sabato 10 maggio 2014

HOGARTH: LA RAPPRESENTAZIONE LOMBROSIANA (ante-litteram) DELL' ARRETRAMENTO ATTUALE DELLA DEMOCRAZIA

William Hogarth: L'industria (notare "l'investitore" con bastone che sorveglia la forza lavoro)

Industria Ozio Pi1 (Incisioni a mano) - William Hogarth



Mostra molto interessante, sotto molti aspetti, che culmina nello splendido confronto tra Turner, il precursore antiscientifico e onirico dell'impressionismo, e Constable, che porta la tecnica paesaggistica alla ricerca ultima che precede la nascita della fotografia, anticipando anch'esso ricerche (quasi da "fisico") sulla luce, successivamente, proprie del divisionismo e dell'impressionismo.
Per chi volesse approfondire, il link porta praticamente al catalogo ed alla rinvenibilità delle opere principali esposte (sempre che non si riesca ad andare di persona).

E' chiara, inoltre, la contestualizzazione sulla società inglese nel suo passaggio dal mercantilismo alla industrializzazione osservata (non solo in Inghilterra) da Adamo Smith; con tutto il suo corollario di neo-cultura borghese e, in definitiva, nazionalistica, ma con aspirazioni già orientate a proporre un modello universale, nel senso di mondialista
Tra teatro e relativi archetipi dei divi shaskespeariani, pugilatori di fama, "abbottati" all'inverosimile, paesaggi esotici di fortezze coloniali e Eden probiti nei mari lontani, gli inglesi si specchiano nella loro supremazia economica e navale che assume, già allora, un tono tra l'ironico e l'indagatore; e tuttavia sempre incapace di perdonare l'imperfezione umana rispetto al modello "moderno", fondato sulla teologia protestante-illuminista, che sancisce un punto di arrivo autoproclamato come "evoluzione ultima" dell'antropologia umana.

Questa rapida premessa ci porta a quella che, forse, è la testimonianza più interessante.
L'opera di Hogarth.
Hogarth è il narratore, geniale ed estroverso, di una saga (dis)umana della società neo-borghese, da subito raccontata nella stessa ipocrisia della politica "politicante", con una veduta panoramica già accesamente disincantata del parlamentarismo, e della degenerazione del contatto tra un'espansa base elettorale e il potere borghese che cerca di strutturarsi (tra neo-marchesi arricchiti e pose tragicomiche del vissuto familiare dei nuovi ricchi).
Della sua opera, vi propongo proprio questa visione della sconsideratezza della politica, allora oggetto di una satira in cui la cifra morale-razionale anticipa, però, la fondamentale diffidenza verso il metodo elettorale, e la democrazia allargata, che culmina nella, qui più volte citata, frase totem dei liberisti spenceriani (cioè attributivi alla evoluzione social-darwinista un fondamento morale indubitato):
"La funzione del liberalismo in passato fu quella di porre un limite ai poteri del re. La funzione del vero liberalismo in futuro sarà quella di porre un limite ai poteri del Parlamento".

Credo che, al di là di ogni commento, la sequenza che proponiamo delle sue incisioni (qui nella versione colorata ad acquerello), ci dia la misura di come l'empirismo moralistico porti a vedere l'umanità con un occhio tanto umoristico quanto pessimistico, giustificando il giudizio di disfunzionalità di una democrazia connotata immediatamente dall'essere clientelare e vanesia nei suoi rappresentanti, e non certo migliore nei suoi stessi elettori.
La democrazia della eguaglianza sostanziale e del programma di promozione della pari dignità sociale e culturale della classi subalterne, era ancora ben lontana. L'idea di uno Stato la cui "politica" servisse a rimuovere gli ostacoli determinati da drammatiche disparità di partenza degli individui era allora estranea e una sorta di profezia lombrosiana accompagna l'irredimibilità morale, e prima ancora psicologica, delle "masse" rozze e meschine. Immutabilmente.
Questa idea di Stato, la stiamo nuovamente perdendo, per mano di gente che crede nella stessa antropologia social-darwinista. 
Hogarth ci consegna così un forte richiamo alla distanza che la democrazia ha coperta da quei tempi, ma anche la misura dell'attuale arretramento, a cui noi tutti non sappiamo (ancora?) reagire.
Ad onor del vero, riti, vizi e sberleffi che vedrete, sono ancora tremendamente attuali.

La campagna elettorale- Il banchetto

 

 Campagna elettorale- L'opera di convinzione

 

 La campagna elettorale - La votazione

 



 La campagna elettorale - Il trionfo dell'eletto (e anche di questo corrosivo humor nero)

 

6 commenti:

  1. Mi viene in mente una frase di Camus: "quello che si impara in mezzo al flagelli è che ci sono negli uomini più cose da ammirare che non da disprezzare".
    Forse perché quando saltano tutte le sicurezze ci ritroviamo nella necessità di riconoscerci l'un l'altro come simili, dpo avere passato tanto tempo (e magari ricevuto tanta educazione) a "distinguerci" dagli altri.
    In effetti i costituenti uscivano da un'esperienza di questo genere.

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  2. Quello che mi spaventa è la pazienza "goebbellsiana" con cui sanno infiltrano queste idee nella testa dell'uomo della strada.

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    1. Lupus in fabula :-) "La propaganda è un'arte, non importa che dica la verità" diceva Joseph Goebbels http://vocidallestero.blogspot.it/2014/05/il-ministero-della-propaganda-allopera.html

      Ogni minimoi dettaglio è curato per insinuare (spin) il messaggio (frame...): telefilm, tronisti, il calcio, le abitudini alimentari e persino la meteorologia (e quant'altro) sono tutti offerti mediaticamente a complemento dell'ordoliberismo pop. Autorazzismo, diffidenza per la democrazia partecipante, corruzione e clientelismo, disabilitano le difese immunitarie del singolo. Paura e senso di colpa lo governano e perdere i diritti diventa quasi il sollievo per una raggiunta espiazione.
      La spietata teologia del liberismo è radicata nel passato, in una filologia ormai vista quasi come inoffesiva, e (ri)edita in forme totalizzanti.

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    2. Perfetto e vorrei aggiungere due parole a beneficio di chi parlerà di complottismo.
      Sarebbe complotto se dall'alto arrivassero le minute, dettagliatissime, delle cose da dire, ma non funziona così: il committente fa sapere quali sono gli "spin" graditi e annuncia che il lavoro sarà pagato in base a qualità e risultati. Non occorre neanche dirlo esplicitamente a tanta gente... dopo diventa "aria che cammina", come diceva il vecchio Bocca, esprit du temps, riconosciuto come tale e venuto da chissà dove. Appunto, da dove?
      Questo è il miglior gruppo di lavoro che io conosca per cercare di rispondere.

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    3. Esattissimo: la cultura della valutazione di qualità e risultati è il tipico potere conformante mercatista-liberista a forma tecnica e a sostanza ideologica.
      Da dove viene?
      Ma dalla liberalizzazione finanziaria degli anni '80, proiettata moralisticamente col "vincolo esterno". La rivincita (ordo)liberista in lunga marcia fino all'€ e al "ma un giorno ci sarà una crisi"...
      E Bocca, livoroso della prima ora, tutto attento a fondare il paradigma dell'autorazzismo ne sapeva qualcosa

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    4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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