sabato 26 novembre 2016

POPULISMO E POTER€ (anti)COSTITU€NTE €XTRA ORDINEM

Persino il cultore della shock economy...

http://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2013/06/milton-friedman.bmp

Rammento ancora l'appuntamento di oggi a Roma, via Casal Bruciato 11, "La Cacciarella", dalle ore 16.00, per la presentazione del libro "La Costituzione nella palude". Difficilmente potrete godere di un contesto informativo e divulgativo più liberamente volto ad approfondire...

1. Come tutti ormai dovrebbero sapere - e se non lo sanno è perché non vogliono esercitare la propria libertà di informarsi- la riforma trova, esplicitamente, la sua principale giustificazione ne "l’esigenza di adeguare l’ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio (quali le nuove regole del debito e della spesa). Quindi essa deve rispondere a "le sfide derivanti dall’internazionalizzazione delle economie e dal mutato contesto della competizione globale", senza neppure porsi il problema se i trattati di diritto internazionale, da cui deriva questa "internazionalizzazione delle economie", siano compatibili coi principi non rivedibili della nostra Costituzione e qui se possano lecitamente prevalere su di essa al punto da imporne la modificazione radicale.

2. Più ancora, trattandosi dell'aspirazione a esercitare il potere costituente - e non il semplice, e limitato, potere costituito di revisione costituzionale-, non ci si chiede se il popolo sia informato del peso, ormai pluridecennale, di questi vincoli istituiti per trattato economico, e risoltisi finora in crescenti e devastanti condizionalità, che hanno depauperato il diritto al lavoro su cui si fonda la nostra Costituzione.
Se poi il popolo italiano, non certo in ragione di una minima informazione fornitagli sui veri obiettivi della riforma (appunto diretta a consentire il più "efficiente" rispetto di regole economiche sul debito e sulla spesa pubblica estranee e contrarie alla Costituzione), si pone delle domande e "resiste" - secondo quel "diritto di garanzia costituzionale" riconosciuto dallo stesso Mortati-, si grida al "populismo".

3. Su questa accusa rivolta al popolo, (cui "appartiene la sovranità", cioè quantomeno il potere di decidere in quale Costituzione debba potersi riconoscere), Federico Caffè, un protagonista della fase Costituente, aveva ben espresso (nel 1978, in occasione dell'adesione italiana allo SME) un giudizio che oggi più che mai dovremmo rammentare:
"Ma che il fastidio del tutto esplicito per le soluzioni non elitarie e l’artificiosa attribuzione della qualifica di “populismo a ogni aspirazione di avanzamento sociale avvengano con la tacita acquiescenza delle forze politicamente progressiste è ciò che rende particolarmente amaro il periodo che viviamo"...

"La soddisfazione manifestata per l’adesione governativa allo Sme potrà essere una benemerenza padronale. Ma, se è consentito utilizzare la trasmissione orale per lasciar traccia in futuro di una frase memorabile detta in tale occasione in sede molto qualificata, può anche obiettarsi – come qualcuno ha affermato – che siamo entrati nello Sme con la stessa incoscienza con la quale a suo tempo dichiarammo guerra agli Stati Uniti d’America. E sarebbe bene, a questo riguardo, non confondere le temporanee illusioni con la dura realtà che questo vincolo comporta".
Dunque "populismo" è un termine che esprime "il fastidio per le soluzioni non elitarie".
E quali soluzioni sono più elitarie e impenetrabili alla comprensione del cittadino comune delle clausole dei trattati liberoscambisti che instaurano in €uropa e nel mondo, il capitalismo sfrenato delle multinazionali, della finanziarizzazione del potere istituzionalizzato e della competizione a scapito dell'occupazione e del welfare?

4. Ben diverso, come ci rammenta Bazaar, fu il livello di coinvolgimento e di instancabile informazione del popolo in occasione del processo Costituente del 1948
«Oltre all'attività delle Commissioni, occorre ricordare anche che, soprattutto grazie all'infaticabile opera di Massimo Severo Giannini, giovane capo di Gabinetto, fu svolta un'ampia opera di informazione e di divulgazione, rivolta alla generalità della popolazione e finalizzata alla costruzione di un'opinione pubblica sensibile alle problematiche riguardanti la fondazione del nuovo ordinamento democratico:
[...] nel breve volgere di un anno il Ministero per la Costituente adempì a tutti i compiti ad esso commessi.  
Fu questo un risultato politico e tecnico di primaria importanza che fu reso possibile dal clima di grande tensione ideale che il Paese viveva in quei mesi. Nella interminabile notte della dittatura, infatti, non si era interrotto il grande discorso politico iniziato dal Risorgimento su "quale dei Governi meglio si addica alla felicità dell'Italia" e proseguito per cent'anni nelle prigioni e nell'esilio, nelle trincee, nelle aule di studio e nelle fabbriche. Basta rileggere la stampa clandestina e dell'esilio per constatare quanto grandi e vitali fossero l'impegno della classe politica antifascista nel prefigurare il nuovo tipo di Stato democratico e le idee costituzionali della Resistenza.».
Il ministero per la Costituente, Divulgare La Democrazia

5. Invece, in una riforma portata a compimento in esplicito nome dell'€uropa e della sua "governance", economico-fiscale, "globalista"free-trade, ogni comprensibile informazione popolare, e adeguata divulgazione, sono sempre mancate: dall'adesione allo SME, come sottolineava Caffè, al trattato di Maastricht, fino al fiscal compact
E quando si cerca di  rispondere agli interrogativi sorti dagli effetti distruttivi, del benessere e della democrazia, derivanti da tutto questo, si parla di populismo!

5.1. Eppure, richiamandoci a quanto evidenziato da Arturoin occasione dell'approvazione di Maastricht, di cui l'attuale riforma è l'obbligato e scontato punto di arrivo, i più eminenti costituzionalisti si erano posti, naturalmente invano, seri dubbi
In particolare, (ancora) si poteva dire, senza essere accusati di populismo in automatico, che "la legittimazione del nuovo ordine costituzionale europeo non potrà mai venire dalla Costituzione del 1948":
"In passato Luciani era stato ancora più chiaro (La Costituzione italiana e gli ostacoli all'integrazione europea, Politica del diritto, a. XXIII, n. 4, dicembre 1992, pag. 589):  
"Quella che l’integrazione europea sia un problema essenzial­mente politico, di volontà degli Stati di proseguire sul cammino intrapreso e di consenso dei popoli al superamento dei partico­larismi nazionali, è un’idea molto diffusa. Ciò non toglie che sia un’idea sbagliata, che ha portato a trascurare o sottovalutare le molte altre difficoltà, prime fra tutte quelle derivanti dalla necessità dell’osservanza delle regole imposte dai rispettivi ordinamenti costituzionali a ciascuno degli Stati protagonisti del processo di integrazione. 
In particolare in Italia, si è ritenuto che la giustifi­cazione originaria del Trattato di Roma (la sua «copertura costi­tuzionale» da parte dell’art. 11 Cost.), magari perché sostenuta dall’ampio successo del referendum cosiddetto di indirizzo del 1989, risolvesse alla radice tutti i problemi. 
Non è così. 
La rigorosa giurisprudenza costituzionale, la cui cautela deve essere apprezzata da chiunque sa ricordare i limiti (di democraticità) e le incertezze (strutturali e funzionali) dell’ordinamento comunitario, impone una seria riflessione sui confini costituzionali delle scelte europeiste. 
Impone, soprattutto, una consapevolezza. 
Che è logicamente im­possibile trasformare completamente la Costituzione vigente, facen­do dell’Italia non più uno Stato nazionale, ma un membro di una vera e propria federazione europea, pretendendo allo stesso tempo di trovare proprio nella Costituzione la legittimazione di questo progetto. 
Quando il processo di integrazione verrà spinto ai suoi confini estremi bisognerà capire che - quali che saranno le forme in cui esso verrà condotto in Italia (leggi ordinarie, revisioni costituzionali, pronunciamenti popolari) - la legittimazione del nuovo ordine costituzionale europeo non potrà mai venire dalla Costituzione del 1948, ma dal mero fatto della sua autoafferma­zione
Dal punto di vista della nostra Costituzione d’oggi, l’instau­razione di quel nuovo ordine resterà - se mai avverrà - un fatto extra ordinem, epperciò illegittimo".

25 commenti:

  1. Buongiorno presidente, siamo ansiosissimi di portare a termine l'incontro e felicissimi che sia arrivato il momento. Le comunico solamente che il nome dello stabile è "La Cacciarella", non la "Caffarella"!

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    1. Provvedo a correggere...
      Speriamo che "Roma batta un colpo" di partecipazione democratica...

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  2. Il fastidio per le soluzioni non elitarie è assolutamente diffuso. Ed è veicolato dallo spin ovvero dalla pubblicità. Anche la vendita di prodotti si permea. Vengono presentati solo pregi per una popolazione di élite. A cui ciascuno dei destinatari del messaggio dovrebbe voler appartenere. Quando li vai a comprare, poche cose sono confuse come il prezzo di vendita (alla faccia di una moneta fissa). E anche la presentazione del prezzo è assolutamente confusa da quantità mai facilmente riducibili all'unita di misura.
    D'altra parte lo scopo dichiarato è riavvicinare alla durezza del vivere;e tutto fa...

    Buon compleanno al blog, in ritardo, e un ringraziamento al padrone di casa e a tutti i commentatori.

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    1. Esattissimo.
      E' la tecnocrazia popo, quella che descrivi fenomenologicamente
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/lautoinganno-del-tecnicismo-pop.html

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    2. Ho notato anche io questa evoluzione della pubblicità. Da modello nazional-popolare (tipo l'uomo in ammollo) a quello del prodotto "di desiderio" in modo da realizzare il narcisistico modello del "vincente".
      Quello che mi chiedo è se c'è un'indagine di mercato alla base che ha portato a questo cambiamento. Poi c'è anche l'incentivazione del "consumo a rate" del tipo "il lusso non è più un lusso e te lo puoi permettere con piccole e comode rate.." Quest'ultimo frame è stato applicato all'APE pensionistico che agli effetti giuridici risulta essere una forma di credito al consumo.

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  3. E noi (io) che eravamo un tempo tutti occupati dalla questione se nel passaggio all'Italia repubblicana vi fosse stato o no continuità dello Stato... Ricordo una lezione della Carlassare, che citava Mortati e Ruini, riflettendo sulla lunga sopravvivenza di cruciali leggi fasciste nel secondo dopoguerra...
    Ce l'avevamo (abbiamo!), una Costituzione ma, seppure meramente accademico (o forse no: T.U. Pubblica Sicurezza, Cod. Rocco ecc.), quel quesito era sentito come assillante, perché SENZA ROTTURA alcuna si era verificato, negli anni dal '23 al '26, il passaggio dall'Italia liberale a quella fascista e, ai nostri occhi, una discontinuità doveva esserci (c'era!) stata, nel '48, e doveva essere ben evidente e condotta a livello di consapevolezza collettiva, di persuasione UNANIME dei cittadini (mentre i "freddi", di cui i post-fascisti erano solo patetici nostalgici, bel altrove annidandosi la minaccia vera, avevano iniziato da subito il sabotaggio).
    Oggi si modifica (Dio non voglia - ma già con il nuovo art. 81...) la forma di stato con provvedimenti extra ordinem (né potrebbe essere altrimenti), ovvero si consuma una rottura ancora più clamorosa e blasfema, sia sul piano formale sia su quello sostanziale.
    Niente: come acqua fresca. Vedo che il surriscaldamento degli animi non sono che l'ennesima riproposizione della faziosità di giornata, senza profondità né progetto né dottrina.
    Ed è terribile, perché le condizioni estreme del '43-'45 almeno questo avevano, di positivo: mostrare la scelta di "andare in montagna" come atto primo di fondazione del nuovo Stato. Oggi, insomma, non ci sono montagne all'orizzonte (perché non ci sono partigiani, e se ci fossero passerebbero per sterili blanquisti), quando non di fondarlo, ma di difenderlo da una minaccia estrema si tratta!
    Non so... Temo che anche una vittoria del NO sarebbe vissuta in modo anestetico, soft, come un comune passaggio politico soltanto avverso al cazzaro di turno. E se ne approprieranno i Travaglio - non a caso disgustosamente filotedeschi.
    E' così che ESSI vincono le guerre. In fondo, hanno impiegato ben 68 anni a produrre il deserto attuale.
    Non mi prenda per il solito pessimista, Presidente.
    Sto solo dicendo che, anche nella più fausta delle ipotesi, le toccherà scrivere ancora anni, molti, di post quassù, a partire dal 5 dicembre.
    Tenga caldi i motori: noi ci siamo.

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    1. Il passaggio dall'Italia liberale a quella fascista si verificò senza rotture perché non era affatto una "rottura" ordinamentale, ma uno sviluppo conseguenziale del sistema di controllo sociale voluto dal capitalismo oligopolistico, cioè dall'ipocrisia del liberismo economico. Leggi anche peggiori di quelle, sul piano limitativo della libertà (a carico essenzialmente delle classi sociali "indebolite"), furono adottate, o già vigevano, in tutta l'Europa del gold-standard (e degli anni successivi alla crisi del 1929).

      Quanto al limitato significato di un'eventuale vittoria del no, ai fni del ripristino di democrazia e benessere effettivi, è altrettanto logico (e "naturale") che la lotta rimarrebbe ancora molto lunga.

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  4. Certo sarebbe un errore illudersi che in caso di vittoria del NO al prossimo referendum del 4 dicembre, l'armata ordo-neo-liberista batta in ritirata. Ben al contrario! Passeranno alla controffensiva, scateneranno....l'inferno. Il No non porrà fine ad un regime, né si è mai visto un sistema oligarchico crollare grazie ad un referendum. Vedi, come minimo, i precedenti in Francia e nei Paesi Bassi sul Trattato di Lisbonca svoltisi rispettivamente il 29 maggio e il 1 giugno 2005.
    In camera caritatis Lorsignori avranno già scelto un fantoccio al posto di Renzi per evitare un precipitare della crisi politica, elezioni nella primavera del 2017, ed assicurare la...governabilità. Sanno già di avere l'appoggio di Berlusconi, quindi godono di un'ampia maggioranza parlamentare per assicurarsi la conservazione delle leve del potere. Le opposizioni parlamentari che contano (M5S e LN) hanno pare chiedano "elezioni subito". Una scelta tattica giusta. Perché dare tempo ai dominanti di truccare le carte? Perché dare a questo Parlamento —vedremo che dirà la Consulta— la possibilità di fare una legge elettorale truffa che tenterà di ristabilire un regime bipolare eurista?
    Le forze populiste d'opposizione, tuttavia, non riusciranno a sventare un nuovo colpo di stato bianco se si limiteranno ad ostentare un'opposizione parolaia nella gabbia dorata di questo Parlamento. Devono chiamare i cittadini alla mobilitazione. Avranno il coraggio del gesto esemplare e categorico che si richiede ai patrioti alla porte dello "Stato d'Eccezione"? Reggeranno il moccolo ai dignitari o avranno il coraggio di fare un nuovo e vero "AVENTINO"?
    Moreno Pasquinelli

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    1. In effetti l'attuale opposizione non ha nelle sue corde una capacità di mobilitazione popolare nazionale:
      a) non su temi di interesse UNITARIO NAZIONALE che colgano il nocciolo della questione neo-ordo-liberista;
      b) non su temi capaci di rinsaldare i cittadini intorno allo Stato come ente esponenziale pluriclasse, che coniughi la sovranità con la democrazia del lavoro.

      Subiranno lo stato di eccezione con freddo calcolo sul consenso "in negativo" che potrebbe portare in futuro, lasciando distruggere le istituzioni democratiche ma senza avere, poi, le "risorse culturali" per ricostruirle.

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  5. 14 novembre 2016, Università Cattolica di Milano, una matricola che frequenta il corso di istituzioni di diritto privato rivolge a Matteo Renzi la seguente domanda: “Volevo chiederle cos’è per lei la democrazia”.

    Risposta:

    “Potremmo risalire a Pericle e dire “noi ad Atene facciamo così”. La democrazia che si sostiene essere stata inventata dai Greci è ben diversa da quella di oggi. Le donne non votavano e poi non si votava in quel modo. Il potere del popolo ha assunto nel corso dei secoli forme totalmente diverse.

    Se dovessi dirle con il cuore in mano il momento più forte in cui in questa mia esperienza di rappresentante delle istituzioni ho toccato con mano che cosa significa per me la parola democrazia è stato quando ho incontrato il Presidente Barak Obama la prima volta alla Casa Bianca. IN QUELLA SETTIMANA ERA USCITO UN FILM CHE IO TROVO BELLISSIMO E CHE SI CHIAMA “SELMA” SUL DIRITTO DI VOTO. NON SO SE QUALCUNO DI VOI HA VISTO QUEL FILM…SE AVETE TEMPO…È BELLISSIMO.

    In quel film si narrava come negli anni sessanta in Alabama, e non solo in Alabama, alcune persone di colore fossero respinte dagli uffici della registrazione del voto. E come qualcuno sia morto per quel diritto di voto. L’idea che in quella settimana in cui avevo visto quel film io andavo alla Casa Bianca dove non dopo secoli, ma dopo meno di 50 anni una persona che si chiama Barak Obama potesse essere l’inquilino di quella Casa Bianca…a me ha fatto pensare come la storia sia una cosa meravigliosa, perché nel giro di 50 anni ha fatto gli straordinari. Siamo passati da quello che ti impedisce la registrazione al voto in Alabama perché sei donna e nera al fatto che c’è un presidente di colore. Non è solo questa la democrazia. La democrazia è confronto e condivisione. Sono preoccupato quando mi sento dire che io sono autoritario perché cerco di togliere i rimborsi ai consiglieri regionali o di superare il cameralismo perfetto. Sono stupito. (segue)

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  6. Ma c’è un’espressione ideale per me dell’espressione democrazia, e QUESTA ESPRESSIONE IDEALE LA RAPPRESENTA ALLA GRANDE LA FIGURA DEL PRESIDENTE OBAMA PER I MOTIVI CHE VI HO DETTO. E PER CHI DI VOI AMA LA DEMOCRAZIA, VI SUGGERISCO DI ANDARE A VEDERE IL DISCORSO POTENTE FATTO DA OBAMA DOPO LA SCONFITTA DI ILLARY CLINTON…Lui spiega cos’è la democrazia in America …Per me la democrazia è una cosa seria..”

    Per favore, guardatevi il video. L’espressione e la postura del soggetto, più che il discorso surreale, valgono più di una confessione [https://www.youtube.com/watch?v=SsEo1psOjHI].

    Da Mortati, Basso, Ruini, Dossetti siamo scivolati a Barak Obama e ai film di Hollywood. In punto democrazia, una parolina sulla nostra Costituzione no, visto che è il presidente del consiglio italiano? E nessuno in aula, nemmeno il Rettore, interviene per contraddirlo. Sono letteralmente incazzato nero.

    Le istituzioni italiane sono da tempo lo scendiletto di forze straniere. Sarò pure ingenuo e all’antica, ma questa gente non trionferà. Anzi, nel lungo periodo (purtroppo molto lungo) la vittoria della democrazia avrà un sapore ancora più dolce. Un sapore costituzionale

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    1. Usare troppe parole per definire un concetto chiaro è segno certo di confusione.
      Non servirebbero altre conferme a quanto è fin troppo evidente. Ma il rignanese non ne può proprio fare a meno.

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    2. È talmente umiliante che non commento.

      Mi chiedo che tipo di strutture possano perseguire un piano eversivo per almeno mezzo secolo.

      « ...nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il modello tedesco) riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di 2º grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei senatori ed elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle categorie relative (ex parlamentari - ex magistrati - ex funzionari e imprenditori pubblici - ex militari ecc.);
      preminenza della Camera dei Deputati nell'approvazione delle leggi; Senato federale delle Regioni focalizzato sulla legge di bilancio.
      »

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    3. IO SO

      “Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli”
      e
      “Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere.”

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  7. Corsera 23 Marzo 1998 - Intervista a Friedman.
    Qui a voi è certamente nota, ma fa sempre impressione rileggerla oggi.

    La moneta unica e' un soviet. Europei, sperate nella sorte.
    Il Purgatorio di cui parla il Governatore Fazio, altrimenti, passera' per un villaggio vacanze. E la vostra valuta unica vi torturera' come il tridente del Maligno.

    [..]per l'euro di Kohl e Mitterrand, sul quale l'Europa si sta dannando l'anima, non ha un grammo di benevolenza, lo fa a pezzi. Lo considera un progetto "elitario, antidemocratico e dirigista" e quindi esposto a pagare il prezzo delle sue caratteristiche. Da questa parte dell'Atlantico, faremmo bene a sperare in una stella in piu' sulla bandiera d'Europa. Sara' quella che conta. Se non sara' assistito da una gran fortuna, il caro Vecchio continente rischia un capitombolo mai visto dalla vetta della moneta unica che sta innalzando. [..]

    Beh, come minimo e' un esperimento interessante.
    "Interessante da osservare. Ma non sara' di certo quel tipo di benedizione che vorrebbero far credere. Niente di sbagliato, in generale, a volere un'unione monetaria. Ma in Europa c'e' gia' ed e' quella esistente di fatto tra Germania, Austria e Paesi del Benelux. Niente vieta che, se ci tiene, l'Italia aderisca a quella. Il resto e' una costruzione non democratica".

    Perche' non democratica?
    "Il progetto generale non lo e'. Ovviamente, perche' non e' quello che vogliono i cittadini. Se la popolazione tedesca votasse, il progetto sarebbe sconfitto. E lo stesso accadrebbe in molti altri Paesi. L'Unione monetaria e' il prodotto di una elite. E' il frutto di una impostazione non realistica, di una spinta elitaria di chi vuole usare la moneta unica per arrivare all'unione politica. Pensiamo davvero che Kohl oggi e Mitterrand in passato siano stati sostenuti da un desiderio di unita' economica? No, il loro obiettivo primario era politico, mettere assieme Francia e Germania per evitare guerre future. Gli Stati Uniti d'Europa sono una componente essenziale del progetto monetario".

    Ed e' un errore?
    "E' una visione sbagliata. Piu' che unire, la moneta unica crea problemi e divide. Sposta in politica anche quelle che sono questioni economiche. La conseguenza piu' seria, pero', e' che l'euro costituisce un passo per un sempre maggiore ruolo di regolazione da parte di Bruxelles. Una centralizzazione burocratica sempre piu' accentuata. Le motivazioni profonde di chi guida questo progetto e pensa che lo guidera' in futuro vanno in questa direzione dirigista. E' una tendenza che c'e' da 15 anni, contro la quale, per esempio, ebbe modo di combattere Margaret Thatcher".

    Pensa che sara' anche un fallimento?
    "Spero di sbagliarmi, perche' un'Europa di successo e' nell'interesse sia degli europei che degli americani. Ma non vedo la flessibilita' dell'economia e dei salari e l'omogeneita' necessaria tra i diversi Paesi perche' sia un successo. Se l'Europa sara' fortunata e per un lungo periodo non subira' shock esterni, se sara' fortunata e i cittadini si adatteranno alla nuova realta', se sara' fortunata e l'economia diventera' flessibile e deregolata, allora tra 15 o 20 anni raccoglieremo i frutti dati dalla bendizione di un fatto positivo. Altrimenti sara' una fonte di guai".


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  8. Cosa prevede succedera'?
    "Una riduzione della liberta' di mercato. A Francoforte siedera' un gruppo di banchieri centrali che decidera' i tassi d'interesse centralmente. Finora, le economie, come quella italiana, avevano una serie di liberta', fino a quella di lasciar muovere il tasso di cambio della moneta. Ora, non avranno piu' quell'opzione. L'unica opzione che resta e' quella di fare pressione sulla Ue a Bruxelles perche' fornisca assistenza di bilancio e sulla Banca centrale europea a Francoforte perche' faccia una politica monetaria favorevole. Aumenta cioe' il peso dei governi e delle burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l'Europa aveva gia' una moneta unica, l'oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale".

    A proposito, che approccio crede prendera' la Banca centrale europea? Riuscira' a controllare la massa monetaria?
    "No, non c'e' dubbio, non possono partire con un obiettivo monetario in un'area cosi' ampia e non conosciuta. Si daranno un target di inflazione e per di piu' non esplicito: non stabiliranno un meccanismo automatico ma manterranno una grande discrezionalita' di scelte. Come fanno oggi la Bundesbank e la Banque de France con i tassi d'interesse a breve. Sara' interessante, dal punto di vista degli studiosi".

    Tornando agli effetti dell'euro, pensa che l'Unione monetaria possa, in certe circostanze, rompersi? "Difficile. E' possibile ma non probabile. Se coloro che la vogliono arriveranno al punto di farla, e' difficile che poi salti. Anche se e' gia' successo in passato che un'area monetaria si sia divisa in parti. Certo dovrebbe essere il risultato di una crisi, un forte atto politico".

    Con conseguenze negative anche sul mercato unico?
    "Impossibile da prevedere. Quello che c'e' da dire sul mercato unico, piuttosto, e' che e' reso piu' complicato proprio dall'Unione monetaria che rende piu' difficili le reazioni delle economie, toglie loro strumenti e le rende piu' dipendenti dalle burocrazie".

    L'euro sara' una minaccia per l'egemonia del dollaro?
    "Non lo so per certo. Scommetterei pero' che non lo sara'. Nell'uso delle valute, c'e' molta inerzia di comportamenti. Come minimo, ci vorra' tempo prima che l'euro si affermi. Da una moneta, la gente si aspetta stabilita': solo se sara' un successo in Europa e manterra' l'inflazione bassa, potra' dare fiducia a livello internazionale. Ma l'euro non sara' un'alternativa improvvisa al dollaro. E se anche l'euro lo sfidera', non sara' un gande problema per gli Stati Uniti: avere una valuta internazionale non e' poi quel gran vantaggio".

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  9. E per i cittadini europei? sara' una transizione difficile?
    "Sara' molto difficile da capire. In Francia, ci sono voluti decenni per fare entrare nella mente della gente il passaggio dal franco vecchio a quello nuovo. Il denaro e' qualcosa che diventa una parte di base del pensiero, un'idea. Nella percezione, il tuo denaro e' denaro, con un suo valore, quello degli altri Paesi e' carta. Anche questo porta a chiedere se il passaggio alla moneta unica europea e' democratico. Non credo che i cittadini lo ameranno".

    Fatto sta che con questo progetto gli europei hanno ridotto i deficit pubblici e si sono messi sulla strada degli Stati Uniti che pareggeranno il bilancio il prossimo anno, o forse gia' nel '98.
    "Questa e' proprio un'idea sbagliata, non e' la vera questione. A parte che i conti pubblici li aggiusti come credi, la verita' e' che il debito americano continua a crescere a causa di poste non finanziate, come la sicurezza sociale e le pensioni. La chiave non e' questa: quello che conta e' la frazione di Prodotto lordo che si prende lo Stato. E oggi questo e' sempre piu' intrusivo anche in America: pesa ormai per il 40 % del Pil. Se si includono le regolazioni e gli affari indotti dal governo, arriviamo a un altro 10 % in piu'. In Europa e' peggio: in alcuni Paesi arriviamo a superare il 50 e il 60 % . Il fenomeno straordinario e' che sia in America che in Europa le economie siano riuscite a funzionare decentemente e i cittadini riescano a vivere bene con una porzione di economia libera dallo Stato che e' solo la meta' del totale negli Stati Uniti e il 35 % in Europa".
    Dunque la vera riforma e' il taglio delle spese pubbliche. "Certo, ma c'e' un solo modo per farla: tagliare le tasse. Lo Stato tende a spendere tutto quello che entra in cassa piu' tutto quello che puo' aggiungere in qualche modo. Percio' occorre tagliare le entrate. Come ai bambini: devi dare loro meno denaro. Quest'ultima e' un po' un'esagerazione ma da' l'esempio generale".

    L'economia americana, comunque, e' in boom.
    "Le radici di questa crescita stanno in due realta'. Primo, negli anni di Ronald Reagan, quando il peso dello Stato inizio' a calare: purtroppo, con George Bush e Bill Clinton e' tornato a crescere. Secondo, nella politica monetaria di Alan Greenspan. In termini generali, io sarei per eliminare la banca centrale. Detto questo, considero Greenspan il miglior governatore che la Federal Reserve abbia avuto da quando esiste. Finora, almeno. Il che non vuole dire che sara' sempre cosi'. Adesso, per esempio, vedo nella situazione monetaria americana tendenze all'aumento dell'inflazione, dal 2 verso il 4 % : sarebbe il caso di avere una politica meno espansiva".

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  10. « Aumenta cioe' il peso dei governi e delle burocrazie e diminuisce quello del mercato. Sarebbe meglio fare come alla fine del secolo scorso, quando, col Gold Standard, l'Europa aveva gia' una moneta unica, l'oro: col vantaggio che non aveva bisogno di una banca centrale". »

    « In termini generali, io sarei per eliminare la banca centrale. »

    Con le crittovalute? con qualche hayekanata dell'ultimo minuto? per arrivare alla "libertà" della tecnocrazia pura? "libertà" di chi?

    « Il fenomeno straordinario e' che sia in America che in Europa le economie siano riuscite a funzionare decentemente e i cittadini riescano a vivere bene con una porzione di economia libera dallo Stato che e' solo la meta' del totale negli Stati Uniti e il 35 % in Europa". »

    E già, strano che i cittadini vivessero bene quasi come sotto Pinochet? ma di che cittadini sta parlando?

    « considero Greenspan il miglior governatore che la Federal Reserve abbia avuto » Che fiuto! che analisi! da premio Nobel.... il banchiere più sputtanato dell'universo...

    « Come ai bambini: devi dare loro meno denaro. »

    Come lo chiamiamo il monetarismo liberista? pedofilia economica?

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    1. "Faith in markets by neoliberals not only meant that monetary policy was less needed to keep the economy at full employment; it also meant that financial regulations were less needed to prevent “excesses.” To conservatives, the ideal was “free banking,” the absence of all regulations. Milton Friedman persuaded Chile’s oppressive dictator Augusto Pinochet to try it beginning around 1975. The disastrous results were predictable and predicted: banks recklessly created credit, and when the credit bubble eventually broke, Chile entered a deep recession. It would not be until long after, more than a quarter-century, that the debt Chile undertook to get out of this mess was finally repaid. (J. Stiglitz, The Euro, Norton & Company, 2016, London-N.Y., s.p.).

      Sulla specifica questione dell'euro, la contrarietà di Milton Friedman merita qualche precisazione...

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  11. « Come ai bambini: devi dare loro meno denaro. »

    Io direi, rivoltante paternalismo!

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    1. Nel "paternalismo" non è compreso l'abuso, l'exploitation, la violenza fisica e morale del soggetto incosciente posto sotto le "condizionalità" tipicamente imposte al minore o al minorato.

      La mia vuol essere proprio una diagnosi clinica.

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  12. Grazie a Bazaar ed Arturo per i commenti ed i link, ed a LBC per la pazienza. Torno dietro la tenda ad ascoltarvi.

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