martedì 8 maggio 2018

IL GOVERNO NEUTRALE SENZA MAGGIORANZA IN PARLAMENTO: VERSO UN MUTAMENTO DE FACTO DELLA FORMA DI GOVERNO?


1. Situazione "curiosa": si può dire, con un minimo di ragionevolezza, che l'elettorato, il 4 marzo, ha chiaramente espresso la volontà di non volere un Monti-bis.
E' agevole interpretare questo significato del voto: da un lato, il corpo elettorale, finalmente chiamato a votare, ha creato la presenza di due partiti egemoni, - uno in quanto partito di palese maggioranza relativa (M5S) e l'altro come indubbio partito-guida della coalizione più votata (Lega) -, che rigettano senza mezzi termini l'esperienza "Monti" e la sua forte impronta politica, che ha in effetti pesantemente preorientato l'indirizzo politico pedissequamente seguito da tutti i governi che gli si sono succeduti.

2. Dall'altro lato, ed è questo il dato oggettivo più incontestabile, l'elettorato ha letteralmente dissolto, rispetto all'esito delle elezioni per le precedenti legislature, la grande coalizione che sostenne Monti e che (in forme più o meno evidenti, "sottili" o indirette) si perpetuò coi governi della legislatura iniziata nel 2013; quella il cui parlamento, peraltro, era affetto dalla illegittimità costituzionale della sua composizione, direttamente sancita dalla Corte costituzionale "cassando" l'irragionevole e abnorme premio di maggioranza che caratterizzava la legge elettorale con cui fu votato.
I dati di questo dissolvimento sono evidenti: i partiti "perno" della grande coalizione del "fate presto" nata alla fine del 2011, non sono in grado di fare nulla per garantire una fiducia a un nuovo governo tecnico, "dei tecnici" o neutrale che dir si voglia.
 
3. La prospettiva assunta dal Capo dello Stato, peraltro, è quella di incaricare una "figura di garanzia" o "super partes" che dir si voglia, perché formi un governo "neutrale", che, preferibilmente in carica fino a dicembre, svolga una pesante manovra che tagli la spesa pubblica e/o introduca nuovi tributi (o comunque aumenti la pressione tributaria), per effettuare un consolidamento fiscale che equivalga al gettito (meramente e incautamente sperato) di un aumento dell'IVA che incida per 12,5 miliardi nel 2019 e per 19.1 miliardi nel 2020.
Questa operazione di forzato consolidamento fiscale viene chiamata "scongiurare l'applicazione della clausole di salvaguardia", della quali abbiamo ricostruito l'origine, il trascinamento (inerziale da parte dei governi succedutisi dal 2011) e l'attuale sopravvenuta mancanza di senso economico, essendo le clausole in origine legate a un tipo di aggiustamento dei conti con l'estero, e più estesamente della stessa posizione netta sull'estero, ad oggi al -6,7% del PIL (e che ha una preponderante influenza sugli spread, qui, pp.8-9), che si era nel frattempo già consolidato. Certamente a partire dal 2014 e certamente rafforzatosi grazie alla svalutazione competitiva - dell'euro- che è stato il principale, se non unico, "successo" del QE di Draghi.
Italy Current Account to GDP 4. Questa, al tempo, fu la larghissima maggioranza parlamentare per il governo Monti (ci limitiamo a evidenziare i due principali partiti in grado di garantire una maggioranza bipartisan e autosufficiente):
Camera dei deputati[20] Seggi

Il Popolo della Libertà
Partito Democratico
Unione di Centro
Futuro e Libertà per l'Italia
Popolo e Territorio
Alleanza per l'Italia
PLI
MpA-Alleati per il Sud
Fareitalia
Repubblicani-Azionisti
Liberal Democratici-MAIE
Autonomia Sud
Minoranze linguistiche
Altri[21]
Totale maggioranza
212
206
38
26
23
6
5
4
4
3
3
3
3
14
550

Lega Nord
Italia dei Valori
Totale opposizione
59
21
80
Totale 630
Senato della Repubblica[20] Seggi

Il Popolo della Libertà
Partito Democratico
UdC-SVP e Autonomie
ApI-FLI-Centro Democratico
CN-Io Sud-Forza del Sud
Movimento per le Autonomie
Partecipazione Democratica
Partito Repubblicano Italiano
Altri[21]
Totale maggioranza
128
106

15
13
12
2
1
1
7
285

Lega Nord
Italia dei Valori
Totale opposizione
25
12
37
Totale 322

5. Questo l'esito elettorale attuale e la forza, nelle due ali del parlamento, di quegli stessi due partiti:

Per lista

Camera dei deputati





Movimento 5 Stelle
  
227/630
Lega
  
125/630
Partito Democratico
  
112/630
Forza Italia
  
104/630
Fratelli d'Italia
  
32/630
Liberi e Uguali
  
14/630
Noi con l'Italia - UDC
  
4/630
SVP - PATT
  
4/630
+Europa
  
3/630
Civica Popolare
  
2/630
Italia Europa Insieme
  
1/630
MAIE
  
1/630
USEI
  
1/630
Camera dei deputati (Liste) - XVIII legislatura (Italia).svg
https://twitter.com/paolavalenti29/status/993634166033010688
Senato della Repubblica





Movimento 5 Stelle
  
112/315
Lega
  
58/315
Forza Italia
  
57/315
Partito Democratico
  
54/315
Fratelli d'Italia
  
16/315
Noi con l'Italia - UDC
  
4/315
Liberi e Uguali
  
4/315
SVP - PATT
  
3/315
+Europa
  
1/315
Civica Popolare
  
1/315
Italia Europa Insieme
  
1/315
MAIE
  
1/315
USEI
  
1/315
Senato della Repubblica (Liste) - XVIII legislatura (Italia).svg

6. Se volessimo rapportarci alla "madre" di tutti i governi tecnici, cioè al governo Ciampi, se non altro perché fu il primo governo nella storia della Repubblica guidato da un non parlamentare (in cui persino i non trascurabili apporti di ministri formalmente politici erano evidentemente caratterizzati da una manifesta legittimazione tecnica; ad es; Andreatta, Savona, Conso, Barucci, Spaventa), ebbene, anche in quel caso, esso poté godere di una maggioranza parlamentare vastissima e di una conseguente certissima prospettiva di ottenere la fiducia (abbiamo tentato di evidenziare i partiti che, con una certa approssimazione, corrispondono, pur tra alterne vicende, agli attuali PD e FI o a loro alleati "satellitari"):

Senato della Repubblica Seggi

Democrazia Cristiana
Partito Democratico della Sinistra
Partito Socialista Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Partito Liberale Italiano
Federazione dei Verdi
Partito Socialista Democratico Italiano
Südtiroler Volkspartei
Vallée d'Aoste
Totale maggioranza
107
64
49
10
4
4
3

3
1
245

Lega Nord
Rifondazione Comunista
Movimento Sociale Italiano
La Rete
Per la Calabria
Federalismo
Lega Autonomia Veneta
Lega Alpina Lumbarda
Per il Molise
Totale opposizione
25
20
16
3
2
1
1
1
1
70
Totale 315
Camera dei deputati Seggi

Democrazia Cristiana
Partito Democratico della Sinistra
Partito Socialista Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Partito Liberale Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Federazione dei Verdi
Lista Marco Pannella
Südtiroler Volkspartei
Vallée d'Aoste
Totale maggioranza
206
107
92
27
17
16
16
7

3
1
492

Lega Nord
Rifondazione Comunista
Movimento Sociale Italiano
La Rete
Federalismo
Lega Autonomia Veneta
Totale opposizione
55
35
34
12
1
1
138
Totale 630

7. Ebbene, questi evidenti dati storico-politici e i precedenti giuridico-istituzionali che oggettivamente hanno caratterizzato, ci consentono di estrarre un primo principio normativo, attinente a quella sfera consuetudinaria (detta anche "prassi, come abbiamo visto) che si accompagna, per necessità (derivante dall'assenza di previsioni scritte), all'integrazione del dettato costituzionale, laddove esso si ferma a prevedere che "il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri" (art.92, co. 2, Cost.). 
In tutti i precedenti, compreso anche il governo Dini, l'incarico conferito a un non parlamentare, cioè l'individuazione di un (potenziale) Presidente del Consiglio non ricollegabile alla diretta espressione dell'elettorato, così come, si badi bene, registrata nell'evidente distribuzione delle forze politiche in parlamento, scaturisce invariabilmente dalla preventiva indicazione delle stesse forze politiche presenti in parlamento in un certo momento storico, riposando, per la precisione, in una larga convergenza maggioritaria di queste stesse forze sul sostegno fiduciario a una soluzione che, rigor di Costituzione e di forma parlamentare di governo, risulta comunque atipica.

8. Senza questa sostanziale preindicazione scaturente dalla (ampia) maggioranza degli eletti in parlamento, non si è mai in precedenza dato un governo "tecnico" o, al di là delle formule transeunti utilizzate, un governo "atipico". 
E questo prescindendo dalle ragioni "politiche" (economiche e sociali) che nei singoli casi hanno indotto tale maggioranza preformata tra i partiti a fornire a questa indicazione al Capo dello Stato.
Che poi tale indicazione, nella prassi, possa essere in forma di arbitraggio, cioè chiedendo espressamente (e più o meno liberamente) allo stesso C.d.S., la precisa individuazione del nome del designato tecnico, non toglie nulla alla titolarità, propria delle forze elette in parlamento, di questa opzione: il PdR ritrae la sua potestà "arbitrale", comunque, in funzione della volontà politica "delegante" risalente ad una maggioranza accertata preventivamente.

9. In assenza di questa maggioranza accertata e di una eventuale delega, non si può obiettivamente dire che la contrarietà al governo "neutrale", - cioè non affidato a un parlamentare con l'incarico a un soggetto a legittimazione tecnica-,  espressa con immediatezza dalla maggioranza delle forze parlamentari, possa costituire uno sgarbo verso il Presidente della Repubblica: questa contrarietà, semmai, registra la carenza di un presupposto essenziale, emergente dalla prassi e dalla forma di governo costituzionali, per poter in radice attivare una volontà designatrice del Capo dello Stato, la cui autonomia non può prescindere dalla (non) volontà della maggioranza del parlamento in carica.

Come dunque abbiamo visto, la situazione attuale è che le forze politiche che, pur nelle metamorfosi subite nel corso della tormentata storia della c.d. seconda Repubblica, hanno normalmente dato luogo all'accordo politico che serve da presupposto (costituzionale) per la formazione del governo "tecnico-neutrale-istituzionale...etc", risultano ormai recessive e disabilitate, dall'elettorato (cioè dal motore del processo democratico, prima e più diretta espressione della sovranità popolare ex art.1 Cost.), a formare una qualsiasi maggioranza. O anche solo ad avvicinarvisi.

10. Anzi, si potrebbe aggiungere che l'evidenza dei segnali lanciati dall'elettorato è tale che nuove elezioni a breve potrebbero risolvere la situazione di stallo attuale, anche senza che sia mutata l'attuale legge elettorale: ciò in quanto, il processo di reindirizzo largamente maggioritario delle preferenze di voto del popolo italiano è, manifestamente, un processo che si sta compiendo e sul quale lo Spirito democratico che dovrebbe caratterizzare le istituzioni costituzionali di garanzia non avrebbe ragione di interferire. 
Trattandosi di un'imponente trasformazione in atto, essa non può che essere compresa e favorita come un'espressione della coscienza popolare verso il pieno recupero della sua prerogativa sovrana di contribuire all'indirizzo politico democratico. E va compresa e favorita anche nei tempi, non necessariamente brevi, in cui essa si possa manifestare.
I tempi del pilota automatico €uropeo non dovrebbero divenire la scansione entro cui comprimere il libero gioco della trasformazione della volontà sovrana dell'elettorato.

10.1. Anche perché, come abbiamo ri-evidenziato, questioni come le "clausole di salvaguardia" sono, appunto, automatismi la cui priorità, considerata correttamente nel suo significato politico-economico, non solo non è più attuale e "tecnicamente" attendibile, ma addirittura deve essere l'oggetto di una rimeditazione che costituisce una scelta politica fondamentale e che dà senso (molto) attuale al libero processo elettorale e alle forze politiche divenute più rappresentative; soprattutto perché la trasformazione in atto va compresa, con ragionevolezza e senso della realtà, proprio per il disagio sociale crescente, e presto incontenibile, che proprio tali automatismi hanno provocato.

11. Un'anticipazione di questo pericolo di fretta e di trascuratezza nell'interpretare la grande trasformazione politico-elettorale ed i suoi tempi (che sono pur sempre indice di recupero della primazia della volontà sovrana del corpo elettorale), l'avevamo già segnalata prima delle elezioni; e sul presupposto, peraltro, di una sottostima dei mutamenti di composizione delle forze presenti in parlamento (sottostima che era la risultante dei sondaggi prevalenti, smentiti dal successivo esito del voto).
I risultati del 4 marzo hanno perciò reso valide, a maggior ragione, le gravi problematiche allora individuate:
"...Di tutto questo, - naturalmente al netto delle implicazioni costituzionali già evidenziate e dei contenuti e delle finalità delle "riforme indispensabili" per rimanere in €uropa-, ci dà contezza questo articolo de La Stampa: considerate, leggendo l'articolo, che la momentanea "impossibilità" di nuove elezioni immediate, una volta iniziati gli "appuntamenti" legati agli "indissolubili impegni presi con l'UE", diviene agevolmente una "impossibilità" per la durata dell'intera legislatura. Come ci insegnano gli eventi di quella in scadenza, che è sopravvissuta, alla insanabile illegittimità costituzionale della sua composizione, fondandosi sulla insostituibilità di questi, e proprio questi, parlamentari (nella loro identità di persone fisiche), perché se fossero stati altri (diverse persone fisiche), a seguito di nuove elezioni, sarebbe venuta meno, a quanto pare, la "continuità degli organi costituzionali" (...?).
Analoghe previsioni sulla futura legislatura, (sempre al netto di...), le trovavate già qui.
"...Come abbiamo visto (qui, p.5):
Questa  "curiosa" prorogatio, infatti, può (ormai) indifferentemente operare sia che si tratti di composizione costituzionalmente illegittima delle Camere, sia che si tratti della diversa ipotesi dell'impossibilità di funzionare in una certa composizione
In ogni caso, il governo fiduciario delle Camere in qualsivoglia composizione (anche in ipotesi che ne dovrebbero sancire la cessazione e quindi nuove immediate elezioni) non potrà che trarre dai "mercati" la sua sostanziale legittimazione".
Ora questa situazione è altamente instabile: ma non (soltanto) perché si ratifica il ritorno allo stato meramente politico, cioè agli equilibri dettati dai puri rapporti di forza economici, e quindi il modello neo-liberista dei trattati, quanto perché la saldatura in nome dell'€uropa risentirà della instabilità crescente causata dalla destabilizzazione sociale che si persegue con l'euro
In Italia si fanno calcoli e alleanze politiche dimenticando un ben preciso "dettaglio" (almeno, e senza alcuna sorpresa, a livello mediatico): L€uropa può andare solo nella direzione di un inesorabile inasprimento del suo "ordine internazionale dei mercati", e ogni sua riforma non può che risolversi in un "Piano Funk 2.0".

11. Il timore per la libertà del meccanismo democratico che può sorgere in una difficile situazione come quella qui segnalata è, perciò, quello che difficilmente ci faranno votare prima della fine del QE, o, più esattamente, del manifestarsi degli effetti, sul collocamento del debito pubblico, del suo venir meno
Una fine del QE, oltre la (quasi) scadenza di settembre, tra l'altro, come evidenzia la recente dichiarazione di Draghi appena linkata, è soggetta a una fortissima discrezionalità della BCE, insindacabile e opacamente modulabile proprio in funzione di una pesante "condizionalità" politica che potrebbe essere esercitata sia sulla concreta possibilità di andare al voto sia sulla sua stessa libertà di espressione, in quanto coartabile da parte di una ben prevedibile campagna mediatica, incentrata su un combinato incessante di nuovi "stati di eccezione" legati al vincolo €sterno ed ai suoi meccanismi automatici di svuotamento dell'indirizzo politico nazionale.

18 commenti:

  1. Per gli autorevoli commentatori non appoggiare il Governo del Presidente della Repubblica è già questa mattina è uno sgarbo ai limiti della sovversione. Mi immagino non appena scoppierà l'ennesima bolla... Non escluderei un bel decreto legge che ricalcasse i contenuti della Legge 25 novembre 1926 n. 2008. Del resto la storia insegna che la politica di deflazione non può essere sostenuta a lungo se non con una altrettanto ferrea legislazione sull'ordine pubblico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo, pur ripetendosi la Storia ma in farsa, il piano inclinato su cui siamo conduce a misure analoghe.
      E potrebbero, stavolta, emergere da un regolamento o da un direttiva UE (di quelle che devono essere recepite in tutta fretta e senza discutere, una volta ammorbidita l'opinione pubblica con bombardamento preventivo a tappeto..su fake news e protezionismo che minaccia la pace)

      Elimina
    2. Esatto. Ma non è da sottovalutare nemmeno l'abnorme tentativo di estendere la legislazione antimafia praticamente a qualsivoglia reato (dalla turbativa d'asta alla capocciata con aggravante mafiosa). Estensione grave, perchè i mezzi di indagine sono davvero penetranti, anzi senza usare mezzi eufemismi, sono quasi vera e propria tortura diretta ad ottenere un'ammissione di colpevolezza e le chiamate in correità a casaccio.Per ora l'entensione investe gli avanzi di galera, ma finiti quelli, prima o poi toccherà a tutti quelli che dissentono, protestano e intralciano, per usare una felice espressione partorita su questo blog, il Progetto di Essi.

      Elimina
  2. Anche io sono perplesso riguardo alla questione del 'Governo neutrale'. A rigore di Costituzione, tutto quello che dovrebbe fare il Presidente della Repubblica è accertare l'assenza di una maggioranza e richiamare il corpo elettorale a una scelta più netta.
    Il 'governo neutrale' è invece, al di là delle parole, un sostanziale ricatto politico che conferma ancora una volta il cambiamento de facto del ruolo del PdR, che dovrebbe certificare, e non determinare, la volontà delle forze politiche. Sostanzialmente, paventando i citati 'automatisimi' (che tali non sono ma così vengono spacciati), si vuole imporre alle Forze politiche una fiducia forzata, peraltro, come leggo dal post, al di fuori della consuetudinaria convergenza che ha preceduto la nascita, nel passato, di governi similari.

    Tuttavia, per poter governare nei pieni poteri, una maggioranza, anche sul momento, si dovrà pur formare (o almeno questo è quello che spera il PdR, immagino). Sarebbe tuttavia una fiducia chiaramente interlocutoria (stante il contesto in cui si forma): secondo me, di fatto, c'è il rischio di andare avanti come ai tempi di Depretis, a cercare la maggioranza di volta in volta su ogni singolo decreto, ogni singolo articolo, ogni singolo emendamento...

    Politicamente, il 'perno' della riuscita dell'operazione rimane a mio avviso il M5S, anche perché la maggioranza più 'naturale' per una sostanziale riedizione del Governo Monti è proprio quella M5S-PD (stante l'impossibilità numerica di replicare un nuovo Nazareno). Di Maio dovrebbe rimangiarsi ancora una volta la parola e, al contempo, il gruppo PD dovrebbe cercare di non spaccarsi, tutto in nome di un fantomatico 'senso di responsabilità'.
    Sarebbe pertanto una maggioranza intrinsecamente debole. Certo: poi, una volta insediati e preso il potere, potrebbe anche (spero di no) maturare una spinta verso un governo di legislatura....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi chiedo, la proposta di un "governo neutrale" non potrebbe essere un modo per bypassare il veto di Renzi sul governo M5S+PD?

      Elimina
    2. Con un po' di senso della realtà, che sta tra l'altro emergendo: perché i "piloti" del movimento dovrebbero accettare una rotta di supina accettazione dell'austerità €urista, facendosi associare al PD come neo-linfa dei governi che hanno distrutto il consenso dei partiti che li sorreggono?

      Per quanto contraddittori e spesso privi di logica economica e costituzionale siano i programmi del M5S, la trasformazione del "cambiamento" in gestione pro-investitori esteri, effettuata per di più da soggetti chiaramente appartenenti all'€stablishment, sarebbe un suicidio troppo vistoso.
      Persino agli occhi dei suoi elettori più acritici e livorosi.

      Elimina
  3. Il governo neutrale...

    Il governo naturale. Il governo del kosmos. Insomma, il governo di Pinochet.

    Me lo vedo il primo disturbato mentale di Goldman Sachs, con i dollari al posto del sangue, un software virato a posto del cervello, che fa la sua opera di salvezza della Patria.

    Per carità di patria, oserei dire.

    Per amore di questa espressione geografica abitata da 'sto miscuglio di razze altamente emettitrici di CO2.

    Alla fine l'austerità è la marmitta catalitica della plebaglia.

    In particolare il contante circolante emette un elevato livello di polveri sottili.

    Euro1, euro 2, Basilea1,2,3, target 2...

    Se ci fosse un black out i tecnocrati, i neutrali, gli esseri senzienti salvatori di patrie altrui, si spegnerebbero.

    Ricordo che nello slang liberale, essere "responsabili" significa chinare il capo all'oppressore.

    A questo punto, governo neutrale per governo neutrale, io proporrei una figura super partes che più super partes non si può: un'autorità morale che più austera, apolitica e aconfessionale non si può.

    Papa Francesco.

    Ci ha pure la copia delle chiavi del paradiso!

    (O ce le ha il Ratzi? Non c'è proprio più religione...)

    RispondiElimina
  4. Curioso sì questo richiamo alla “neutralità”.

    Non inedito, però:

    Oltre alle forze meramente partitiche devono esserci anche altre forze apartitiche e sovrapartitiche, se l’unità statale non deve dissolversi in una correlazione pluralistica di complesse forze sociali. Se inoltre uffici ed istanze costituzionalmente previste non sono capaci di una volontà politica unitaria, allora diventa del tutto inevitabile che la sostanza politica passi a determinati centri del sistema sociale o politico. Altri poteri siano essi legali o apocrifi assumono spontaneamente o costretti, consapevolmente o semi-consapevolmente, il ruolo di Stato e governano, per così dire, sotto banco. L’« astuzia dell’idea », in forza della quede proprio in Parlamento deve venire ad esistenza l’unità della volontà di tutto quanto il popolo, non è affatto rivolta ai partiti di coalizione o ai loro gnippi; il Parlamento non ha nessun imperituro monopolio ad essere il solo teatro dell’astuzia dell’idea e questa può spostare facilmente il suo campo. Ad un quadro generale della realtà delle nostre odierne condizioni statuali appartengono perciò necessariamente anche queste diverse forze antagoniste e questi rimedi. Per quanto esse siano unite dalla comune opposizione alle attuali condizioni di un labile Stato di coalizioni di partiti, esse nel loro complesso non si lasciano caratterizzare come tentativo di uno Stato politicamente neutrale nei confronti dei partiti. Con ciò si comprende da sé come la parola « neutrale » in sé ambigua e, come ogni concetto politico, determinata dalla sua concreta opposizione, significhi in questo contesto innanzitutto niente altro che l'opposizione contro le forze e i metodi del labile Stato delle coalizioni partitiche, la cui forza è abbastanza grande e centrale, per abbracciare con una comune opposizione una molteplicità di forze diverse l’una dall’altra.”. (C. Schmitt, Il custode della Costituzione, Giuffrè, Milano, 1981, pag. 155. Ricordo anche le citazioni che avevo riportato qui).

    Guarda un po’ chi ti vanno a ritirare fuori, gli europeisti pacifisti…

    RispondiElimina
    Risposte
    1. There's No Such Thing As a Neutral Government!

      Per fortuna che abbiamo gli austriaci dalla nostra parte, a difenderci dai nazisti e... dai liberali.

      Elimina
    2. p.s.

      alla fine Carl Schmitt avrebbe dato un contributo di livello alla Venice Commission. Quanto meno emerge la preparazione e la cultura.

      Elimina
    3. A me la traduzione lascia forti perplessità; già, per dire, sostituendo a "Altri poteri, siano essi legali o apocrifi (...?)" un "altri poteri, siano essi legalmente tipizzati o (normativamente) innominati" rende il ragionamento più intelleggibile.

      Si avrebbe in tal modo un'immediata riconoscibilità della fenomenologia sociale di cui si sta parlando: il Quarto Partito (ce n'è sempre uno in ogni ordinamento a basi capitalistiche), ossia le istituzioni (di diritto pubblico positivo o autonome a base associativa) controllate strutturalmente dall'oligarchia capitalista si contrappongono ai parlamenti eletti a suffragio universale e li controllano (da un livello superiore e intangibile).

      E dunque, "neutrale" significa sia potere legittimato indipendentemente dal processo elettorale (inscindibile dal fenomeno partiti-parlamento), sia tale da rifiutare l'articolazione e l'organizzazione degli interessi della non elite.

      La traduzione mi pare fatta da un non giurista (magari da un laureato in lettere e filosofia).

      Elimina
    4. Concordo che la traduzione, opera di un filosofo del diritto (temo proveniente da filosofia...), lasci a desiderare e purtroppo non ho l'originale tedesco (vediamo se riesco a procurarmelo...;-)).

      L'interpretazione del senso però, anche conoscendo il contesto storico e il ruolo che vi ha giocato Schmitt, lascia ben pochi dubbi.

      Ancora una citazione: "Una parte delle forze della policrazia assume la sua importanza politica e la sua capacità di resistenza per effetto di un legame.con i titolari del pluralismo statale, che hanno un interesse alla policrazia, nella misura in cui essa offre loro immediatamente posizioni di potere a favore delle loro organizzazioni. Un’altra parte invece deve la sua giustificazione ed in gran parte anche la sua origine ad una tendenza in un certo senso opposta: di fronte alla divisione pluralistica dello Stato determinati complessi ed istituzioni particolarmente bisognosi di protezione nell’interesse di tutta l’economia, devono essere sottratti all’influenza dei partiti politici ed essere neutralizzati politicamente. Vi appartengono soprattutto la Banca e la Ferrovia del Reich." (Ibid., pag. 144).

      Più chiaro di così...

      (Però guarda un po’: si evoca, del tutto a sproposito, il fascismo di Schmitt quando si parla di referendum sulla Brexit, ma mai e poi mai se si discute di indipendenza della banca centrale, dove il richiamo sarebbe invece pertinente. Un'altra "curiosità".)

      Elimina
  5. IL SIGNIFICATO DELLE PAROLE: NEUTRALE DI SERVIZIO
    (otc, dal lat. NEUTRALIS, NEUTER “nessuno dei due” - dal lat. servitium, servus «condizione di schiavo»)
    Pongo una "basale" riflessione:
    - se a “nessuno dei due”, chi è il “terzo” che trae il profitto (dal lat. proficere, "andare oltre", "giovare")?
    PUNTO

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Leggo in un'ansa di oggi che il Presidente della Repubblica avrebbe dichiarato che "a volte, anche gli interessi del Paese sono neutrali".
      Da sentirsi peggio: questa frase, apparentemente innocua, richiama alle mie orecchie quella delegittimazione di fondo della democrazia rappresentativa (da "piegare", in sostanza, al perseguimento di un reale bene comune che essa strutturalmente si presume non possa conseguire), tipica di documenti altamente reazionari, come -e plurimis- quello più volte ricordato di Sonnino di fine '800....
      Non proprio una bella cosa.

      E' mia personale opinione che liberalismo e parlamentarismo, visti dalla 'vulgata dominante' come fratelli di sangue, siano in realtà due fratellastri che si stanno reciprocamente antipatici. Ondate reazionarie come quella che viviamo oggi, il fatto che molti 'liberali' già sposarono a suo tempo la causa fascista ed altre memorie simili mi inducono a credere che il 'liberale', in realtà, ami l'autoritarismo e odi i parlamenti. Più di quanto non ammetta nella forma.

      Elimina
    2. Ma certo che lo ama: non lo definisce nominalisticamente tale solo perché si fonda sul dogma parareligioso della naturalità scientifica dell'ordine del mercato e della conseguente legittima difesa dell'assetto proprietario attuale, abilitante a qualsiasi forma di repressione.
      Nessuna esclusa, in quanto fondata sul supremo valore etico, e pregiuridico, della libertà.

      Elimina
    3. Penso sia un problema di costi e benefici. Avevo provato a ipotizzarne i termini qui.

      Certo, quando i meccanismi di filtro all'accesso al potere politico - oggi, abolito il voto censitario, prima di tutto i media e, in EU, la governance – iniziano a fare cilecca, i parlamenti tornano ad essere minacciosi.

      A questo proposito viene in mente un passo del vivace 18 brumaio di Luigi Bonaparte (Editori Riuniti, Roma, 2001 [1964], pag. 115): “La borghesia vedeva giustamente che tutte le armi da lei forgiate contro il feudalesimo volgevano la punta contro di lei, che tutti i mezzi di istruzione da lei escogitati insorgevano contro la sua propria civiltà, che tutti gli dèi da lei creati l’abbandonavano. Essa capiva che tutte le cosiddette libertà e istituzioni progressive borghesi attaccavano e minacciavano il suo dominio di classe tanto nella sua base sociale quanto nella sua sommità politica; erano cioè diventate «socialiste».

      Elimina
    4. Mi permetto una citazione irriverente: "In secondo luogo perché la stessa borghesia, il nemico principale del movimento di liberazione, è divenuta un'altra, si è trasformata in modo molto profondo, è divenuta più reazionaria, ha perso i legami col popolo e, di conseguenza, si è indebolita. Si comprende che questo fatto deve rendere più facile l'azione dei partiti comunisti e dei partiti democratici. Prima, la borghesia si permetteva di fare del liberalismo, difendeva le libertà democratico-borghesi e, in tal modo, si creava una popolarità. Oggi del liberalismo non è rimasta traccia: non vi è più "libertà individuale” e i diritti della persona sono riconosciuti solo a chi ha il capitale, mentre tutti gli altri cittadini sono considerati come grezzo materiale umano, buono soltanto per essere sfruttato. Viene calpestato il principio dell'uguaglianza dei diritti degli uomini e delle nazioni: esso è sostituito dal principio dei pieni diritti solo per la minoranza degli sfruttatori e dalla mancanza di diritti per la maggioranza sfruttata dei cittadini. La bandiera delle libertà democratico-borghesi la borghesia l'ha buttata a mare; io penso che tocca a voi, rappresentanti dei partiti comunisti e democratici, di risollevarla e portarla avanti, se volete raggruppare attorno a voi la maggioranza del popolo. Non vi è nessun altro che la possa levare in alto. Prima Ia borghesia era considerata la guida della nazione: essa difendeva i diritti e l'indipendenza della nazione e li poneva “al di sopra di tutto”. Ora non vi è più traccia del "principio nazionale”, oggi la borghesia vende i diritti e l'indipendenza della nazione per dei dollari. La bandiera della indipendenza nazionale e della sovranità nazionale è stata gettata a mare: non vi è dubbio che questa bandiera toccherà a voi di risollevarla e portarla in avanti, a voi rappresentanti dei partiti comunisti e democratici, se volete essere i patrioti del vostro paese, se volete essere la forza dirigente della nazione. Non vi è nessun altro che la possa levare in alto" (Iosif Stalin, XIX Congresso).

      Elimina