lunedì 23 dicembre 2013

STIGLITZ E LA VIA STRETTA DELLA "RICOSTRUZIONE" DOPO L'€URO-DISASTRO (con addendum)

Stiglitz è un economista profondo che, però, parla chiaro.
Esprime il suo pensiero, più o meno di fine anno, dandoci una ricetta per salvare il salvabile dell'euro che null'altro è, in essenza, che un'agenda di trattativa dai contenuti rivoluzionari. Ma solo se assunta con urgenza nella sua integralità.
Tutto quanto suggerisce, - per chi fosse consapevole dei contenuti dei trattati, delle prassi rafforzative e strategiche con cui sono stati rigidamente applicati, del modo in cui acriticamente (salvo ambigue quanto deboli obiezioni) sono state recepite da tutti gli Stati coinvolti le stesse applicazioni- determina una "riscrittura" che per la governance europea attuale risulterebbe, prima ancora che una svolta a 180°, una vera e propria ammissione di gravissime colpe.
Un evento impensabile e specialmente in Italia, dove la nouvelle vague politica sulla cresta dell'onda accentua i caratteri tea-party e ordoliberisti della sua attrattiva propagandistica, sempre più votata all'autodistruzione.

Vi riporto la sintesi linkata in apertura:
"...serve una riforma strutturale dell’Eurozona, che si basi su questi elementi imprescindibili:

· Un'unione bancaria reale, con una supervisione comune, un’assicurazione sui depositi comune e una risoluzione comune. In sua assenza, continuerà il trasferimento di denaro dai Paesi più deboli a quelli più forti.
· Una forma di mutualizzazione del debito, come gli Eurobond: con il rapporto debito/Pil dell’Europa inferiore a quello degli Usa, l’Eurozona potrebbe contrarre prestiti a tassi di interesse negativi - come succede agli Usa – che consentirebbero di liberare liquidità per stimolare l’economia, spezzando il circolo vizioso dei Paesi colpiti dalla crisi, in base al quale l’austerità aumenta il peso debitorio, rendendolo meno sostenibile per la riduzione del Pil progressiva.
· Politiche industriali in grado di consentire ai Paesi in difficoltà di recuperare terreno, nonostante la critica dei mercati liberi che si compie.
· Una banca centrale che si focalizzi non solo sull’inflazione, ma anche su crescita, occupazione e stabilità finanziaria;
· Sostituzione delle politiche di austerità anti-crescita con politiche pro-crescita focalizzate sugli investimenti in capitale umano, tecnologia e infrastrutture.

Gran parte del progetto euro, afferma il Premio Nobel per l'economia, riflette i principi economici neoliberali: bassa inflazione come elemento necessario e sufficiente per la crescita e la stabilità; una banca centrale indipendente come unico modo per garantire fiducia al sistema monetario; debito e deficit bassi che avrebbero assicurato una convergenza economica tra i Paesi membri; infine, un mercato unico, con libera circolazione di capitali e persone per garantire efficienza e stabilità.
Ciascuno di questi principi si è rivelato errato. La Spagna e Irlanda evidenziavano surplus fiscali e bassi rapporti debito/Pil prima della crisi. La crisi ha causato deficit e debito elevato, e non il contrario; inoltre, le restrizioni fiscali concordate dall’Europa non agevoleranno una rapida ripresa da questa crisi né riusciranno ad evitare la prossima.
Infine, per quel che riguarda la libera circolazione di persone, la migrazione dai Paesi colpiti dalla crisi, in parte finalizzata ad evitare di ripagare i debiti ricevuti in eredità, ha svuotato le economie più deboli e potrebbe anche tradursi in una inadeguata allocazione della manodopera.

La svalutazione interna – abbassando salari e prezzi domestici – non è un sostituto della flessibilità dei tassi di cambio. Crescono al contrario i timori di deflazione, che aumenta la leva finanziaria e il peso dei livelli debitori che sono già troppo elevati. Se la svalutazione interna fosse un buon sostituto, il gold standard non sarebbe stato un problema nella Grande Depressione, e l’Argentina sarebbe riuscita a mantenere l’ancoraggio del peso al dollaro quando scoppiò la crisi del debito un decennio fa.

Nessun Paese è mai riuscito a rilanciare la prosperità con l’austerità. La Germania e gli altri Paesi del Nord Europa hanno dichiarato che non dovrebbero essere chiamati in causa per pagare i conti dei pigri vicini del Sud Europa. Ma, sostiene il Premio Nobel per l'economia, si tratta di un atteggiamento sbagliato per una serie di motivi: in primo luogo, i tassi di interesse più bassi conseguenti agli Eurobond o a meccanismi simili renderebbero gestibile il peso debitorio. In secondo luogo, se l’Eurozona adottasse il programma sopra delineato, non vi sarebbe alcuna necessità per la Germania di sborsare un euro. Ma con quest'atteggiamento perverso, al contrario, ad una ristrutturazione del debito ne segue un’altra con Berlino che rischia di dover pagare un conto enorme finale.

L’euro avrebbe dovuto portare crescita, prosperità e senso di unità ed invece ha portato stagnazione, instabilità e divisione. Non dovrebbe essere così. L’euro può essere salvato, ma se la Germania e gli altri Paesi non sono disposti a fare quanto necessario – se in altre parole non c’è abbastanza solidarietà per far funzionare la politica – allora, conclude Stiglitz, la moneta unica dovrà essere abbandonata per il bene del progetto europeo."

Parrebbe un'adesione a certe linee, tardive fino al limite del patetico e incauto che vengono oggi suggerite, parlando apertamente (e in ulteriore ritardo), addirittura di Abenomics "all'europea".
Ma l'Europa è andata "troppo oltre" e non ha più le risorse umane, psicologiche, politiche, cognitive e, ovviamente, mediatiche per correggere il proprio corso degli eventi.
L'ordoliberismo non è un elemento casuale ed estemporaneo: è un regime trentennale sorretto da una strategia di lungo periodo che, non solo si è fino ad oggi costantemente rafforzata, ma che si sente in dirittura d'arrivo della sua vittoria finale.
E' impensabile che l'insieme delle correzioni suggerite da Stiglitz siano anche solo lontanamente realizzate nella indispensabile simultaneità che esse comportano
.

In particolare, la nuova idea di banca centrale evoluta verso il modello Fed e le "politiche industriali", sono agli antipodi dei vincoli accuratamente celebrati nei trattati in termini esattamente opposti. E che vengono semmai, allo stato attuale, ulteriormente rafforzati dal tipo di Unione bancaria che si sta realizzando e dalla filosofia dei "contratti" di "condizionalità" (con la Commissione UE) demandati ad un ulteriore inasprimento della svalutazione interna, incentrata sulle riforme strutturali deflattivo-salariali. Con distruzione finale del sistema del welfare che consente il risparmio diffuso e differito che è visto come principale ostacolo della resistenza ad accettare il consolidamento della società "von Hayek" cui mira l'ordoliberismo "internazionalista" (ma ormai, in pratica, essenzialmente €uropeo).

C'è un margine di resistenza dell'interesse democratico della Nazione per riuscire a conservare, in Italia, quelle poche strutture costituzionali "sostanziali", che possano consentire una pronta ricostruzione dopo l'ormai inevitabile €uro-disastro?
Non è facile rispondere: le probabilità attuali sono scarse e le risorse culturali ancor di più.
Probabilmente ci sarà un diverso ed opposto "vincolo esterno". Nella più ottimistica delle ipotesi formulabili.

ADDENDUM: per comprendere a fondo come in realtà l'orientamento di Stiglitz sia parte di una quadro composito, che non è limitato alla presa di posizione della sola parte (in qualche forma) "keynesiana" del campo USA, vi invito a considerare questa "uscita" di Luttwak
, che, certamente, non è allineabile su posizionni del genere, ma che, nondimeno, formula una critica altrettanto radicale. E che implica una condanna e una aperta "sfiducia" dell'integrale approccio delle classi politiche PIGS in rapporto alla Germania.
Il dissenso è (erroneamente e con analisi del tutto discutibili, anche solo di fronte al vero andamento della spesa e del deficit USA, comparati con quelli perseguiti in UEM), posto sul piano dell'esclusivo ricorso a politiche monetarie. Una cosa che Bernanke e la Yellen e gli osservatori USA più attenti (primo Krugman e le stesse "correzioni" FMI) smonterebbero con facilità.
Ma intanto è indicativo di una sorta di convergenza politica dell'atteggiamento complessivo USA.

ADDENDUM 2: Ma potrei aggiungere, come indizio anche questo servizio fotografico appena uscito sulla rivista "Life": si tratta della rievocazione per immagini dello sbarco in Sicilia e fatti conseguenti. Un "segno" delle tendenze frattaliche che si manifestano in progressione. E non un "segno" di tipo predittivo-oracolare, ma dotato proprio dell'allusività frattalica: cioè quella misteriosa "autosimilarità" che governa dinamicamente il caos e che va sotto il nome di "omotetia".

11 commenti:

  1. posso chiedere un parere su un pensiero egoista e per nulla "natalizio" che ho sviluppato quando mi sento dire che Stiglitz, Krugman o Pissarides non vogliono la fine dell'€ ma una sua riforma: ci sta anche che per un americano o inglese riformare l'€ sia meglio che abolirlo...per lui un po di sofferenza, disoccupazione ed emigrazione in più di un paese europeo piuttosto che in un altro non cambia, a patto che globalmente come Europa riprendiamo a crescere.. ma noi siamo Italiani, per noi fa tutta la differenza del mondo!

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    1. Ma vedi, pur potendosi porre le cose nei termini "immediati" che suggerisci, in realtà la presa di posizione di Stiglitz è molto più perentoria (nel senso di non consentire compromessi e vie d'uscita parziali) di quanto non sembri dalla tecnica espositiva utilizzata (che parte dall'idea di "euro-salvezza" ma ne fa emergere la impraticabilità assoluta sul piano dell'inerzia ideologico-politica).
      In sostanza, al di là delle illusioni buoniste-europeiste di qualche commentatore ed economista - ancora legato alla visione di una mai esistita buona fede europeista, ideale e cooperativa, che contrasta con la ricostruzione della strategia ordoliberista e che si riduce perciò a mero wishful-thinking per prendere tempo e non compromettersi troppo con l'attuale regime-, Stiglitz suggerisce gli "USE", SAPENDO CHE CIO' E' DIVENUTO UTOPICO.

      Dunque consapevole che siamo oltre "l'ultima spiaggia".
      Sarebbe come dire che nell'Europa occupata dal nazismo si fosse auspicata una via all'armistizio che confidasse nella rinunzia dei nazisti all'assetto predatorio sui paesi occupati. I nazisti, invece a prospettive del genere (che pure ci furono), risposero, tanto più mentre incominciavano a perdere, deportando milioni e milioni di civili lavoratori. E intensificando ogni tipo di pulizia etnica, fallendo per impossibilità di rilanciare una sfida economico-bellica che non consentiva una spopolazione così intensa delle aree centro-orientali europee.

      LA Storia si ripete: quello di Stiglitz è un vero e proprio epitaffio dell'€uropa, se letto con realismo.

      Il resto sono chiacchiere di persone che non hanno "the guts" di lottare per la democrazia, sapendo, anzi "volendo" dimenticare, che essa è un metodo di risoluzione ORA E SUBITO del conflitto sociale.
      Insomma, o è subito "resistenza" o è una forma strisciante di ambiguo collaborazionismo, pronto a cambiare posizione se gli USe dovessero rivelarsi quella bufala che ormai sono (appunto, il badoglismo)...

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  2. saluti a tutti e auguri, in attesa della nascita al mondo della Verità.
    Purtroppo per l'Italia e per i cittadini, condivido quanto afferma 48 a commento delle affermazioni di Stiglitz.
    La resistenza è inevitabile.
    Durante la conferenza stampa, Letta Enrico, nella auletta dei gruppi di Montecitorio recentemente occupata in modo migliore ;) , ha affermato la sua visione e i suoi programmi che esemplificano l'aderenza del governo-pensiero al "badoglismo". Riporto queste brevi note : "il presidente Napolitano ha salvato l'Italia"
    al fine di ottenere gli obiettivi di crescita e lavoro come pensa di convincere la cancelliera Merkel a cambiare rotta: " sarà l'obiettivo del 2014, con elezioni europee e il semestre italiano di presidenza EU, ottenere il cambio delle politiche europee per la crescita, se no tutto quanto programmato sarà impossibile"
    " ho sentito con le mie orecchie alla ultima riunione dei capi di governo europei la Merkel che ha detto noi non vogliamo che solo la germania vada bene perchè semmai crollerà anche la germania"
    "per mettere in sicurezza il paese ci vogliono a partire dal 2014 crescita e lavoro ... questo si otterrà con riforme giustizia, scuola, legge elettorale, nuove relazioni sindacali e contratti che prevedono la corresponsabilizzazione dei lavoratori (si partirà con le Poste), modifica costituzione (titolo 5 , superamento del bicameralismo perfetto, eliminazione "parola" province, riduzione numero dei parlamentari) ma prima lotta alla povertà , aiuti famiglie in difficoltà e bonus bebè" .... Buon Natale

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  3. Ciao Quarantotto colgo l'occasione per augurarti un sereno Natale ed un felice 2014 a te e a tutti i partecipanti di questo questo blog, punta di diamante del pensiero Politico- Giuridico-Economico, del ns Paese. Ne approfitto per porti una domanda: è possibile che un cambio di paradigma macroeconomico possa avvenire grazie alle dimensioni del debito aggregato dei paesi occidentali che ha raggiunto vette inimmaginabili in tempo di pace.? Come possiamo in Europa affrontare questo debito con una moneta denazionalizzata e deflattiva come l'euro? Quando il debito è alto per forza di cose si necessita di una moneta inflazionistica. I paesi occidentali sono usciti dal Gold Standard negli anni 30 ne usciremmo anche adesso? Allora non riuscirono ad evitare una guerra devastante, speriamo che questa volta sia diverso. Insomma dovevo farti una domanda e invece senza volerlo te ne ho fatte una sfilza.

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    1. La conoscenza del problema che è insita nella formulazione delle tue domande, indica già una risposta implicita e quasi obbligata. Che hai praticamente già dato :-)
      Come è impossibile uscire da una crisi da domanda, provocata per via fiscale, con politiche deflazioniste, allo stesso modo è impossibile correggere questa emerita studipidità con queste classi politiche. Ho aggiunto il link a voci dall'estero di oggi alle parole "contratti di condizionalità" per mostrare come ormai gli ordoliberisti (puddo-piddini di tutta europa) siano coscienti che la posta in gioco sia la loro stessa sopravvivenza in termini di consenso elettorale. Tranne che in Italia, per ora (siamo il fanalino di coda nel reagire, cosa che si spiega perfettamente con il genetico entusiasmo zelota per il vincolo esterno, mai abbandonato e pare non abbandonabile).

      TANTI CARI AUGURI A TE!

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  4. Quel che mi pare significativo è che a conclusioni analoghe, e non meno radicali, di quelle di Stiglitz (che, lo ricordo a Filo, raccomandava un'euroexit tedesca già nel 2010) pervenga pure il vecchio Sinn, riconoscendo chiaramente la responsabilità (evidentemente collettiva) dei flussi di capitali. Significativa questa ammissione: "a devaluation of the new currency would quickly restore competitiveness". Fa seguito la proposta di un nuovo vincolo esterno (ettepareva), dalla non esattamente perspicua coerenza logica rispetto alle premesse (esplicite).

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    1. Sinn preferisce sempre la via della punizione. Qualunque sia lo scopo che persegue :-)

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  5. Caro 48, a consuntivo dell'anno, ringraziando ancora te e gli altri per la patriottica, generosa e qualificata discesa in campo, oggi il tuo(il nostro) amico Piero Valerio ci ha fatto un bel regalo di Natale, con un post in cui addirittura discute della ripartizione degli attivi e passivi della Bce per il dopo euro! Ed e' con questo inarrestabile ottimismo che auguro a tutti un felice Natale.!

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  6. NON SI CAPISCE UN SOGNO SE NON QUANDO SI AMA UN ESSERE UMANO (L Sciascia)

    con un contrappunto, anch'esso siculo, di L Pirandello “.. e mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo: «Buon Natale» e sparivo.."
    per manifestare, da me, la gratitudine grande e l'augurio vero a Tutti i Viandanti che conoscono di che "cosa" sono fatti i sogni e consapevoli perché tutto questo non debba più accadere
    :-) un Poggio

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  7. La ricetta di Stiglitz in sé non è una novità: semmai un aggiornamento e una precisazione fortemente analoga a tante altre di economisti prestigiosi tra cui molti in precedenza non contrari o addirittura favorevoli all'euro ed al processo di costruzione dell'Europa. In buona sostanza esprime con grande autorevolezza e con l'individuazione dei punti critici la semplice constatazione che non è possibile gestire una politica economica sensata senza gli strumenti minimi necessari, propri di tutti gli stati "federali" o "unitari" all'onor del mondo. Come tale può essere interpretata (e così lo è, se si leggono i commenti su l'Antidiplomatico) come un'estremo tentativo di difendere l'Europa "buona", malgrado i trattati assurdi e la cattiva volontà degli attori, dall'euro "cattivo" evidenziando, forse a futura memoria, gli snodi essenziali.
    Ovviamente, ed in coerenza con tutta la linea di pensiero esposta nel blog e negli interventi pubblici del prof. Caracciolo, la constatazione immediata è l'impossibilità della ricetta: impossibilità DI FATTO sia per questioni di tempo sia perché «l'Europa è andata troppo oltre» nella costruzione dell'ordoliberismo ed «è impensabile che l'insieme delle correzioni suggerite da Stiglitz siano anche solo lontanamente realizzate nella indispensabile simultaneità che esse comportano».
    Dal mio punto di vista, senza alcuna contraddizione credo con la linea del blog, meriterebbe sottolineare che l'impossibilità è ancora più profonda e probabilmente è una impossibilità DI PRINCIPIO che non può in alcun modo essere ridotta all'euro "cattivo" (anche se l'euro fonda l'urgenza della rottura) ma si riverbera sull'Unione in quanto tale, che, dovendo essere rifondata su altre basi come minimo deve prima essere distrutta. Benché le argomentazioni in questo senso possano essere molte, qui mi limito a due, logicamente connesse:
    1) La radicale impossibilità di democrazia. Mentre tutti possono capire cosa sia più o meno la democrazia in uno "stato federale", dove esiste come risultato di un processo storico un corpo elettorale che legittima lo stato stesso, nessuno sa con precisione cosa sia la democrazia in una "federazione di stati" (dove un simile corpo elettorale manca) se non in negativo cioè come divieto di cessione permanente di sovranità. Da questo punto di vista l'Europa come Unione è molto lontana dall'aver trovato soluzioni percorribili, ed è difficile dire su quali basi democratiche sarebbe gestita un'eventuale inversione (peraltro contraddittoria coi trattati) come quella proposta da Stiglitz.
    2) La fatale necessità dell'ordoliberismo (così come definito in Orizzonte48). Mi spiego: in uno stato che non può essere stato e non ha il suo fondamento nella sovranità popolare, ma è semplicemente il risultato di una federazione di stati, non è possibile alcuna legge comune che non sia la sanzione stessa del non-stato e non è immaginabile alcun altro compromesso "permanente" che non sia l'insieme di divieti e di norme che costituiscono la costruzione ordoliberista europea, pena la contraddizion che nol consente.
    Dunque: Europa delenda est... dopo ci ripenseremo.

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    1. DELENDA SIT...
      Ma Stiglitz, per il solo fatto di SAPERE di ripetere invano le stesse cose dette da almeno 2 anni (mitico un incontro con Monti pres.cons. a un convegno dove questi assentì per dire esattamente l'opposto di Stiglitz), è ben consapevole che questa sia la prospettiva residua...
      Sono in fondo gli italiani puddizzati quelli che non sono in grado di resettare il senso (mediatico) della loro stessa situazione.
      Ma è il radicamento della macroeconomia neo-classica che è in gioco in tutto il mondo: solo che da noi esiste, in più, la difficoltà creata dal mito del "tecnico" (cui si affida il governo per le riforme), altra faccia della medaglia della "corruzione della politica", su cui i media ordoliberisti continuano a spingere.
      Perciò, la "radicale impossibilità di democrazia" in Italia è uno dei problemi meno sentiti, essendocene già privati (al di là dell'illusione elettorale, ridotta a mò di sondaggio su scelte apparentemente alternative, ma tutte interne alla logica PUD€)

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