venerdì 21 novembre 2014

BASSO, CAFFE': IL CONTROLLO CULTURALE DELLE ISTITUZIONI E DEI MEDIA

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1. Rammentiamo in premessa il "Colloquio Lippmann", storico simposio fondativo del nuovo pensiero per l'Europa, dove si incontrarono gli Hayek e i von Mises con i Miksch, i Roepke e gli Eucken (elaboratore della formula della "economia sociale di mercato"), cioè la scuola austriaca con la scuola di Friburgo, in quella elaborazione che sarà alla base dell'ordoliberismo, divenuto poi la parte caratterizzante fondamentale dei trattati europei, secondo il processo di "traslazione" (anche) qui descritto.
La "traslazione", inutile ripeterlo, passa per la questione della moneta: lo SME e poi l'euro, sono la punta di diamante operativa dello schema restaurativo insito in questa visione politico-economica, e tutto quello che vi proponiamo lo intendiamo letto alla luce di questa premessa essenziale.
Vi riportiamo al riguardo alcuni passaggi significativi del Lippmann-pensiero tratti da questo "noto" post:
"Questo colloquio è importante perché proprio durante le discussioni verranno fissati i punti cardinali del neoliberalismo. Uno di questi signori, Miksch, dice: “in questa politica neoliberale è possibile che gli interventi economici siano tanto ampi e numerosi quanto in una politica pianificatrice, ma sarà la loro natura a essere differente”.
E le azioni regolatrici dello Stato vanno fatte non sull’economia ma sul funzionamento del mercato. Questo significa che si dovrà puntare sempre alla stabilità dei prezzi ossia quel che deve fare lo Stato è controllare a tutti i costi l’inflazione. Lo Stato non dovrà mai calmierare i prezzi, non dovrà mai sostenere un settore in crisi, non dovrà mai e poi mai creare posti di lavoro attraverso l’investimento pubblico. Lo Stato dovrà solo controllare l’inflazione. Come? Attraverso il tasso di sconto, attraverso l’abbassamento delle tasse. Ma mai con una politica che turbi l’economia.

E per la disoccupazione lo Stato che dovrebbe fare? Per Eucken e per i neoliberali lo Stato non dovrebbe fare nulla.

Il disoccupato non è una vittima – dice un altro neoliberale, Röpkeil disoccupato è solo un “lavoratore in transito” che passa da una attività non redditizia a una più redditizia. Ma lo Stato userà le “azioni regolatrici” solo dove si presenti la necessità, normalmente invece dovrà lavorare per garantire le condizioni di esistenza del mercato. Lo Stato dovrà garantire l’esistenza del “quadro” come lo chiamano i neoliberali nel 1939. Garantire il “quadro” è possibile attraverso le “azioni ordinatrici”.
E di "azioni ordinatrici" affidate al diktat del "regolatore €uropeo" ne abbiamo esempi quotidiani in un crescendo rossiniano (cui non corrisponde alcuna trionfale efficienza del mercato, ma solo la distruzione della coesione sociale e dell'ordine democratico costituzionale).
 
2. Come contrappunto, vi propongo dei brani di Lelio Basso e Federico Caffè, come testimonianza della consapevolezza, da parte di pochi (sempre troppo pochi) sinceri ed autentici democratici, della costante compresenza, accanto alle istanze democratiche racchiuse nella Costituzione, di quella tendenza che è l'ordoliberismo.

Lo scritto di Basso certifica un pensiero che si opponeva a quell'inevitabile "controllo delle istituzioni" che l'economia "monopolistica", (egli stesso precisa di usare in senso atecnico tale termine, includendovi la fenomenologia degli oligopoli "concentrati" a forte potere di mercato), tende inevitabilmente a strutturare e di cui l'Unione politica e monetaria europea è il massimo strumento di realizzazione "reale" nell'Occidente "civilizzato"
Nella sua analisi coglie ed anticipa tutti i caratteri che, con l'affermazione della Costruzione europea, si sarebbero affermati, di lì a poco, sotto la spinta dell'ordoliberismo tedesco eretto a modello "europeo" (Basso morì il 16 dicembre 1978: significativamente, subito dopo la tragedia di Aldo Moro e l'approvazione parlamentare dell'entrata italiana nello SME). 
E vedrete come egli includa, nei meccanismi restaurativi del potere dei "mercati", l'esigenza assoluta di un "controllo culturale" che investa ogni aspetto, anche non direttamente economico, della vita sociale:
"...oggi il settore monopolistico (usiamo questa espressione nel senso che essa ha oggi assunto nella polemica politica e non in senso rigorosamente tecnico-economico che suggerirebbe piuttosto l’espressione di ‘oligopolio concentrato) non soltanto si appropria del plusvalore prodotto dai suoi operai, ma, grazie al suo forte potere di mercato, che gli permette d’imporre i prezzi sia dei prodotti che vende che di quelli che compra, riesce ad appropriarsi almeno di una parte del plusvalore prodotto in tutti gli altri settori non monopolistici: sia in quello agricolo, sia in quello del piccolo produttore indipendente, sia anche in quello delle aziende capitalistiche non monopolistiche, dove il tasso di profitto è minore e spesso, di conseguenza, anche i salari degli operai sono più bassi proprio per il peso che il settore monopolistico esercita sul mercato. 
Ridurre quindi, nella presente situazione, la lotta di classe al rapporto interno di fabbrica, proprio mentre la caratteristica della fase attuale del capitalismo è la creazione di questi complessi meccanismi che permettono di esercitare lo sfruttamento in una sfera molto più vasta, anche senza il vincolo formale del rapporto di lavoro, è perlomeno curioso...
Una seconda tendenza destinata ad accentuarsi sempre più in avvenire è quella relativa all’interpenetrazione di potere economico e potere politico, cioè, praticamente, all’orientamento di tutta la politica statale ai fini voluti dal potere monopolistico

Abbiamo già accennato al fatto, che non ha certo bisogno di dimostrazione, che il capitalismo monopolistico ha eliminato i meccanismi autoregolatori che si sviluppavano in regime concorrenziale, ma non ha viceversa eliminato le cause di squilibrio che rendevano necessari quei meccanismi: al contrario, abbandonato alla sua spontaneità, esso esaspererebbe la contraddizione fra la necessità di mantenere un alto saggio di accumulazione per assicurare piena efficienza al sistema e l’impossibilità di mantenerlo per il venir meno, a un certo punto, del profitto che è la molla del sistema, cioè sarebbe soggetto alla più grave instabilità.  
Per evitarlo è necessario far ricorso ad un complesso di tecniche di previsioni e di tecniche di correzione capaci di ridurre continuamente l’ampiezza delle fluttuazioni e degli squilibri e di fornire quei rimedi anticiclici, che soli possono evitare la catastrofe. 
Ma queste tecniche richiedono una continua estensione dell’intervento pubblico nella vita economica, sia per facilitare e orientare gli investimenti (preparazione di infrastrutture, sussidi e incentivazioni, gestione di pubblici servizi, politica di sostegno dei prezzi, programmazione concertata), sia per sostenere la domanda (spesa pubblica, e soprattutto riarmo, redistribuzione di redditi per sostenere la domanda di beni di consumo, acquisto di prodotti eccedentari, ecc. ), senza parlare dei sistemi più tradizionali di intervento con la politica fiscale, creditizia, doganale, monetaria, e della politica internazionale che si può dire ormai interamente dominata da problemi di questa natura

E, come ho già accennato, poiché il processo di socializzazione della produzione investe ormai tutti gli aspetti della vita sociale, a cominciare dalla preparazione scolastica che dev’essere subordinata ai fini della produzione, ne deriva che gli interessi privati che reggono il processo produttivo hanno bisogno che lo Stato indirizzi la sua politica, anche fuori dall’ambito economico, sui binari che portano al soddisfacimento delle loro esigenze. Una volta che sia chiaro che il sistema capitalistico nella sua fase attuale non può vivere senza questo continuo intervento del potere pubblico in tutti i settori, ne deriva che il potere concentrato dei monopoli non può rinunciare a controllare il potere pubblico e che questo a sua volta è posto di fronte al dilemma di subordinarsi al sistema o di lottare per distruggerlo."
La scelta, come sappiamo, fu quella di subordinarsi: lo strumento per farlo, è stato "il sogno €uropeo".

3. Ma veniamo a Federico Caffè, traendo da questa raccolta di "quotes" degli spunti non dissimili da quelli appena riferiti:
- Poiché il mercato è una creazione umana, l'intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sé distorsivo e vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente riflusso neoliberista, ma è difficile individuarvi un apporto intellettuale innovatore. [...] i limiti intrinseci all'operare dell'economia di mercato, anche nell'ipotesi eroica che essa funzioni in condizioni perfettamente concorrenziali. È molto frequente nelle discussioni correnti rilevare un'insistenza metodica sui vantaggi operativi del sistema mercato, e magari su tutto ciò che ne intralci lo "spontaneo" meccanismo, senza alcuna contestuale avvertenza sui connaturali difetti del meccanismo stesso. (da "Lezioni di politica economica", p. 38).
- E la burocrazia tradizionale ha bisogno non di profeti dello «sfascio», ma di artefici della tempra di un Riccardo Bianchi o di un Meuccio Ruini (ndr; il relatore di maggioranza dell'art.11 Cost.), creatori o ricostruttori di apparati efficienti, in quanto non ignoravano che il primo dovere di chi amministra, nei confronti dei dipendenti, è di esserne il responsabile, non il denigratore. (da "Scritti quotidiani", 12 gennaio 1984: p. 99).
- L'economista è il fiduciario di una civiltà possibile e se gli interessi costituiti prevalgono sulle idee, tuttavia l'economista deve stare attento alle idee. (dall'intervista del 30 maggio 1985: p. 145)
- Uno degli indici più preoccupanti dell'accrescersi, nel nostro Paese, della situazione di "regime" è costituito dall'aggravarsi del conformismo dell'informazione: con particolare riguardo a quella economica.

3.1. Concludiamo citando un brano introduttivo del libro di Bruno Amoroso e Jesper Jespersen "L'Europa oltre l'euro", in cui viene richiamata, da un suo "autentico" allievo (nella coerenza ed etica scientifica), il pensiero di Caffè:
"In un articolo intitolato "A bordo del Titanic. L’Euro nella tempesta", pubblicato agli inizi dell’anno («il manifesto», 16 gennaio 2012), evidenziavamo le ragioni strutturali della crisi nell’abbattimento delle resistenze immunitarie dei sistemi economici. Abbattimento provocato dalla mercificazione della produzione e del consumo e, in parallelo, dalla crescente monetizzazione e finanziarizzazione dei mercati. 
Questi cambiamenti strutturali e istituzionali, pilotati dai nuovi gruppi di potere, hanno prodotto una nuova interazione tra economia e politica, trascinando la politica nella crisi dell’economia.
In un saggio del 1971 Federico Caffè, monitorando gli studi sui cambiamenti in corso nel sistema economico degli Usa, faceva rilevare come questi fenomeni, legittimati con la retorica dell’innovazione, lungi dal favorire l’ammodernamento e il rafforzamento dei sistemi produttivi, agivano nella direzione opposta di una loro regressione e accresciuta dipendenza da criteri di efficienza estranei a una sana e sociale visione dell’economia e del profitto. 
Si deve a lui (Caffè, ndr;) l’uso diffuso di metafore come quella degli «incappucciati» dell’economia per descrivere l’insorgere dei nuovi centri di potere economico e finanziario."


9 commenti:

  1. Ah be', lo credo bene che poi (Caffe') e' misteriosamente sparito....comunque, la frase di tale Ropke, che il disoccupato e' solo un lavoratore in transito, fa evidentemente pensare che all'epoca in campo neo liberista, e forse neanche 20 - 30 anni fa, non era certo stata prevista nella misura avvenuta, la crescita degli emergenti in particolare Cina, e quindi la deflazione che ha cambiato lo status del disoccupato. Quindi si, hanno deregolamentato, liberalizzato , per martoriare deliberatamente la classe media e trasferire ricchezza alla grande finanza, ma contemporaneamente hanno fatto crescere piu' del preventivato l'est, la Cina e l'India ad esempio....altro errore incredibile separare la Russia dall'europa....missione compiuta, peccato che l'abilissimo Putin stia radunando e organizzando mezzo mondo contro.....piu' ci ragiono e piu' mi convinco che, nelle loro intenzioni, il ttip deve essere uno strumento anche per arginare la Cina....un altro, potrebbe essere la rivalutazione per legge dell'oro, posseduto da stati e privati. Se ben argomentato, potrebbe essere ben accolto, permetterebbe di irrobustire i patrimoni pubblici e privati, con eliminazione magari di una parte degli attivi inesigibili...determinerebbe soprattutto la fine del passaggio a poco prezzo dell'oro dall'occidente all'est....tanto viviamo in un mondo di finzione, se sono stati rivalutati (per citare solo l'italia) i beni strumentali delle aziende nel 2009 e nel 2013 (legge stabilita' 2014, fatta in deflazione immobiliare) per, credo, centinaia di miliardi (non ho i numeri esatti) non vedo perche' non farlo con l'oro, che almeno ha un valore non bene identificabile(per molti dovrebbe coprire tutta la liquidita' monetaria in essere nel mondo, quindi altro che una rivalutazione, una super rivalutazione potrebbe essere possibile...

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    1. Mentre stavo a fantasticare, purtroppo stanno operando le mosse finali per soffocare l'Italia e costringerla a svendere tutto quello che c'e' rimasto http://www.repubblica.it/economia/2014/11/22/news/bce_in_rivolta_le_banche_di_nuovo_sotto_esame-101140657/
      vediamo se la politica non reagisce, neanche ora...

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    2. poi si prosegue con privatizzazioni di altre quote di Enel e FS.

      ovviamente a prezzi che non si possono rifiutare.

      c'è chi dice che siano le mance infilate da Renzi per ottenere l'ok (ovviamente solo temporaneo....gli esami si sa non finiscono mai - a marzo il prossimo) sulla legge di stabilità.

      siamo passati dal controllo annuale a quello quadrimestrale. a quando quello giornaliero?

      democrazia portami via.

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  2. Quadro, o "Frame" se si parla di Controllo dell'Informazione. Parole ricorrenti, Conti che tornano.
    Grande Post!

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  3. RADIO LONDRA
    “la gallina a fatto l’uovo .. “Felice non è felice .. le scarpe vanno strette”

    Chissà dov’era allora ”Lo Scalfarino portatile”, probabilmente a scrivere su “veline” di abbagli e innamoramenti per il potente di turno: estimatore di B Craxi, poi supporter di C De Mita contro lo stesso Craxi, nemico di Silvio “nazionale”, fan di Veltroni contro D’Alema, poi con Bersani contro Renzi, per il momento in in idillio renzico.

    Di certo è qualità dell’idiota non cambiare mai idea ma una certa “volatilità” potrebbe presupporre una certa particolare attenzione e interesse per gli “uomini del – e nel – potere”.

    Ma leggere la pastorale domenicale sulle NUOVE POVERTA’ con richiami francescani e citazioni poetici fa un certo effetto.
    Poi la vera chicca di intellighentia “progressista”:
    “Ebbero successo (ndr, le rivendicazioni alla libertà) all’inizio, ma poi naufragate una dopo l’altra quando al plebe dei poveri è stata chiamata all’appello dal ceto dominante ed ha respinto obbedendo alla consueta e inevitabile schiavitù”
    “I poveri insomma sono la palla al piede della democrazia. Lo erano nel mondo antico e lo sono ancora oggi.”

    Sembra quasi di riascoltare la “caritas” e l’ “agape” del cardinal A Sodano – nunzio apostolico dal 1978 nel Cile, sostenitore dei Legionari di Cristo di Marcial Maciel Degollado - mentre preparava la benedizione papale per Augusto Pinochet al grido di EL AMOR ES MAS FUERTE!

    Ma solo “per sconfiggere la povertà e rendere pacifiche le migrazioni di massa”.
    E’ proprio vero: “il lupo perde il pelo ma mai il vizio”.

    Tiremm innaz ..!

    PS: il pulpito domenicale di Eugenio "nazionale" è sempre stimolo alla creatività.
    PPSS: interessante la "satira" di Carlo Max Botta a RADIO LONDRA :-)

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    1. Uno dei (tecnicamente) migliori articoli dello Scalfari recente (il signore degli anellidi). Travisamento e manipolazione gestiti con mano (intellettuale) fermissima.
      La sua proposta si centra su una domanda: il modello consumistico (Narciso) è in grado di gestire le tensioni sociali crescenti?
      Una domanda seria, perché arriva dal "core" del sistema informativo - pubblicitario. Un vecchio generale dubita che le sue armate bastino e chiama a rinforzo il mezzo di controllo tradizionale: ci vorranno anche loro, la chiesa ritroverà i suoi grandi sponsor.
      E preparate anche Bava Beccaris, ma questo non si dice.

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    2. @Frank
      i.) il riconoscimento di un "appartenente", tra tanti dei pochi, .. :-)
      ii.) dove sta la "tecnica" "intellettuale" di un "narciso" che avrebbe l'attenuante generazionale di un '90enne con precedenti negli ultimi '70enni non ha fatto altro che "travisamento"
      e "manipolazione" prezzolata e assoldata?
      iii.) era il '78 - data ricorrente nelle Memorie assenti - e usciva "la Repubblica" con a fianco la "barbarie" e il suo primo numero: ventosità richieste da "300 giovini e forti" indotti alla "morte"
      iv.) considera quanto si sia - geneticamente e antropologicamente - trasformato un Fiorenzo Bava Beccaris in un Eugenio "nazionale" che - senza sangue e con interessata persuasione - ha raccolto il risultato concordato nelle ricorrenti "cene" sabatine poco galanti nelle quali si cucinano democrazia e libertà da servire "spolpate e fritte" dal pulpito nella messa grande della domenica :-)

      Le armate sono storia vecchia, qua c'è da gestire il "vuoto" che avanza masse annebbiate .. -:)

      Ccà nisciuno è fesso ..!

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  4. @poggiopoggiolini
    Chiarire il significato attribuito alle parole che si usano è buona regola sempre, diventa essenziale in tempi di riscrittura del linguaggio (Confucio aveva capito un sacco di cose).
    Chiedermi "cosa" sia Narciso è, per me, cercare di individuare il senso in cui la parola viene usata nei discorsi correnti. Trascuro riferimenti più "alti", siamo immersi in una "kulturkampf", una battaglia per un'egemonia culturale di massa che i più illusi di "ESSI" pensano di avere già stravinto.
    Narciso come entità astratta, il Narciso collettivo, indica il consumatore di massa. Individualista all'estremo, isolato nel suo mondo, competitivo sia nel momento dell'acquisto (quantità limitata, offerta a scadenza, novità assoluta, ecc.) che in quello del "godimento" del bene (che in genere si traduce in una esibizione del possesso del bene stesso). Individualismo e competizione, secondo il concetto liberista, sono anche i "fondamenti naturali" per qualsiasi contratto di lavoro.
    Tralascio l'importanza dei consumi interni per lo sviluppo, immaginiamo di arrivare ad un'economia mercantilistica ideale, tutta export led come quella del Sud Africa della De Beers dei tempi andati: appare un evidente problema. Il consumismo, la pubblicità (esplicita e mascherata) e tutta la seduzione - sedazione annessa, ossia tutto l'apparato che consente di "superare" il tradizionale modello autoritario, si basa sul potere di acquisto, sulla possibilità di soddisfare i bisogni qui, adesso o domani, in questo mondo. Se viene meno il potere di acquisto esiste necessariamente una soglia sotto la quale le promesse tangibili perdono ogni credibilità e Narciso non funziona più mentre la pubblicità, non sorretta da un mercato interno abbastanza ricco, diventa antieconomica proprio quando ce ne vorrebbe di più. E' una delle grosse contraddizioni del modello corrente.
    Scalfari, che tanto ha fatto per costruire Narciso (un narciso che s'incanta della propria Informata Cultura), sembra voglia rinnegarlo, probabilmente perché al momento di realizzare il suo mondo ideale occorre anche fare delle scelte. I plebei si sono dimostrati inesorabilmente tali, il sangue non è acqua, la nobiltà è per pochi.
    Restano allora le soluzioni tradizionali: spostare tutte le speranze nell'aldilà, ma contestualmente attivare la repressione. La Croce "dovrebbe" idealmente fare a meno della Spada, nella storia non sono mai state separate.
    Perciò quando invoca Papa Francesco e un ritorno alla Fede (con i Legionari di Cristo che hai così opportunamente citato) non può non avere in mente la necessità di un ritorno alla repressione, quella dura, alla Pinochet. Storia vecchia, ma che potrebbe tornare (se le cose non cederanno prima in altre direzioni).

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