giovedì 4 gennaio 2018

A COSA POTREBBERO SERVIRE QUESTE ELEZIONI? DUE CONSTATAZIONI OBBLIGATE


Elezioni 4 marzo, il borsino del voto. Partiti, chi sale e chi scende. I trend
(Sic...)


1. Insomma, proseguendo nel discorso più che mai attualizzato dalla fissazione delle elezioni per il prossimo 4 marzo, la domanda è: a cosa potrebbero servire queste elezioni?
Abbiamo visto (in molte occasioni, come tema ricorrente, e da ultimo qui) come la risposta più immediata dipenda in definitiva dalla forma di Stato in cui si svolga il processo elettorale: democrazia "liberale" (o formale) o democrazia sociale (o sostanziale). Nella prima, in termini molto pratici, l'indirizzo politico prescinde da qualsiasi preferenza espressa dalla volontà popolare (e, preliminarmente, ci si assicura, attraverso organizzazioni che agiscono sulla base di precisi obiettivi programmatici, che la stessa volontà sia comunque condizionata da un accurato sistema di controllo mediatico-culturale).

2. Questo dualismo, sulla cui irriducibilità a un substrato comune non ci dovrebbero più essere dubbi (nel senso che se ancora li si avesse, si sarebbe troppo lontani da una comprensione utile...per se stessi), ci impone di accertare preventivamente in quale dei due modelli alternativi, in questo momento storico, ci troviamo a partecipare alle elezioni.
A livello intuitivo, cioè di reazione quasi-istintiva e non determinata da capacità di valutazione che implichino complesse conoscenze storico-istituzionali e politico-economiche, il corpo elettorale italiano sta reagendo com'è naturale che sia in una democrazia formale/liberale: cioè si astiene in percentuale crescente. 
Un fenomeno che abbiamo più volte analizzato, evidenziando come sia il risultato di un vero e proprio modello operativo, promosso dalle elites, e studiabile con una certa precisione.

3. E sappiamo pure come questo modello operativo sia stato perseguito attraverso la teoria del vincolo esterno, in modo da trasformare, per l'appunto, la democrazia sociale della nostra Costituzione in una democrazia liberale, introdotta tramite l'imposizione - mai pienamente vagliata nella sua legittimità -, della prevalenza delle regole giuridiche derivanti dai trattati europei; e tutto questo, secondo una mera prassi applicativa dei trattati che non è mai corrisposta ad alcuna previsione esplitica degli stessi e che, quindi, non è mai stata oggetto di ratifica e di approvazione da parte dei parlamenti e dei cittadini degli Stati che ne subiscono le conseguenze.
Questa complessiva situazione che segna la inutilità delle elezioni stesse, - almeno nelle intenzioni delle elites che hanno governato questa trasformazione del nostro ordine costituzionale, anche nei suoi principi immodificabili-, è perfettamente riassunta in questo tweet di Federico Fubini:
Delle promesse elettorali irrealistiche dei partiti, non preoccupa che le attuino sul serio (sono inattuabili). Ma che dopo il 4 marzo ai politici manchi la legittimazione per attuare misure meno popolari, ma serie, perché non hanno mai chiesto il voto su questo
— federico fubini (@federicofubini) 2 gennaio 2018

4. Dunque, il vincolo esterno, cioè i trattati, servono a trasporre la determinazione dell'indirizzo politico in una sfera che renda pressocché superflue le elezioni ed elimini le incertezze sui suoi contenuti che potrebbero derivare da una democrazia rappresentativa di interessi più compositi di quelli della timocrazia capitalista.
Si tratta in sostanza di una metodologia che assimila il blocco delle democrazie europee, coinvolte nella costruzione €uropea, alla democrazia federalistica e liberale degli USA:cioè, gli stessi USA che sono, i promotori del progetto. Sempre Fubini ci offre una forte traccia di questa aspirazione e della sua realizzazione anche sul piano sociale e demografico:
L’Europa dei nuovi emigranti (europei). La UE diventa un po’ più simile agli USA: i giovani cambiano Stato dell’Unione, si spostano dove c’è lavoro. E la Germania attira talenti costosamente istruiti nei Paesi meno ricchihttps://t.co/WM3TLBDNLB

— federico fubini (@federicofubini) 2 gennaio 2018

5. Rammentato questo quadro, per rispondere al quesito iniziale (a cosa potrebbero servire queste elezioni?), possiamo ragionevolmente fare affidamento sugli studi scientifici effettuati negli stessi USA per verificare l'effettiva titolarità del potere di indirizzo politico. Ricorriamo ad uno paper, fondato su un ampio e significativo campo di dati, citatoci da Arturo. Dello studio riporto l'intitolazione e l'abstract che vi traduco:  
·         Martin Gilens and Benjamin I. Page
·          
o    Published online: 18 September 2014
Abstract
Ciascuna delle quattro tradizioni teoriche nello studio della politica americana - che possono essere classificate come teorie della democrazia maggioritaria elettorale, della dominazione della elite economica, e di due tipologie di pluralismo dei gruppi di interesse- offre differenti previsioni su quale serie di attori abbiano la maggior influenza sulla public policy: i cittadini normali (average citizens); le elites economiche; e i gruppi di interesse organizzati, aventi base di massa (mass-based) o funzionali al settore delle imprese (business-oriented).
Una gran mole di ricerche empiriche tratta dell'influenza di una o l'altra serie di attori, ma fino a tempi recenti non è stato possibile testare queste teorie previsionali contrastanti tra loro all'interno di un unico modello statistico. Lo studio si sforza di realizzare ciò, usando un unico complesso di dati che include la misurazione di variabili chiave per 1,779 interventi di politica normativa (policy issues).
L'analisi statistica multivariata indica che le elites economiche e i gruppi organizzati rappresentativi degli interessi del business hanno un sostanziale impatto indipendente sulla politica dello  U.S. government, mentre i cittadini medi e i gruppi di interessi mass-based hanno un'influenza indipendente scarsa o nulla.
I risultati forniscono un supporto sostanziale alle teorie della Dominazione della elite economica e a quelle del Pluralismo preorientato (Biased Pluralism), ma non per le teorie della Democrazia maggioritaria elettiva o per il Pluralismo maggioritario.
5.1. Riportiamo in ogni modo alcune figure che sintetizzano le ipotesi verificate dallo studio (e già inserite nel post del 2 gennaio 2018):



5.2. Questi esiti, tra l'altro, ci consentono una immediata connessione con un altro grafico, indicatore della correlazione tra "grandezza" dello Stato, e dei suoi compiti, e misura dell'astensionismo, nelle varie ipotesi di "forma di Stato": come si vede, nella democrazia liberale (monoclasse e timocratica), l'efficacia della riduzione dello Stato è massima; e l'astensionismo è massimizzato proprio in dipendenza dell'esito, univocamente pro-preferenze delle elites, del processo decisionale pubblico (si veda qui, pp.5 e seguenti)





6. La trasponibilità analogica delle conclusioni di uno studio statistico è, ovviamente, un'ipotesi probabilistica: ma, per quanto riguarda un paese che sia impegnato in elezioni "politiche" come l'Italia, in quanto facente parte dell'unione economica e monetaria europea, le dinamiche osservabili, relative alla dominance della elite economica e dei gruppi organizzati degli "affari", sono persino istituzionalmente più rigide e prevedibili
Sia per quanto riguarda la prefissazione, "una volta per tutte" di ogni possibile obiettivo delle politiche economico-fiscali generali, parlandosi da parte delle stesse istituzioni UE di "pilota automatico" (v. qui, addendum iniziale), sia per quanto riguarda la sostanziale ininfluenza dei parlamenti nazionali, e di conseguenza dei governi che da questi ritraggono, molto in teoria, le linee programmatiche della "fiducia", nel determinare in modo "indipendente" tali obiettivi.
Basti al riguardo, da un lato, rammentare il discorso di Barroso sulla predeterminazione tecnico-efficiente di tale indirizzo, in base al naturale sviluppo applicativo dei trattati, predeterminazione esaltata come producentesi al di fuori di qualsiasi dialettica maggioranza-opposizione (il che è l'esplicita negazione in assunto della rilevanza del processo elettorale nei singoli Stati membri), e dall'altro, i "paletti" che, - con piena consapevolezza di questo svuotamento dei parlamenti nazionali e quindi delle elezioni che ne precedono la composizione-, ha posto la Corte costituzionale tedesca a qualsiasi obbligo derivante dai trattati nella ben nota Lissabon Urteil (qui, pp.2-3).

7. Un approfondimento di questi aspetti, d'altra parte, è rinvenibile nell'intera produzione di questo blog (a partire dalla natura fondamentale dei trattati economici che fondano le organizzazioni internazionali e passando per la logica delle condizionalità che da essi derivano irresistibilmente, qui, pp. 4-7).

Ora, la risposta concreta al quesito iniziale sta dunque in due aspetti, entrambi di pari evidenza, ma caratterizzati dalla loro non simultanea percepibilità al "cittadino medio", immerso nel paradosso della proiezione identificativa cui lo induce il sistema di controllo mediatico-culturale, che sta procedendo alla sempre più accelerata sterilizzazione della stessa funzione del suffragio universale nei singoli ordinamenti nazionali, in specie dei paesi appartenenti all'eurozona:
a) in sostanza, l'unica residua opzione di voto che assume il senso di una scelta effettiva (e non meramente apparente), verte sull'accettazione o meno della prevalenza dell'ordinamento sovranazionale dei trattati e, in particolare, delle regole derivanti dall'appartenenza all'eurozona;
b) il respingere questa prevalenza e queste regole ha senso solo se ci si pone il problema della vera funzione e finalità delle stesse: cioè, l'instaurazione di una democrazia liberale/formale che (ri)porti le politiche pubbliche sotto la Dominance delle elites economiche e dei gruppi organizzati degli "affari".

8. Con queste due constatazioni obbligate (in base a tutto quanto precede), è automaticamente definita sia la questione della residua utilità delle prossime elezioni, sia la questione, ancora più spinosa, della identificazione delle forze politiche per cui avrebbe un "senso" esprimere un voto: queste ultime saranno logicamente quelle che sono in grado di formulare e far coesistere nei loro programmi, con inequivocabile chiarezza, entrambi gli aspetti critici appena esposti.
Non uno solo di essi (ad es; euro-brutto perché svantaggia le nostre imprese, ovvero, finanza-brutta e capitalismo predatorio, ma senza connetterlo all'euro e alle sue regole).  
Può esprimersi questa sfumatura, non secondaria, del discorso, anche in questi termini: la stessa volontà politica di ripristinare la flessibilità dei cambi all'interno dell'occidente europeo è certamente indicativa di un obiettivo di ripristino di un certo livello della democrazia del lavoro; ma (come mostra d'altra parte la situazione del Regno Unito, come quella, sia pur eccezionalistica dal punto di vista monetario, degli Stati Uniti), ciò non implica automaticamente l'abbandono del mito delle politiche deflazionistiche-competitive sul solo lato dell'offerta (cioè dell'elite economica e dei suoi gruppi organizzati), e la tensione al monetarismo come proiezione attualizzata, e politicamente accettabile, dell'altra mitologia del gold standard.
Basti ricordare che uno strumento, qual è la moneta unica entro un trattato liberoscambista, per quanto efficiente, rimane pur sempre tale.

8.1. Se non si è consapevoli del tipo di democrazia che si vuole nel nostro Paese, le stesse forze che hanno imposto il vincolo esterno e che hanno da sempre congiurato per disattivare la Costituzione, potranno sempre trovare altri strumenti, adattandoli alle nuove condizioni di controllo del consenso che l'evoluzione geo-politica, soggetta a stress determinati dalla sua stessa rigidità ideologica, riterrà ancora praticabili. 
E li potranno trovare tanto più facilmente in quanto non sia attentamente rivisto l'impianto giuridico-istituzionale, ormai strutturato nelle sue alterazioni, che caratterizza l'ordinamento interno a seguito di decenni di applicazione del vincolo esterno: questa revisione precondiziona in modo essenziale lo stesso problema delle eventuale revisione dei trattati, e la realistica possibilità di un utile negoziato che ne riconduca le previsioni alla compatibilità con l'interesse nazionale.

10 commenti:

  1. L’Europa dei nuovi emigranti (europei). La UE diventa un po’ più simile agli USA: i giovani cambiano Stato dell’Unione, si spostano dove c’è lavoro. E la Germania attira talenti costosamente istruiti nei Paesi meno ricchihttps://t.co/WM3TLBDNLB

    — federico fubini (@federicofubini) 2 gennaio 2018

    A parte il no della Germania:

    quand'anche non si fosse in questa condizione giuridico-negoziale, peraltro, i trattati non sarebbero rinegoziabili includendo la Germania nel nuovo accordo: sia perché il divieto di solidarietà fiscale è pre-condizione essenziale (voraussetzung) della sua adesione a Maastricht, sia perché la sua posizione ufficiale, reiteratamente affermata e nota alle controparti, è nel senso della inammissibilità, per la Costituzione tedesca, degli Stati uniti d'€uropa.
    Nell'attuale composizione dell'UE, la riforma soggetta all'egemonia tedesca, potrebbe solo accentuare l'incubo del contabile.

    http://orizzonte48.blogspot.com/2017/11/rinegoziare-maastricht-il-cammino-del.html?spref=tw

    vorrei riportare questo discorso di Rawls per i nuovi lettori:

    Una domanda che gli Europei dovrebbero porsi, se mi è consentito azzardare un suggerimento, è quanto vincolante dovrà diventare la loro unione. Si perderebbe molto, credo, se l’Unione Europea diventasse un’unione federale, sul modello degli Stati Uniti. Qui esiste un linguaggio politico comune e una certa disponibilità a spostarsi da uno Stato all’altro.
    Non vi è conflitto tra un mercato esteso, libero e aperto che comprende l’intera Europa e i singoli Stati-nazione, ognuno con le proprie istituzioni sociali e politiche separate, le proprie memorie storiche, e le proprie forme e tradizioni di politiche sociali. Di sicuro si tratta di valori significativi per i cittadini di questi Paesi, valori che danno un senso alle loro vite.
    Il mercato aperto europeo è tra gli obiettivi dei grandi gruppi bancari e dei più grandi gruppi capitalistici, il cui scopo principale non è altro che aumentare il profitto.
    L’idea di una crescita economica, continua e marcata, senza alcun obiettivo specifico all’orizzonte, si addice perfettamente a questi gruppi. Se parlano di distribuzione, lo fanno quasi sempre in termini di effetti a cascata o ricadute favorevoli.
    Il risultato di lungo periodo di tutto questo – già manifestatosi negli Stati Uniti – è una società civile immersa in un qualche tipo di consumismo privo di senso.
    Non posso credere che questo sia quello che volete

    http://orizzonte48.blogspot.com/2013/10/da-rawls-castaneda-per-la-liberazione.html?spref=tw

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rispetto al monito di Rawls, in verità, siamo andati un po' (molto) oltre. Siamo alla restaurazione del modello finanziario di capitalismo neo-classico, imperialista e globalizzato, che portò alla grande recessione della seconda metà dell'800.

      Una situazione in cui la democrazia è praticamente impossibile; mentre l'immiserimento di massa no.
      Gli USA si sono dimostrati incapaci di governare un equilibrio mondiale che non sia (auto)distruttivo: non gli basterà un tardivo e molto parziale recupero del concetto propagandistico di Nazione.
      Anche perché hanno sempre avuto paura della democrazia popolare.

      Elimina
    2. grazie 48.... come dicevo ho inserito il post per i nuovi lettori

      comunque la maggior marte delle persone che seguo su twitter (come ha ben detto lei) ragionano così:

      "Non uno solo di essi (ad es; euro-brutto perché svantaggia le nostre imprese, ovvero, finanza-brutta e capitalismo predatorio, ma senza connetterlo all'euro e alle sue regole)."

      molti non hanno capito il finale di questo post

      http://orizzonte48.blogspot.com/2016/06/uk-italia-e-la-sovranita-la-sua-ragion.html?spref=tw

      Elimina
    3. "Gli USA si sono dimostrati incapaci di governare un equilibrio mondiale che non sia (auto)distruttivo: non gli basterà un tardivo e molto parziale recupero del concetto propagandistico di Nazione."

      Penso che la caduta USA sia già iniziata.

      Come per l'impero spagnolo immagino ci sarà un ultimo 'assedio di Baler' (https://en.wikipedia.org/wiki/Siege_of_Baler) che ne sancirà definitivamente la fine e permetterà un estremo tentativo di salvare la faccia alla oligarchia decaduta.

      Per cogliere i (piccoli) segni della imminente caduta di un impero a volte basta poco.

      Puerto Rico abbandonata (con le infrastrutture distrutte dagli uragani) nella voragine del debito estero.
      La Polonia che minaccia l'uscita dalla EU.
      La Germania che rifiuta di mitigare il suo mercantilismo suicida.
      La Francia che accusa apertamente gli USA di fomentare la guerra con l'Iran.

      E poi la lista (parziale) dei Paesi più o meno periferici, sempre più ostili all'impero USA (che si stanno decisamente orientando verso Cina e Federazione Russa), che cresce di continuo:

      - Iran;
      - Iraq;
      - Siria;
      - Afganistan;
      - Turchia;
      - Pakistan;
      - Filippine.

      'Last but not least' anche questa notizia dalla Moldova.
      http://tass.com/world/984036

      Se la minuscola Moldova guarda a oriente vuol dire che anche Georgia, Bulgaria ed Ucraina ci guarderanno di nuovo.... con a seguire molti altri Paesi di recente acquisizione NATO.

      Mi viene da pensare che si sia invertito il pendolo della storia, nel senso che, così come a cavallo di ottocento e novecento le guerre balcaniche marcarono la progressiva dissoluzione dell'impero ottomano, così un nuovo ciclo di conflitti nei balcani e nel medio oriente scandirà la fine dell'impero USA.

      Elimina
    4. Sicuro ?
      https://www.youtube.com/watch?v=tdUX3ypDVwI

      Elimina
    5. @ a.masotti "Aspetta e spera.... Marte non è così vicino"

      Mi fa rabbia constatare che certi concetti sono stati elaborati prima in URSS (e solo dopo sono stati assimilati in occidente, dove infatti non si cita quasi mai Kardashev), e che non si dia quasi mai il giusto riconoscimento.

      Senza diritti sociali (e quindi con la deflazione permanente) sarà già 'grasso che cola' se riusciremo mai a completare il primo stadio della civilizzazione!

      https://en.wikipedia.org/wiki/Kardashev_scale

      Space X comunque è solo un ennesimo caso di privatizzazione (della NASA), che per ora gode di un discreto successo.

      Se gli USA non hanno l'asso nella manica di un nuovo tipo propulsione (col motore a razzo al massimo si va sulla Luna) su Marte ci andranno prima Cina e Russia.

      Elimina
    6. SpaceX ed altri non sono "privatizzazioni" ma idee innovative rese possibili dalla intelligenza artificiale (nel Falcon9 e' il razzo stesso a controllarsi, non sarebbe possibile ottenere i tempi di risposta necessari alla stabilizzazione del rientro con controllo da terra ) .
      Inizialmente la NASA non credeva a tale soluzione.
      Il secondo punto di differenza e' che Cina e Russia sono stati , SpaceX e' una societa' privata . Farei il paragone con la corsa all'oro : https://it.wikipedia.org/wiki/Corsa_all%27oro .
      Ovviamente , se la mia ipotesi e' vera , i riflessi economici per chi fornisce le infrastrutture saranno enormi: chi fece i soldi non furono i minatori ma i costruttori di ferrovie ed i venditori di pale e zappe.

      Elimina
  2. Se non si è consapevoli del tipo di democrazia che si vuole nel nostro Paese, le stesse forze che hanno imposto il vincolo esterno e che hanno da sempre congiurato per disattivare la Costituzione, potranno sempre trovare altri strumenti”.

    Insomma, chiarirsi le idee su quale tipo di democrazia davvero ci interessa, come precisava Basso - guarda caso proprio settant’anni fa – in un discorso come sempre illuminante (poi riflesso in Costituzione). Non ricordo se l’ho già pubblicato; se così fosse, repetita iuvant, soprattutto in questo tempo di “regolamento di conti”:

    “… sia ben chiaro che non ci limitiamo a considerare la democrazia …solo sul piano formale…, ma la intendiamo anche e soprattutto nel senso sostanziale per cui …la democrazia per noi non consiste in una legge che impone di convocare ogni quattro o cinque anni le elezioni…. Una democrazia in senso sostanziale è soltanto quella nella quale il popolo partecipa veramente e direttamente alla gestione della cosa pubblica: e ciò richiede in primo luogo la …risoluzione dei più gravi problemi sociali, PERCHÉ CHI HA FAME, CHI NON È IN GRADO DI PROVVEDERE AL PROPRIO SOSTENTAMENTO, CHI DEVE COMBATTERE CONTRO LO SPETTRO DELLA MISERIA O DELLA DISOCCUPAZIONE non è evidentemente in grado di partecipare veramente alla gestione della cosa pubblica…

    Non c’è quindi democrazia fine a che questi problemi non sono risolti... …non basta andare alle urne ogni quattro o cinque anni…, bisogna che tutta la vita collettiva…sia veramente democratica. Ogni lavoratore deve sapere, in altre parole, che i suoi problemi li decide da solo, che dipende veramente da lui, dalla sua decisione, …dai suoi voti la risoluzione dei problemi di ogni giorno…. Solo se faremo progredire veramente la classe lavoratrice in questo senso riusciremo a realizzare una democrazia vera nel nostro paese, la quale appunto per essere democrazia vera, NON PUÒ ESSERE DISGIUNTA DAL SOCIALISMO

    Noi non ci accontentiamo che un articolo di legge dica che i cittadini debbono votare …perché la società borghese concede quello che non può non concedere, il suffragio universale, tiene però le armi per fare in modo che questo suffragio universale torni a suo vantaggio.

    Non una democrazia formale che si limiti a concedere il voto E POI DIA AD UNA RISTRETTA OLIGARCHIA DI PLUTOCRATI E DI BANCHIERI CAPITALISTI il dominio delle forze di produzione e l’effettivo potere politico, noi vogliamo. Non è questa la democrazia che ci interessa…
    ” [Il discorso del compagno Basso, su L’Idea, 8 marzo 1947, n. 10, 1].

    Il dominio delle forze di produzione” – attuato tramite vincolo esterno - e quindi “l’effettivo potere politico” (sottratto alla sovranità popolare), che hanno portato i cittadini italiani a non contare praticamente più nulla

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Lo stato cercando proprio di recente...Repetita iuvant, non ci piove

      Elimina
    2. Presidente.... lo trova nei commenti di questo post:

      http://orizzonte48.blogspot.com/2017/02/non-e-rilevante-gramsci-la-conta-e-il.html?spref=tw

      Elimina