martedì 2 febbraio 2016

L'ART.47 COST. COME LA LINEA DEL PIAVE?


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http://www.tosee.it/fronte%20AU%20Piave/arditi.jpg

1. Questo instant post intende commentare questa notizia, per anticipare gli sviluppi che ne possono teoricamente e praticamente derivare:

Il commento "a caldo" della prospettiva che apre questa azione proposta dinanzi al giudice civile (opposizione alla dichiarazione d’insolvenza chiesta al Tribunale di Arezzo dal commissario liquidatore Giuseppe Santoni), non può non incentrarsi sul suo aspetto più saliente, quale annunciato (non del tutto chiaramente: ma non si conosce quanto scritto in atti dall'avv. Desario) dall'articolo sopra linkato. 
Dunque, ci interroghiamo su quali possano essere i riflessi giuridico-costituzionali, sul vincolo UE, una volta che sia dedotta anche la illegittimità costituzionale del meccanismo di risoluzione introdotto in base al d.lgs 16 novembre 2016, n.180, in quanto (si deve dedurre) "anticipato" (parzialmente) nel caso Etruria (col decreto di svalutazione dei crediti, emanato il 22 novembre dalla Banca d'Italia, seguendo le indicazioni della Commissione UE, svalutazione che ha poi dato luogo all'apertura della liquidazione coatta amministrativa della banca). 

2. In una prospettiva di deduzione di eccezione di illegittimità costituzionale accuratamente svolta, sotto il profilo sia della "rilevanza" (cioè la normativa censurata deve essere necessariamente applicata e interpretata per risolvere la questione sollevata con l'opposizione), sia di "non manifesta infondatezza" (cioè l'eccezione risulta ben argomentata), si pongono due riflessi di sistema estremamente importanti.
Il primo riguarda il valore sintomatico del chiamare in causa l'art.47 Cost.in quanto, comunque, imponga, inevitabilmente (secondo logica), la precisazione della tenuta dell'intera gamma delle norme fondamentali della Costituzione di fronte alle norme €uropee.

3. E il problema può essere inquadrato richiamando questo passaggio di un recente post:
"Sia (invocare, per una soluzione del problema bancario italiano) l'art.43 (cioè la possibilità di ri-nazionalizzare in tutto o in parte il sistema bancario), che il più "diretto" (in tema sistema bancario) art.47 Cost., presuppone che si riaffermi che la c.d. Costituzione economica costituisca una parte fondamentale della stessa Carta, in quanto proiezione diretta degli articoli sul fondamento lavoristico: dunque non soggetta a revisione ex art.139 nè, profilo estremamente importante in questo frangente, derogabile da alcun trattato ai sensi dell'art.11 Cost (e questo in tema di protezione della legalità costituzionale sarebbe il...minimo sindacale).

Ma non appena fatto ciò:
a) verrebbe meno la supremazia del diritto europeo: praticamente nella sua interezza, perchè è un trattato economico (dunque incide sulle stesse materie) e, laddove finge di non esserlo, pone standards di diritti civili più bassi della nostra Costituzione;

b) chi iniziasse una simile riaffermazione del diritto costituzionale e della sovranità democratica, dovrebbe ammettere di aver navigato "in", se non di aver apertamente propugnato, decenni di illegalità costituzionale.

Entrambi gli effetti sarebbero quindi tollerabili e sostenibili solo per forze politiche non compromesse nè con il "fogno" €uropeo, nè con l'attacco sistematico del neo-liberismo alla Costituzione.
E allo stato forze politiche (rappresentate in parlamento) del genere, in Italia, non ce ne sono. Neanche si avvicinano all'orizzonte, peraltro..".

4. Ma il problema ora evidenziato ha un'evidente portata politica generale. Anzi, si potrebbe dire, "epocale".
Prima di arrivare a questo, però, occorrerebbe vedere come se ne uscirebbe la Corte costituzionale ove si giungesse ad investirla della questione di interpretazione dell'art.47 in relazione a norme interne di derivazione €uropea (cioè valide all'interno dell'UEM).
Da questo punto di vista, rammentiamo, l'art.47 Cost., - pur giocando un ruolo di molto attuale salvaguardia rispetto a una potenziale e incombente crisi bancaria sistemica (è inutile negarlo, vista la fuga già in atto dai depositi presso le banche italiane; per tacer d'altro), non è più importante, nella gerarchia delle norme costituzionali, degli artt.36 e 38 Cost
Sempre che si comprenda (da parte della Corte) l'unitarietà del disegno insito nella moneta unica, teso al proprio mantenimento (ad ogni costo) tramite strumenti quali la correzione degli squilibri commerciali inevitabili tra paesi aderenti, mediante la svalutazione salariale realizzata attraverso il pareggio di bilancio (cioè uccidendo la domanda interna come ammette Monti), fino ad ottenere l'enforcement di tale meccanismo di correzione attraverso il fiscal compact che, obiettivamente, è accompagnato dalla stessa previsione del meccanismo di risoluzione delle cirsi bancarie (e dagli scopi insiti nella Unione bancaria).

5. Il primo e più specifico ordine di problemi da risolvere riguarda il senso e il ruolo dell'art.47 Cost., che abbiamo affrontato qui:
"L’articolo 47, primo comma, infatti stabilisce il principio secondo cui “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio, in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”. 
 In questa enunciazione viene racchiuso il valore prioritario, sul piano economico e sociale, attribuito dalla Costituzione al risparmio: infatti, sebbene ciò appaia attualmente caduto in un inspiegabile “oblio”, la Repubblica si impegna a tutelarlo “in tutte le sue forme”, vale a dire in tutti i modi possibili affinché la parte non consumata del reddito - chè tale è il risparmio-, da parte dei cittadini, produca a sua volta nuova ricchezza.
Al secondo comma, l’art.47 recita “Favorisce (sempre la “Repubblica”, ndr) l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
Va subito precisato che per “Repubblica” in questo caso (come generalmente all’interno della stessa Costituzione) si intende l’insieme degli organi costituzionali di governo, democraticamente rappresentativi e strumento della sovranità popolare (art.1 Cost.): in primis Parlamento e Governo.
Sono essi coloro che sono chiamati a prestare la “tutela” del “risparmio in tutte le sue forme” esattamente nel senso utilizzato dall’art.4 Cost. nel parlare di “diritto al lavoro”, che la “Repubblica riconosce a tutti i cittadini”, tanto che la stessa (cioè quantomeno il Governo-Parlamento), “promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
Il plesso Governo-Parlamento, assume perciò, unitamente al complesso delle altre istituzioni democraticamente responsabili, riassuntive del concetto costituzionale di “Repubblica”, - di fronte al popolo sovrano costituitosi in corpo elettorale- un obbligo indeclinabile sia a garantire, con priorità assoluta, l’effettività del diritto al lavoro (mediante opportune politiche monetarie fiscali, industriali e, naturalmente “giuslavoristi che”), sia la connessa tutela del risparmio.

Se questa tutela, infatti, è apprestata “in tutte le sue forme” e, segnatamente, per favorire l’accesso del “risparmio popolare” alle tipologie di proprietà più rilevanti sul piano sociale ed economico (cioè tutelando il risparmio anche come stock, non solo come flusso), la connessione tra diritto al lavoro e risparmio appare palese a chiunque volesse leggere la Costituzione con l’occhio dei…Costituenti: cioè aderente alla più autorevole forma di interpretazione “autentica” in senso sostanziale.
E ciò significa che la realizzabilità - e la successiva "conservazione"- di un risparmio popolare, ricompreso a titolo principale, in “tutte le sue forme”, costituisce anch’esso l’oggetto di un vincolo ineludibile - “molto interno” in quanto conforme alla parte immodificabile della legalità costituzionale.
Questo proprio perché il fenomeno del risparmio si collega, attraverso la sequenza “livello di occupazione-tutela “reale” del livello del reddito (art.36 Cost.)-crescita della domanda aggregata-creazione di reddito non consumato”, al principale dei diritti fondamentali della Costituzione, posto dal citato art.4 in raccordo con la chiara enunciazione del fondamento di tutta la sovranità popolare (art.1 Cost.: sovranità, va rammentato, meramente delegata agli organi di vertice di formazione dell’indirizzo politico, cioè affidata in senso realizzativo-strumentale nelle “forme e limiti” enunciati nello stesso art.1).

Se si conviene sul fatto che tali enunciati siano principi “fondamentalissimi” della Carta suprema, essi non sono modificabili in alcun modo, tantomeno in conseguenza dell’adesione a trattati che favoriscano “la pace e la giustizia fra le Nazioni”, e in “condizioni di parità” (art.11 Cost.). Tali sono, infatti, i limiti costituzionali di legittima assunzione del “vincolo esterno” che, quand’anche rispettati dall’adesione ai Trattati UE-UEM, - e non lo sono- non potrebbero comunque violare l’art.139 Cost. e pervenire alla alterazione permanente degli obblighi di realizzazione dei diritti fondamentali posti a carico delle istituzioni costituzionali e democratiche.

In tal senso, basterà ricordare che, con riferimento al risparmio, esso, quantomeno deve esserci ed essere diffuso a tutte le classi sociali, e non risultare programmaticamente, e in forza di un “vincolo esterno” derivante dal diritto internazionale pattizio:
a) forzatamente ridotto o addirittura escluso, in quanto a tale risultato si perviene, tendenzialmente e progressivamente, attraverso il vincolo del deficit posto fin da Maastricht, unitamente all’adozione di una moneta a sostanziale cambio fisso che incide sulla realizzabilità di un avanzo delle partite correnti in simultanea alla crescita del reddito nazionale (cioè rendendo impossibile tale simultaneità, come risulta dai fatti eclatanti degli ultimi). Tale effetto riduttivo-eliminatorio di risparmio e crescita è poi realizzato con assoluta sicurezza mediante il “fiscal compact-pareggio di bilancio”;
b) concentrato nelle sole mani della parte più abbiente della società ed, ormai, essenzialmente nel settore finanziario-bancario: tale è l’effetto progressivo del tetto al deficit –e ancor più del pareggio di bilancio- a fronte della riduzione/compressione dei redditi e dell’occupazione che ne consegue, in corrispondenza alla concentrazione, attualmente all’87% del totale , della qualità di creditore dello Stato e di percettore dei relativi interessi, in capo a operatori di tale settore.

Ciò avrebbe posto già da decenni l’interrogativo sulla stessa compatibilità costituzionale del divorzio “tesoro-bankitalia, che è alla radice di questa progressiva e inevitabile (anzi, intenzionale) concentrazione della capacità di risparmio, in senso redistributivo “all’inverso” di quanto ha previsto la Costituzione all’art.47 . E, va ribadito, contemporaneamente come diretto riflesso dello svuotamento inesorabile del “diritto al lavoro”, da intendere come obbligo costituzionale di politiche di “pieno impiego” e non di deflazione salariale perseguita come unica via alla “competitività” segnata dai principi fondanti dei trattati (si veda l’art3, par.3, del TUE)."

6. Il secondo ordine di problemi "concreti" che la Corte dovrebbe affrontare è più generale e riguarda quanto regga la giustificazione €uropea del meccanismo di risoluzione, cioè il suo scopo (formale, cioè estrinseco) di non far sopportare ai contribuenti il peso dei salvataggi bancari.
Tale giustificazione non solo non risulta vera nella considerazione degli effetti ultimi del sistema di risoluzione, dato che all'incisione pure dei contribuenti il meccanismo europeo ci arriva lo stesso (la famosa "doppia tosatura"), ma essa presuppone necessariamente, ancor prima, la incontrovertibilità del pareggio di bilancio unito alla "indisponibilità" del potere di emettere moneta di uno Stato sovrano che debba, in base a tale emissione monetaria, prioritariamente perseguire dei fini e degli obiettivi sociali ed economici irrinnunciabili per potersi definire democratico in base alla legalità costituzionale (fini e obiettivi riassunti nel principio lavoristico che abbraccia pure la legittimazione del risparmio da tutelare e nel principio di eguaglianza sostanziale partecipativa di tutte le classi sociali promosso dall'art.3, comma 2, della Costituzione stessa).
Questo genere di problemi sono stati già riassunti in precedente e ve ne ripropongo un adattamento al caso attuale (della tutela del risparmio in base all'art.47 Cost.):

7. "...il nodo che la Corte deve inevitabilmente sciogliere è un altro, dovendosi logicamente e giuridicamente ritenere inaccettabile una continua riduzione dei diritti costituzionali, ancorati a norme inderogabili (in teoria, fino ad oggi), a mere pretese a tutela eventuale (se non "casuale"); vale a dire, a posizioni soggettive organicamente affievolite dall'adesione all'Unione monetaria europea, in quanto aventi una tutela effettiva che sia subordinata;
a) nel suo complesso alla prevalenza del pareggio di bilancio stabilito dal "nuovo" art.81 Cost. (che equivale a dire alla prevalenza del c.d. fiscal compact), secondo un automatismo che svuota praticamente di contenuto tutelabile (cioè reintegrabile) l'intera gamma dei diritti costituzionali;

b) in alternativa, ad una discrezionalità della Corte, non prevista dalla Costituzione (intesa in senso sistematico), nel riscontrare i presupposti di questa prevalenza: una discrezionalità giuridicamente "imprevidibile", perchè operante su una molto opinabile gerachia fra i diritti costituzionali non più interpretati, appunto, sistematicamente, ma isolatamente considerati, e  perciò ben difficilmente motivabile con coerenza. 
  Altrettanto sistematica, infatti, dovrebbe essere la considerazione, da parte della Corte, dell'effetto complessivo, e reiterato costantemente nel tempo, delle manovre finanziarie - e delle varie "riforme" imposte dal sistema dell'euro, inclusa l'Unione bancaria - che includono le singole norme devolute al suo sindacato: queste manovre e queste riforme, infatti, rientrano complessivamente nel tipo di correzione del sistema e del ciclo economico che, imposta dai vincoli europei, tende univocamente a stabilizzare un elevato livello di disoccupazione strutturale, - pari al 10,5% al suo livello "ottimale"- in funzione dell'inflazione considerata nell'UEM come di equilibrio "di pieno impiego" ; un obiettivo strutturale che rende ingiustificabili le stesse manovre alla luce del principio lavoristico a cui è informata l'intera Costituzione. 


Una discrezionalità di questo tipo (cioè quella alternativa alla riaffermazione della prevalenza dei diritti fondamentali della Costituzione sul vincolo €uropeo) non riguarderebbe la, sempre possibile, incerta prevedibilità della esatta interpretazione delle norme costituzionali nel caso concreto, cioè la naturale possibilità di scelta interpretativa in funzione delle vicende socio-economiche in evoluzione nel tempo, ma la fase successiva alla declaratoria di illegittimità costituzionale; quella conseguenziale "necessitata",- secondo l'art.136 Cost. e secondo il principio di rigidità della Costituzione (art.138) e persino di non revisionabilità della stessa (art.139)-, di reintegra del diritto affermato e dunque "tecnico-finanziaria a valle". 

Parliamo quindi delle conseguenze ripristinatorie che la Costituzione prevede come effetto necessario della tutela costituzionale già accordata (art.136 Cost.; ciò ovviamente concerne, spero sia chiaro, l'applicabilità delle norme dichiarate illegittime nei rapporti pendenti, certamente non esauriti, e controversi di fronte ai giudici "ordinari" che hanno rimesso la questione alla Corte). 


8. E' chiaro che la stessa Corte, di fronte al sistematico riproporsi di questa esigenza tecnico-finanziaria legata al "pareggio di bilancio" e, più che mai, nel caso delle crisi bancarie, alla privazione della possibilità di intervento dell'autorità monetaria nazionale, si troverebbe nell'alternativa, molto pratica: i) o, (per evitare il protrarsi di questa prolungata incertezza sulla effettività dei principi costituzionali), di rinunciare progressivamente a interpretare le norme costituzionali in senso incompatibile con la radice €uropea di questa linea di politica economico-fiscale - e monetaria-, accettando de facto la novazione del principio fondamentale unificante della Costituzione: il che significa una novazione da quello lavoristico e quello della conservazione "ad ogni costo" della moneta unica, così come ratificato nel fiscal compact-pareggio di bilancio. Con ciò, però, rinuncerebbe al ruolo che la stessa Costituzione le ha assegnato, divenendo un giudice del tutto soggetto alla superiorità incondizionata dell'intero diritto europeo; ii) ovvero, di prendere una posizione che ribadisca il filtro dell'art.11 e dell'art.139 Cost. - da lei stessa affermato in più pronunce-  confermando il paradigma della Repubblica fondata sul lavoro (artt. 1, 3 e 4 della Costituzione, nel caso correlati obiettivamente all'art.47 Cost. quale sopra illustrato). 
Ma questo secondo percorso, certamente più legittimo e rispettoso della Costituzione, può intraprenderlo solo affrontando il "cuore del problema":
"...cioè il legame tra:
- livello del bilancio e dell'indebitamento fiscale, ridotto col "consolidamento" (quantomeno nelle intenzioni dichiarate, poichè i risultati, a causa dello strutturarsi di un elevato livello di disoccupazione, sono in pratica opposti o incongruenti, come prova l'aumento del rapporto debito su PIL e il costante mancato verificarsi della riduzione del deficit annuale programmato nelle stesse manovre finanziarie);
- vincolo a monte del consolidamento, cioè il pareggio di bilancio (in tutte le sue forme, comunque riduttive dell'indebitamento annuo);
- e disoccupazione-livello delle retribuzioni nonché conseguente ed inevitabile distruzione del risparmio che a tale retribuzione dignitosa del lavoro si lega inscindibilmente (e quindi anche del successivo trattamento pensionistico). Con l'implicazione della non distruzione retroattiva del risparmio, conseguente ad una pregressa situazione di legittima sua formazione in base ad una ormai sempre più difficile situazione dell'occupazione e dei livelli di reddito dei cittadini.
La Corte, quindi, può riaffermare l'art.47 Cost., in quanto norma fondamentale non revisionabile, solo ravvisando un estremo e irrinunciabile suo dovere verso la Costituzione: cioè, "dovendo" chiarire, a se stessa e alla comunità sociale intera, coinvolta nella tutela costituzionale, il perchè si sia adottato il paradigma del pareggio di bilancio, la privazione della sovranità monetaria, costituzionalmente indispensabile per tutelare i fini fondamentali della comunità democratica e, comunque, (da decenni, in un crescendo, niente affatto casuale ed estraneo al meccanismo prevedibile della moneta unica) della riduzione/compressione del deficit pubblico; cioè una politica fiscale che non promuove certo la crescita, l'occupazione e la tutela reale del reddito da lavoro".

27 commenti:

  1. Si è gelata la cena, ma ne valeva la pena. Grazie. Sarebbe solo questione di un po' di dignità. Non eroismo, molto di più.

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  2. L'ho letta come se stessi ascoltando una sentenza.

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    1. Non so perché (...) ma tendo ad essere "sentenzioso".
      Ora che mi ci fai pensare, si tratta più dell'ipotesi di più sentenze possibili, alternative fra loro.
      Insomma, assomiglia a un atto di appello (che non è previsto, purtroppo)

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  3. Di fatto, stai invocando un colpo di Stato per via giudiziaria. Di più: un cambiamento della forma di Stato in esito a una singola sentenza, sia pure della Corte Costituzionale.
    Certo, sarebbe un colpo di Stato volto, nelle intenzioni, a ripristinare la legalità costituzionale previamente e progressivamente, ranabollitamente sovvertita.
    Un sovvertimento di un sovvertimento per riportare le cose a quanto previsto in Costituzione, ma in ogni caso un'operazione straordinaria anche per la Corte Costituzionale, abituata, anche per la forma mentis del giurista, a ragionare per singole norme più che per sistemi ordinamentali.
    Una sentenza che dichiarasse l'illegittimità del bail-in andrebbe, come dire, previamente ragionata con un potere politico degno di tale nome, pronto a sistematizzarne gli effetti e 'fare un filotto' di tutte le norme comunitarie incompatibili con la Costituzione.
    Dovrebbe essere affiancata da un'immensa operazione verità: spiegare al Paese che dalla separazione Tesoro - Banca d'Italia in poi sostanzialmente si è sbagliato tutto, e con dolo. Una revisione della storia recente, in cui le statue virtuali di molti acclamati padri della patria (il primo nome che mi viene è Ciampi) verrebbero tirate giù. Occorrerebbe pertanto anche il sostegno dei media, per evitare che una sentenza rivoluzionaria non venisse in poco tempo degradata a pronuncia stravagante.
    Tutto ciò è praticamente possibile? Ovviamente non lo so, ma credo che le risicate possibilità di riuscita passino dalla costruzione di una base di consenso all'idea della incostituzionalità della costruzione comunitaria all'interno di quella che, distinguendola dalla opinione di massa, chiami "opinione pubblica".
    Trattasi di strati sociali ad oggi assai conservativi (parafrasando Bagnai, sono quelli che pensano di sapere), ma il cui coinvolgimento, superate le resistenze iniziali, potrebbe innescare la 'sottostante' massa.

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    1. Hai presente il "per ar c..."? Ecco questo rappresenta la situazione del sistema bancario italiano.
      E gli italiani danno il meglio di sè quando hanno il pepe ar "suddetto".
      Non tutti, ma molti...quanti basta. Forse...

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    2. E comunque non si tratta di un colpo di Stato ma del "diritto costituzionale di Resistenza"
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/solo-calamandrei-parlo.html
      http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/alcuni-punti-fermi-ipotesi-frattalica-e.html

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    3. Sì, so bene che la mia era un'espressione assolutamente impropria. Ma è il modo in cui una consimile sentenza verrebbe presentata, se non adeguatamente preparata...

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    4. ...quindi, non ci resta che confidare nel ' pepe al c...' dell'élite nostrana - forse...

      Ma è possibile che nessuno si stia 'svegliando', tra quelli che contano???

      Non riesco a credere che siano tutti così ...ciechi, così ottusi, così ...'instupiditi' dal ' fogno' (oramai sempre più palesemente incubo) €uropeo...

      ... Ma neanche uno straccio di sindacalista che abbia capito, o che abbia dei dubbi, ...zero?
      E gli stessi costituzionalisti, tutti i docenti universitari ( soprattutto di diritto e di economia, ma non solo) : ... boh?! ...non pervenuti?
      ...stento davvero a crederci... E che tristezza....

      PS Troppo bella , "ranabollisticamente sovvertita" , di Duccio (...mi ha fatto davvero ridere)

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    5. Hanno capito hanno capito, il fatto è un all'altro sono convinti di poterci comunque gadagnare, alla meno peggio di non perdere nulla. Quelli piú svegli sanno che finiranno male anche loro ma per agire ci vogliono le palle e loro non le hanno perche la nostra classe dirigente non solo politica nasce dalla suditanza alla chiesa all'america all'inghilterra alla germania e alle varie lobby.
      Sono loro i primi miserabili.

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  4. Ciao Quarantotto, dinnanzi al massacro indistinto del settore bancario, che dovrebbe svolgere una funzione Pubblica ( art 47 Costituzione). Di fronte a una distruzione di ricchezza reale, i numeri in borsa non sono solo numeri, una classe politica non dico intelligente, ma almeno capace di leggere quello che gli accade attorno, avrebbe già attuato la moratoria sul Bail-in.
    Io rimango allibito, temo che la stragrande maggioranza della classe politica Italiana, sia totalmente dissociata da ciò che si manifesta attorno a essa e cosa ancora più grave è totalmente incapace di cogliere gli effetti che le loro azioni producono. Ma non c'è certo bisogno di avere la laurea in economia con master in una università americana o inglese per capire che il Bail-in sarebbe stata una vera e propria bomba ad idrogeno sul nostro già debolissimo sistema finanziario/bancario.
    Nulla, nulla c'è d'aspettarsi da questa intera classe politica, e da tutto quello che da essa discende.

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    1. Risulta da fonti mediatiche che il governo italiano sia stato minacciato di non meglio chiarite (stante l'operatività del QE) ritorsioni sul proprio debito pubblico se non avesse recepito subito e integralmente il meccanismo di risoluzione bancaria.

      E comunque questo avrebbe determinato, nella stessa ottica intimidatoria, "manovre" di vendite al ribasso sui titoli azionari del settore (che comunque si stanno verificando egualmente PROPRIO A SEGUITO dell'aver ceduto al ricatto...Roba da non crederci)

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    2. Come fin dall inizio di questo incubo europeo...da trent anni a questa parte ogni scenario negativo preconizzato in caso di mancato adeguamento ai voleri europei puntualmente si verifica a seguito dell accettazione del vincolo di volta in volta imposto.
      Dalla recessione...alla svalutazione dei salari...all aumento dell orario di lavoro...della disoccupazione...passando x i cali borsistici e fallimenti e delocalizzazioni...per finire coi fallimenti bancari.
      Tutto quel che dovevamo evitare seguendo le regole si è invece verificato.
      Ma nonostante tutto continuiamo a seguirle.

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  5. Ciao Quarantotto, io credo che se il governo italiano attuasse una moratoria sul Bail-in, sul comparto bancario scatterebbe il panico da ricoperture, tradotto vedremmo i titoli delle nostre banche sospese per eccesso di rialzo.
    Volendo dare per scontato che il nostro esecutivo abbia preso questa decisione sotto minaccia di chiusura di rubinetti da parte della BCE, dovrebbe prendere atto di una sola cosa: in mancanza della Sovranità Monetaria, vengono a mancare le premesse per una qualsiasi trattativa con la UE.
    A raccontare una nuova narrativa al popolo poi non sarebbe così difficile, hanno un esercito di intellettuali organici e ben pagati e l'intero sistema mediatico a loro disposizione.
    Un ennesimo ringraziamento per tutto quello che hai fatto e stai facendo,il quale mi ha consentito di allargare i miei orizzonti culturali.

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    1. Che dire? Sai che sono d'accordo con questa tua logica elementare quanto stringente. Ma i nostri governanti non sono certo degli Sherlock Holmes!

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    2. Siamo arrivati al punto in cui le cose non possono più essere nascoste né interpretate in maniera fantasiosa. Il ricatto e la volontà di distruzione dell'Italia sono evidenti. L'uscita dall'Euro probabilmente sarebbe approvata dalla maggior parte degli italiani.
      Ma - e in questo non concordo con Mauro - l'esercito di intellettuali organici e il sistema mediatico NON sono a disposizione del Governo italiano, anzi, costruiscono o degradano presso l'opinione pubblica la reputazione del Governo italiano a loro piacimento, o meglio a piacimento degli interessi che veramente servono.
      Per questo, Berlusconi e oggi Renzi insegnano, o il Governo si piega agli euro-interessi oppure il Governo cade. Se, per ipotesi, non si riesce a far cadere il Governo, si destabilizza l'intero Paese tramite i mercati finanziari. Il passo successivo è la Troika. Naturalmente, oggi il bail-in offre nuove, interessanti prospettive di distruzione economica.

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  6. Buongiorno,
    ritorno a scrivere dopo aver con fatica recuperato la mia antica password..( mi scuso per l'assenza pur non avendo mai smesso di seguirvi)
    Proprio ieri sera, ci chiedevamo io e Bruna Magnani, davanti ad una macchinetta del caffè, quale organo di rango costituzionale potesse "accedere" alla dismessa attività che la Corte costituzionale ormai ci ha abituato. Difronte ad una rinuncia al proprio ruolo così palese, mi confortano le argomentazioni del suo articolo.

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    1. Nessuno: ogni organo costituzionale agisce in base al principio di tipicità e legalità dei poteri nominati in Costituzione. Funzioni di sindacato delle leggi sono affidate, in via giurisdizionale e "demolitoria", solo alla Corte.

      Diverso problema è che, senza che debba intervenire la Corte, gli organi di governo debbano, nei rapporti di diritto internazionale, comunque, e autonomamente, evitare di violare la Costituzione, quando sia manifesta la violazione di una norma costituzionale c.d. "imperativa", e opporre tale limite in sede negoziale e di introduzione di norme derivanti dai trattati.

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  7. Cristallino. Peccato che proprio in materia di art. 47 si siano lette alcune delle pagine più surreali della dottrina: "Sul piano scientifico, soprattutto per merito del nostro relatore di sintesi [Merusi], è stato rilevato che — essendo la stabi­lità monetaria un valore costituzionalizzato — il suo per­seguimento da parte della Banca d’Italia, stante anche la natura dei poteri che essa esercita, induce a considerare l'istituto un organo (a rilevanza) costituzionale, nonché
    «un soggetto autonomo della politica dell'equilibrio e della stabilità economica » posto su un piano paritario rispetto agli altri organi che concorrono a determinare tale politica."

    "Il principio affermato dalla norma [l'indipendenza della banca centrale] — che ben esprime l’ essenza dell'indipendenza degli organismi che ne sono protetti — ha rilievo costituzionale nell'ordinamento co­munitario. La sua legittimazione non solo politica, ma anche giuridica è nell'assegnazione di un fine, chiara­mente enunciato, all’ azione del SEBC: la stabilità dei prezzi. Trattasi di obiettivo al quale è stato riconnesso un valore sociale e che, come ha evidenziato la migliore dottrina [sempre Merusi, che sarà il mio prossimo target bibliotecario], corrisponde nel nostro ordinamento ad un ben preciso valore costituzionalizzato. Maastricht non ha fatto altro che specificare il precetto costituzione indivi­duando nella banca centrale il principale centro di riferimento."

    (V. Mezzacapo, L'indipendenza della Banca d'Italia, in Mercati e amministrazioni indipendenti, Milano, Giuffrè, 1993, pagg. 46 e 61).

    Naturalmente sulla stessa linea Bognetti. Vale la pena citare anche qui perché siamo proprio al cuore della sua ermeneutica, se tale può ancora essere definita, ordoliberista (La Costituzione economica italiana, Milano, Giuffrè, 1995, pag. 38): "L’art. 3, 2° comma, va inteso, a sua volta, come una nor­ma che, impegnando la Repubblica a promuovere la causa di soggetti economicamente e socialmente deboli in genere, ha valore meramente complementare e supplettivo rispetto alle specifiche, successive norme contemplanti i singoli « diritti sociali », visti in funzione di situazioni di debolezza particola­ri; ed è, a maggior ragione, subordinata alle regole di attuabi­lità che riguardano queste ultime."

    Regole che appunto incarnano l'Ordnung. (Che poi, appunto, a me parrebbe che interpretare l'art. 47 come regola procedurale che fonda l'indipendenza della banca centrale richieda una precomprensione praticamente autosufficiente rispetto al testo, ma sorvoliamo). Come ha detto un altro illustre giurista italiano (A. Predieri, Euro, poliarchie democratiche e mercati monetari, Torino, Giappichelli, 1998, pag. 273), di cui mi pare si sia parlato di recente e con cui si dimostra che, gratta gratta, sempre da lì derivano certe posizioni: "La stabi­lità dev’essere perseguita perché è presupposto funzionale all’esercizio dei diritti, perché il diritto di avere dei diritti deve avere una base esistenziale di convivenza, di impedimento della rottura e dell'hybris che portano al crollo della convivenza e alla perdita dei diritti. Evitare il crollo diventa necessità."

    E quindi: "Ma — come anche si deduce dall’art. 47 della nostra Costituzione — il potere sovrano dello stato sulla carta-moneta non è senza limiti, ed anzi è strettamente collegato a un fine che lo stato deve perseguire, sia pur in rapporto con altri: deve governare la moneta in modo da mantenere la tendenziale stabilità dei prezzi. Nel governo della moneta lo stato deve aver riguardo anche alla promozione dello sviluppo e della piena occupazione: due fini, del resto, che nel lungo corso non sono assicurati altro che dalla stabilità della moneta,
    valore in questo senso primario." (Bognetti, op. cit., pag. 59).

    E' possibile rimontare quest'impetuosa corrente di sistematica deformazione dei testi e della realtà?

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    1. E pensa che per costruire tutte queste curiose fantasie totalmente extratestuali, è bastato che Einaudi dicesse, nel 1944, che l'inflazione "è la peggiore delle imposte, gravante molto più sui poveri che sui ricchi".
      Scatenando con ciò tutta questa creativa preoccupazione dei ricchi per i poveri.

      Naturalmente, nessuno di questi eminenti giuristi pare avere la più pallida idea di quale sia la correlazione tra azione dello Stato e formazione del risparmio delle famiglie (nonche tra azione dello Stato e livello dei redditi e dell'occupazione: o no? O sì? La curva di Phillips non è neppure quella neo-classica, ma proprio una fantasia a briglia sciolta sulla piena occupazione).

      Preferiscono immaginare un mondo in cui combattere l'inflazione sia una "necessità" (dovesse crollare la convivenza!). Anzi: un bello "stato di eccezione".

      Mi dirai tu: ma poi ormai come li convinci del contrario?
      Non li convinci mica. Almeno non io o te.
      Li convinceranno gli ital-banchieri (se non sono completamente suicidi o completamente a controllo estero...).

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    2. A proposito della "peggiore delle imposte". Sull'Ansa di oggi il presidente della BCE in persona ci informa che "Ci sono forze nell'economia globale di oggi che cospirano per tenere bassa l'inflazione"....... Che la deflazione sia un'imposta ancora più ingiusta? O anche Draghi è diventato "gomblottista"?

      http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2016/02/04/draghi-inflazione-bce-non-si-arrende_01d040c4-27f0-451e-8c21-0355609a9fb9.html

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    3. Al drago manca il senso del ridicolo. L'inflazione lo ha troppo provato da piccolo (per sua stessa ammissione)

      ps a noi no! (e ce la sbaffiamo alla faccia sua)

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  8. Nella galleria degli orrori presentata da alcuni illustri giuristi nell’interpretazione per niente sistematica e meno ancora “originalista” (intesa come interpretazione autentica emergente dai lavori della Costituente) dell’art. 47 Cost. aggiungerei anche il modo di intendere il termine “risparmio”. Secondo la dottrina (purtroppo maggioritaria) il risparmio tutelato dalla Costituzione sarebbe solo quello destinato ad entrare nel circolo economico, quale disciplina delle modalità di garanzia degli investimenti; in sostanza, il risparmio non andrebbe difeso quale valore in quanto tale, ma per la sua funzione strumentale alla distribuzione della proprietà e della ricchezza, niente meno che in conformità a quanto espresso dagli altri articoli della Costituzione economica (si veda Baroncelli, Art. 47 voce, in Commentario alla Costituzione, a cura di Bifulco, Celotto, Olivetti, Utet, 2006; e proprio Merusi, Commentario alla Costituzione, Rapporti economici, Foro Italiano, 1980).

    In definitiva non rientrerebbe nella tutela costituzionale il mero accantonamento di ricchezza senza previsione di destinazione (come a dire che il muratore, il quale con fatica mensilmente risparmia 100 euro depositandoli presso la propria banca, non riceverebbe alcuna tutela, perché il suo non è risparmio). La conferma, secondo questa dottrina, la si troverebbe nell’art. 117, comma II, lett. E), Cost. (altro capolavoro di riforma del 2001) che associa la tutela del risparmio con la tutela dei mercati finanziari. Tralascio di citare altra dottrina secondo la quale addirittura i nostri Costituenti non potevano immaginare come si sarebbero evoluti i tempi e quindi, in un’ottica di interpretazione evolutiva (come se l’evoluzione potesse essere in peius!) l’ammontare di valore non consumato non riceverebbe tutela (a contrario, si giunge ovviamente ad un’interpretazione neoliberista che, anche se fosse plausibile, sarebbe a dir poco discriminatoria ed irragionevole).


    Sono salti mortali interpretativi ai limiti dell’incredibile: basta da sola l’interpretazione letterale (nemmeno quella sistematica), ex art. 12 Preleggi, Cod. Civ., e senza scomodare i lavori della Costituente, per capire che non regge una costruzione come quella riferita. E’ materia da primo anno di giurisprudenza. Eppure certe interpretazioni hanno diritto di cittadinanza.

    Speriamo in nuovo 25 aprile, anche se non ci giurerei (purtroppo)

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  9. Ciao Quarantotto, possiamo dire che il pareggio di Bilancio posto in Costituzione, produrrà la distruzione del risparmio del settore privato, che a sua volta si tradurrà in distruzione d'investimenti interni ( dovremo sperare in quelli esteri, ma sempre un debito sono), che a loro volta faranno precipitare la nostra produttività che è già ferma da 20 anni, (causa cambio sopravalutato, flessibilizzazione del lavoro e consolidamento fiscale che si protrae da quella data) la quale farà perdere ulteriore competitività al sistema Italia, mandando fuori mercato un altra fetta di aziende, e questo produrrà ulteriore disoccupazione, che a sua volta andrà contrarre le entrate dello Stato, che produrrà l'aumento del rapporto debito/pil, che renderà insostenibile il rapporto Pil/spesa pensionistica, che renderà insostenibile la spesa sanitaria e tutto questo si ritorcerà ancora contro il sistema bancario, che a sua volta ridurrà l'erogazione del credito e via all'infinito in questo circolo cumulativo negativo, che produrrà la morte dell'intero sistema economico/finanziario e alla fine politico sociale del Paese.
    Mi rifiuto di credere che se l'ho capito io, grazie alla tua opera di divulgazione, che non sono certo un' aquila, non lo capiscano i giudici della Corte Costituzionale, è un qualcosa di Kafkiano.

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    1. No, tu sei un cittadino italiano fortemente "partecipante", che ha ritenuto giusto informarsi e porre a frutto conoscenze dei mercati finanziari che aveva già acquisito.
      La tua posizione, periò, è enormemente più consapevole di chi, come i giuristi, anche altamente qualificati, ha seguito il flusso (divenuto mainstream) della la dottrina accumulatasi sotto la vigenza del "vincolo esterno" (cioè a partire dall'esigenza di dare copertura all'insalvabile "divorzio").

      Non a caso, ne "La Costituzione nella palude" cito Pietro Barcellona (suggeritomi a suo tempo da Arturo):
      "Quando il potere è saldamente in mano alle potenti lobbies degli affari e della finanza, dei circoli mediatici e della manipolazione, i giuristi si abbandonano al cosmopolitismo umanitario e si arruolano nel "grande partito" dlle buone intenzioni e delle buone maniere; magari fornendo una inconsapevole legittimazione al mantenimento dello stato di cose esistenti".

      E fornendola, tale legittimazione, anche al rafforzamento dello stato di cose "sopravvenuto" se, appunto, imposto sempre dalle lobbies degi affari e della finanza e della manipolazione mediaticamediatica

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  10. Diceva Badiale in un suo pezzo che il sapere di oggi, e i suoi rappresentanti, è un sapere troppo specifico per porsi delle domande sul mondo che ci circonda...dunque pressoché inutile ai fini di una riscossa sociale.
    Non è dall accademia...almeno non dalle sue correnti principali...che verrà una critica al sistema...un aiuto.

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  11. In ordine al bail-in banca etruria, anche io di primo acchito l'avevo immaginato come frettoloso, tendente anche a togliere dall'imbarazzo il governo(messaggio: come vedete, non facciamo trattamenti privilegiati). In altri termini ha giocato contro-alla banca etruria-avere a che fare con la famiglia Boschi, e forse a Renzi stesso(dato che -ho letto- la banca sarebbe stata la finanziatrice iniziale della sua ascesa politica ). Le conseguenze pero' sono state devastanti, molto difficili da fermare: la fuga dei capitali. Anche perche' Padoan si e' calato le braghe con la bad bank, un segnaccio... Non credo, voglio sperare, che il panico era l'intenzione, almeno del Renzi(infatti, retromarcia del sistema Italia e richiesta di cambiamenti del bail in, tramite Visco), l'italia e' andata in forte difficolta' ed ha dovuto per questo -il Renzi- alzare la voce, e non si sa' se cio' bastera' ..mi pare pero' che sia protetto dagli Usa, che stavolta non vorrebbero assolutamente una nuova destabilizzazione. Ma ormai ci siamo infilati nella tana del lupo tedesco e della speculazione, non ci faranno saltare ma qualche altro pezzo pregiato sul mercato di piazza affari, ce lo portano via..vediamo come se la cava il Renzi, ci siamo..

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  12. Cito: <>
    E se fosse proprio l'art. 81 della Costituzione («Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali...».) la chiave di volta di tutto?
    Cioè:
    - se si deve assicurare l'equilibrio di bilancio anche ricorrendo all'indebitamento al fine di considerare gli effetti del ciclo economico;
    - se per avere un bilancio in equilibrio ci deve essere una crescita (nominale e reale);
    - se per avere detta crescita occorre una maggiore spesa pubblica;
    - se due più due fa quattro (come da ultimo ammesso anche dal Fondo Monetario nel caso della Grecia);
    è proprio l'art. 81 che impone politiche anti cicliche di crescita e di equità sociale, da realizzarsi attraverso maggiore spesa pubblica a deficit e quindi attraverso l'indebitamento che diviene quindi obbligato.
    Certo schizzerebbero alle stelle i saldi T2 e crollerebbe l'euro. Ma allora serenamente reciteremmo un "CE LO CHIEDE L'EUROPA (attraverso il fiscal compact)"
    In altre parole come farebbe un judoka cintura nera di 45 chilogrammi di peso di fronte ad un lottatore di sumo di 150 utilizzeremmo la forza del nemico per abbatterlo.

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