venerdì 30 dicembre 2016

CHIARIMENTI SULLA SENTENZA N.275 DEL 2016. PAREGGIO DI BILANCIO, DIRITTI FONDAMENTALI E VINCOLO ESTERNO "A CASCATA".

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e a non voler essere troppo pessimisti sul futuro, "qualche volta - non sempre però- l'eccezione forma una regola secondaria più estesa...":

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I. Una breve precisazione preliminare. 
Potete immaginare quante persone, via mail e sui social, mi segnalano il notorio passaggio della recente sentenza n.275 del 2016 della Corte costituzionale (in neretto i passaggi che "dimensionano" effettivamente quanto deciso dalla Corte):
"11. Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione".
II. Rinvio alla lettura integrale della motivazione, che è ricca di ulteriori e interessanti spunti costruttivi, con riguardo al tema del difficile equilibrismo tra "austerità fiscale" (presuntamente, secondo i titoli accattivanti posti alle leggi recettive dell'euro-austerità...volta alla "crescita!!) e tutela effettiva di diritti costituzionalmente sanciti
Ma, per una migliore comprensione, vi segnalo questo altro passaggio (il punto 13), meno "invasivo" e più preservativo di una futura (e crescente) discrezionalità valutativa della Corte, tanto da giustificare la menzione di un precedente che risale, infatti, al 2016: 
13.− Nel caso in esame, il rapporto di causalità tra allocazione di bilancio e pregiudizio per la fruizione di diritti incomprimibili avviene attraverso la combinazione tra la norma impugnata e la genericità della posta finanziaria del bilancio di previsione, nella quale convivono in modo indifferenziato diverse tipologie di oneri, la cui copertura è rimessa al mero arbitrio del compilatore del bilancio e delle autorizzazioni in corso d’anno. In buona sostanza si ripete, sotto il profilo sostanziale, lo schema finanziario già censurato da questa Corte, secondo cui, in sede di redazione e gestione del bilancio, vengono determinate, anche attraverso i semplici dati numerici contenuti nelle leggi di bilancio e nei relativi allegati, scelte allocative di risorse «suscettibili di sindacato in quanto rientranti “nella tavola complessiva dei valori costituzionali, la cui commisurazione reciproca e la cui ragionevole valutazione sono lasciate al prudente apprezzamento di questa Corte (sentenza n. 260 del 1990)”» (sentenza n. 10 del 2016).
III. Ma ci pare opportuno anche richiamare il precedente punto 7, che, nella sostanza, già delimita il senso del punto 11, "incanalando" la effettiva portata delle successive statuizioni: 
7.− Si deve ritenere che l’indeterminata insufficienza del finanziamento condizioni, ed abbia già condizionato, l’effettiva esecuzione del servizio di assistenza e trasporto come conformato dal legislatore regionale, violando in tal modo il precetto contenuto nell’art. 38, terzo e quarto comma, Cost.
Tale effettività non può che derivare dalla certezza delle disponibilità finanziarie per il soddisfacimento del medesimo diritto, nel quadro dei compositi rapporti amministrativi e finanziari degli enti territoriali coinvolti. Difatti l’affidamento generato dalla previsione del contributo regionale condiziona la misura della disponibilità finanziaria della Provincia e degli altri enti coinvolti nell’assolvimento del servizio in questione.
Non può neppure essere condivisa in tale contesto la difesa formulata dalla Regione secondo cui ogni diritto, anche quelli incomprimibili della fattispecie in esame, debbano essere sempre e comunque assoggettati ad un vaglio di sostenibilità nel quadro complessivo delle risorse disponibili. Innanzitutto, la sostenibilità non può essere verificata all’interno di risorse promiscuamente stanziate attraverso complessivi riferimenti numerici. Se ciò può essere consentito in relazione a spese correnti di natura facoltativa, diverso è il caso di servizi che influiscono direttamente sulla condizione giuridica del disabile aspirante alla frequenza e al sostegno nella scuola.
In secondo luogo, è proprio la legge di cui fa parte la norma impugnata a conformare in concreto le situazioni soggettive oggetto di assistenza (senza poi farne conseguire il necessario finanziamento per effetto del richiamato inciso riduttivo).  
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che «in attuazione dell’art. 38, terzo comma, Cost., il diritto all’istruzione dei disabili e l’integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate)», la quale «attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università»; e che «la partecipazione del disabile “al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce […] un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato (sentenza n. 215 del 1987)”» (sentenza n. 80 del 2010).
IV. Il tema, ci auguriamo, dovrebbe essere ulteriormente approfondito da Francesco Maimone, quando naturalmente ne avrà modo.
Perciò, per adesso, mi limito a uno schema generale di inquadramento della questione.

In sintesi, quella che risulta compiuta dalla Corte al p.11, in un passaggio "confutativo" (di "accertamento" negativo di una eccezione ostativa all'accoglimento della prospettata illegittimità costituzionale), è una disapplicazione "invertita" del diritto UE  - per quanto assimilabile al Fiscal Compact- che, come sappiamo, e come ben sa la Corte, è la fonte alla base dell'art.81 Cost, nuova formulazione. 
In pratica, cioè, si dà una certa lettura costituzionalmente orientata onde non ritenere operante, nel caso concreto, un altro principio costituzionale (appunto il "pareggio di bilancio") che, diversamente inteso, legittimerebbe la norma esaminata dalla Corte (quantomeno sul piano della limitabilità della copertura finanziaria, sia pure determinatata e quantificata).
Da notare, poi, che il ragionamento di cui al p.11, è logicamente assorbito, cioè anticipatamente già reso non più rilevante ai fini del decidere, dal precedente rilievo del citato punto 7, (ribadito al punto 13): e questo, proprio in quanto si ritiene che l'illegittimità risieda anzitutto, e  autonomamente, nella "incertezza" e nella "indeterminatezza" del finanziamento (al trasporto scolastico per i disabili, aventi diritto all'accesso alla scuola con servizi didattici pianificati di sostegno), in quanto la legge censurata non ne precisa l'ammontare (un qualunque ammontare, attenzione) all'interno della "promiscua" "posta finanziaria del bilancio di previsione".

IV.1. E dunque, la questione affrontata nel p.11, quella della incomprimibilità di taluni diritti costituzionali a fronte del principio del "pareggio di bilancio", oltre che mero argomento concorrente, ma non decisivo, cioè ad adjuvandum di un distinto e preliminare profilo di illegittimità, appare quasi un obiter dictum. Ed infatti la struttura logica della decisione fa sì che, a parte l'effetto di reiezione della generica, e già assorbita (dal punto 7), "eccezione" difensiva della Regione, la questione affrontata al punto 11 in sè considerata, non conduca ad uno specifico e stringente effetto conformativo, per il legislatore regionale, derivante in modo univoco dal giudicato costituzionale: l'adeguamento alla sentenza della Corte, in buona sostanza, dovrebbe limitarsi a precisare l'ammontare dello stanziamento senza confondersi con altre possibile destinazioni di spesa e, in modo del tutto generico, a tenere conto del fatto che il diritto in questione non possa essere compresso oltre un certo limite (imprecisato dalla Corte e, peraltro, difficilmente precisabile, dato che si tratta di un rimborso, rispetto a cui il normale criterio prudenziale risulta essere quello di attenersi alla spesa richiesta "a consuntivo" negli anni precedenti, magari adeguata alla variazione dei prezzi di volta in volta rilevata).
Un effetto conformativo di tal genere, comunque, avrebbe avuto stabile efficacia di tutela solo imponendolo al legislatore statale che, rispetto alle competenze di cura degli interessi sociali sul territorio, è il motore primo che innesca il meccanismo che investe regioni e comuni; e lo è in base ai vincoli dei trattati UE, culminanti nel "nuovo" art.81 Cost.
 
IV.2. In particolare, la decisione non affronta e non risolve il problema logico pregiudiziale che è inscindibilmente legato alla ratio ed alla giustificazione della norma censurata (che, appunto, non è certo casuale e frutto di una "malvagia" scelta politica della Regione Abruzzo). 
Vale a dire, il problema della "guerra" tra poveri ovvero del conflitto tra diversi diritti costituzionalmente fondati che deriverebbe dal mero garantirne uno, quale incomprimibile, all'interno di un finanziamento che, complessivamente e promiscuamente, è comunque non solo limitato ma progressivamente tagliato in omaggio al principio del pareggio di bilancio. 
Questo si esprime, ormai da anni (e, prima ancora, nell'ottica della riduzione del deficit al 3%, cioè da decenni) in decisioni finanziarie statali di bilancio adottate per adeguarvisi, e, nello specifico, notoriamente, mediante la riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato alle regioni, tutt'al più da compensare con aumenti della imposizione "locale" nel quadro del c.d. "patto di stabilità interno"
Ma questi meccanismi sono da sempre attuati, per vincolo c.d. "esterno", nel quadro della generale riduzione del fabbisogno statale verso il pareggio stesso, "voluto dall'Europa" e, dichiaratamente (da parte delle fonti europee), al fine prioritario di mantenere la nostra adesione alla moneta unica, e quindi al di fuori di qualsiasi (comprovato) vantaggio ponderabile con i costi sociali che emergono nelle sempre più numerose fattispecie all'esame della stessa Corte costituzionale

IV.3. La Corte, garantendo il pieno e non solo parziale rimborso (nel caso) delle spese sostenute per il trasporto scolastico dei disabili, ha tuttavia, in forza dell'inesorabile meccanismo dei saldi di bilancio, vincolati dal patto di stabilità interna, necessariamente inciso sulla (altrettanto "piena") erogabilità di altri servizi sociali finanziati in tutto o in parte, dalla regione, mediante lo stigmatizzato "indistinto" stanziamento: magari avrà determinato che una madre lavoratrice non avesse più posto nell'asilo nido per il bambino (venendone soppressa la stessa struttura); o che un anziano indigente e affetto da malattia cronica non potesse più vedersi assicurata l'assistenza domiciliare.
Non porsi il problema generale di come il pareggio di bilancio incida, in stretta connessione con la questione devoluta alla Corte, sui complessivi livelli di diritti tutti egualmente tutelati dalla Costituzione, porta a comprimerne, o a sopprimerne uno in luogo di un altro, generando un inammissibile conflitto tra posizioni tutelate.  
Un conflitto che, secondo un prudente apprezzamento della realtà notoria, non può essere risolto scindendo una realtà sociale composta da elementi interdipendenti; tale realtà viene, nel suo complesso, sacrificata illimitatamente, in una progressione di manovre finanziarie di riduzione, portate avanti pressocché annualmente, dall'applicazione del pareggio di bilancio e dalla graduale (o anche talora drastica) situazione di de-finanziamento che esso comporta.
La sua logica, propria dell'applicazione fattane agli enti territoriali, è infatti quella di una prioritaria allocazione delle risorse al risanamento del debito pregresso e dei suoi oneri finanziari.

IV.4. Non si tratta dunque di tutelare un "pochino" (meno) tutte queste posizioni costituzionalmente tutelate, comunque comprimendole tutte contemporaneamente, ma di un generale e inscindibile piano di "caduta" (in accelerazione), dovuto alla crisi economica indotta dalla euro-austerità fiscale, con la disoccupazione (effettiva) record che essa determina e, dunque, con l'oggettivo e notorio (e drammatico) ampliarsi della sfera dei cittadini aventi diritto alle prestazioni costituzionalmente garantite, cioè tutelandi (secondo la Costituzione).   
Il punto di caduta della legittima comprimibilità di tali diritti dei soggetti socialmente deboli è infatti già ben superato.  
La Corte, per parte sua, non sa, e, forse, ancora non pensa di indicarlo univocamente in via astratta e generale, come la Costituzione imporrebbe, in virtù della natura incondizionata delle sue previsioni.  
Dovrebbe essere notorio, infatti, che, di fronte alla massa della povertà dilagante, anche solo il mantenimento dei precedenti livelli di spesa assistenziale si rivela inadeguato e drammaticamente insufficiente
E tutto ciò, grazie all'applicazione del pareggio di bilancio (e prima ancora del limite del 3% al fabbisogno dello Stato, anche a costo di una sua funzione prociclica), pur quando formalmente "mediata" dalla flessibilità, del tutto simbolica, offerta dalla Commissione UE!
Si è arrivati ormai in una situazione di scelte dolorose obbligate, per cui o si effettua il trasporto scolastico dei disabili o si hanno decenti e sufficienti asili nidi o un adeguato numero di assistenti sociali (o analoghi operatori) per gli anziani.
E via dicendo...

IV.5. E la Corte avrebbe ben potuto porsi il problema, molto reale e necessariamente implicito nella questione ad essa devoluta, di questi effetti (inevitabili e programmatici) del pareggio di bilancio sulla interdipendente erogazione pubblica delle prestazioni corrispondenti ai più delicati diritti fondamentali costituzionalmente tutelati.
Questi "effetti", poi, si compongono, a monte, in un obiettivo dichiarato di deflazione competitiva a imposizione europea, che, oggettivamente (cioè per notorio "scientifico-economico" cfr; qui, pp.II-IV)), determina quella disoccupazione strutturale senza precedenti in Italia che è alla base del dilagare della povertà secondo i dati divulgati dall'Istat (e in continuo peggioramento). 
E' proprio il pareggio di bilancio, in particolare nella versione imposta agli enti territoriali, erogatori di servizi sociali, la causa del dover scegliere tra esso stesso e la tutela dei diritti fondamentali "sociali" della persona umana.

V. Ma, al di là degli aspetti appena evidenziati, proprio perchè posta entro tale meccanismo assimilabile ad una "disapplicazione invertita", da ritenere atipico nel diritto costituzionale nazionale, e che, soprattutto, lascia formalmente in vita la norma "implicitamente", disapplicata (cioè l'art.81 Cost.), il punto 11 ha limitate conseguenze operative:
a) il suo effetto è circoscritto a tale caso che, oltretutto, è quello di un diritto fondamentale alquanto atipico, perché nasce (dobbiamo ragionevolmente ritenere, già nella stessa sistemtica della Costituzione) da un'ibridazione di due diversi diritti (art.32, "diritto di tutti alla salute garantito dallo Stato" e 34 Cost., "diritto di tutti alla pubblica istruzione"),
posti logicamente "a monte" e più precisi, cioè più pertinenti, per quanto riguarda la materia dell'accesso all'istruzione scolastica, del parametro effettivamente utilizzato 

a1) Infatti, testualmente, la Corte, esamina la questione con riferimento all'art.38: e precisamente, c'è da aggiungere, al suo comma 3 ("gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale"), saltando a piè pari la coordinata previsione del comma 4, di rilevanza non trascurabile nella materia, dato che configurava un sistema di "organi e istituti predisposti...dallo Stato", ben diverso dalla soluzione di integrazione coi "normodotati" fatta propria dalla Corte nelle sue varie pronunce in questa materia (e non è infatti a priori stabilibile, se non scendendo in considerazioni medico-scientifiche "di merito", che il sistema in origine prescelto dalla Costituzione, al comma 4, fosse meno tutorio delle posizioni soggettive considerate, tenendo conto dell'aggiornabilità dei metodi educativi e didattici sviluppabili presso istituti specializzati: ma anche questi, ove sopravvivano, sono infatti sottoposti a crescenti tagli).
Il contenuto specifico del diritto tutelato, in effetti, ha una sua versione tutta giurisprudenziale, che conferma, nel suo chiaro riferimento ad una ritenuta "miglior" soluzione di terapeutica consistente nella "socializzazione", il prevalente legame con l'art.32 nella sua relazione con l'art.34 Cost.
a.2.) Su tale parametro espresso (art.38, co.3), dunque, si incentra il vero e proprio thema decidendi rimesso alla Corte, anche in relazione all’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Ergo, la specialità intrinseca di tale diritto e del suo contenuto "costruttivista" ed evolutivo, delimita in partenza la portata della decisione, giustificato anche dal non dover contraddire il precedente della Corte, sulla stessa questione, n.80 del 2010 (e quando comunque i limiti dell'austerità, e del tetto al deficit derivante dal trattato di Maastricht, erano già più che sufficienti a limitare questo, MA anche tutti gl altri diritti fondamentali costituzionali);
 
b) infatti, l'assistenza ai disabili, come regime generale, continua e continuerà tranquillamente ad essere tagliata (a livello di fondo nazionale SSN e dei singoli bilanci dei comuni): cioè si fa una lotta ben delimitata su quello che è una sorta di "manifesto" (la scolarizzazione assistita nell'ambito del sistema scolastico "ordinario"), nascente da un "certo" contenuto del diritto che risulta a la page nel clima "culturale" UE, che si ritiene o si "scopre" costituzionalizzato, in via particolare e scissa dalla considerazione di ogni altro diritto sociale di prestazione, e lo si difende in quanto tale, pur non avendo, eccezionalmente, il consueto "costo zero" (v. qui, voce "diritti cosmetici");

c) è evidente che se si fosse voluta tutelare l'affermazione (invece volutamente circoscritta e meramente disapplicativa) della prevalenza dei diritti fondamentali "costituzionali" tout-court su ogni altra fonte, alla Corte avrebbero dovuto porsi il problema del contrasto dell'art.81, quantomeno, con gli artt.1-11 (in particolare quest'ultimo) e con gli altri diritti "di prestazione", propri della persona (art.2 Cost.) e connessi al perseguimento della eguaglianza sostanziale, (art.3, comma 2, Cost.), ancor più esplicitamente previsti dalla Costituzione.
c1) E ciò, secondo un rilievo di illegittimità costituzionale "interna" alla Carta fondamentale (qui, p.2), sollevabile ex officio, in relazione alla gerarchia tra le norme costituzionali originarie, "fondamentali" e non revisionabili, e le successive norme costituzionali da mera "revisione", portando poi l'esame sulla legge di esecuzione e ratifica del fiscal compact, ai sensi degli artt. 11 (10) e 139 Cost: come in effetti avvenuto nel caso della sentenza della Corte n.238 del 2014.

V.1. Ma di tutto questo non v'è traccia; e nemmeno si profila all'orizzonte. Almeno per ora (che pure è un momento quasi "finale"). 
Peraltro, come abbiamo visto nell'immagine di apertura del post, talora l'eccezione, invece che limitarsi a confermare la regola, può dar luogo ad una regola "secondaria" più estesa...Se vogliamo essere ottimisti.
D'altra parte, ad esempio, - se la Corte intendesse seguire fino in fondo la apertura "speciale" fatta in questo caso concreto -, il parlamento ben potrebbe, con molta attualità, sollevare conflitto di attribuzione versus diktat bancari BCE, in quanto applicati, con osservanza pedissequa, mediante atti del governo e della BdI, a tutela del risparmio ed ai sensi dell'art.47 Cost.: e "se non ora quando"?
A Italia rasa al suolo dal bombardamento tedesco?

Non facciamoci troppe illusioni...

19 commenti:

  1. E io segnalo una sentenza su un bilancio diverso, emanata dalla Cassazione stavolta, riguardante la legittimità dei licenziamenti per meri motivi di aumento del profitto in situazione non di crisi aziendale. Di certo i giuristi la conoscono già. Interessante che il caso riguardi un dirigente, non un qualsiasi operaio, e che abbia luogo in un'azienda del lusso. Precisiamo che simile possibilità è prevista dalla loi travail in Francia, tanto per fugare ogni dubbio su chi scriva realmente le leggi e dove, mentre in periferia ci si limita ad applicarle burocraticamente.
    L'aumento del profitto, Corte, rientra quindi comunque nelle attività compatibili con la dignità umana e l'utilità sociale?
    Buon anno, giacché è questo che ci attende; o che attende alcuni di noi, comunque.

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    1. E io segnalo e rammento che già quattro anni fa avevo segnalato questi esiti inevitabili della Legge Fornero (neppure del jobs act):
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/01/lart18-e-all-that-jazz-la-colpa-e-dei.html
      Articolo che ha dato luogo ad un apposito capitolo di "Euro e/o democrazia costituzionale".

      Ma per gli opportuni approfondimenti su tale leading case, ci penserà Sofia: la chiave sta nel mancato rilievo della incostituzionalità della norma, sulla base di UNA LETTURA €URO-DISTORSIVA dell'art.41 Cost. (cioè, poi, il tema de "La Costituzione nella palude").

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    2. Grazie delle segnalazioni. Oddìo, quindi io avrei letto un'incostituzionalità e il legislatore no? Ma come ;-)?
      Mi sono autoregalata Euro e/o per il mio compleanno, giusto tra poche ore.

      Uno dei temi che trovo appassionanti, è comparare le norme che vengono via via instaurate nell'infelice EUropa. La riforma costituzionale portoghese e la nostra ad esempio, o le nuove leggi sul lavoro un po' dovunque. Lo schema comune, oltre allo spirito di fondo, è troppo simile per essere casuale. Mi piacerebbe sapere in quale ufficio centrale esse siano state elaborate per poi inviarle alla ratifica. Spesso sfugge quanto la loro architettura sia simile: ricordo una riunione in Francia cui mi avevano invitato dove qualcuno mi disse "il capitale è stupido quindi fa le stesse cose"!!!

      Ça va sans dire, aspetto anche Sofia (auguri anche a lei).

      (Ma eri a Parigi con altri miliziani infreddoliti, a Natale? Sotto la neve è strepitosa, specialmente la Cour carrée di notte, dopo una bella serata all'opera. Ma dopo novembre non so se sia ancora aperta, come quattro anni fa, l'ultima grande nevicata che ricordi.)

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    3. Forse verrò a Parigi in altra occasione. Semmai fammi sapere i tuoi recapiti (è lì che vivi?) via mail privata del blog.
      Buon Anno intanto!

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    4. Fatto, ti ho scritto in privato. Buon anno.

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  2. In pratica, se ho ben capito, l’art. 81 non è riuscito a fare da salvagente alla norma oggetto del giudizio perché non entrava realmente in gioco. Perché in effetti che la “disponibilità delle risorse” sia una specie di briscola in mano al legislatore che gli consente di “vincere” contro qualsiasi interesse costituzionalmente tutelato (salvo un fantomatico limite minimo, che io sappia - Francesco magari ce lo chiarirà - mai precisato e mai applicato), senza alcun tipo di verifica fattuale di quanto affermato, è un dato ormai acquisito da lunga pezza nella giurisprudenza costituzionale.

    In attesa degli approfondimenti di Francesco, proverei a datare questo stylus iudicandi della Corte, che si afferma solo a partire da un certo momento: se infatti cedimenti molto gravi relativi all’indiscussa esistenza di presunte “emergenze” si verificano già a partire dagli anni Settanta (ettepareva…), ancora “sul finire degli anni ’80, [la Corte] continua a ribadire la primazia dei bisogni e dunque l’improrogabile dovere di adeguare la disciplina del servizio sanitario alle reali esigenze del paese; all’opposto nel 1990 sancisce, innovativamente, la natura condizionata del diritto alle cure - come di ogni altro diritto sociale a prestazioni offerte dal sistema pubblico - nei limiti delle disponibilità di bilancio.
    Correlativamente all’affermata espansione della discrezionalità del legislatore
    [ovviamente del tutto fantomatica: almeno l’euro-pilota automatico ha fatto cadere quest’ennesimo bluff] - nei termini di un potere insindacabile di allocazione delle risorse - compare nella medesima decisione la teorizzazione della riduzione dello spatium deliberandi della Corte, ora limitato ai soli casi di manifesta irragionevolezza; casi poi declinati dalla Corte nei termini del mancato rispetto da parte del legislatore delle «fondamentali esigenze connesse al diritto alla salute» e cioè del «nucleo essenziale del diritto alla salute connesso all’inviolabile dignità della persona umana».
    Con l’effetto che, per un verso, quel minimo/essenziale non viene previamente identificato; e, per altro verso, il giudizio di bilanciamento subisce una drastica amputazione: la sovraordinazione delle disponibilità di bilancio rispetto alle porzioni eccedenti la soglia minima risolve il conflitto in apicibus, nella fase definitoria della copertura costituzionale degli interessi, senza che venga dato ingresso alla fase successiva e ad un possibile esito diverso.
    A conclusioni non dissimili giungerà la Corte per gli altri diritti sociali “costosi”.


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  3. Quanto alla verifica:

    Anche la proposizione che conclude la motivazione della sent. n. 78/1995 - «comunque contenuto nei limiti delle disponibilità del bilancio dello Stato» - non è meno imbarazzante: il bilanciamento tra diritti (e valori) costituzionali, diversamente graduato in ragione del rango costituzionale delle esigenze di volta in volta fatte valere viene sostituito dal rilievo assorbente, totalizzante, delle disponibilità finanziarie; e ciò anche a scapito di diritti fondamentali essenziali, come il diritto ad un trattamento pensionistico minimo, di pura sussistenza, oggetto appunto di quel giudizio. Un rilievo assorbente che per lo più prescinde da alcuna vera attività istruttoria”. (A. Andreoni, Lavoro, diritti sociali e sviluppo economico, Giappichelli, Torino, 2006, pagg. 298 e ss. Un lavoro che spicca in un panorama dottrinario largamente “normalizzato”: basti dire che ancora nel 2006 definisce “keynesiana” la Costituzione).

    Ossia il legislatore può, per così dire, “autocertificare” la realtà economica senza che la Corte si sogni mai di smentire o anche solo discutere la fondatezza empirica di quanto affermato. E non c’era ancora il nuovo art. 81, targato EU.

    Illusioni, davvero poche.

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    1. I figli del "divorzio" sono infatti dispersi su decenni di appoggio automatico dei principi fondanti del vincolo esterno.

      La Corte, nel volgere di pochi anni (dal divorzio-SME), ragiona sempre sulla base di tale "costituzione economica" implicita, e comunque adombrata sullo sfondo senza mai enunciarale del tutto (il massimo è dire "gli impegni presi con l'Unione Europea"): una neo-costituzione sovrapposta a quella formale, -soffocandola- che fa coincidere la moneta pubblica sovrana con l'inflazione e quest'ultima col "male assoluto".

      Come dire: si lascia rigiocare la partita postuma della Costituente ad Einaudi, lo si fa rivincere senza mai votare nulla (tranne le leggi di ratifica dei trattati) e, dunque, lo si fa giganteggiare a posteriori come estensore di una Costituzione...immaginaria (ai suoi tempi).
      Ma molto "materiale" ex post...

      Tragico succo del discorso.
      Quanto alla "fondatezza empirica" occorrerebbe non avere in mente solo certezze economiche neo-liberiste e, dunque, deduttivistiche.
      Un compito impensabile per i giuristi (odierni).

      Per fortuna hai fatto la postilla finale esplicativa della "fonte". Sei stato pietoso a fine anno :-)

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    2. Il richiamo martellante alle "disponibilità finanziarie", utilizzato dalla Corte come criterio di bilanciamento con "altri interessi", presuppone a monte l'assimilazione profonda del principio liberista - nella versione tipicamente marginalista - della SCARSEZZA DELLE RISORSE. Se le risorse sono scarse, bisogna allocarle bene, facendo ricorso ad equilibrismi veramente enigmatici (ed in danno dei diritti fondamentali).

      Nella sentenza n. 111/2005 la Corte afferma in modo paradigmatico che “nel sistema di assistenza sanitaria … l’esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con LA LIMITATEZZA DELLE DISPONIBILITÀ FINANZIARIE che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario. Di qui la necessità di individuare strumenti che, pur nel rispetto di esigenze minime, di carattere primario e fondamentale, del settore sanitario, coinvolgenti il «nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito individuale della dignità umana», operino come limite alla pienezza della tutela sanitaria degli utenti del servizio”.

      Perché, tuttavia, le risorse sarebbero connotate da “scarsità”? Questo è un interrogativo che la Corte in modo incredibile non pare riesca (o voglia) porsi. Miracolo dell’ingegneria sociale neoliberista, che purtroppo non lascia presagire nulla di buono al di là di frettolosi clamori.

      Auguro di cuore un buon 2017 a tutti. Sempre all’insegna della Resistenza doverosa e continua

      Elimina
    3. Bilanciamento per bilanciamento, "il nucleo irriducibile del diritto alla salute, come ambito della dignità umana", a rigore logico, non è un valore graduabile e de-finanziabile pian pianino: o posso avere le cure e l'assistenza che, senza lo Stato, non mi posso permettere, come vorrebbe la Costituzione, o non posso averle.
      E, in tal caso, avrò un decorso della malattia che si cronicizza o conduce alla morte.

      D'altra parte, il quadro che ha di fronte la Corte pare essere quello dell'aspettativa di vita (anche se comincia a denotare una recente e clamorosa inversione, a furia di tagli...): ma la dignità degli anziani normali, non ricchi, è veramente preservata nelle condizioni attuali?

      E poi, siamo sicuri che le aspettative di vita si allunghino nonostante i tagli, e che quindi NON SI è INTACCATO IL NUCLEO INCOMPRIMIBILE, nel contesto attuale dell'avanzamento medico-farmacologico (a trazione industriale estera: dati i tagli alla ricerca e il dissolvimento dell'industria farmacologica italiana)?

      Quantomeno, l'interrogativo occorrerebbe porselo: sacrificata la dignità (dalle "mezze misure" di prestazioni sempre più limitate e dalla chiusura di strutture), e scontando il peso della solidarietà familiare su assistenza a malati e anziani "poveri", in numero oggettivamente dilagante (secondo l'Istat), un'attività ISTRUTTORIA che non chieda all'oste (dei "conti filo€uropei") se il vino è buono, non sarebbe il caso di farla, riprendendo il contatto con la realtà?

      I bambini poveri di oggi, che REALI ASPETTATIVE DI VITA avranno, a questo ritmo di "risorse limitate"?

      SI DIRA' CHE IL NUCLEO IRRIDUCIBILE è STATO INTACCATO QUANDO QUESTE NUOVE GENERAZIONI AVRANNO INIZIATO A MORIRE PREMATURAMENTE, cioè TRA DECENNI?

      E mi pare poi che ci si dimentichi delle cause della DENATATALITA', ogni qual volta si perseguano politiche deflazioniste e si "riduca il perimetro dello Stato", con la scusa delle scarse risorse "disponibili".

      "Ma quanto vale in termini di PIL la vita umana salvata dal medico di un ospedale pubblico?" si chiedeva lo studio Giarda, nel porre, (nonostante gli scopi dimostrativi dello studio), ben meglio della Corte, il problema del "bilanciamento", ovvero dei costi/benefici finanziari.

      Nessuno misura questo valore direttamente nel bilancio dello Stato, sebbene esistano fior di studi economici che dimostrano come al crescere del livello di spesa per il servizio sanitario pubblico si espanda in misura direttamente proporzionale il PIL (con una sua migliore, ovvia, distribuzione).

      E tutti pensano che questo valore (della vita "salvata"), in quanto non emerga FORMALMENTE nei "conti", sia illimitatamente sacrificabile, accontentandosi dunque di dire che una "qualche" struttura pubblica - purchessia, ritenuta sopra la "SOGLIA" SPOSTABILE OGNI ANNO VERSO IL BASSO-, c'è: e se ne prende atto, QUALIFICANDOLA COME UN PURO COSTO, una ELARGIZIONE benevola che si fa in omaggio al testo di una Costituzione, il cui "Spirito", si pensa, non c'è più, essendo superato dai tempi moderni e "razionali" dell'ordine sovranazionale del m€rcato.

      Esattamente l'inverso di quanto sosteneva Lelio Basso, che riteneva che con questa Costituzione le "elargizioni benevole", SEMPRE REVOCABILI, per l'appunto, fossero finite una volta per tutte.

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  4. Grazie a 48 ed ai bravi commentatori; tanti auguri a tutti.

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    1. Auguri a te, che ci segui da "fuori" (molto vicino al wannabe nuovo Sacro romano impero)

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  5. CON ASSOLUTA LICEITA' CONDOTTA

    si riesuma un Cosimo Caccini - auto-referenziatosi in Tommaso - con marginali differenze di luoghi, costumi, religioni .. urgono i testi d'abiura.

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  6. Vi ringrazio del lavoro divulgativo che state facendo.
    Buon 2017 a tutti voi.

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  7. Un augurio di buon anno a te 48 e a tutti i commentatori. 1000 volte grazie per esistere e per quello che fate.

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  8. Anche io mi unisco agli auguri per un buon 2017. Speriamo che porti buone notizie a tutti noi e al nostro Paese, o almeno meno cattive del previsto.

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  9. Buon anno, quarantottini!

    E quando sentite parlare di "risorse scarse", vincoli e morale di mia zia suora... Bè... pensate cosa diceva meravigliato di tanta idiozia, malafede... ed ignoranza quei due metri di economista chiamato J.M.Keynes.

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  10. Caro Luciano,
    ho provato a scorrere i post di dicembre e gennaio e fare una ricerca con parola chiave "25201", ma non ho trovato nulla.

    Probabilmente ho cercato male, ma non ho trovato qui sul tuo blog qualche riflessione su una sentenza della consulta (25201) ribattezzata dai media "licenziamento per profitto".

    Hai avuto modo di interessartene?

    Qui un commento sulla rivista dell'Associazione Direzione del Personale...
    http://www.aidp.it/hronline/2017/1/1/il-profitto-non-e-piu-lo-sterco-del-diavolo-il-licenziamento-individuale-puo-essere-determinato-anche-dalla-ricerc.php

    Un saluto
    Diego

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    1. Alla sentenza abbiamo fatto cenno nei commenti di recenti post (non saprei indicare quali: ma chi mi segue su tw e FB già ha avuto anticipazioni).

      Questa, però, non è una rivista giuridica on line, che rincorre i media e "deve" adeguarsi a una totale attualità del commento giurisprudenziale...

      In effetti, - e in quanto si inserisca coerentemente in linee analitiche GIA' anticipate fin dal 2013 da questo blog-, il commento alla decisione è già pronto e di imminente pubblicazione: ma si svolgerà sul piano dell'analisi economica di diritto pubblico (costituzional-keynesiano!), in più eventuali "puntate" e, ovviamente con l'arricchimento dei più attenti commentatori.

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