venerdì 14 marzo 2014

IL RABBIOSO TRAMONTO DELL'EURO, IL TTIP E GALBRAITH (su un topos di Kalecky e sulla religione della...stupidità)


L'euro, notoriamente un dead-tool walking, deve reggere ancora (nelle intenzioni qualche anno?) per consentire almeno l'assestamento del mercato del lavoro riformato
Il resto, in fondo, sono compromessi per prendere tempo facendo finta, o ben sapendo, che il fiscal compact non è applicabile. 
Si arriverebbe così al mercato del lavoro ideale per gli Investimenti Diretti Esteri (IDE: in acquisizione), come sta imparando a sue spese la miracolosa Irlanda, paradiso distopico dell'(ex)mercantilismo UEM style. (Mentre gli iberici, altri additati come esempio di €-successo, se la passano altrettanto maluccio)

E questo perchè, in vista del Transatlantic Trade and Investment partnership, non aspettano altro per riversarsi sui pochi settori industriali ancora in vita e sul vecchio e, specialmente, nuovo settore dei servizi; quest'ultimo verrà creato privatizzando pensioni e sanità, da devolvere a soggetti finanziari stranieri cui si aprirebbe un ghiotto mercato in Europa. Infatti, nessun normale cittadino - o politico, italiano meno che mai-  sa quali siano gli allegati attuali delle bozze e quali settori di servizi includano, necessariamente in estensione del novero dei servizi "liberalizzato" in UE dalla direttiva Bolkenstein.

E dunque l'euro tramonta sfiammeggiando, nell'attesa che il Ttip si abbatta su di noi, mediante diritto internazionale autoapplicativo, enforced da arbitri privati pagati dalle multinazionali, come ci avverte Stiglitz. 
Questo diritto internazionale autopplicativo e bypassing le corti nazionali "in nome del popolo", viene elaborato ed approvato secondo una sorta di rito esoterico, sul quale i parlamenti non possono e non potranno dire nulla.
In attesa del compimento del rito, dunque, l'euro, nel suo tramonto di rabbia (verso l'umanità), continuerà a costituire il mezzo di normalizzazione del lavoro-merce, divorando le Costituzioni democratiche.

E' poi solo un apparente paradosso che l'euro, nel momento della sua massima efficacia applicativa, si spenga.

Non è infatti un paradosso una volta che lo si consideri, senza l'aggressiva isteria dei suoi attuali sostenitori,  nella sua ben orchestrata e genetica a/simmetria. Che non poteva per definizione funzionare ma che è servita a creare - dissimulato dall'instillazione mediatica del senso di colpa- l'indispensabile stato emergenziale continuativo, arrivando così a riplasmare definitivamente l'ordinamento italiano, in modo da instaurare il meccanismo per cui solo il lavoro debba sopportare il peso delle crisi economiche periodicamente innescate dal capitalismo finanziario.
Com'è intuibile da quanto detto finora, lo schema in corso, per chi sappia vedere il disegno complessivo di medio-periodo, mette da parte d'un balzo le poche rovine ancora in piedi delle Costituzioni democratiche e disattiverà il residuo intervento pubblico NON supply side, secondo le premesse nel neo-liberismo macroeconomico.
Dimenticandosi così la domanda aggregata (ormai una bestemmia), se non nello stretto necessario in cui essa si correli all'unica ipocrita bandiera della "lotta alla disoccupazione": ma senza più una dinamica retributiva legata alla produttività (sarà facile accorgersene quando non ci sarà più l'euro; ma per allora contano che ci saremo abituati), la crescita, come dice Krugman, sarà sempre inferiore alla potenzialità del sistema.
In compenso, il potere delle oligarchie finanziarie sarà stato ben consolidato e dell'output gap chissenefrega.

Sul perchè "Essi" vogliano tutto questo, programmandolo di rilancio in rilancio internazionalista-liberoscambista, sappiamo cosa disse Kalecky. Brutalmente pose la questione in termini di conquista del potere politico, cioè sull'intera società organizzata in istituzioni (ordoliberiste e in prospettiva internazionalizzate, cioè privatizzate), che fa aggio sul livello dei profitti.

Ma vi voglio riportare la analoga e quasi psicanalitica spiegazione che ci fornisce Galbraith nel suo "Storia dell'economia", pagg.243-244:
"La reazione degli imprenditori al Social Security Act segnò l'inizio di un mutamento nei rapporti tra gli economisti e il mondo imprenditoriale (rapporto oggi pienamente recuperato, peraltro ndr.); da questo momento in poi ci sarebbe sempre stato un certo grado di tensione. Gli economisti non sarebbero stati più la fonte di una benigna razionalizzazione in senso classico degli eventi economici...C'era stata un'indicazione di questo ruolo contrario nel caso dell'acquisto dell'oro da parte dello Stato; ora, con il sorgere dello Stato assistenziale, tale ruolo diviene manifesto. E, ben presto, con John Maynard Keynes, lo sarebbe diventato in modo lampante.
Si pone la domanda del perchè il mondo imprenditoriale abbia opposto resistenza a misure economiche così dichiaratamente volte a difendere il sistema economico, domanda che si sarebbe riproposta in modo insistente e pressante in rapporto all'azione keyesiana.
Questa resistenza è stata attribuita tradizionalmente alla miopia -o, nel modo di esprimersi di chi non si fa tanti problemi nella scelta dei vocaboli, alla stupidità- degli imprenditori, e in particolare dei loro portavoce influenti (in Italia assistiamo oggi alla loro unica voce come suprema istanza di giudizio su tutto, ndr.).
Questa però è una spiegazione limitata.
L'interesse pecuniario personale non ha un'importanza assoluta su questi problemi; anche la convinzione religiosa ha un ruolo
Per i protagonisti del mondo economico il sistema classico era - e rimane- qualcosa di più di un'organizzazione per la produzione di beni e servizi e per difendere la remunerazione personale.
Esso era anche un totem, una manifestazione di fede religiosa.  Perciò doveva essere rispettato e protetto. Imprenditori, dirigenti di società. capitalisti si innalzarono al di sopra dell'interesse materiale per difendere la fede. E molti si comportano così anche oggi.
C'era ancora un'altra ragione per il loro atteggiamento.
L'attività economica non è solo una ricerca di denaro, ma è anche una ricerca di posizione sociale e della conseguente stima di sè. E' un fatto sgradevole ma inevitabile che, nel valutare se tali risultati siano stati o no conseguiti, i successi relativi sono più facilmente percepibili nella cattiva che nella buona sorte.
In periodi di generale avversità, l'uomo d'affari di successo può vedere chiaramente che cosa, grazie ai suoi sforzi (o a quelli di un predecessore di valore), sia stato compiuto e che cosa non sia stato coronato dal successo.
Se tutti avessero grandi doti, ovvero anche solo qualche dote per quanto modesta, quest'esercizio di autoapprovazione risulterebbe meno gratificante. Verrebbe infatti a mancare il pensiero remunerativo. "L'ho fatto io" o la possibilità che un'azione rifletta le qualità superiori che l'hanno resa possibile.
Attribuire a miopia intellettuale o a un angusto interesse pecuniario la resitenza del mondo imprenditoriale alle tendenze assistenziali della Social Security (e in seguito di Lord Keynes) significa fraintendere molte cose che sono importanti nella motivazione concorrenziale e capitalistica.
Qualcosa, forse molto, va attribuito anche al piacere di vincere in un gioco in cui molti perdono".

Pensateci quando, assistendo a un talk show, realizzate che si lascia invariabilmente pronunciare la parola incontestabilmente illuminata, sulla democrazia (!), al successful businessman o all'executive finanziario.
Va così di moda, qui da noi, che neppure ci fanno più caso al paradosso "oracolare in conflitto di interesse". I conduttori.
O probabilmente ci fanno caso tantissimo.

28 commenti:

  1. Magistrale. E, allo stesso tempo, sconfortante, perché un piddino non capirebbe questo ragionamento nemmeno dopo una totale riprogrammazione in stile Dottor Cameron.

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    1. Ormai mi preoccupo che capiscano tutti gli altri; uno del m5s su tw mi ha detto che miei post sarebbero troppo tecnici e li capisce solo il 5% di chi li legge.
      O piuttosto il 5% dei m5s?

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    2. I suoi post sono perfetti così.
      Dovrebbe essere qualcuno dei suoi lettori a divulgarli alla miope massa.
      Complimenti per quello che fa e grazie.

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    3. I suoi post chiarissimi, così come i suoi interventi pubblicati su youtube. Il fatto che molti non si vogliano impegnare un minimo per seguire un ragionamento logico, fa capire il livello di degenerazione culturale al quale siamo arrivati, il quale fa sì che la gente capisca solo gli slogan, a tutto beneficio ovviamente delle elites.

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    4. Sul tg ho visto Grillo che gridava di andare dalla Merkel. Almeno per oggi 15 marzo i grillini sono contro l'euro (domani chissà) ma con la convinzione di riuscire, loro si, a battere i pugni sul tavolo ed ottenere non si sa bene cosa. A nessuno viene in mente che la democrazia non è andare da un altro capo del governo a chiedere un pò più di libertà di manovra con i conti pubblici magari facendo la voce grossa. Abbiamo tutto quello che ci serve qui in Italia, come ripete lei ad ogni incontro, la nostra Costituzione e la nostra Costituzione non prevede certo di mostrare i muscoli ma di comportarsi da Stato sovrano.
      Il post è esemplare e potente come sempre ed inoltre i suoi post sono così completi che rimane difficile aggiungere qualcosa nei commenti.

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    5. premetto che la mia non vuol essere una polemica, grazie in anticipo per la possibilità che date a tutti sia di leggervi che di rispondere, ciò premesso, sono una di quelle persone che in quella % altissima (fuori dal 5%) Vi legge e di conseguenza cerca di capire...è vero non comprendo tutto, ma da quello che capisco cerco di ricavare il più possibile per mia conoscenza ed eventuale diffusione, sono solo diplomata, non mi sento un gran che, un laureato lo vedo già più sapiente, comunque Vi ringrazio ancora se continuate a diffondere e a cercar di far capire anche a chi ignora, grazie.

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  2. La seconda che hai detto, probabilmente. Però rimane comunque un problema ( pensa quanta consapevolezza in più potrebbero avere le persone se riuscissero nell'esegesi dei tuoi scritti ).

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    1. Sono sicuro che capirai che se capisci...Giannino ti devi preoccupare. Ma la complessità e l'ordito della propaganda pop mediatica si curano solo con dosi adeguate di consapevolezza e studio. NOn capisco alla prima lettura? Rileggo. Dopo un pò, familiarizzato coi concetti che facilmente tengono nascosti, si inizia a comprendere molto meglio.
      Togliamo il...velo di Maya e scopriremo in noi stessi risorse insospettate :-)

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    2. Ma vedi, io non sto sindacando sulle tue scelte stilistiche ( del resto uno è libero di esprimersi come meglio crede, per carità. In fondo se siamo qui un motivo ci sarà pure ), stavo solo riflettendo con me stesso se fosse il caso che una risorsa come LBC si ponesse il dubbio che snellendo un filo la propria sintassi faciliterebbe l'accesso ai concetti per riuscire ad essere più ecumenico, proprio come in un'ipotetica classe di scuola dove si prova a far di tutto affinchè nessuno rimanga indietro nel programma. Tutto qua.

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    3. Ho scritto un libro proprio per questo, cosciente che una sintassi proveniente da un linguaggio tecnico può essere ostica: centinaia di persone (su migliaia di lettori) mi attestano che il libro consente comprensione "scorrevole".
      E credo che quanto poi riespongo in convegni e seminari -riportato in filmati- risulti abbastanza divulgativo. Il cammino divulgativo è lungo e multiforme DATA LA COMPLESSITA' OGGETTIVA DELLE QUESTIONI.

      D'altra parte, "stranamente", tutti discettano sulla sentenza della Corte cost sulla l.elettorale anche in TV e pare che se si vuole si capisce sintassi anche molto più complessa.
      Se si vuole: cioè è questione di motivazione a capire e a non voler trovare uno slogan preconfezionato (ricadendo nello schema ordoliberista popo da cui ci si vuole affrancare).

      Per il resto, come dice Bagnai della sua divulgazione economica, non scrivo per "tutti": conto, come poco sopra dice Valerio Donato, sul fatto che chi è abbastanza motivato da capire direttamente poi diffonda.

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  3. In sintesi (se sbaglio, mi si corregga!): grazie all'Euro, stiamo "americanizzando" socialmente l'europa al fine di renderla compatibile con il TTIP.

    Se così è, i piddini che "dobbiamo essere un continente con la grande moneta per opporci agli USA" cominciano veramente a far pena........
    Quello che rimarrà non sarà la Comunità europea, politicamente distrutta ed indebolita proprio dall'Euro che la avrebbe dovuta consacrare: ma tanti stati europei assoggettati al "vincolo esterno" del trattato transatlantico e -grazie ai dissidi creati dalla €uro gestione della crisi- politicamente incapaci di far fronte comune!

    Ironicamente, pare proprio che gli americani abbiano "saputo usare l'euro" meglio di noi, in questo "confronto globale"...... o sbaglio?

    E.... ahimè, frattalicamente parlando siamo proprio all'inizio del ventennio, dato che la vera fonte della reazione sta nello stesso luogo da cui.... sarebbero dovuti arrivare i liberatori!

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    1. La contraddizione che evidenzi è ineccepibile.
      Ma non dimentichiami mai che gli ordoliberisti sono un adattamento della grande famiglia "connessa" dei liberisti "ristretti" (o capitalisti della finanza sfrenata). Cioè: l'euro non sarebbe mai potuto nascere senza l'imprimatur USA ed è sempre stato uno strumento caldeggiato dalle loro elites finanziarie e ideologi vari: strumento di instaurazione, comunque, della Grande Società dei mercati
      Prova a conferma: http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/14/dopo-intesa-sanpaolo-e-telecom-il-fondo-usa-blackrock-scala-anche-unicredit/913914/

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    2. Concordo e dissento parzialmente dal Professore.
      Vedo l'analogia attuale più col ventennio (Mussolini impose la parità con la sterlina) che con la guerra.
      L'8 settembre e, soprattutto, il 25 aprile sono ancora lontani.

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  4. Salve Luciano, la seguo su twitter e quando posso la leggo qui. Premettendo la mia ignoranza, specialmente in materia giuridica, mi permetto di dire che in effetti il suo linguaggio non è dei più semplici(mentre invece sentendola parlare in alcuni video ho trovato le sue spiegazioni di una chiarezza unica). Credo tuttavia che il compito di rendere alcuni temi comprensibili ai più sarebbe della Politica, quella con la P maiuscola di cui sentiamo tanto la mancanza, e non necessariamente di tecnici come Lei che giustamente utilizzano un linguaggio di persone che masticano certe materie dalla mattina alla sera. Colgo comunque l'occasione per ringraziarla immensamente per il suo contributo di divulgazione e spero di leggere presto il suo libro. Saluti

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    1. Sì spero che i video siano seguiti e intervengo apposta per agevolare l'integrazione con quanto scritto.
      Quanto alla politica: usa il linguaggio pop o tecno-pop, escogitato apposta per "intortare". Pseduo-tecnici in testa.
      Fatto lo sforzo di seguirmi si può decodificare e contrastare utilmente quanto sostengono :-)

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    2. Beh, se mi permettete qui e anche su Goofynomics si parla di Politica. Certo si parte da ambiti tecnici quasli il diritto e l'economia, ma poi li' si va a parare.

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    3. NOn è esatto: qui si parla di scienze che studiano i comportamenti sociali. Cosa che ha sicuramente un riflesso politico: come ben sanno le dittature che impediscono il libero pensiero critico.
      Ma parlare di politica si fa da Vespa e dalla Gruber. E fare politica significa (in melius) proporre un modello sociale, al fine di raccogliere consenso, per attuarlo attraverso l'investitura delle posizioni istituzionali di decisione-comando.
      INFORMARE su come i principi delle scienze sociali consentono di analizzare i fatti, si pone su un piano nettamente diverso. Tant'è vero che qui ogni conclusione è vagliata in base alla sua esclusiva attendibilità in relazione a fonti controllabili.
      Mentre nel discutere di politica si ha in partenza una selezione dei fatti per contrapporsi a un concorrente nella captazione del consenso. O si fa alluring consensus per rafforzare una precisa forza politica

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    4. QUI, AD ATENE ..
      e non solo qui, si coltiva il desiderio umano, appartenente, necessitato di approfondire, imparare, studiare, contribuire alle consapevolezze del governo civico che favorisca i molti invece dei pochi che si chiama DEMOCRAZIA.

      "Leggi che qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.
      Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
      Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
      Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
      E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
      Qui ad Atene noi facciamo così.
      Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh, tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
      Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
      Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
      Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
      Qui ad Atene, noi facciamo così"
      Pericle, Atene 461 a.c.

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    5. Concordo con Amedeo,ho trovato molto più fluidi i suoi video rispetto agli scritti.Ciò non toglie che anche un ignorante come me, riesca ad arrivare al sugo del discorso.Non sarei mai in grado di ripetere i concetti che espone in un discorso mio richiederebbe troppa preparazione e conoscenze tecniche che non mi appartengono, ma una volta decrittografati i concetti base il suo pensiero è chiaro e soprattutto logico uno dei più lucidi del panorama nazionale.Un grazie per aiutarmi a capire.

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  5. Sulla dinamica retributiva e produttività mi permetto di ricordare ai nuovi lettori la cosiddetta "regola di piombo" di Draghi presentata nel 2013: salario nominale indicizzato alla variazione reale di produttività. Link ad articoli sotto.
    Commenta così Andrew Watt (Head of the department Macroeconomic Policy Institute in the Hans-Böckler Foundation):

    "Real productivity growth sets the benchmark for real wage growth. In a country where real wages increase in line with productivity, the shares of wages and profits in national income will remain constant. By contrast, when nominal wage growth tracks real productivity growth, which is apparently the role model suggested by the ECB president, the share of wage income in national income will permanently decrease. Moreover, real wages will decline continuously, if price inflation is higher than nominal wage growth."


    http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/mar/27/cyprus-germany-cause-eurozone-crisis
    http://www.social-europe.eu/2013/03/more-on-wage-policy-a-la-draghi-share-and-share-alike/
    http://keynesblog.com/2013/04/04/la-regola-di-piombo-sui-salari-di-mario-draghi/#more-3867

    L'idea, mi pare, sia anche quella di spingere chi riesce a mantenere un lavoro a desiderare l'inflazione zero: il salario reale, secondo questo modello, può crescere solo se l'inflazione è minore della crescita reale della produttività!
    Per la gioia dei creditori senior e dei percettori di profitti (parte del famoso top3%)!
    Ovviamente pagano i debitori e le nuove leve dell'"esercito di riserva" necessarie a mantenere bassa l'inflazione.
    Però, visto che fanno parte dell'"esercito" che non je lo concediamo un salariuccio uccio uccio? (di cittadinanza eh, che fa taanto de sinistra). Avremo i "guardiani dell'inflazione" difensori degli USE e della stabilità (in effetti basta che se ne stanno boni e guardano).
    I più scalmanati possono dedicarsi al guerrilla gardening (magari piantando primule gialle in cerchio su un letto di non-ti-scordar-di-me) mentre i decrescisti più estremisti alla raccolta di cicoria cicorino e cicorione come il maestro Impallato (curiosa l'assonanza) https://www.youtube.com/watch?v=rBEsjE9ot5w#t=322

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  6. post che come al solito coglie nel segno.

    io devo dire che ogni volta che sento una persona presentata con rispetto semplicemente in quanto "imprenditore" provo una repulsione viscerale.

    giustamente in questo post si fa notare che mai tocca all' "operaio" parlare. l'operaio parla 2 minuti col collegamento dal presidio della fabbrica da cui è stato appena licenziato e poi si torna in studio con l'imprenditore che parla 1 ora dicendo la sua.

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  7. aggiungo: il messaggio che giunge a casa così è molto chiaro.

    l'imprenditore in quanto tale di quegli operai ne vale 100-200-500 e più. perchè ha i soldi di 500 di loro, ha il successo di 500 di loro. ha di conseguenza diritto a parlare per un tempo 60 volte maggiore in studio.
    tant'è che più l'imprenditore è grosso e meno ospiti ci sono in studio (Della Valle fece puntata come ospite unico da Santoro - a parte gli ospiti fissi).


    Allo stesso modo va valutata la propaganda pro-Renzi che venne fatta da Floris con le interviste numerose agli attori famosi. gente che ha titolo di parlare di queste cose meno dell'immigrato nordafricano che raccoglie agrumi in calabria.

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  8. Bella la citazione di Galbraith; propongo quest'aggiunta: non solo il piacere di vincere in un gioco in cui molti perdono, ma anche il piacere di convincersi che la vittoria dipende solo dalle nostre qualità personali (nel capitalismo "non ci sono più scuse", come diceva von Mises), all'opposto di quanto ci insegna Chang (insomma, per dirla con Rawls, sono le regole di cooperazione sociale a renderci "meritevoli") e che tale vittoria è certificabile come legittima, "giusta", come giusta è la "sconfitta" dei perdenti (la teodicea della felicità di cui parlava Max Weber).
    Sul TTIP penso non sarò l'unico ad aver letto questo breve saggio, meno raffinato delle analisi a cui siamo abituati, ma comunque utile: oltre a rilevare la centralità della crisi come presupposto dell'accelerazione e semplificazione dei negoziati, l'autrice ravvisa, direi fondamentamente, una violazione sia del diritto comunitario (per es. l'art. 218 par. 10 TFUE che prevede l'obbligo di informare immediatamente e integralmente il Parlamento europeo dell'andamento dei negoziati; ma soprattutto dell'art. 207 par. 6 secondo cui l'esercizio delle competenze nel settore della politica commerciale "non pregiudica la ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri e non comporta un'armonizzazione delle disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri, se i trattati escludono tale armonizzazione"), sia del diritto interno, in particolare l'ablazione dell'art. 80 Cost. (noi ovviamente sappiamo che il problema di violazione dell'art. 11 va molto oltre). Meritevole di menzione l'osservazione della Commissione che "il  fatto  che  un  paese disponga  di  un  solido  sistema  giuridico  non  sempre  garantisce  che  gli  investitori  stranieri siano  protetti  in  modo  adeguato". Se dico che il precedente storico che mi pare più pertinente è il regime delle capitolazioni sto prendendo un abbaglio? In materia di lavoro, l'autrice ricorda anche che, ciliegina sulla torta, gli USA non hanno ratificato la gran parte delle convenzioni OIL.

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    1. Clamoroso è che la Commissione dichiari la propria priorità di favorire l'investitore estero e che le democrazie-comunità non abbiano reagito di fronte a quella che è una vera e propria dichiarazione di guerra alle Costituzioni. Finora

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  9. Segnalo l'articolo su TPP di Stiglitz in larga parte sovrapponibile a molte delle considerazioni fatte in questo blog.

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