mercoledì 30 novembre 2016

INDICATORI MACROECONOMICI DEGLI EFFETTI DELLA C€SSIONE DI SOVRANITA' SULL'ECONOMIA ITALIANA (Con ADDENDUM sull'economia di guerra per il lavoro)


http://www.ilgiornaledigitale.it/wp-content/uploads/2014/08/igd_ac593e182121f470d6f4735a09d6f01a-1024x560.jpg

1. Questi sono i dati macroeconomici e fiscali italiani (che potete estendere andando su questo sito "ufficiale", con il suo ultimo aggiornamento disponibile).

Parrebbe superfluo rilevare - ma ribadirlo non è mai inutile- che il debito pubblico italiano, prima del "divorzio" tesoro-Bankitalia, era al 55% del PIL
Questa ripresa, tuttavia, iniziò a vacillare all'inizio delle politiche deflattive determinate dal divorzio-SME e dalla svolta sindacale anti-scala mobile. 
Ne derivarono il contemporanero crescere vertiginoso dell'onere degli interessi sul debito pubblico e la perdita di competitività da "vincolo" sul cambio, nonché la finanziarizzazione della grande industria italiana: ci avrebbero poi spiegato che la deflazione salariale non era stata sufficiente e che pensioni e sanità non ce le potevamo permettere; e ce lo spiegarono in nome di Maastricht.
http://www.dirittiglobali.it/wp-content/uploads/2016/07/numeri-debito_pubblico_italiano.png
2. Siamo stati cattivi e poco virtuosi?
In effetti, durante il fascismo, come si vede molto bene qui sotto,  eravamo "buoni&virtuosi", secondo il metro di giudizio del sistema bancario creditore anglosassone: De Stefani e, poi, il corporativismo - cioè i tagli d'imperio delle retribuzioni-, garantirono che si portasse la Nazione al "reddito di sussistenza", cui inneggiavano i "liberali" come Einaudi, e infatti, il decantato welfare del regime era, conseguentemente, "di sussistenza", per non guastare la "competitività ai monopoli&oligopoli nazionali...
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtvH7aZ-1GpVTHD0lSI3MO3kBXk1C1DEJrN_JTCy6j9nvJcXyRl9XSozSRqDHnehdqRvuwoojWyAR6SRbH446Vu4J-bAcWIskF1p6lX1XyvmbWKuAqZcX0AlTy29ftmi_1JIhkjc2rd64/s1600/spesa+percentuale+pil.png

3. Il grafico sottostante è tratto da Goofynomic e distingue ciò che è importante capire; quantomeno, prima di partire in crociate contro la spesapubblicabrutta. E cioè che, comunque, prima di SME-divorzio, e fino alla metà degli anni '80, ERA LARGAMENTE SOTTO LA MEDIA €UROPEA...
L'incremento, successivo al 1981, della spesa pubblica complessiva, si spiega con l'onere degli interessi sul debito e in parte con il dover, la "politica", fronteggiare gli effetti socialmente destabilizzanti delle politiche deflattive, con l'aumento strutturale della disoccupazione. 
Al tempo, per motivi politici, - che furono poi "rimossi" dopo Maastricht e cioè facendo manovrone su manovrone di "sacrifici", per ottemperare ai criteri di convergenza verso l'euro-, esistevano più ampi stabilizzatori automatici e sistemi di pre-pensionamento (che facevano pagare alla collettività, peraltro con l'inizio della grande fase dell'aumento delle tasse, il preteso recupero della competitività, entro il nuovo paradigma monetario imposto dal vincolo europeo).
http://www.unich.it/docenti/bagnai/blog/Spes_02.JPG

4. Il soprastante grafico aggiornato al 2010, va però integrato con gli sviluppi fiscali delle politiche super-austere, che stiamo ancora applicando in dosi massicce, solo appena meno "gigantesche" di quanto non pretenda, con minacce e condizionalità, la "governance" €uropea. 
Anzitutto, perché va considerato l'avanzo primario di bilancio realizzato dall'Italia, trattandosi di risparmio pubblico che, per definizione, corrisponde a liquidità sottratta al PIL, via tasse e tagli delle prestazioni pubbliche. Questo "avanzo", dunque, determina, di per sè, un sottoutilizzo dei fattori della produzione nazionale che, transitoriamente, è pure talora necessario, ma protratto per decenni, - unici in €uropa!!!- porta all'output-gap: cioè a minor crescita, e a deindustrializzazione strutturale (cioè è anche un risparmio di "squilibrio" macroeconomico: non si converte in investimenti, per sua preordinata funzione essenziale). 
Non so a voi ma a me "diverte" sempre vedere i dati della Spagna o della Francia: i principali "modelli" (di...crescita) usati per dirci che siamo cattivi e corrotti. Ma nessuno suggerisce un "facciamocome" relativo ai loro saldi negativi primari, prevalenti, e nel caso della Spagna, crescenti:

Addendum: sulla questione ammontare complessivo dei saldi primari, comparativamente per i vari principali Stati dell'UE, Mauro Gosmin ci fornisce questo eloquente grafico, che consente di raffigurarsi tangibilmente il danno da output gap subito dall'Italia con l'adesione all'eurozona e le politiche fiscali seguite negli ultimi 20 anni (e oltre: la serie dovrebbe iniziare nel 1992):




5. Se dunque lo Stato provvede a creare un risparmio "dannoso", cioè a priori inconvertibile in investimenti, e lo fa tassando di più e erogando prestazioni ridotte (in termini reali, quindi erose dall'inflazione nella migliore delle ipotesi), anche il reddito privato ne risente: e se diminuisce il reddito, diminuisce il risparmio privato e, con esso, gli investimenti produttivi.
Piaccia o non piaccia agli "studiosi" di economia industriale, questi sono gli effetti che vincolano la propensione agli investimenti (non la pigrizia degli industriali e la corruzione dei....corruttori).
Notare che la miniripresa di risparmio e investimento che si registra dal 2014, è dovuta, anzitutto, al comportamento difensivo delle famiglie che, in situazione deflattiva e di attese di tagli al bilancio pubblico e di intensificata tassazione, non consuma più e non acquista più abitazioni come prima; e, quanto agli investimenti, questo minimo sussulto (ante-mortem?) è dovuto anche al fatto che, toccato un certo punto di caduta, le imprese tendono a riprendere gli investimenti lordi, cioè a sostituire gli impianti per non chiudere, sperando di sopravvivere con l'aumento della domanda estera che si lega a una fase deflattiva; e comunque il volume degli investimenti é strutturalmente disincentivato da un livello di precarizzazione del lavoro tale che non si punta tanto a investire in innovazione e tecnologie, ma ad assumere lavoratori sottopagati, nonché part-time e a brevissimo termine.

All’inizio degli anni duemila il tasso di risparmio e di investimento pubblico e privato erano sostanzialmente allineati in Italia, la crescita della quota di investimenti fino al 2007 non è stata accompagnata da una crescita proporzionale dei risparmi, rimasti sostanzialmente costanti. Con la prima recessione (2008-2009) i risparmi sono calati più fortemente degli investimenti, che hanno resistito meglio. Durante la seconda recessione invece si è registrato un nuovo calo degli investimenti, mentre aumentava il risparmio precauzionale. Dal 2013 i risparmi sono tornati maggiori rispetto agli investimenti ma ad un livello radicalmente più basso per entrambi rispetto a quello pre crisi (nel 2014 18,3% di propensione al risparmio contro il 16,5% di propensione all’investimento).

6. Va infatti considerato, - contro lo "spin" ossessivo-maniacale della spesa pubblica "mostruosa", pretesa causa della mancata crescita (boiata controintuitiva che gli italiani vivono ormai come un dogma della instaurata teologia ordoliberista)-, che l'incremento italiano della spesa pubblica è il più modesto, dell'eurozona, del post "crisi" finanziaria (USA).
E' vero che il rapporto debito PIL ri-decolla, come già a seguito del divorzio-SME, ma stavolta non perchè salgano gli oneri degli interessi o la spesa primaria- come invece è accaduto negli altri paesi UEM!-, quanto piuttosto perché il numeratore del rapporto, il PIL, si inabissa. E con esso occupazione e produzione industriale: grazie €uropa della crescita e della pace!.

http://www.infodata.ilsole24ore.com/wp-content/uploads/sites/82/2016/02/debit-pubblico.jpg

7. Il dato che dovrebbe preoccuparci di più è la spesa primaria pro-capite, quella che più direttamente misura perché vivete peggio, meno a lungo (ormai) e dimorando in un paese che, nelle sue strade e nelle sue città, nelle sue ex-zone industriali, appare più simile a un territorio bombardato da un aggressore bellico.
http://www.genitoritosti.it/wp-content/uploads/2015/02/perri-realfonzo.jpg
8. Insomma, la spesa pubblica primaria "reale", cioè al netto dell'inflazione, è proprio diminuita, in controtendenza con tutto, ma proprio tutto, il resto del mondo "occidentale", nonostante quello che, insensatamente, continuano a invocare la maggior parte delle forze politiche di governo e di opposizione:
https://keynesblog.files.wordpress.com/2013/06/sp-reale-netto.png?w=560&h=358

Basta guardare (tra i tanti dati che confermano quanto appena detto) agli USA e alle conseguenze, in termini di spesa pubblica e sua tipologia, del bel mercato del lavoro che hanno imposto anche a noi...anche se non riescono ad accorgersene, perché continuano a chiederci di "fare le riforme".
E pensate che ora Trump, in ciò del tutto similmente a quanto prometteva anche la Clinton, ha intenzione di aumentare la spesa in infrastrutture e lavori pubblici:
http://www.heritage.org/~/media/infographics/2015/11/bg-spending-less-on-national-defense-chart-1-825.ashx
9. Risultatone? Questo è l'andamento comparato della produzione industriale, grosso modo da Maastricht a oggi: ma davvero senza "cedere sovranità" non si può sopravvivere, come diceva Guglielmo Giannini, precursore dei "movimenti" livorosi indifferenti al vero ruolo economico dello Stato democratico, voluto dalla Costituzione, già al tempo dell'introduzione della CECA?
Direi piuttosto che tutto evidenzia che "cedendo sovranità" SI MUORE.
Credere il contrario era, ma soprattutto oggi è, qualunquismo.
E dunque, aveva ragione Di Vittorio, e la r€altà successiva lo rende buon profeta:

pr

9.1. A questo punto del discorso, appare opportuno un inciso non affatto secondario.
L'andamento della spesa pubblica primaria (cioè, al netto dell'onere degli interessi, il cui aumento cumulativo composto spiega il livello crescente del debito pubblico a seguito dell'entrata nello SME-divorzio), ci dice due cose; 
a) una volta instaurato un vincolo di cambio (o, ancor più intensamente, avendo aderito a una "moneta unica") viene meno progressivamente, e sempre più intensamente, il sostegno pubblico alla domanda interna, cioè al reddito e, di conseguenza, al livello di occupazione; 
b) la compressione, ovverosia il taglio nominale, o quantomeno reale (cioè al netto dell'inflazione), della spesa pubblica è essenzialmente rivolto ad abbassare l'inflazione e a rendere più competitiva l'economia sui mercati esteri, SUL PRESUPPOSTO che chi svolge questa politica sa che l'inflazione diminuisce a causa dell'aumento della disoccupazione e quindi della diminuzione dei salari. Chi cerca lavoro, in accesso sul relativo mercato o perché disoccupato, è disposto a lavorare per "meno", sempre meno, se molti altri, e sempre di più, sono nella sua stessa condizione: e questi molti altri, per accelerare l'intero processo, possono opportunamente essere...importati

Nei fatti (e nei risultati), se nel perseguire questa strategia di competitività ci si priva della flessibilità del cambio, il prezzo è altissimo: si perdono più domanda interna, e occupazione, di quanta non se ne si guadagni con l'aumento delle esportazioni. La diminuzione dell'inflazione infatti è essenzialmente realizzabile attraverso l'aumento della disoccupazione.
Ma siccome questo aumento, in regime di cambio fisso, può non essere sufficiente - a causa della competizione che altri Stati interni all'area valutaria, come la Germania, operano su questo fattore di competitività, il cui indicatore è il tasso di cambio reale-, occorre intensificarlo attraverso la strutturazione di una disoccupazione talmente elevata, da far finire il paese in sostanziale deflazione, che significa permanente sottoutilizzazione dei fattori della produzione nazionale e deindustrializzazione distruttiva. Sicchè, alla fine, non sarà più possibile rendere "competitivo"...nulla, perché i pochi settori industriali rimasti in piedi saranno per lo più finiti in mani estere.

Ecco i dati che confermano puntualmente questo quadro:

https://memmttoscana.files.wordpress.com/2013/09/inflazione-disoccupazione-senza-linee.jpg  http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/3.11.png 
Nel grafico soprastante occorre fare molta attenzione agli scostamenti in eccesso del tasso di inflazione italiano, al loro momento di verificazione, e ai suoi corrispondenti momenti "politici".
Il che si pone in stretta correlazione col grafico sottostante che, avendo ben presente quanto finora detto, consente di raffigurarsi la "guerra" che deriva dalla competizione di mercato tra sistemi-Stato imposta dai vincoli valutari €uropei (guerra che l'Italia ha perso perché non ha creato abbastanza rapidamente il livello adeguato di disoccupazione, ovvero il suo equivalente, di "precarizzazione" e flessibilità totale del lavoro):
http://images.slideplayer.it/16/5124922/slides/slide_2.jpg

E se si "perde una guerra" le più ovvie conseguenze sono equivalenti a quelle di una conflitto bellico, solo combattuto con le armi del capitale finanziario "mobile e libero" e della gara deflattiva in cui, chi deflaziona per primo, vince, come se avesse bombardato a tappeto il vicino. 
Vale a dire, le conseguenza sono la distruzione dell'industria, cioè fisica degli impianti, e la disoccupazione-precarizzazione totale di chi accede al lavoro, con sostanziale privazione del welfare conseguente alla disciplina, de-pubblicizzata e de-sindacalizzata, del mercato del lavoro (una disciplina dettata dallo "stato di eccezione" -dei "mercati"- come in un'economia di guerra): un disoccupato o un working poor non sono poi molto differenti, poiché queste due condizioni socio-economiche, in tale regime, deflattivo-competitivo, tendono a "incrociarsi" come dimensione esistenziale...normativamente imposta dall'adesione alla moneta unica...
http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/1.41.png 
http://www.wallstreetitalia.com/wp-content/uploads/2015/07/81981.png
 
10. Poi, naturalmente, quasi tutte queste previsioni di crescita del PIL che trovate sotto, per il 2017, si riveleranno errate: quella che sbaglierà meno è la previsione di Confindustria. Ma sarebbe pur sempre ottimista ove si verificasse lo "sterminio" dei risparmatori italiani e del controllo nazionale del sistema bancario (auto)imposto da coloro che entusiasticamente ci hanno fatto entrare nell'Unione bancaria...
http://ec.europa.eu/economy_finance/eu/forecasts/index_en.htm
http://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/doc-finanza-pubblica/index.html#cont1
http://www.francomostacci.it/wp-content/uploads/2014/11/2016_confronto_graf6.png

11. Dato tutto questo (e sarebbero da aggiungere molti altri dati), COME VOTERESTE A UN REFERENDUM CHE DI CHIEDESSE LA CESSIONE DI ULTERIORE SOVRANITA' (ANZI: DI TUTTA) ' ALL'€UROPA?
Fate un po' voi. Tanto è un'ipotesi teorica...
Nessuno ci ha mai chiesto direttamente nulla sulla cessione della sovranità contenuta nei vari trattati. E intendono continuare a non chiedercelo:



Però, se ci riflettete bene, forse un tal genere di referendum potrebbe pure essere attuale, molto attuale. Se ci riflettete...

37 commenti:

  1. Ciao Quarantotto facendo la somma dei saldi primari al netto degli interessi questi sono i risultati, poi ti spedisco in privato il grafico, qui non saprei come postarlo:

    UK, Saldo negativo pari a -28,8% sul PIL

    Francia, Saldo negativo pari a -18.5% sul Pil

    Spagna, Saldo negativo pari a -17.7% sul Pil

    Germania, Saldo positivo pari a +10.9% sul Pil

    ITALIA, Saldo positivo pari a +49.2% sul Pil.

    Se poi consideriamo che nel periodo preso in esame 1995-2014 avremo anche un saldo negativo sulla bilancia dei pagamenti questo spiega meglio di qualsiasi altra cosa l'impoverimento del Paese, la sua conseguente deindustrializzazione, e la sua produttività che non riesce più a crescere, anzi tende anche a diminuire.

    Penso che questa sia la fotografia di un quadro criminale che inchioda alle sue responsabilità l'intera classe politica e dirigenziale di questo Paese.

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    1. Dal complesso delle tue indicazioni (ma la somma l'hai fatta "composta" in funzione della crescita nominale del PIL utilizzabile come base:100?) discenderebbe pure che, - anche tenendo conto dell'attenuazione determinata dal deficit CA determinato da una valuta troppo forte-, si dovrebbe probabilmente applicare un moltiplicatore per lo più superiore a 1, anno per anno a ciascun avanzo primario, onde misurare l'effettivo output gap!

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    2. Vidkum Quisling vive e lotta insieme a Noi.

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  2. Un post ancora una volta impeccabile, che decostruisce in poche mosse interi volumi di retorica moralistica e anti-italiana fondata sul nulla. Le cifre e i dati qui riportati avrebbero un impatto potenzialmente clamoroso, se fossero portati a conoscenza dei milioni di italiani che ancora si informano attraverso i media di regime. E invece li conosciamo in pochi, come in pochi sappiamo che la vera finalità della riforma costituzionale è quella di “fare più in fretta le riforme strutturali” chieste dall’Europa, come ha 'confessato' ieri il ministro degli esteri Gentiloni. Del resto, la narrazione mediatica sul debito pubblico e sulla spesa pubblica è da anni totalmente svincolata dai fatti e dalle cifre reali, e si impegna a costruire una falsa e deformante immagine del popolo italiano, cicala fra le formiche del nord Europa, spendaccione e irresponsabile e quindi giustamente richiamato all’ordine dai seri e rigorosi governanti teutonici. Un contributo fondamentale lo danno gli editorialisti germanofili e anti-italiani, fra i quali spicca l’ex direttore del Corriere della sera De Bortoli, che in un pezzo del 15 novembre scorso ripropone per l’ennesima volta tutte le peggiori falsificazioni che ben conosciamo in tema di spesa pubblica e debito, costruendoci una predica moraleggiante indirizzata al Governo e al popolo italico tutto. E conclude con questa perla: "Ecco perché un segnale sull’importanza della gestione del debito sarebbe opportuno. L’avanzo primario, la differenza tra entrate e uscite al netto degli interessi, è attualmente in discesa, intorno all’1,5 per cento. Un impegno a mantenerlo non inferiore al 2 per cento dimostrerebbe a mercati infidi e partner sospettosi che, nel tentativo di riprendere seppur a fatica la strada della ripresa, non abbiamo perso il senso della misura, la nozione del rigore".
    Quindi, invece di prendere atto finalmente che il nostro Paese continua da oltre vent’anni, più di ogni altro in Europa, a registrare saldi primari attivi, elemento che da solo smonta in gran parte tutta la retorica moralistica che ci contrappone ad altri presuntamente più virtuosi membri dell'Unione, l’ineffabile De Bortoli chiede di aumentare ancora questo scarto (ben sapendo che ciò può significare altri ospedali da chiudere o qualche edificio scolastico da lasciare in rovina), purchè si riesca a dimostrare ai mitici mercati che non abbiamo perso “il senso del rigore”. Mi auguro, se un domani riusciremo a riacquisire la nostra sovranità e a rifondare il nostro paese nel senso voluto dai costituenti del 1948, liberandolo dall’orrida schiavitù euroliberista, che la storia sappia riconoscere e sancire le gravissime responsabilità di questi personaggi, che hanno attivamente e assiduamente operato per danneggiare gli interessi economici e sociali del nostro Paese, di noi e soprattutto dei nostri figli.


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    1. Mah, Einaudi, che esponeva teorie del genere nel primo dopoguerra, auspicando che Mussolini "moralizzasse" l'Italia, fu fatto presidente della Repubblica...

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  3. Ma infatti il mio è un mero auspicio utopistico, so bene che purtroppo la vocazione anti-italiana e filogermanica si è ormai diffusa fra i cittadini ed è quindi più probabile che i Mieli, i De Bortoli e compagnia ce li ritroveremo anche in futuro in posizioni di primo piano...

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  4. Questo problema della "vocazione filogermanica" è purtroppo molto attuale.
    Fu, forse, l'errore capitale del fascismo: tra un Mussolini che voleva firmare il patto d'acciaio e un Ciano che suggeriva di non farlo, diciamolo pure: aveva ragione il secondo. Anche prima dell'8 settembre i tedeschi non si rivelarono buoni alleati, trattavano malissimo i nostri soldati, e mai ci consideravano realmente alla pari.

    Oggi la sinistra europeista rischia di commettere -secondo me- lo stesso errore. Non vede che, in concreto, l'UE ha semplicemente favorito l'affermarsi di un nazionalismo sopra tutti gli altri. Per giunta quello storicamente più pericoloso, il tedesco, che oggi si ripresenta (vedi alla voce: Grecia), sotto le vesti dell'orrore economico.
    Impauriti da Trump e dalla Brexit ed allo stesso tempo incapaci di una politica estera autonoma (ormai il "vincolo esterno" fa parte del DNA), eccoli correre a Berlino, come ha fatto il ministro Gentiloni, dicendo esplicitamente che il sì accelererà le riforme. Un atto dal valore ricognitivo ma che, unito all'endorsement di Schauble potrebbe essere politicamente significativo: si auspica forse un nuovo "asse"? Vedendo cosa ci hanno imposto sino ad ora, in termini economici, i tedeschi,temo che rifugiarci sotto la loro ala sarebbe un altro "patto" sciagurato.

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    1. L'Asse c'è già da un pezzo: almeno da quando si è deciso di introdurre l'euro o, a voler essere più benigni, da quando s'è iniziato a discutere il six pack, che prevedeva come inesorabile il pareggio di bilancio.
      In questa fase, oggettivamente disgregativa del Moloch ordoliberista UEM, pare più un'ambigua missione (Ciano era un autentico specialista in ciò) di temporeggiante rassicurazione del prepotente alleato. Come quelle che precedettero il 25 luglio 1943...

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    2. Mi domando se anche ora c'è qualcuno che si balocca a scrivere lettere, poi non inviate, del tenore di questa, sperando che intanto "succeda qualcosa":

      "In Italia il nemico ha aperto il secondo fronte, sul quale concentrerà le ingenti possibilità offensive dell'Inghilterra e dell'America, per conquistare non solo l'Italia, ma anche aprirsi la via dei Balcani, proprio nel momento in cui la Germania è fortemente impegnata sul fronte russo. Il sacrificio del mio Paese non può avere per scopo principale quello di ritardare l'attacco diretto alla Germania. La Germania è più forte economicamente e militarmente dell'Italia: il mio Paese, che è entrato in guerra tre anni prima del previsto e dopo due guerre, è andato via via esaurendosi, bruciando le sue risorse in Africa, Russia e Balcania. Credo, Führer, che sia giunta l'ora di esaminare attentamente in comune la situazione, per trarne le conseguenze più conformi agli interessi comuni e di ciascun Paese.” (Il Capo del governo Mussolini al Cancelliere del Reich Hitler, Roma 18 luglio 1943, DDI, serie IX, vol. X, pag. 682).

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    3. Ecco appunto: tornando al "sacrificio del mio Paese" come si poteva MAI realisticamente pensare che avendo realizzato quel volume di saldi primari non saremmo stati i fanalini di coda della crescita in €uropa?
      Quei saldi primari cumulati sono peggio delle due guerre che invoca Mussolini a sua esimente...(oltre ai "tre anni prima del previsto": citofonare Prodi e la sua ansia della pr€stazione).

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    4. Per quanto riguarda il "citofonare Prodi", un nome valga ad eterna memoria: la "tassa per l'€uropa". Per avere il privilegio di decrescere......dovemmo pure pagare!!! E s'è veramente detto tutto.

      Per il resto, qualora l'odierno atteggiamento delle autorità italiane sia simile al "la guerra continua" proclamato da Badoglio nel luglio 1943, quali sarebbero gli scenari possibili?
      Che -pur proclamando il contrario- si punti sulla vittoria del No al referendum per avere il pretesto di passare alla fase che, frattalicamente parlando, sarebbe equiparabile alla firma di Cassibile?
      Oppure nel caso contrario, in cui vincano i si, il momento sarebbe solo posticipato all'inevitabile crisi bancaria, con tutte le norme di "obbedienza all'europa" della nuova costituzione sostanzialmente disapplicate?

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    5. Sarei sempre tentato di aggiornare l'ipotesi frattalica, ma ormai è meglio attendere l'esito del referendum e ragionare su indizi tangibili (e non meramente deduttivi "a priori")

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    6. Secondo te/ Voi tutti come andrà il referendum? Cosa sentite nell'aria? Avete raccolto impressioni di gente vicina a voi? Vi pare che vi sia una predominanza di una determinata parte sull'altra? Lo chiedo per curiosità...

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    7. Intanto dicci i "riscontri" che hai tu.
      Personalmente sono moderatamente pessimista, per via della permanente influenza decisiva del tubo catodico (o quel che l'è, oggi), su una popolazione ormai gravemete deprivata di capacità di giudizio non "idraulica".
      Ma una certa qual incertezza permane; e può (solo) ascriversi al diffuso "sentire" livoroso circa una composita, e contraddittoria, voglia di cambiare il governo.

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    8. Io di sostanziale pareggio... nella mia cerchia più vicina ho cercato di fare proseliti per il no... diciamo leggero vantaggio per il no... su una cerchia più allargata, invece, noto una leggera prevalenza del si... infatti sono un pochino turbato perchè ho timore che lunedì ci risveglieremo con una brutta sorpresa...

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    9. Io sono -del pari- moderatamente pessimista e credo (sperando di essere smentito) che vincerà il sì, anche se con uno strettissimo margine. Oltre alla propaganda governativa martellante (la RAI è praticamente la vecchia EIAR di mussioliniana memoria), ed alla "confusione" regnante sul voto all'estero, temo che ci siano tante, tante e ancora tante persone che voteranno sì "per cambiare qualcosa", figlie di un sentimento antipolitico ormai dilagante. Queste persone non si vedono a piazza del popolo o ai comizi di Orfini a Taranto, ma si vedranno ai seggi......

      Dall'altro, ci potrebbe essere un voto di reazione contro un'establishment (facente capo al PD) che, va detto, è il principale artefice dell'impoverimento del Paese negli ultimi 5 anni. Ci potrebbe essere una reazione "di rabbia" contro uno stato di cose che è difficile dipingere in modo diverso da quello che è e che non viene certo cambiato da 80 euro lordi al mese (senza copertura finanziaria).

      Condivido Giannuli quando afferma che, comunque vadano le cose, sarà una vittoria di misura che spaccherà il paese in due sul patto sociale che dovrebbe essere di tutti, con esiti politici imprevedibili. Ed anche questa è una responsabilità che grava politicamente non solo su Renzi ma sull'intero PD, che ha imposto questa riforma a colpi di maggioranza come nemmeno il peggior Berlusconi si era permesso di fare.

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    10. La spaccatura in due di un paese ormai deneuronizzato è in realtà una conseguenza insignificante: come per i cuccioli di cane, o per gli insetti, la memoria a breve è rapidamente superabile e la proto-coscienza si riorganizza immediatamente, venendone totalmente assorbita, sullo spin (bisogno artificiale) creato di momento in momento.

      Certo, in un tempo non lontano, B. e Grillo messi dalla stessa parte avrebbero significato un plebiscito sulle loro posizioni: ma la destrutturazione della coscienza democratica, - cui hanno in successione di tempo così tanto contribuito-, li rende oggi insufficienti anche se cumulati.

      Non si possono dare tutte le colpe al tradimento della sinistra; non nel paese di Einaudi, Colombo, Stammati, Carli, Ciampi e via dicendo...

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    11. No, decisamente non è tutta colpa del tradimento della sinistra: qualche esempio qui, qui, qui, e pure qui. Limitandosi a una rapida ricerca.


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    12. Appunto.
      A livello intuitivo (non logico-deduttivo), di "vento che tira", tuttavia, mi pare che si stiano recentemente moltiplicando i segni di un'eccessiva tattica arrembante, che potrebbe essere segno di una crescente disperazione...

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  5. Cosa vuol dire "revisione in via solo derivata"?

    Aneddoto: In questo periodo mio malgrado frequento un po' più spesso gli ospedali. Giusto ieri mi capita durante l'attesa un tizio che inveisce sui troppi dipendenti pubblici che mangiano soldi, fanno crescere il debito pubblico da cui la necessità di tagliarne la metà. Prima di soccombere alla tosse ho fatto una lezione con tante ma tante di quelle zeta che tutto il padiglione se la ricorderà per un pezzo. I tuoi post saranno serviti se non altro a qualche comizio improvvisato da un'inesperta inviperita :-) (orrore!).
    Ma si può, mentre stai aspettando una visita medica specialistica, in un posto di eccellenza oltretutto, inveire contro i troppi medici?
    Folklore, d'accordo.

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    1. Non folclore: deformità percettiva indotta da autentici e "scientifici" odiatori dell'umanità.

      Quell'uomo è una vittima: ma siccome diviene complice attivo della violenza distruttiva dei n€oliberisti, va fermato: con la conoscenza (conoscenza, oltretutto, della "legalità" e non dell'eversione costituzionale anarcoide predicata dai trattati).

      E' un compito importante, necessario, che in qualche modo richiama l'impegno di tutti quanti ne hanno la possibilità...

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    2. Infatti ci ho provato, come sempre, con lui e con quanti spettatori involontari e silenziosi erano lì attorno, finché mi ha letteralmente retto il fiato, in questo periodo un po' scarso. E quantomeno poi ci ha pensato, perché alla fine era un po' meno sicuro di quel che stava dicendo. Perlomeno qualche dubbio deve essersi insinuato.

      Dopodiché, quando potrai, ti prego di aiutare me, nella conoscenza: cosa intendi quando parli nell'ultimo link http://orizzonte48.blogspot.it/2016/10/luro-riforma-della-costituzione-la.html
      di "revisione in via solo derivata" della Costituzione?
      Grazie :-).

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    3. P.S.: e comunque voi giuristi siete così riposanti con questa vostra scintillante acribia definitoria. "Deformità percettiva indotta da autentici e "scientifici" odiatori dell'umanità". Malgrado le difficoltà dovute alla mancanza di conoscenze di base, per cui ogni tanto mi trovo di fronte a un crepaccio che devo aggirare in qualche modo, leggerti finisce con l'avere un effetto rilassante(!), ebbene sì.

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    4. Bravissima: la "acribia" è la sostanza stessa della validazione scientifica dell'analisi giuridica.
      Tuttavia, non vorrei insistere, qui si utilizzano rationalia appartenenti anche, e specialmente, alla scienza economica.
      Perciò abbiamo l'analisi economica del diritto pubblico....

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  6. IO GIANNINO
    TU GIANNINO
    ELLA/EGLI GIANNINA/O
    NOI GIANNINI
    VOI GIANNINI
    eSSI, cioè essi, VIVONO

    E siamo ancora qui a coniugare di “giannino”, di zia T.I.N.A. e del consorte che con la copiativa non ha mai avuto grande affinità anche quando c'era da fare solo croci sui fogli.

    E siamo ancora qui ciascuno nelle proprie mutande a chiedersi cosa farò da grande aspettando, supplicando, spergiurando che siano essi, cioè essi, a dare un segno, una mano, una mossa su cosa bisogna che faccia, a come farlo.

    E immancabilmente arrivano e mi tolgono dall'impaccio di ciò che sono e di ciò che voglio.

    Tiremm innanz!!

    (almeno lui, l'Amilcare, il povero sarto, sapeva cucire)

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  7. Mi sto “divertendo” a rileggere documenti ufficiali degli anni ’80 (ma anche del ’90) e sembra che nulla sia cambiato in questi ultimi trent’anni. Spauracchio dell’inflazione, tagli alla spesa pubblica, moderazione salariale, stabilità monetaria, distruzione della domanda interna, (ordoliberismo purissimo):

    “… La nostra economia è iscritta nelle difficili vicende internazionali partendo da condizioni interne preoccupanti: una FORTE DINAMICA SALARIALE; un bilancio pubblico in crescente squilibrio quantitativo e qualitativo…Nel corso dell’anno non sono stati frenati i redditi nominali, non si è avviato il riequilibrio delle finanze pubbliche. Da entrambi i lati hanno continuato a sprigionarsi spinte inflattive…

    Le retribuzioni lorde per dipendente dell’industria sono salite nella media del 1981 del 22 per cento in termini nominali e del 3 in termini reali. L’evoluzione dei salari si è dimostrata insensibile alla crescente pesantezza della disoccupazione. E’ stata sostenuta dalle indicizzazioni e, in minor misura, da aumenti in precedenza pattuiti dalla contrattazione aziendale. Sull’opportunità e sui modi di introdurre elementi di razionalità nei meccanismi di indicizzazione si è svolto un dibattito tanto esteso…Comportamenti conformi delle parti sociali stentano a seguire agli assensi con cui è stata accolta l’indicazione, espressa dal Governo in Parlamento fin dalla scorsa estate, di ORIENTARE LE TRATTATIVE SALARIALI ALL’OBIETTIVO COMUNE DI IMPORRE UN TETTO ALL’INFLAZIONE. In altri paesi, dagli equilibri economici più saldi, SONO STATI STRETTI ACCORDI CHE PREVEDONO TAGLI DEL SALARIO REALE. In alcuni casi, come nella Germania federale, i sindacati li hanno accettati nella convinzione che la minore inflazione che ne conseguirà consentirà sicurezza del posto di lavoro

    Il riequilibrio della bilancia dei pagamenti potrà essere raggiunto se si riuscirà a trarre vantaggio dall’espansione della domanda mondiale prevista per il prossimo autunno. SE PRIMA DI ALLORA LA DOMANDA INTERNA VENISSE RILANCIATA DALLE SPESE DI CONSUMO, ALIMENTATE DAL DISAVANZO PUBBLICO E DALLA DINAMICA SALARIALE, VERREBBE COMPROMESSO IL CAMMINO PERCORSO NELL'AGGIUSTAMENTO ESTERNO E SI RIACCELEREREBBE IL MOTO INFLAZIONISTICO. La condizione dell’economia italiana richiede che, introducendo rigore nella politica di bilancio e moderando i redditi, si segua il profilo ciclico dei principali paesi industriali…

    La vitalità delle aziende e con essa le loro prospettive di sviluppo sono la prima garanzia per l’occupazione. Nelle presenti condizioni, LA MODERAZIONE SALARIALE È NECESSARIA PER ASSICURARE QUELLA VITALITÀ, per evitare che vengano effettuati investimenti al solo scopo di risparmiare lavoro, per consentire che tornino a prevalere gli investimenti di ampliamento…

    L’OPERARE DI MECCANISMI DI SCALA MOBILE finisce col NUOCERE A TUTTI: a chi preme sul mercato del lavoro, che subisce l’incapacità del sistema di favorire gli investimenti di ampliamento del potenziale produttivo; a chi è occupato, che paga il tentativo di difesa del reddito reale con crescenti incertezze sul mantenimento del posto di lavoro; alle organizzazioni dei lavoratori, schiacciate nelle loro rivendicazioni dalla parte automatica degli aumenti e sotto il contraccolpo di scelte che allontanano la prospettiva di maggiore occupazione… (segue)

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  8. Il triangolo in cui si iscrive il ritorno alla stabilità monetaria si chiude restituendo alla banca centrale PIENA AUTONOMIA NELLA CREAZIONE DI MONETA …Una rigorosa politica del credito fa emergere le contraddizioni tra domanda monetaria e crescita reale e tra fabbisogno pubblico e capacità di risparmio. E’ dunque di fondamentale importanza, in particolare allorché i disavanzi pubblici sono ampi e crescenti, che la banca centrale possa esercitare una piena responsabilità nel governo dei flussi monetari e finanziari…

    UN IMPORTANTE PROGRESSO È STATO COMPIUTO CON L’ABBANDONO DELLA PRATICA SECONDO LA QUALE L’ISTITUTO DI EMISSIONE FUNGEVA DA ACQUIRENTE RESIDUALE DEI BOT offerti alle aste. Pur non risolvendo di per sé i problemi di fondo, il cosiddetto divorzio tra il Tesoro e la Banca d’Italia…meglio consente il rispetto del principio di rilevanza costituzionale che pone precisi limiti al diretto finanziamento monetario del disavanzo pubblico…

    La competizione si fa più aspra e rischia di degenerare in conflitti commerciali condotti senza remore nell’uso improprio degli strumenti: dalla manovra del cambio alla concessione di aiuti. Il sistema della cooperazione internazionale, sul quale per oltre tre decenni si sono fondati l’avanzamento economico e il progresso civile, vive momenti di grave pericolo. Per l’Italia uno spazio internazionale è condizione di sopravvivenza. Il benessere di oggi è stato costruito accettando e vincendo la sfida della libertà degli scambi e di questa libertà ha bisogno per mantenersi e svilupparsi ancora. L’ARDUO ESERCIZIO DELLA CONCORRENZA non impegna solo le attività economiche nel perseguimento di maggiore efficienza e di minori costi…, esso coinvolge coinvolge TUTTI GLI ASPETTI DELLA SOCIETA’ E DELLA VITA PUBBLICA. E’ una concorrenza … tra sistemi di amministrazione, tra istituzioni scolastiche, tra assetti del mercato del lavoro e della previdenza sociale, tra strutture finanziarie, tra monete…

    L’EROSIONE DELLA MONETA È UN INGANNO ECONOMICO, È UNA CONTRADDIZIONE SOCIALE, DA CUI LA COLLETTIVITÀ POTREBBE USCIRE DI COLPO SOLO SE SAPESSE, TUTTA INSIEME, TRASFORMARSI. Non sono le autorità monetarie a poter compiere questo miracolo con gli strumenti loro affidati. A esse si addicono non i gesti drammatici, ma la tenacia, SE OCCORRE LA DUREZZA, nel perseguire l’obiettivo, il pragmatismo nella scelta degli strumenti…

    dopo un decennio di inflazione a due ciftre il nostro paese non ritornerà ad una moneta stabile senza vere modifiche degli assetti istituzionali che condizionano la moneta. Indicammo nella AUTONOMIA DELLA BANCA CENTRALE, nel rafforzamento delle procedure di bilancio, nei criteri della contrattazione salariale e nella riduzione delle indicizzazioni i presupposti per il ritorno ad una moneta stabile.

    Si impongono decisioni coraggiose; produrranno effetti anche in tempi brevi; il mercato sconta le tendenze oltre che i livelli. IL TRAGUARDO DEL TASSO DI INFLAZIONE A UNA CIFRA PUO’ APPARIRE AMBIZIOSO, ma è necessario, non è impossibile. La contrattazione, collettiva e aziendale, deve affermare anche in italia la consapevolezza che il duplice obiettivo dell’occupazione e del rafforzamento della struttura produttiva NON LASCIA OGGI SPAZIO AD AUMENTI DELLE RETRIBUZIONI REALI…”. [C.A. CIAMPI, Relazione del Governatore della Banca d’Italia, 8 giugno 1982]. Ciampi come Einaudi, uomini di grande moralità e fedeli tutori della Costituzione. Bisogna ringraziarli per il servizietto che hanno reso al Popolo.

    Mi chiedo quanto si potrà andare avanti così.

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    1. Certo l'esito del referendum in senso sovranista-democratico (oggettivamente, e al di là delle intenzioni coscienti della maggior parte dell'elettorato), aiuterebbe....

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  9. Io, nel mio piccolo, ce la sto mettendo tutta. Persino con riunioni di quartiere. Ma la gente e' molto spaesata. Come fai a spiegare una tale porcata in un'ora o piu'? Poi adesso che ci sono pure le paghette renziane, la pizza del sabato sera...

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  10. Io voglio vincere.

    In un modo.

    O nell'altro.

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  11. Ciao Quarantotto i mercati stanno scommettendo per una vittoria del Si, io punto decisamente per il No, stanno arrivando all'appuntamento con gli oscillatori di breve belli carichi, lunedì ci starebbe tutto un tonfo riassorbibile nella stessa giornata o in poche sedute. Secondo la percezione di mia moglie all'interno della CGIL della nostra provincia i No dovrebbero essere maggioranza netta. D'altronde se non vinciamo con una parte anche se piccola del PD che vota No o non va a votare perchè confusa, con M5S, Forza Italia, la lega Nord, la Meloni, tutti schierati per il No quando vinceremo? L'uscita di Prodi mi sembra la mossa dei disperati.
    Lunedì li voglio vedere rossi dal livore e verdi dalla rabbia

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    1. Pensi "positivo":-)
      Scherzi a parte, come evidenzi, gli operatori finanziari sono (quasi) una sicurezza perché, in queste occasioni, toppano regolarmente.

      Quello che è indecifrabile è il tipo di reazione dei molti "non rilevati", cioè degli absent-minded inerziali che si risvegliano solo per urla biascicate contro la "castaesesòmagnatitutto".

      In tal senso, l'anomalia italiana è un unicum: cioè, la massa è scollata da ogni capacità di:
      A) collegare l'€uropa alla propria situazione
      e
      B)la riforma all'€uropa.
      E ciò nonostante in molti del pro-sì (v. Gentiloni) si richiamino alla costituzionalizzazione del vincolo esterno e alle riform€ da completare.

      Ma se manca la coscienza del punto A), il superamento (cioè il "connettere") di quello B) gioca addirittura a favore del sì.

      A ben vedere, avremmo l'esatto opposto della situazione che caratterizzò il Brexit.

      Ma è pur vero che anche questi ragionamenti sono poco ancorabili a una situazione stabile: può darsi che, nell'ultimo anno, la situazione dell'ordolivoroso sia divenuta meno malleabile e condizionabile dal frame propagandistico filo-euro.

      Voglio dire, gli spaghetti-tea party, tra Monti e B., potrebbero volere una "diversa" e molto più radicale riforma anti-Stato e risultare decisivi.
      I paradossi si sprecano...e la lotta rimane ancora lunga: quale che sia l'esito dell'appuntamento del 4.

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    2. Non so se possa rientrare in una riforma antistato la aziendalizzazione del welfare. Letteralmente forse no, ma rispetto allo spirito con cui fu costruita la Repubblica forse sì. Di certo garantisce affari a cui essi sono da sempre sensibili. Di oggi la notizia che la aziendalizzazione del welfare (sanità e pensioni) fa parte anche del rinnovo dei contratti del pubblico impiego arrivato dopo sette anni. Dovrà coprire ciò che lo stato non garantirà più. Ma la disparità fatale che essa introduce è legittima?

      Il sindacato del pubblico impiego accetta come una conquista una misura di smantellamento della propria categoria. La misura fa evidentemente parte delle condizioni poste per il rinnovo. Dato che gli aumenti sono del tutto irrisori e incerti potrebbe esserne la causa vera e principale. Come da lettera BCE, peraltro. Questo spiega meglio il sì dei metalmeccanici: non si tratta di una sola categoria coinvolta ma di un accordo generale sulla contrattazione italiana. Il sindacato si avvia a diventare il gestore di una serie di servizi e questo, credo, come da tradizione USA. Ulteriore spiegazione qui: in prima posizione le assicurazioni si prepara a gestirle Unipol.

      Essendo incerto il risultato del referendum Renzi sembra affannarsi a mostrare che almeno qualche servizio, oltre al JA, lo può ancora offrire ai suoi mandanti e padroni, nel tentativo di portare a casa un po' di tempo per sé e i suoi.

      Poi certo gli spaghetti tea-party hanno un buffet ricco e vario...

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    3. "Non so se possa rientrare in una riforma antistato la aziendalizzazione del welfare"

      Ovviamente e assolutamente SÌ. È il punto qualificante della macroeconomica finalità strategica delle 'riforme' neo-ordo-liberiste, come più volte rimarcato anche da Bagnai: l'estromissione progressiva dello Stato dall'intermediazione del risparmio. Ovvero, l'appropriazione da parte del grande capitale privato di una quota rilevante di quel reddito indiretto e differito che altrimenti lo Stato, in quanto intrinsecamente inefficiente e corrotto: a) non sarebbe in grado di impiegare in investimenti produttivi; b) peggio ancora, restituirebbe in modo universale (ovvero 'indiscriminato') a tutti i cittadini, vanificando il trend naturale di allocazione ottimale (ovvero 'meritocratica', ovvero 'giusta') del reddito - naturalmente con contestuale massimizzazione della qualità dei servizi - che solo il mercato e l'iniziativa privata possono garantire.

      Il tutto con la decisiva complicità dei sindacati, necessariamente (per motivi di garbo costituzionale) cooptati nell'operazione.

      In quanto alle tue illazioni su Renzi e i suoi servizi a JP, direi che la tua prudenza è molto generosa.

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  12. non riesco a vedere un grafico (ammontare complessivo dei saldi primari, comparativamente per i vari principali Stati dell’UE, Mauro Gosmin): è un problema solo mio? Pur essendo una statale non sono Esaù: la mossa è stata furba! Anche io ho un bruttissimo presentimento: nn so perché non riesco a togliermi dalla testa il plebiscito di Napoleone III nel 1852... Che speranze restano se vince il sì?

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    1. Intanto non arrenderti: fatti carico dell'onere di capire e far capire a tutti quelli che puoi (riesce tanto meglio quanto più ci si "sacrifica" e si studia).

      Il grafico dal mio computer di vede perfettamente...può essere che non si veda dai cellulari (dal mio si vede)

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    2. sono al PC ed ho provato sia Mozzilla che Chrome senza risultato; dall'Ipad la situazione è identica. Però se nessuno dice niente può darsi che il problema sia solo mio. Domani provo da un altro PC. In quanto a spendermi per far capire cosa sta succedendo, non mi risparmio, perché insegno e so che i ragazzi sono quelli che pagheranno più di tutti questa sciagurata riforma e il capestro UE. Colgo l'occasione per ringraziarla dei suoi vari interventi, anche quelli reperibili su YouTube. Sono illuminanti anche per una profana di economia. Buon lavoro.

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