martedì 2 agosto 2016

CONFESSIONI... - Parte 2 - SULL'EFFICIENZA DELL'AVIDITA'



In questa seconda parte delle "Confessioni...", Bazaar ci descrive il meccanismo di coinvolgimento mediatico-emotivo che sorregge la instaurazione della Grande Società, con la sua morale granitica e autodefinitasi scientifica, a cui non sono di ostacolo le contraddizioni che emergono dalla realtà. 
Sempre prendendo spunto dall'articolo di Neil Irwin sul NYT.
Per dire, il Brexit è "brutto", i sondaggi avrebbero dovuto essere accettati come verdetti definitivi, e la propaganda deve rimanere incontestabile. Altrimenti la matematizzazione deduttiva e a priori della realtà sociale ne viene intollerabilmente contraddetta: per chi non lo sapesse la gematria è un sistema di interpretazione numerologico, che deriva dall'assegnazione all'alfabeto ebraico di una funzione aggiuntiva di numerazione.
Il test sulla "avidità" come comportamento inevitabilmente "efficiente", che trovate commentato, dà risultati contraddittori: poco male, si sa che gli uomini non sono tutti eguali. Questa bizzarra idea è la conseguenza nefasta della troppa pace.  E la massa della non elite, in definitiva, è troppo stupida per vivere.
Delusa dalla massa degli insignificanti peones che preferiscono l'equità all'efficienza (sempre sul presupposto, inventato, che dare via libera all'avidità di pochi, porti a fantasmagorici aumenti aumenti del PIL), l'elite naturale comincerà a strepitare degli effetti del populismo e a teorizzare una qualche massima morale che consenta di delegittimare scientificamente ogni espressione di dissenso, per ripristinare così l'assoluto controllo sociale...Efficientemente scientifico.

Il bipensiero del lettore-tipo permette, invece, di proseguire come se nulla fosse; si sforza di pensare a ciò che sa essere un'inutile perdita di tempo. Ma non è così narcisista da non farlo, e commenta: « Chi è così mostro da non voler diventare sempre più ricco? Ai mostri ci dovrebbero pensare l'FMI , la World Bank o l'OCSE... »

Ma non è finita; don Neil dà la stoccata finale: « In tale contesto, il sostegno per Trump e per la svolta britannica conosciuta come Brexit sono solo imperfetti veicoli attraverso i quali qualcuno può urlare: "Stop" »

Il lettore-tipo scatta in piedi e, sbalordito, mormora: « Come si permette 'sta plebaglia?!  »

« Stop! »

A lui: un rullo compressore.

A lui: che gli ostacoli non li scavalcava. Li abbatteva.


La liturgia si concentra sulle Sacre Scritture; è tempo di Cabala e di raffinata gematria: « In un sondaggio di 639 economisti britannici condotti a maggio, l'88 per cento prevedeva che un voto per lasciare l'Unione europea avrebbe depresso la crescita economica britannica, ma il 52 per cento degli elettori ha approvato comunque. Solo due dei 40 economisti intervistati dalla Initiative on Global Markets  dell'Università di Chicago, erano d'accordo con l'affermazione per cui un paese può migliorare il benessere dei cittadini, aumentando il suo surplus commerciale o tagliando il suo deficit commerciale, un'idea che è una caratteristica della retorica populista. »

Che il sondaggino fosse becera propaganda non è semplicemente verificabile dal fatto che basterebbe aprire un manuale del primo anno di economia politica per sapere che, avere strutturalmente un deficit commerciale in un'area di libero scambio, non è solo un problemino per la maggior parte degli operatori economici di un Paese, ma è tendenzialmente il motivo principale per cui i disoccupati reclutati nell'esercito industriale di riserva scendono in campo.




(Se non lo sanno i britannici che, pur di continuare a bere il tè alle cinque, riequilibrare le partite correnti, e difendere i sacri valori del libero mercato, hanno sterminato a colpi di cannoni ed overdose da oppiacei milioni di cinesi! )

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« L'élite americana non ha alcuna vera idea di pace – se non come un ansioso intermezzo che esistente precariamente in virtù del bilanciamento di paura reciproca. L'unico piano seriamente accettato per la pace è la pistola col caricatore pieno. In breve, la guerra o un'elevata tensione da stato di guerra, è avvertito come normale e condizione apparentemente permanente degli Stati Uniti. » (C.W. Mills, Ibid.)
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Soprattutto, che fosse propaganda particolarmente “becera”, si è visto dalle reali conseguenze della Brexit: il mercato è tornato subito a fare il suo corso con le prospettive economiche in crescita. Proprio come da manuale.

Ma l'elettore-tipo – che la sa lunga, e per le colonne di Jachin Boaz ci è passato – si stizzisce per tanta insipienza: « Maledetti populisti ignoranti che non capite una beneamata di numerologia! Fate il gioco di quei pazzi sanguinari della superloggia Skull & Bones! » D'altronde, il lettore-tipo è liberal & democrat: è nel suo imprinting avere Batman come role model.

Il sacerdote del NYT, a quel punto, pone un interrogativo dal retrogusto di sovversivismo intellettuale: « Ma cosa succede se questa distanza tra l'élite economica e il grande pubblico non è stata creata da differenze di competenza, ma da differenze di priorità? »

Il lettore-tipo quasi si soffoca e sputa il plumcake sul tablet: i bocconi masticati per qualche momento coprono i caratteri dell'articolo. Ciò gli procura sollievo; ma la mattinata pare ormai definitivamente rovinata.

« Priorità! » – sibila digrignando i denti, e ripulendo lo schermo lcd – « maledetto prete che si mette a ragliare di valori e moralità: questi sono solo subumani inefficienti! È necessario selezionare la specie... l'eugenetica... chiaramente non come quella dei nazisti... io sono liberal... ma come quella degli inglesi in Bengala... proprio come dicevano Darwin e quello dei cereali... come si chiama... Malthus! »

Stava provando emozioni per qualcosa che non era un grafico o un'analisi di bilancio.


Si stupì.


2 - Vilfredo Pareto; ovvero come la matematizzazione delle scienze sociali non è altro che pura filosofia morale; rigorosamente etilista. Pardon!, “elitista”  [Tempo di lettura: 3m e 40s - clicca per tenere il passo con i tempi...]




« La morale tipo è stata considerata come alcunché di assoluto; rivelata od imposta da Dio, secondo il maggior numero; sorgente dall'indole dell'uomo, secondo alcuni filosofi. Se ci sono popoli i quali non la seguono ed usano, è perché la ignorano, e i missionari hanno l'ufficio di insegnarla ad essi e di aprire gli occhi di quei miseri alla luce del vero; oppure i filosofi si daranno briga di togliere i densi veli che impediscono ai deboli mortali di conoscere il Vero, il Bello, il Bene, assoluti; i quali vocaboli sono spesso usati sebbene nessuno abbia mai saputo cosa significassero[12], né a quali cose reali corrispondessero. » (V. Pareto, Ibid. II, 18)
***
« Eppure gli uomini in ogni tempo hanno ragionato come se morale e giustizia avessero esistenza propria, a ciò tratti dalla tendenza, che in essi è fortissima, di dare carattere oggettivo ai fatti soggettivi, e dal bisogno prepotente di ricoprire con una vernice logica le relazioni dei loro sentimenti. Simile origine hanno la maggior parte delle dispute teologiche, nonché il concetto veramente mostruoso di una religione scientifica.[13] » (V. Pareto, Ibid. II, 19)
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« I precetti morali sono spesso volti ad assodare il potere della classe dominante, spessissimo a temperarlo.[14] » (V. Pareto, Ibid. II, 80)
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« Si suole ragionare come se le massime morali avessero origine esclusivamente da coloro a cui impongono certe norme di fare, o di non fare, ma in realtà esse hanno altresì origine da coloro che ne ritraggono qualche vantaggio. Chi desidera che altri faccia cosa alcuna in suo pro, ben di rado esprime schiettamente tale desiderio; egli stima miglior consiglio di dargli forma di un concetto generale o di una massima morale. » (V. Pareto, Ibid. II, 81)
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« Nelle società ove più crudele è l'usura, si hanno massime morali maggiormente ad essa contrarie. » (V. Pareto, Ibid. II, 82)
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L'esegesi gematrica dell'economia volta all'etica dei valori, prosegue con rigorosità clericale; Irwin insiste: «Consideriamo un esperimento pubblicato l'anno scorso sulla rivista Science. Quattro economisti hanno messo alla prova persone con una simulazione al computer in cui potevano essere sia avide, e tenere dei gettoni che avevano valore in denaro reale, o condividerli con gli altri.
Il punto: se li condividevano, il numero totale di gettoni sarebbe diminuito. In altre parole, più equamente la torta veniva divisa, meno torta c'era da sbaffarsi. C'era una proporzione inversa tra equità e massimizzazione del reddito, un caso di efficienza economica. 
»

Cos'è l'Etica se non la ricerca di un ottimo paretiano!

Il lettore-tipo – con un moto di commozione e slancio mistico – si raffigura Gesù tra i discepoli, in riva al lago di Tiberiade, tracciare nella sabbia una scatola di Edgeworth e spiegare come allocare in modo pareto-efficiente pani e pesci.

(Poi, come si sa, barò)


***
« La solidarietà è sempre ottima per ricevere, non è mai buona per dare. L'operaio che guadagna dieci lire al giorno stima che, in nome della solidarietà, il ricco a lui deve far parte delle sue sostanze; ma troverebbe ridicolo che a lui si chiedesse, in nome di quella stessa solidarietà, di far parte del suo guadagno a chi ha di salario una lira o poco più al giorno. »[15] (V. Pareto, Ibid. II, 91)
***

Il sacerdote digitalizzato, però, lo colpì con un'improvvisa biblica rivelazione: « Tra il pubblico americano, circa la metà di quelli che avevano partecipato all'esperimento, aveva preferito l'equità all'efficienza ».

Stupore.

Uno shock. Il lettore-tipo: « Ecco perché c'è gente che muore di fame! Proletari! Subumani! Sudici individui da eliminare! » Con una sberla spappola una mosca sul tavolino.

Don Neil, prontamente, ricorda qual è la differenza tra un ceto dominante ed uno subalterno: chi si può permettere di studiare a Yale – quindi già darwinianamente selezionato – se ne batte dell'equità nell'ottanta per cento dei casi e si pappa la torta. E con gran gusto.

Per questo costoro diventano classe dirigente.

La classe dirigente è geneticamente orientata all'efficienza.

Ma c'è un problema: la globalizzazione è trent'anni che lascia vittime sul campo; non tutti sono disposti a emigrare come dei pezzenti perché la libera circolazione delle persone è “efficiente”. Non tutti vogliono pagare affitti stellari perché l'equo canone distorce il mercato immobiliare.

Cos'è la perdita di qualche posto di lavoro se, nel complesso, la ricchezza totale aumenta?


(Anche se in realtà i dati dicono tutt'altro sulla relazione tra liberoscambismo, disuguaglianze e crescita globale... ma, come ricorda sempre Ha-Joon Chang, oltre a troppa matematica inutile, si studiano troppo poco i dati storici)




Irwin ricorda quanto è moralmente deplorevole questo atteggiamento della plebe.

Il problema però, spiega, è che chi ha avuto la vita distrutta perché il padre tre decenni fa ha perso il lavoro a causa della globalizzazione, è ancora incazzato; e vota Trump.

Il lettore-tipo capisce che il chierico lo sta invitando a trovare l'ottimo paretiano nell'allocare la sua fetta di plumcake ed i “costi da revanscismo populista”.

***
« La famiglia fornisce all'esercito e alla marina i migliori uomini e ragazzi che possiede. E, come abbiamo visto, l'istruzione e anche la scienza stanno diventando mezzi funzionali agli scopi perseguiti dai militari. » (C.W. Mills, Ibid.)
***

Dopo questo barocco viaggio nella psicosi e nella sociopatia, noi ci chiediamo: quindi, se il prezzo della globalizzazione dovrà essere una immane guerra mondiale – piuttosto che dividere la torta –  che le trombe d'assalto squillino? Le nostre vite sono forse grottescamente in mano ad una gigantesca scatola di Edgeworth?





Si comprende la qualità di una élite – nel profondo – dal gusto estetico.


3 – Spirituali conversazioni: Charles Wright Mills, Vilfredo Pareto e Friedrich Nietzsche. [ Tempo di lettura 9m e 55s: clicca per tenere il passo con i tempi...]

« Tutti gli uomini sono stati creati uguali », Filippo Mazzei, 1776
« L'unica scusante di Dio è che non esiste », Stendhal
« Se esiste la Trinità di Rublëv, allora Dio esiste »Pavel Florenskij, “Iconostasis”




Andrei Rublëv: Trinità, 1422 circa

Michail Vasil'evič Nestorov:  Filosofi (Ritratto di Pavel Florenkij e Sergej Bulgakov), 1917, Olio su tela,  Galleria Tretjakov, Mosca, Russia 

***
« [Secondo i liberisti, i]l mercato è sovrano, e nella magica economia delle piccole imprese non esiste un un'autorità centrale [...] nella sfera politica [...] l'equilibrio dei poteri prevale, e quindi non vi è nessuna possibilità di dispotismo. » (C.W. Mills, Ibid. p.242)
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« La “democrazia” degli Stati Uniti d'America ha per principio l'eguaglianza degli uomini; ed è perciò che in quel paese civile si linciano negri ed italianisi vieta l'immigrazione cinese, e si muoverebbe guerra alla Cina, se a loro americani fosse vietato di andarci. »[16] (V. Pareto, Ibid. II, 91)
***
« L'economia – una volta formata da una grande quantità di piccole unità produttive disperse ed autonomamente in equilibrio, è ora dominata da due o trecento aziende giganti, amministrativamente e politicamente interdipendenti [...] L'ordine politico, una volta che un insieme decentrato di diverse decine di Stati con un debole midollo spinale, è diventato una struttura esecutiva centrale che ha avocato a sé molti poteri in precedenza sparsi [...] L'ordine militare, che una volta era una struttura snella in un contesto di diffidenza alimentata dalle milizie di stato, è diventato l'apparato più grande e costoso del governo. » (C.W. Mills, Ibid. p.7)
***
« [I]l pathos aggressivo è un elemento necessario della forza, così come il sentimento di vendetta e di rancore lo è della debolezza. La donna per esempio è vendicativa: ciò è intrinseco nella sua debolezza, così come la sua sensibilità per la miseria altrui»  (F.W. Nietzsche, Ibid.)
***
« Il crescere della democrazia ha dato vigore al sentimento di eguaglianza tra i due sessi; ma è probabile che maggiormente ha operato il non esservi più state guerre; poiché è in queste che principalmente appare la superiorità dell'uomo» (V. Pareto, Ibid. II, 87)
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« L'asserzione che gli uomini sono oggettivamente eguali è talmente assurda, che non merita neppure di essere confutata. Invece, il concetto soggettivo dell'eguaglianza degli uomini è un fatto di gran momento, e che opera potentemente per determinare i mutamenti che subisce la società. » (V. Pareto, Ibid. II, 102)
***
« L'idea che l'élite sia composta di uomini e donne caratterizzate da una più raffinata moralità è un'ideologia dell'élite. » (C.W. Mills, Ibid. p.14)
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« L'eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge per molti è un dogma; ed in tal caso sfugge alla critica sperimentale. Ma, se ne vogliamo discorrere scientificamente, vedremo tosto che non è punto evidente a priori che tale eguaglianza debba essere di vantaggio alla società; anzi, considerando l'eterogeneità della società stessa, il contrario pare più probabile. » (V. Pareto, Ibid. II, 109)
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« Si vede ora quanto sia grande soggettivamente il valore del concetto dell'uguaglianza degli uomini, che oggettivamente è nullo. Esso è il mezzo comunemente usato, specialmente ai tempi nostri, per torre di mezzo un'aristocrazia e sostituirla con un'altra. » (V. Pareto, Ibid. II, 107)
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« Le persone con dei vantaggi sono restie a credere che gli è semplicemente capitato di essere persone con dei vantaggi. Arrivano facilmente a definirsi come intrinsecamente degni di ciò che possiedono; arrivano a credersi élite “naturale”, e, in effetti, ad immaginare i loro beni e i loro privilegi come naturali estensioni di se stesse in quanto élite » (C.W. Mills, Ibid. p.14)
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« Gli uomini, quando a loro giovi, possono prestare fede a una teoria di cui conoscono poco più che il nome; il che del rimanente è fenomeno generale in tutte le religioni. La maggior parte dei socialisti marxisti non hanno lette le opere del Marx. » (V. Pareto, Ibid. II, 108)
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Ma lasciamo l'ultima parola all'esimio “nobile polacco”:

« Per tutto ciò che oggi viene chiamato nobiltà io nutro un sentimento di superiorità e di distinzione – non concederei mai al giovane imperatore tedesco l'onore di farmi da cocchiere.  […] Tutte le idee dominanti sui gradi di parentela non sono che un controsenso fisiologico senza pari. Il papa lavora ancora con questo controsenso. Ai propri genitori si è affini meno che a chiunque altro: sarebbe un segno di estrema volgarità essere affini ai propri genitori.Tutte le idee dominanti sui gradi di parentela non sono che un controsenso » Friedrich W. NietzscheEcce Homo, Autunno 1888, “Perché sono così saggio”.













( Agli ottimati paretiani e ai Fognatori spinelliani, che non distinguete un sogno dalla psicotropia finanziaria: quando vi sveglierete sarà troppo tardi )






[12]     Si noti la forte discrepanza con Nietzsche, che, comunque, fa della morale una questione estetica.
[13]     Husserl proponeva, ad esempio, un approccio scientifico – fenomenologico – alla religione in contrapposizione – appunto – alla teologia.
[14]     Su questa considerazione si apre un mondo: come Nietzsche sottolinea che la “morale degli schiavi” non è tanto qualcosa che inibisca  lo schiavo nell'emanciparsi dal padrone, ma è qualcosa che psicologicamente limita la libertà – si parla infatti di norma morale – alimentando scrupoli nell'agire del padrone contro lo schiavo e producendo decadenza. [Per Nietzsche la morale dello schiavo nasce dalla dialettica tra la casta sacerdotale e quella guerriera] Quindi: la “perfetta” società in caste si realizza nel momento in cui “la morale degli schiavi” e la coscienza sociale vengono sbriciolate. [Si ricorda a proposito che Benito Mussolini seguì in Svizzera le lezioni di Pareto e approfondì – sempre in tal soggiorno – aspetti del pensiero nicciano].
[15]     Quel furto della progressività delle imposte!
[16]     Psicosi, liberalismo e dissociazione cognitiva.

16 commenti:

  1. Ottimo post. Penso non stoni aggiungere la grande, democratica soluzione (mai formulata esplicitamente, dedotta da menti critiche, evidente nei messaggi dei media):
    un dollaro - un voto
    ...perché gli uomini sono tutti diversi, ma i dollari sono tutti uguali... e vai di paralogismi!

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    1. Che poi sono i soliti deliri dei superfantageni che storicamente fanno le fusa alle classi dominanti, a cui, come ci ricordava Arturo, rispondeva sconsolato Gramsci:

      Non è certo vero che il numero sia legge suprema, né che il peso dell'opinione di ogni elettore sia "esattamente" uguale. I numeri, anche in questo caso, sono un semplice valore strumentale, che danno una misura e un rapporto e niente di più. E che cosa si misura? Si misura proprio l'efficacia e la capacità di espansione e di persuasione delle opinioni di pochi, delle minoranze attive, delle élites, delle avanguardie ecc. ecc., cioè la loro razionalità o storicità o funzionalità concreta. Ciò vuol dire anche che non è vero che il peso delle opinioni dei singoli sia esattamente uguale". Segue il pezzo già riportato. Poi: "La numerazione dei "voti" è la manifestazione terminale di un lungo processo in cui l'influsso massimo appartiene proprio a quelli che "dedicano allo Stato e alla Nazione le loro migliori forze" (quando lo sono). Se questi presunti ottimati, nonostante le forze materiali sterminate che possiedono, non hanno il consenso della maggioranze, saranno da giudicare inetti e non rappresentanti gli'interessi "nazionali", che non possono non essere pravalenti nell'indurre la volontà in un senso piuttosto che nell'altro. "Disgraziatamente" ognuno è portato a confondere il proprio particolare con l'intersse nazionale e quindi a trovare orribile ecc. che sia la "legge del numero" a decidere. Non si tratta quindi di chi "ha molto" che si sente ridotto al livello di uno qualsiasi, ma proprio di chi "ha molto" che vuole togliere a ogni qualsiasi anche quella frazione infinitesima di potere che questo possiede di decidere sul corso della vita dello Stato ».

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    2. In effetti questa citazione di Gramsci sarebbe da inserire nel frontespizio della homepage del blog...

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    3. Per questo l'elitismo piddino auspica a riformare il Senato: ci vogliono mettere i propri amati cavalli, che, come per Nietzsche o per gli animalisti, sono più degni dei villani che vorrebbero governare.

      Per non parlare a cosa porterà l'elitismo gender dei sellini...

      Tra l'altro, la Arendt in "Alcune questioni di filosofia morale", nel provare ad analizzare 'sta intellettualità alla Caligola della sedicente élite economico-politica, dava come pacifico ed assodato punto di partenza, che chi fa propria la morale delle élite - di cui il tiranno è archetipo di perfezione etico-spirituale - è incapace di produrre Arte.

      Questo è dall'alba dei tempi pacifico tra chiunque si sia cimentato nella filosofia morale.

      Basta andare in una mostra di arte moderna, accendere la radio o recarsi al cinema, per comprendere il profondo significato sociologico per cui "il pesce puzza dalla testa".

      Come notava Primo Levi nei campi di lavoro streminazionisti, più la struttura sociale è ripugnante, più sono ripugnanti le persone che riescono ad occupare posizione di privilegio.

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  2. La scelta delle scene finali di "The tree of life " di Terrence Malick e' felicissima e spiega anche piu' di tante parole "La Verita'" della Natura Umana .
    Grazie

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    1. La "fotografia" della scuola americana, più l'europeissima "Moldava" di Bedřich Smetana, sono una stretta al cuore...


      (Anche Kubrick e Aronofsky, nell'accoppiare fotografia e colonna sonora, danno ancora un senso al cinema... a colori)

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  3. Bazaar, ti superi, non sbagli un colpo. Per quanto mi riguarda, sei una felicissima scoperta.
    Tu Arturo e ovviamente Quarantotto (e Maimone) state svolgendo un immenso lavoro di analisi, ben oltre l'alta divulgazione.

    L'unico side effect è che acuite nel lettore la fame di conoscenza e approfondimento (non se ne ha mai abbastanza, tanto vasto e tentacolare è l'oggetto), il che è problematico per un certo target nel quale rientro, che necessita del pari di sintesi e ordinamento sistematico.

    A scopo pratico, intendo: le vostre riflessioni hanno i lettori quali amplificatore, nei più disparati ambiti, dalla scuola alla conversazione informale, alle reti social...

    Il mio compito di lettore è anfibio: da un lato approfondire (e qui c'è un Everest di filosofia sociologia pensiero politico economia, oltre al diritto), dall'altro fare sintesi e ri-veicolare (sarebbe interessante chiarire quanti gradi di semplificazione riassuntiva un pensiero possa subire senza corrompersi in semplicismo - presumo dipenda dal grado di ricettività competente dell'opinione pubblica, è questo non è un fattore invariante né dipende da virtù intrinseche del pensiero stesso - insomma, tu e Quarantotto non possedete il Corriere e non conducete Ballarò).

    Il grande limite della rete è che surroga la cooperazione dei soggetti in apprendimento (gli utenti, dico) con una semplice interazione discorsiva, che ne è pallidissimo simulacro.

    Noi lettori di blog siamo tutti soli, e da solo io non la rivoluziono, la programmazione didattica di storia e diritto delle scuole superiori (né la mia, personale).

    Insomma, vi segnalo un po' frustrato che il mezzo vi rema contro...

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    1. Ogni mezzo rema contro, muovendo da questo intento e, chiaramente, da questi contenuti: periodicamente,infatti, scrivo un libro in cui faccio il punto del materiale e delle analisi salienti svolte sul blog.

      Tra l'altro, dato il livello di approfondimento, diviene un lavoro scientificamente sempre più dotato di spessore: e occorre mantenerne una esposizione passabilmente divulgativa (che, in realtà presuppone lettori sempre più "formati").

      Eppure, nè il libro, né la partecipazione a convegni né altro, possono penetrare la struttura calcificata del frame mediatico: per definizione. Come ho già detto, altrimenti non sarebbero consentiti.

      Tu stesso non sei solo in quanto lettore: sei solo anche perché, nella tua intenzione stessa di "amplificare", dovresti esigere un'attenzione che può venir accordata solo a livelli di semplificazione che neutralizzano il messaggio e lo rendono compatibile con la prosecuzione del pensiero eteronomo preesistente. Ne ho la prova su twitter...

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  4. Chiaro (as usual). Credo che un blog come questo (dico del mezzo) costituisca il limite inferiore di tenuta, al di sotto del quale il pensiero perde in integrità e pregnanza. Twitter con le sue 140 battute forse è davvero troppo poco (è la ragione del suo successo - e dei guasti che provoca).

    "Altrimenti non sarebbero consentiti", dice. Eppure qualsiasi Big Brother ha delle porosità.

    Torno al mio ambito professionale: l'ultima riforma scolastica, che obbliga il docente unicamente al perseguimento di esiti in termini di competenza rispetto a un profilo in uscita, apre (ben oltre l'intenzione del legislatore, credo, che è solo un acritico lettore di roba tipo Libro bianco di Delors) - apre, dicevo, praterie all'arbitrio dei docenti circa la scelta dei contenuti specifici, da un lato ridotti al rango di elementi strumentali (con relativizzazione del "merito" e del "momento" di ogni argomento, nella assoluta indifferenza al quid); dall'altro rendendoli dunque fungibili e opzionali (siamo al funzionalismo puro: il contenuto non è più di per sé formativo).

    Autogoal, dicevo, ché così i contenuti li programmo io.
    E qui vengo alla domanda, che mi preme sottoporle, anche se cado nuovamente in OT.

    Sto leggendo i suoi post su costi della politica, corruzione & affini (e così pure il capitolo de Il tramonto dell'Euro di Bagnai, sullo stesso tema e ispirato a un suo libro): è in questo senso che tempo fa mi parlava di utilità dell'insegnamento del diritto amministrativo, quando io lamentavo la rimozione del costituzionale dal curricolo del quinto anno?

    Ma vale anche per diritto civile e storia (penso al C.C. ottocentesco come "costituzione civile", con ciò che ne conseguì in termini di prevalenza dell'interesse borghese e proprietario, di silenzio assoluto sui diritti sociali ecc.).

    Oppure penso a una certa, possibile lettura di alcune "leggi fascistissime", che solitamente non si studiano perché in apparenza non scassano l'ordinamento o non riguardano il diritto penale o non conculcano diritti politici, ma che ad esempio si prestano a interessanti rilievi circa elementi di continuità tra Italia liberale e stato fascista...

    Se la sua risposta è affermativa, se in questo senso è utile il diritto amministrativo, dovrò assolutamente parlarne col mio collega di discipline giuridiche!

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    1. Ne avevamo già parlato: non è il diritto amministrativo in sè, - che oggi è insegnato come l'economia politica, cioè come appendice applicativa del paradigma €uropeo-, ciò che può realmente aiutare al recupero della coscienza democratica: è l'analisi economica del diritto pubblico.

      Cioè ciò che viene diffuso qui, come nucleo di una conoscenza interdisciplinare che si richiama alla comprensione del modello socio-economico costituzionale (cioè keynesiano, come ci conferma Caffè) e delle sue ricadute in termini di politiche economiche e fiscali "normativizzate" al più alto rango.

      In altri termini, senza il recupero delle fonti dirette, cioè i lavori della Costituente e il metodo di analisi economica "istituzionalista", quello originario nato negli anni '30 in pieno New Deal, (e che ha degli antecedenti in Veblen), si rischia un'operazione equivoca nei suoi contenuti.

      E per quanto è dato di riscontrare, tale approccio alla realtà storico-economica attuale, è operato solo in questa sede e nei libri che ne sono scaturiti.

      Per il resto, non mi sentirei, in coscienza, di consigliare un lungo e contraddittorio discorso di decodificazione di testi di varie scienze sociali ormai profondamente alterati dall'intossicazione €uropeista e neo-liberista (nei giuristi, per di più, avulsa dalla minima conoscenza del senso economico di quanto sostenuto).

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  5. Ah, quello originario, non il neo-istituzionalismo, presumo.

    Con metodo puramente stocastico ho pescato in rete (poi andrò a studiare seriamente, giuro) due cose, uno scritto di Vannucci, dell'Univ. di Pisa, pubblicato sul sito liberale (!) "Società libera" nel quale (ma va'?) si predilige la scuola neo-istituzionalista (individualismo metodologico e procedimento deduttivo - ...!), e che verte in grandissima parte sul problema della "riduzione dei costi di transazione" (!).

    Poi, incappo nella tesi di laurea di un tizio della Luiss (relatore Di Taranto) che chiude così l'introduzione:

    "...si rileva come in effetti, una struttura federalista [!], permettendo un più ampio bilanciamento dei poteri tra le varie autorità di una Nazione ad ogni livello, ed una maggiore vicinanza alle diverse realtà di un territorio, costituisca una evidente garanzia dai comportamenti opportunistici [!!!] dello Stato. Interventi che di fatto resero l’Inghilterra molto simile ad una federazione favorirono lo sviluppo di un profondo mercato del credito; altri interventi normativi, come gli enclosures acts, diedero vita ad una aristocrazia terriera interessata ad incrementare la produttività dei propri terreni, ad una borghesia cittadina che cercava di sfuggire alle rigide regolamentazioni delle gilde che di fatto ostacolavano le innovazioni, ed infine ad una grande massa di lavoratori disoccupati da cui la nascente industria attingerà manodopera" (olè!).

    Si capiscono tante cose. Si capisce anche:

    a) l'intrusività capillare della religione ordoliberista-€urista;
    b) perché Lei si premurasse di specificare che la scuola cui fa riferimento è quella americana degli anni '30, non quella "Neo-";
    c) la Sua sfiducia verso certo mondo accademico...

    Approfondirò.

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    1. Sì, ma non è necessario studiarsi tutto lo scibile: oltre ad essere impossibile, è soprattutto inutile.

      Non farti ingannare dall'approccio multisciplinare: ogni scienza sociale - ad es. - è uno sguardo sul mondo che descrive il medesimo oggetto: la società. Che è un'Idea. Un'Identità.

      Quello che tu noti è un approccio. O meglio, un atteggiamento.

      Questo "atteggiamento" viene chiamato con un termine ben preciso: viene qualificato come "fenomenologico".

      L'oggetto d'indagine - intenzionato - è questa Idea. Questa Identità. Questa essenza. La società e il suo divenire.

      Poiché l'intenzionare è strettamente unito all'interpretare, al significare, ogni scienza sociale non è altro che uno strumento - più o meno utile - per "intuirne" l'essenza.

      Poiché ciò che si ricerca non è una statica osservazione disgiunta dal tutto, ma un senso ultimo delle cose che si ricerca, che sono parte di un tutto (dell'Essere), torna a rivivere nel senso rinascimentale più alto lo "spirito dell'Uomo".

      Il nichilismo aberrante che permea la modernità non è solo causato dalla divisione del lavoro, ma anche di quello della conoscenza specialistica.

      Quando Lelio Basso spiega a Calamandrei la relazione tra il Lavoro e l'ordine sociale, ha un atteggiamento fenomenologico.

      E sempre con la fenomenologia si comprende l'evidenza per cui Marx è corretto nel descrivere i presupposti del materialismo storico o per cui Keynes lo è nell'approcciarsi all'economia rispetto le premesse etico-ideali professate (la libertà dall'indigenza).

      E sempre con la fenomenologia avviene che il relativismo etico e il nichilismo liberista si sgretolano come al traumatico risveglio di un incubo.

      Husserl era assolutamente consapevole di ciò.

      I tracotanti ciarlatani alla Pareto ed epigoni (Popper e liberali classici compresi) vengono asfaltati da Husserl.

      Sai come liquida tutta 'sto pattume umano ed intellettuale?

      "Positivismo, naturalismo, e storicismo post-modernista - che lo sappiano o meno - implicano una forma di scetticismo. E lo scetticismo è assurdo."

      Con la fenomenologia la doxa acquista dignità e diventa essa stessa episteme: ovvero le scienze dure perdono l'obiettività in quando non sono altro che una parte dei tanti "metodi di indagine".

      La morte assoluta del "permesimo".

      Cosa voglio dire?

      Che una volta imparati e divulgati i pilastri del keynesismo e i suoi aspetti istituzionali, la vera sfida del docente è insegnare "l'atteggiamento fenomenologico".

      Non c'è altro.

      Una volta che si hanno "le chiavi più importanti dell'ermeneutica", qualsiasi pessimo libro o articolo diventa una cloaca di scemenze (molla, è inutile perderci tempo); qualsiasi buon libro di un Grande Autore diventa un tesoro di segreti e di rivelazioni.

      Sono del parere che l'atteggiamento fenomenologico sia l'unico antidoto al "parassitismo strutturale" della modernità.




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    2. Buongiorno Bazaar.
      Un poco di pigrizia, unita al fatto che mi sto dedicando ad altri studi, rendono complesso l'approccio direttamente ai testi dell'autore che cita. Mi può consigliare, qualora ci sia, un manuale che illustri in maniera completa ma accessibile il pensiero di Husserl?
      Gliene sarei grato.
      Grazie
      M.

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    3. Per una questione di interesse personale la "fenomenologia" la sto approfondendo tramite Max Scheler, e non so se ho intrapreso una strada "consigliabile"...

      Comunque l'autore è Antonio Lambertino.

      (Poi la praticamente totalità dei filosofi moderni che fa divulgazione, non appartiene proprio a quella dei "filosofi", ma a quella dei "filosofisti": il totalitarismo liberale ha fatto dei danni a partire da qui...)

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  6. Bazaar, non so cosa tu faccia nella vita (non dirmelo, è irrilevante) ma hai il tono persuaso e il... caring di un Maestro.

    Grazie!

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    1. Oddio... non farti ancora ingannare :-)

      È il mio modo di scrivere. Il mio "stile".

      Arturo mi cazzia sempre per il modo assertivo con cui esprimo riflessioni.

      Ecco: non sono altro: spunti di riflessione.

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