, e seconda alla sola Svizzera e capirete come dei "mercati" non debba preoccuparsi poi seriamente), è discussa come misura contemporanea a quella della riduzione dell'imposizione fiscale sulle imprese (corporate tax).
Quindi, in un complesso di politiche fiscali che nulla hanno a che vedere con complessivi maggiori introiti fiscali al fine di rendere "sostenibile" l'inevitabile debito pubblico.

La verità è che Aso e Abe, si pongono il problema della perdita di consenso che un simultaneo aumento della tassazione sui consumi e di sgravio sulle società provocherebbe, innescando un evidente e percepibile redistribuzione della (nuova) ricchezza verso l'alto. E dando la stura a un output gap, in termini di minor capacità-propensione al consumo, che, ad es; gli USA già conoscono benissimo.

Indubbiamente il problema esiste: la tassazione sugli utili delle imprese è in Giappone tra le più alte del mondo (seconda solo agli USA e con differenziali notevoli rispetto a Cina e Corea). Ma è anche vero, come osserva il Ministro delle finanze Aso, che il 70% delle imprese non la paga, avendo redditi negativi e/o crediti di imposta prevalenti, derivati dai precedenti anni in perdita.
Quindi sarebbe una misura sicuramente impopolare, ma il cui beneficio pratico si avrebbe solo in futuro, a seguito del (supposto) progressivo ritorno in attivo di un crescente numero di grandi contribuenti.
Tra l'altro, l'aliquota attuale è aumentata al 38% per una sovraimposta di circa 3 punti come contributo alla ricostruzione post-terremoto e disastro nucleare del 2011, la quale cesserà comunque di essere applicata dal 2015.

Il problema che, invece, il Giappone soprattutto, ma non solo, si trova a fronteggiare è quella della "trappola della liquidità": cioè, le riserve di liquidità (hoards) accumulate dal sistema industriale "non finanziario", e non investite.
Per capirne le dimensioni, basti pensare che le imprese giapponesi hanno riserve finanziarie in "cassa" (utili non distribuiti ma non investiti) pari a 2300 miliardi di dollari, contro i 1800 miliardi di cash hoards delle imprese USA (cifra già considerata problematica).

La soluzione? Il governo giapponese sta studiando, piuttosto (sia pur attaccato dai mainstream di tutto il mondo: "unitevi e marciate compatti"!), un sistema di scaglionamento per 1 punto all'anno (in 5 anni) dell'aumento della imposizione sui consumi, mentre cerca di trovare la forza politica (sono pur sempre una maggioranza "liberale"), per arrivare ad un trade-off tra diminuzione della aliquota della corporate tax e tassazione delle riserve finanziarie inutilizzate, con una formula che renda conveniente investirle; senza che si trasformino in distribuzione di utili: ed infatti, la spinta degli utili distribuiti alla ripresa della domanda aggregata, - data la tendenza dei "ricchi" a consumare, proporzionalmente, molto meno e ad investire all'estero, in tax havens e in attività finanziarie, i loro ricchi conti bancari-, è da ritenere trascurabile.

Che questi siano i problemi che si pongono in altri paesi, "normali" e fuori dall'€urofollia, ce lo conferma questo articolo: How Do We Force Cash Hoarders to Invest? Tax Them riferito alla realtà statunitense. Di cui vi consiglio la lettura (o magari di farvelo tradurre da Carmen).
Anche se, trattandosi di chiedere al business di contribuire alla ripresa dell'occupazione (e dei salari), Obama si trova a navigare a vista (al largo della Siria).
Ma, intanto, si tratta di cose, logiche, impensabili in €uropa, dove si fa terrorismo sugli spread per invocare la "stabilità politica", (per proseguire il massacro dell'occupazione), senza capire nemmeno cosa significhino. O forse l'hanno capito benissimo. E' che non ve lo "possono" spiegare...

14 commenti:

  1. L'uso terroristico dello spread da parte del mainstream mediatico italiano è talmente becero e propagandistico da risultare vulnerabile perfino ad affermazioni di natura non tecnica. Infatti:

    a) se lo spread dipendesse dalla "stabilità politica" e dalle "riforme", nell'estate del 2012, dopo il decreto salva-Italia, riforma del lavoro e decreto sviluppo uno e con una maggioranza (bulgaramente) solida attorno a Monti, avrebbe dovuto picchiare in caduta libera. Invece era a 500 punti.....

    b) per la stessa ragione, le dimissioni di Monti avrebbero dovuto farlo schizzare a valori siderali. Ma era Natale, e probabilmente lo spread aveva chiesto ferie.... (che improduttivo!).

    b) dopo le elezioni di Febbraio, con un governo dimissionario ed un Parlamento incapace di esprimere una maggioranza, il predetto spread avrebbe dovuto assestarsi almeno a quota 500 se non oltre. Invece, si è limitato a superare timidamente quota 300 (a giugno dell'anno scorso Monti avrebbe acceso un cero, se fosse stato a 300....), per poi ridiscendere gradualmente ben prima dell'insediamento di Letta.....
    Forse era stanco, o non si era riposato abbastanza......

    c) quest'estate, infine, registriamo lo stato dell'arte. Un giorno sale per "timori Siria", il giorno dopo per "timori caduta governo" (con la Siria rapidamente dimenticata). Ma comunque sembra riottoso a salire e questo, va detto, è un problema.
    Scatta allora l'astuta "mutatio controversiae": lo scarto tra Italia e Spagna si è azzerato. Non siamo più "migliori di loro"!!! (Ma Rajoy non era indagato per corrrruZZZione??? Forse è solo 'a coruzzzzione italiana che influenza lo spread.... le corruzioni non sono tutte uguali.....)
    Vengo quindi a sapere che, a suon di "riforme strutturali" è in corso una specie di partita Italia-Spagna...... con un clamoroso pareggio iberico in zona cesarini.
    Evidentemente per i nostri preparati giornalisti l'economia e il fanta-calcio sono la stessa cosa.......

    Io non lo so. Onestamente mi domando: "queste contraddizioni sono evidenti e alla portata di qualsiasi persona di buon senso. E probabilmente non sono le sole.
    Basti pensare alla favola del "Più Europa": che, dopo il dumping sociale tedesco, ben potrebbe essere tradotto con un "mettiamoci in società con chi ha cercato di rubarci i soldi". Ora: dato che "lo Stato è come una famiglia", io mi domando: quale padre di famiglia aprirebbe una società con chi ha cercato di fregarlo? Nessuno (a parte il Governo italiano piddino).....

    Comunque: non dico che siano risolutive, ma sono sicuramente un "fumus boni juris" riguardo a qualcosa che non va.
    Chi fa informazione così non la canta proprio giusta, o quanto meno, i rapporti causali che lui da per certi, certi non appaiono per niente: se mi dici che c'è un nesso tra instabilità politica e spread e dopo sei mesi di riforme Monti a tappe forzate lo spread è oltre 500, i fatti, semplicemente, non confermano l'idea...

    Ma la cosa più sorprendente è come la gente creda a questa favola, ignorando anche le contraddizioni più elementari e visibili.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E in effetti continuano, in gran parte, ad abboccare...
      Le ragioni, a livello più di superficie, risiedono nel condizionamento a reti unificate.
      In profondità, come dicevamo ieri con Flavio, nella inibizione di ogni capacità di ragionamento indotta dalla "rimozione"; questa è sigillata dalla paura. La paura dell'ignoto, rispetto alla società che ci (gli) hanno credere dovrebbe esistere e che sarebbe (anche) sempre esistita. Come un fenomeno determinato da leggi naturali: cioè senza saperlo, gli italioti "riconoscono e validano", come universale, la struttura socio-antropologica teorizzata da von Hayek

      Elimina
    2. Ci stavo giusto pensando questi giorni.La paura dell'ignoto e un presente intrasformabile dettato da leggi "superiori",qualcosa che incide talmente in profondita che ha condizionato cellularmente, se è possibile definire in questo modo, il fenomeno di massa in corso.Rimuovere il v.h. che è in noi diventa impresa improba dopo che non siamo riusciti a debellare il B. che è in noi.E si,hai ragione,percorso in salita....in questo modo il percorso della consapevolezza sull'euro,diventa percorso della consapevolezza di sè,intimo e trascendente.Bah!forse sto esagerando e probabilmente è ot.Cordialmente.

      Elimina
    3. NOn è OT. Ed è giusto: in termini più ampi è un percorso di consapevolezza tout court. Necessariamente individuale e, purtroppo, non pienamente trasmissibile. Se non per induzione; per avere la quale su grandi numeri, occorrerebbero grandi masse consapevoli...Ma individualmente, ne vale comunque la pena (altrimenti si rimane al penoso dibattito su cosa sia di destra e su cosa "di sinistra": ceneri nel vento e nulla più)

      Elimina
    4. La testimonianza di esperti come Quarantotto e la divulgazione fatta da ciascuno sono un aiuto fondamentale per per l'aumento della consapevolezza. Il partecipare a gruppi, associazioni e movimenti che si dimostrano aperti alle nuove idee può allargare la platea. Alla fine cambiando noi stessi , si assisterà ad un fenomeno di risonanza morfica che produrrà il cambiamento di paradigma utile a Noi tutti e all'Italia . Vedi teorie della causalità formativa di R. Sheldrake

      Elimina
  2. 48 posso chiederti dove è specificato nella costituzione che il referendum di approvazione delle modifiche costituzionali dev'essere fatto separatamente per ogni articolo modificato e non uno unico come vogliono propinarci?

    mi serve per convincere un piddino :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. NOn c'è scritto da nessuna parte in Costituzione.
      Qualcosa di simile ha affermato la Corte costituzionale con riguardo ai referendum abrogativi di leggi ordinarie

      Elimina
    2. azz allora ho fatto una bella confusione...ma le perplessità di Onida al tempo della commissione dei saggi non vertevano anche sul fatto di sottoporre a unico referendum modifiche differenti?

      Elimina
    3. La preoccupazione ha senso: il Costituente non aveva, implicitamente, immaginato che si riscrivesse in modo sistematico la Costituzione. Com'è già accaduto col titolo V.
      Modifiche di tale portata sono in sè logicamente inammissibili (e infatti è un precedente estremamente eversivo): tendono a sovrapporre al Potere costituente originario, espressione della sovranità democratica popolare, un potere derivato di estensione tale da contraddire la volontà originaria.
      E' evidente ad es; che la tipologia, e la ripartizione stessa delle materie, della legislazione regionale incide sulla sovranità, frammentando il potere della Repubblica di perseguire i diritti fondamentali e la stessa eguaglianza sostanziale.
      E infatti, è quello che sta accadendo.
      Inoltre, l'indebolimento della sovranità statale che così ne deriva agevola la prevalenza delle fonti europee e l'ulteriore degrado della sovranità democratica ab aexterno

      Elimina
    4. A proposito di costituzione. Il PUDE fa avanzare un altro pericoloso pezzo nella scacchiera.

      Tradotto: una nomina che non mi piace per niente

      http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/09/12/Giuliano-Amato-giudice-costituzionale_9286257.html

      Elimina
    5. Ah, non c'è dubbio: tranne clamorose "voglie" di rivincita, il personaggio in questione è il teorico (hayekkiano di risulta), della "dispersione definitiva della sovranità dentro l'UE-M".
      In questo momento, se si atterrà a questa visione, circondato dall'aura di onniscenza che tendono ad attribuirgli, è quanto di più PUD€ e controproducente per la sopravivvenza (dell'interesse) nazionale...

      Elimina
  3. Come sempre un bellissimo post.
    A proposito di quanto hai scritto, possiamo tranquillamente dire che la stabilità politica non interessa molto, visto che in Europa CONVIENE NON GOVERNARE
    E per quanto riguarda il Giappone, Krugman CONCORDA CON TE sul discorso di aumentare le tasse.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Speriamo che Aso e Abe riescano a resistere: siamo ridotti a questo, a tifare per ciò che accde in Gaippone, come epifania di una riaffermazione della sovranità, libera dalla "grande società"

      Elimina